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Diamo una Chance alla pubblica istruzione

02/12/2011

Chi è e cosa può fare Marco Rossi Doria, neosottosegretario all'Istruzione del governo Monti. Per voltare pagina, e non solo rispetto a Berlusconi-Gelmini

Un chiaro segnale di attenzione del governo Monti agli esclusi dalla scuola, ai giovani poveri, alle alternative della formazione attraverso il lavoro e dei percorsi professionali, alla necessità di trasformazioni profonde. Ai tanti che dentro e fuori il sistema di istruzione sanno restituire all’educazione i suoi significati autentici. La vede così Cesare Moreno che con Marco Rossi Doria, neosottosegretario all’istruzione, ha fondato a Napoli l’associazione Maestri di strada, realizzando con il progetto “Chance” la più riuscita esperienza italiana di recupero all’apprendimento di ragazzi marginali. Speriamo che sia stata davvero questa l’intenzione, e non motivi più futili. Speriamo, soprattutto, che l’enorme forza inerziale di viale Trastevere capace, chiunque sia il ministro, di spegnere gli entusiasmi e di sterilizzare le buone idee, questa volta non abbia la meglio.

Ci vorrebbe proprio uno sguardo diverso, dopo i disastri del duo Gelmini-Tremonti, e la lunga gelata anche a sinistra di qualsiasi strategia radicalmente innovativa. Come se tutti i fallimenti della scuola italiana – prima di tutto quello scandaloso 20% di ragazzi senza diplomi o qualifiche – portassero la firma del solo Berlusconi e non anche di politiche antiquate e corporative di lunghe stagioni precedenti. Come se i bassi livelli di istruzione e di qualificazione di gran parte della popolazione adulta, anche delle fasce di età più giovani, che compromettono persino la qualità democratica del paese, non derivassero da superficialità, sottovalutazioni, errori politici figli, nel tempo, di tanti padri diversi. Anche nella scuola, come per la crisi economica, non si può pensare che, passata a nuttata – e sempre che possa davvero passare – tutto possa ricominciare come prima.

A Marco Rossi Doria questa consapevolezza non manca. Non gli mancano le conoscenze e l’esperienza, e neppure il gusto del pensiero e dell’azione divergente. Nei quartieri degradati della sua Napoli ha visto bene come si possano sprecare le risorse economiche e professionali senza mai venire a capo di una dispersione aspra e insistente fin dalla scuola media, qualche volta anche prima. Come sia difficile, anche quando le istituzioni locali siano tutte di sinistra, mettere al centro l’obiettivo di una scuola inclusiva, capace di restituire speranze e dignità, di contrastare la povertà, di competere e vincere contro le tentazioni di perdere e di perdersi, di rendere più sane e civili le relazioni sociali. Nell’esperienza più recente della formazione professionale più vitale e innovativa del paese, quella di Trento e Rovereto, ha trovato conferme importanti della bontà delle pratiche sperimentate a Napoli, l’apprendimento attraverso il fare guidato e riflessivo, la formazione per compiti, l’alleanza tra scuola e territorio, il rapporto con le botteghe artigiane, la cura assidua delle competenze di chi insegna, la qualità degli ambienti formativi, la verifica continua dei risultati. Il riformismo mite, non ideologico e supponente, un passo dietro l’altro, con l’occhio attento a come si fa, e alle condizioni necessarie per far bene. E poi l’assillo continuo per la povertà, quella dei bambini, che cresce continuamente. Il 18,3%, oggi, dei ragazzi fino ai 18 anni. Più del 24% i minori a rischio di povertà. Il 70% nel Sud del paese. Povertà economiche e povertà di diritti, soprattutto nelle grandi città. Povertà affettive e relazionali, nella fase difficile dell’adolescenza, tra spazi urbani sempre più avari, l’ossessione dei consumi, l’afasia del mondo adulto.

C’è bisogno urgente di una scuola capace di ascolto, di insegnanti competenti e motivati, di codici e linguaggi di apprendimento in sintonia con la radicale trasformazione degli stili cognitivi indotti dall’immersione nelle nuove tecnologie. Di aria nuova, di nuove idee, di nuove politiche. Ci vorrà del tempo, e sarà difficile, ma è senza dubbio una buona notizia che a viale Trastevere sia approdato finalmente un maestro di strada.

Sul progetto Chance, si veda anche la recensione al libro Insegnare al principe di Danimarca, di Carla Melazzini

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Commenti

Se si intervenisse nell'Università...

Auguriamoci che il nuovo Ministro della Pubblica Istruzione, tra le tante cose da affrontare, inizi la sua opera introducendo, nel settore della Università, qualche innovazione finalmente sostanziale: esse provocherebbero effetti positivi ed interessanti sulla struttura e sul funzionamento delle scuole superiori ed inferiori. Il Ministro, ad esempio, dovrebbe subito eliminare il valore legale dei titoli rilasciati dalle Università. Molti studenti "interessati unicamente al pezzo di carta" (e le loro famiglie che li sostengono in tale scelta) troverebbero conveniente rivolgersi al mercato del lavoro appena usciti dalle scuole superiori. gli Atenei selezionerebbero meglio e diversamente i propri Docenti. Le scuole superiori risentirebbero positivamente di tali decisioni e di conseguenza, sarebbero costrette a migliorare professionalmente il loro outcome formativo, ricorrendo a mutamenti sostanziali sul piano strutturale e funzionale. Con un provvedimento di una sola riga, il Ministro dovrebbe cancellare tutti i corsi di laurea, cosiddetti decentrati: quelli sorti e diffusi per demagogia di politicanti locali e mantenuti con mezzi finanziari di amministrazioni locali, che, in molti casi, sono divenuti fonte di illusioni e di sogni per giovani illusi di frequentare un contesto universitario. Le amministrazioni locali, invece di finanziare i finti corsi universitari, potrebbero destinare le risorse finanziarie liberate per sostenere meglio le scuole superiori locali, o per avviare programmi di borse di studio a beneficio di studenti bravi di queste scuole permettendo loro di frequentare le Università migliori nazionali od estere. Il nuovo Ministro dovrebbe imporre che, a fronte di finanziamenti pubblici, ogni Facoltà sia in grado, fin dal prossimo anno, di offrire almeno un corso di laurea, triennale e magistrale, completamente in lingua inglese. I fondi pubblici aumenterebbero anno per anno solo con l'aumentare di tale offerta: ovviamente, i fondi pubblici sarebbero assicurato solo per sostenere i Dottorati di ricerca svolti in lingua inglese. Il Ministro imponga il controllo di gestione nell'amministrazione degli Atenei sulla base della contabilità analitica e richieda la certificazione dei bilanci da parte di soggetti terzi . Il Ministro dovrebbe assicurare che i singoli Atenei siano liberi di modulare e di fissare le tasse di iscrizione secondo le loro necessità di bilancio. Tale libertà si dovrebbe accompagnare all'obbligo di destinare il 30% di tali introiti a borse di studio per studenti particolarmente meritevoli. Considerata la diffusione dell'evasione fiscale, ogni richiesta dello studente per accedere a sconti sulle tasse, od a borse di studio, implicherebbe, oltre al monitoraggio del suo rendimento scolastico, il controllo fiscale annuale sui redditi della sua famiglia. Ma, si è molto curiosi di vedere che cosa farà questo nuovo Ministro...tecnico! Intanto, auguri e buon lavoro a lui!