Home / Sezioni / italie / Stop agli F35, una battaglia aperta

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Stop agli F35, una battaglia aperta

11/10/2013

Il bilancio previsionale del ministero della Difesa prevede un aumento della spesa militare entro il 2015 e nonostante lo stop imposto dal Parlamento, l'Italia ha ordinato dagli Usa altri 3 cacciabombardieri. L'audizione della Rete Disarmo e della campagna Sbilanciamoci alla commissione difesa della Camera

Il dibattito sull’opportunità di acquisire gli F-35 prosegue a livello istituzionale, mentre il parlamento ne ha congelato l’acquisto, la commissione difesa della camera dei deputati da giugno sta svolgendo un’indagine sui sistemi d’arma finalizzata a raccogliere elementi utili per il consiglio d’Europa del prossimo dicembre.

Dopo avere ascoltato il ministro della difesa, rappresentati della burocrazia militare, dell’industria militare,esperti e giornalisti, la commissione ha convocato il primo ottobre 2013 i rappresentanti della rete disarmo e della campagna sbilanciamoci.

Il contributo dell’audizione non si è limitato a una discussione sugli F-35 ma ha cercato di fornire elementi e spunti di riflessione più generali.

La comprensione dell’evoluzione dei sistemi d’arma da acquisire per la difesa del Paese deve essere contestualizzata in un quadro economico e politico più ampio e soprattutto all’interno dei vincoli di spesa del bilancio complessivo dello stato.

Una visione d’insieme di elementi quali: la spesa militare, il mercato dei sistemi d’arma, la composizione delle forze armate e le criticità ancora irrisolte della struttura del ministero della difesa, diventa determinante per la scelte degli strumenti legislativi da adottare e per le scelte di spesa.

Nell’audizione i rappresentanti della rete disarmo e della campagna sbilanciamoci, in risposta alle affermazioni del ministro della difesa riguardo il calo presunto della spesa militare, hanno messo in risalto come questa sia sempre stata crescente in termini reali dal 1948 e come proprio negli ultimi vent’anni, secondo la base dati della spesa pubblica per funzioni pubblicata dall’Istat, si sia registrato un aumento di quasi il 25% in termini reali della spesa per la sola funzione difesa grazie alla spinta alla crescita dovuta all’azione di tre elementi: ‘burocrazie militari’, obiettivi di politica estera e industria militare.

Anzi la lettura dei bilancio previsionale 2013-2015 del ministero della difesa, incluso nell’ultima legge di stabilità, prevede un aumento di oltre 5 punti percentuali del bilancio del ministero in un contesto in cui tutti gli altri debbono subire tagli pesanti di spesa per effetto della stabilizzazione finanziaria del bilancio pubblico.

Le diverse definizioni di spesa militare forniscono un quadro in cui questa varia fra 15-27 miliardi di euro in base alla esaustività della definizione che deve includere necessariamente tutti i costi sostenuti dalla collettività per il mantenimento dell’apparato militare

In realtà la presunta diminuzione scaturisce da una lettura ‘superficiale’ dei dati Nato alla base delle stime Sipri, l’istituto di ricerche per la pace di Stoccolma.

Nella fornitura di informazioni alla Nato l’Italia, dal 2007, ha adottato una revisione della definizione di spesa militare con un ‘calo’ della stessa solo ‘apparente’ come certificato dagli stessi bollettini ufficiali della Nato.

Nel corso dell’audizione la commissione è stata informata dalla rete disarmo anche dell’ordinazione di 3 cacciabombardieri F-35, sulla base di atti ufficiali USA, nonostante il congelamento richiesto dal parlamento. I nuovi velivoli ordinati dal ministero non gioveranno peraltro nemmeno all’industria nazionale che non riceverà commesse superiori al 10% del lotto.

La notizia del nuovo lotto di F-35 sottolinea l’urgenza di un maggiore controllo sulle attività del ministero e mostra anche l’insufficienza degli strumenti legislativi messi a punto fino ad oggi poiché non riescono a monitorare e a intervenire con tempestività in scelte di spesa ‘congelate’ appena tre mesi fa da una mozione parlamentare.

Durante l’audizione sono state segnalate le criticità strutturali del ministero della difesa sottolineando come sia necessario un salto di qualità nel livello di accountability e trasparenza per un’istituzione che opera in un‘mercato’ in cui non sono diffuse né la concorrenza, né la trasparenza e la contrattazione si determina su un modello di di monopsonio come nel caso degli accordi fra imprese e sindacati.

In questo ambito scaturisce la partecipazione italiana al programma F-35 che non può essere ancora valutata correttamente poiché il costo finale degli F-35 non è ancora chiaro, non sono disponibili stime attendibili sul costo di esercizio e non è possibile effettuare una scelta certa fra un modello di difesa basato sugli F-35 o su un altro velivolo. In termini di politica industriale, il trasferimento di tecnologie e l’impatto occupazionale al momento sono ancora scarsi e molto distanti dalle previsioni iniziali, sulla base delle quali sono state stabilite le modalità di partecipazione all’intero programma rivelando ancora la scarsa affidabilità nella programmazione dei costi effettivi dei sistemi d’arma.

Allo stato dei fatti, l’Italia rischia di diventare l’unico paese, assieme all’Olanda, dell’area Euro a disporre di F-35, non proprio sulla rotta dell’integrazione in una difesa comune del continente, in cui i paesi più grandi saranno caratterizzati da preferenze diverse sui velivoli da guerra da adottare: Typhoon per la Francia, Eurofighter per la Germania e F-35 per l’Italia.

Opacità, incoerenze e duplicazioni di funzioni, la tendenza del ministero a stabilire la politica industriale e occupazionale del settore imprenditoriale militare oltre alle spese fuori bilancio sono i punti più urgenti a cui lo Stato dovrebbe fornire una risposta concreta.

Mentre alcuni miglioramenti sono stati già realizzati in termini di programmazione e coerenza tra i programmi delle diverse armi, resta la necessità di intervenire sui rapporti tra politici, militari e industria degli armamenti tra cui si è creato un ‘sistema di porte girevoli’ oltre a strumenti contabili e previsionali che impongano la trasparenza delle procedure relative ai contratti e al calcolo dei prezzi delle forniture.

Nel complesso l’audizione è stata una utile opportunità per fornire alla commissione informazioni e analisi alternative a quelle dei portatori di interessi specifici e per inquadrare con rigore fenomeni quali la spesa per i sistemi d’arma e i meccanismi che la determinano.

Un’analisi più approfondita si trova nella relazione scritta fornita alla commissione dai rappresentanti della rete disarmo e della campagna sbilanciamoci e nel capitolo relativo alle spese militari del libto, in uscita il 7 ottobre’ La grammatica dell’indignazione’ (a cura di L. Pepino e di M. Revelli), Edizioni Gruppo Abele, Torino.

 

 

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

F-35

e' l'ora di finirla coi finanziamenti agli armamenti. Pensiamo a investire in opere socialmente utili, istruzione, ricerca scientifica in settori non bellici, salvaguardia del territorio e dell'ambiente, turismo sostenibile. Basta col soggiacere all'egemonia della finanza. L'Italia è ancora un grande Paese ma se continuiamo con gli sprechi, la corruzione e le opere pubbliche inutili (leggi TAV) ben presto saremo alla bancarotta e non potremo garantire alcun futuro ai nostri giovani. Lo shut down dei giorni scorsi ha dimostrato chiaramente che perfino gli USA sono a rischio default e se non invertono la rotta e non adottano un nuovo modello di sviluppo il loro fallimento è solo rimandato e genererà conseguenze deflagranti sull'intera economia mondiale. Siamo tutti sulla stessa barca e l'unico modo di salvarci è collaborare, non competere.