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Monti e la sanità. Storia di un'anca

28/11/2012

Il sistema sanitario nazionale “potrebbe non essere garantito se non si trovano nuove modalità di finanziamento”, dice Monti. Notizia per Monti e altri al governo: il sistema sanitario nazionale già è “non garantito”, in molti casi. Per esempio per un pensionato che, improvvisamente, si trova a non poter più camminare e ha bisogno di una protesi dell'anca. O meglio, rettifico: scopre di aver bisogno di una protesi dell'anca dopo aver fatto una radiografia a pagamento perché nella sua regione, il Molise, per le lastre Asl c'è da aspettare mesi. Sempre nella sua regione (una di quelle con sanità disastrata e commissariata dall'autore del disastro), scopre di dover aspettare sei mesi anche per l'operazione, nella sanità pubblica.

 

Corre allora (si fa per dire) nel Lazio, che pur essendo un'altra regione a sanità disastrata e commissariata ha una grande abbondanza di ospedali e soprattutto cliniche convenzionate, data la presenza in sede di una delle multinazionali del settore (Vaticano) e dei maggiori campioni nazionali (Angelucci, Ciarrapico etc). Trova un bravo chirurgo, pensionato dall'ospedale pubblico, che opera in una di queste cliniche, e si rimette a posto l'anca e gamba connessa. Ma dopo l'operazione c'è bisogno di una terapia di riabilitazione, per poter camminare. Viene spedito in un'altra clinica, con prescrizione di 30 giorni di ricovero per la riabilitazione. Arriva un po' acciaccato e quindi nei primi giorni non ci pensa, ma poi si rende conto che, delle 24 ore di ricovero pieno, solo 45 minuti li passa in fisioterapia. Tutto il resto è noia: chiacchiere con anziani, cibo precotto in piatti di plastica, messa e rosario dagli altoparlanti (la clinica è cattolica, e tutti i pazienti, anche di altre religioni o atei, si sorbiscono il Verbo a meno di non rifugiarsi nel cortile). Ma è tutto gratis, tranne l'acqua minerale che va comprata alle macchinette. Dopo una decina di giorni, prende cappello e se ne va, firmando per le dimissioni volontarie, mentre la sua famiglia cerca il modo di fargli fare la terapia di riabilitazione a casa. Ma si scopre che sia nel Lazio che nel Molise questa possibilità non è di fatto contemplata dalla sanità pubblica: si può chiedere, certo, ma il terapista arriverà (se arriverà) dopo mesi e mesi. Allora decide di pagarselo di tasca sua, facendo un po' di sedute in casa e un po' presso un centro specializzato. Si rimette in piedi, le gambe funzionano ma i conti non tornano. Perché lo stato, il Servizio Sanitario Nazionale (maiuscole d'obbligo, qui), può pagargli la pensione completa in clinica per un mese (6-700 euro al giorno) ma non finanzia l'alternativa più economica (35 euro a seduta per 20-30 sedute?).

continua