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L’euro e l’Italia che non c’è più

09/03/2015

Senza un cambiamento profondo, l’Europa non si riprenderà. È interessante analizzare i costi di un’uscita dall’euro, ma una moneta nazionale opererebbe in un contesto ben diverso dai tempi della lira. E senza Europa perderemo tutti.

Non credo esista una demarcazione netta nelle scienze sociali. Così l’economia si interseca con la storia, e queste si sovrappongono alla politica ed alla sociologia. Di per sé questo approccio ripudia il modello unico, la pretesa naturalità dell’economia. Se, per usare le parole di Piketty, “ci sono questioni che sono troppo importanti per essere lasciate agli economisti”, il tema dell’uscita dall’euro non fa eccezione. Le sofferenze sociali soprattutto dei Paesi più fragili dell’Europa, stanno producendo conseguenze sociali che ci fanno chiedere: quanto resiliente sarà la democrazia in Europa? L’euro ha lasciato i cittadini – soprattutto nei Paesi in crisi – senza voce in capitolo sul destino delle loro economie. Gli elettori hanno ripetutamente mandato a casa i politici al potere, scontenti della direzione dell’economia – ma alla fine il nuovo governo continua sullo stesso percorso dettato dalla Troika.

Ma per quanto tempo può durare questa situazione? E come reagiranno gli elettori? In tutta Europa, abbiamo assistito a un’allarmante crescita di partiti nazionalistici estremi, mentre in alcuni Paesi sono in ascesa forti movimenti separatisti. E per quanto tempo ancora le economie (e le stesse istituzioni democratiche) dei paesi periferici sopravvivere ad una unione monetaria incompleta e asimmetrica?

Serve un cambiamento strutturale dell'Eurozona se si vuole che l'euro possa sopravvivere: o ci sarà l'Europa politica (Stati Uniti d'Europa) o non ci sarà l'euro. Coloro che pensavano che l’euro non sarebbe potuto sopravvivere si sono ripetutamente sbagliati. Ma i critici hanno ragione su una cosa: a meno che non venga riformata la struttura dell’Eurozona e fermata l’austerity, l’Europa non si riprenderà.

Condividere una moneta unica costituisce ovviamente un problema poiché così facendo si rinuncia a due dei meccanismi di aggiustamento: i tassi d’interesse ed il cambio. Se si aderisce a una moneta unica, la rinuncia ad alcuni strumenti di politica economica può essere compensata sostituendoli però con qualcosa d'altro, come una politica fiscale comune e condivisione dei debiti, mentre ad oggi l'Europa non ha messo in campo altro che il fiscal compact.

Il lavoro di Realfonzo e Viscione “Gli effetti di un’uscita dall’euro su crescita, occupazione, salari” (http://www.economiaepolitica.it/primo-piano/gli-effetti-di-unuscita-dalleuro-su-crescita-occupazione-e-salari/#.VPsrVvmG-So) è assai suggestivo e meritevole di ulteriori sviluppi. Se le svalutazioni hanno effetti positivi sulla crescita e meno sul lavoro è tema, di per sé stimolante. Qui però, dopo aver prima fatto notare che questa crisi non è come tutte le altre poiché determinata dalla dinamica strutturale e poiché avviene in piena globalizzazione (altrove argomento perché), vorrei enfatizzare alcuni dei problemi legati all’uscita dell’Italia dalla moneta unica, cosa possiamo aspettarci dal tramonto dell’euro e perché cercare risposte nella storia può essere fuorviante.

Credo che l’uscita del nostro Paese si tradurrebbe, tramite i mercati, in un incontrollabile effetto domino – ma siamo too big e too connected per abbandonare l’Unione senza provocarne la disgregazione – che porterebbe in primis al crollo dell’architettura dell’euro e di conseguenza all’abbandono dell’idea di Europa e la possibilità della trasformazione della Grande Recessione in Grande Depressione, se non altro perché l’euro è ormai una valuta di riserva mondiale.

L’euro non è insomma una porta girevole: come avviene sempre nelle cose della vita – ma non nella teoria economica dominante – esiste una freccia del tempo e ritornare indietro può voler dire non riconoscere più il punto di partenza perché le scelte fatte nel frattempo l’hanno cambiato.

Le svalutazioni precedenti sono poi accadute in regime di cambi fissi e ciò di per sé muta il contesto rispetto all’uscita dall’unione monetaria. Conseguenze politiche a parte, l’uscita sarà temporalmente lunga ed alcune misure saranno necessariamente “repressive” – chiusura dei movimenti di capitale e della Borsa – e pesanti per chi ha debiti in euro o tassi debitori in Euribor.

Uno dei pro, si dice spesso, è che l’uscita dall’euro ci consentirebbe di svalutare e quindi di aumentare la competitività. È un copione già visto – e sulla cui efficacia rimando a Realfonzo e Viscuone – che funziona solo per pochi anni. Indipendentemente dall’inflazione che potrebbe conseguire (di certo aumenterebbe il costo delle materie prime) occorrerebbe ricordare che la svalutazione equivale ad un impoverimento del paese in media e l’economia mainstream non ha gli strumenti per valutare l’impatto distributivo. Nel caso più favorevole la svalutazione produce una espansione della produzione – e dei profitti – quando la crisi ha già messo in moto i processi di de-leveraging e risparmio di spesa che coinvolge l’occupazione. L’espansione della produzione avrà quindi effetti meno che proporzionali su salari ed occupati. Gli interessi sul debito, a meno di avere autarchia finanziaria, aumentano e così la redistribuzione. Inoltre, difficilmente si può sostenere che la fuga dei capitali interessa i meno abbienti. Ma soprattutto le svalutazioni danno respiro temporaneo e non cambiano la struttura produttiva di un paese: quel che davvero occorrerebbe ai Paesi periferici dell’Europa in crisi non per il troppo debito pubblico (come i casi di Irlanda e Spagna dimostrano).

Benefici dalla svalutazione credo si avranno, ma quantitativamente assai limitati. E per 2 ragioni.

Intanto ora le nostre esportazioni vivono di qualità. L’export italiano è composto non più dai soli prodotti tradizionali, ma dal made in Italy e dai macchinari destinati all’industria: beni di qualità e poco soggetti alla concorrenza di prezzo. Svalutare non produrrà grandi benefici.

Poi ci sono ora i BRICS sulle cui produzioni, più tradizionali, siamo in concorrenza come Paese a Sviluppo Recente, ma i costi relativi non sono paragonabili e tali rimarranno anche per svalutazioni eccezionali. Una politica industriale o meglio post-industriale è la strada.

Un altro falso mito è quello del tornare Italia, non più uno dei PIIGS, col solo ritorno alla sovranità monetaria – e il nuovo matrimonio tra Tesoro e Banca d’Italia. Eravamo identificabili come PIIGS ben prima dell’euro, seppur con una definizione più aggraziata, come quella di Fuà: Paesi a Sviluppo Tardivo dell’Europa (già nel 1980 in un lavoro per l’Ocse, Fuà individuava caratteristiche comuni – alta inflazione, dualismo territoriale, deficit della bilancia dei pagamenti e di bilancio pubblico, alta disoccupazione e notevole quota di economia sommersa – in Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna). La struttura economica li caratterizza mentre la rinuncia alla sovranità monetaria aggrava tale fragilità strutturale, ma non ne è la causa.

Ammesso che di sovranità monetaria si possa parlare con integrazione finanziaria e mobilità dei capitali. In fondo, con gli accordi di Bretton Woods ci vincolarono l’emissione di moneta, ma non impedirono il boom economico.

Il malessere dell’Ue è in massima parte auto-inflitto, a causa di una lunga serie di pessime decisioni di politica economica, a partire dalla creazione dell’euro. Sebbene l’intento sia stato quello di unire l’Europa, alla fine l’euro l’ha divisa: i Paesi più deboli sono riusciti, per ora, a rimanere nell’euro a prezzo di disoccupazione e deflazione salariale, crollo della domanda interna e aumento del “sommerso”. Ma non sarà per sempre.

Quali saranno i costi di una nostra uscita dall’euro resta materia di dibattito. Ciò che pare certo è che senza Europa perderemo tutti.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
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Commenti

luca e saverio, anime belle

Piove? Governo ladro! Non piove? Governo ancora più ladro! Siete proprio sicuri che il made in Italy con il 30% di sconto (presto il 40%, probabilmente) non possa aumentare di molto le vendite in mercatuzzi tipo Cina, India e Brasile (e USA, naturalmente) che da soli fanno la metà del mondo? E che la sovrabbondanza di moneta non possa aiutare parecchio, specie se abbinata a una politica di bilancio (malamente tradotta con "fiscale") espansiva, nei limiti del possibile? No!!! Al mattino vi guardate allo specchio e rimirate l'adamantina bellezza della vostra anima e l'inflessibilie capacità di smascherare le losche trame delle multinazionali e dei poteri forti. Alle volte, invece, bisogna darsi da fare per il meno peggio, se si ha davvero a cuore la riduzione del malessere dei più poveri e dei più deboli e non invece il nutrire il proprio narcisismo.

Ottimo, Luca!

Ottima considerazione, Luca! Più che ignoranza è disinformatsja: i giornali del regime nazieurista ci hanno rotto le scatole sugli effetti catastrofici della svalutazione (ricorda il mantra sulle materie prime che sarebbero aumentate di settanta volte sette, come ironizzava Bagnai?). Bene, oggi l'euro svaluta e, sopresa!, i giornaletti di regime ad osannare il bazooka di Draghi che permette di svalutare l'euro sul dollaro fino alla parità e, probabilmente, fino a 0,85 € per dollaro: il dimezzamento rispetto ad appena pochi mesi fa!
Viviamo in apparente democrazia: ci fanno pensare che poter esprimere un'opinione in un blog o in un sito o su un social sia espressione di libero pensiero. Ma in realtà le decisioni che contano sono prese da istituzioni senza alcun carattere democratico e prevalgono anche sulla volontà popolare espressa nelle elezioni: è il "pilota automatico", bellezza!

Uscire? Proprio adesso? dice qualcuno...

Interessante vedere il bassissimo livello di conoscenza dei lettori: l'euro svalutato ti aiuta sui mercati extra-eurozona.
Peccato che se la stragrande maggioranza del tuo export è diretto agli altri paesi DENTRO la zona euro, non serva a niente.
Sullo "stampare moneta" della BCE, basta informarsi un po' per capire che è 'na cazzatella rispetto a quello fatto dagli altri, 5 anni fa.

Tutto Ok ma gli economisti non perdono mai niente

Il problema dell'uscita dall'euro e ammesso che sia un problema s'intende, non può essere di attenzione solo degli economisti in quanto deve essere preso in considerazione da tutti. Proprio loro, gli economisti, dicevano e scrivevano che con l'euro si risolvevano buona parte dei problemi, oggi hanno la faccia tosta di dare ancora lezioni.

Vergognatevi!

Uscire dall'euro e con progetti di uscita significa anche per i Trattati uscire dall'Ue. Il problema è che tutti questi professori di economia stanno bene come stanno. Vivono nel lusso.

Loro non perdono mai niente.

Sono veramente vigliacchi.

uscire? proprio adesso?

Ma sì, cari commentatori, usciamo dall'euro, così potremo stampare tutta la moneta che vogliamo e fare una bella svalutazione. Ma non ve lo ha detto nessuno che la BCE in questi giorni e per i prossimi anni invade e invaderà il mercato di una montagna di euro freschi freschi e che in 2 mesi l'euro si è svalutato del 30% dul dollaro?

Meravigliosa super

Grandiosa supercazzola senza un dato, un fatto preciso, una logica solida.
Come si fa a convincere i lettori di una tesi, se non si riesce ad affrontare i punti chiave della questione?
Questo forse non sa quanti paesi oggi in Europa (per non dire nel mondo) operano in regime di cambi perfettamente fluttuanti e guarda caso non hanno nessuna delle sventure auspicate nell'articolo.
Che tristezza, per chi vorrebbe farsi un'idea più precisa sulla questione.
Ci state spingendo a fidarci di chi è serio e rigoroso nell'analisi, ma che suggerisce di uscire.


Altro che arrampicarsi sugli specchi

Professore, lei e tanti altri come ad esempio Iodice e Palma ormai assomigliate ai giapponesi che non sapevano che la guerra era finita e continuavano a combattere inutilmente.
Bene il punto di partenza: o l'unione europea cambia (vi prego: non usate più unione europea, anzi la sola eurozona!, come sinonimo di Europa: questa continuerà a sopravvivere anche quando non esisteranno più nè eurozona nè unione europea) o non via sarà più l'euro. Può l'unione europea cambiare? No: Quaquaraqua Tsipras e Varofuffakis avevano pensato che avrebbero trovato comprensione e sostegno, si sono trovati con calci in culo. Allora non sarà più l'euro? Neanche per sogno! Con una logica incomprensibile agli umani il nostro professore sostiene che abbandonare l'eurozona non si può!
Perchè? Per l'effetto domino (too big e too connected: ma l'italiano, santo Iddio, L'ITALIANO!!!!) potrebbe andare a gambe all'aria l'unione europea. Dimostrazioni di questa tesi? Nessuna!
L'euro non è una porta girevole: affamati di tutta l'Europa meridionale! Arrangiatevi! Chiusa la porta potete solo schiattare.
"Le svalutazioni precedenti sono avvenuti in regimi di cambi fissi": ohibò, un altro che crede che il regime uscito da Bretton Woods fosse un regime di cambi fissi! Meglio tacere per evitare eccesso di sarcasmo...
Misure repressive: sì, esatto! Indovinato. E di chi ha fatto debitin euro sotto legislazioni STRANIERE se lo prenderà in saccoccia, al massimo lo stato potrà intervenire per garantire i lavoratori. Devo piangere per i manager strapagati che hanno voluto fare i fighettini a Londra? Manco per niente: sequestro stock options, sequestro liquidazioni e anche galera se necessario. Per il resto: pussa via!
La svalutazione equivale ad un impoverimento del paese: cosa significa, in parole povere? Che dobbiamo prevedere strumenti di indicizzazione dei salari? Eh sì, caro professore, magari le ripugnerà, ma questa è proprio una delle cose che andrà fatta! Non volete chiamarla scala mobile? Chiamatela Giovanna, ma quello sarà.
Le nostre esportazioni vivono di qualità. E se il prezzo fosse più basso, alle esportazioni di qualità gli farebbe schifo? Farebbe schifo ai compratori? Trovatemi un compratore che, a parità di qualità, si lamenta di un prezzo più basso. Vi faccio un monumento!
Nel 1980 Fuà ci definiva paese a sviluppo tardivo dell'Europa. Nel 1980 i miei genitori riuscivano a comprare una casetta al mare, pur lavorando solo mio padre. Mio fratello trovava più occasioni di lavoro ed io cominciavo a fare la mia scelta universitaria. Pagherei per tornare a quegli anni, e non solo per la giovinezza! Professore, ma che sta a di?
"i Paesi più deboli sono riusciti, per ora, a rimanere nell’euro a prezzo di disoccupazione e deflazione salariale, crollo della domanda interna e aumento del “sommerso”. Ma non sarà per sempre.". Ha ragione, professore: molti nel frattempo saranno morti

Well said

The euro requires nations to give up sovereignty and economic flexibility, unless specific fixes are put in place.

Ottimo articolo

Grazie prof. Gallegati per aver smontato i luoghi comuni sull'uscita dall'euro.

Come Keynesblog ci avevamo provato qui: http://keynesblog.com/2015/02/25/gli-eccessivi-ottimismi-sulluscita-dalleuro/

Vedo che gran parte della nostra analisi coincide con la sua.