Home / Sezioni / italie / Sfratti, una soluzione alternativa

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Sfratti, una soluzione alternativa

20/01/2015

Come risolvere il problema dell'emergenza sfratti? Un'alternativa potrebbe prevedere la concessione di un’agevolazione fiscale temporanea agli inquilini sfrattati

Il "mille proroghe 2015" (d. .l. 31 dicembre 2014, n. 192) che sposta in avanti la scadenza di alcune disposizioni legislative, non ha rinnovato il blocco dell'esecuzione degli sfratti disciplinato dall'articolo 1 della legge 9/2007, prorogato più volte e scaduto lo scorso 31 dicembre. Il presidente dall’Anci Fassino ha chiesto la reintroduzione del blocco in sede di conversione del d. l. mille proroghe. Ma quante sono le famiglie interessate e chi è avvantaggiato dal blocco?

La dimensione del problema

Secondo il Sunia-Cgil, le famiglie interessate sarebbero 30.000 mentre per gli assessori alla casa di Milano, Roma e Napoli potrebbero arrivare a 50 mila. Queste cifre non sembrano realistiche.

Occorre, infatti, ricordare che gli sfratti di cui si discute sono solo quelli per finita locazione che interessano solo i soggetti che vivono nei comuni capoluoghi di provincia, in quelli con essi confinanti con più di 10.000 abitanti e nei comuni ad alta tensione abitativa; inoltre, devono avere un reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro e un componente del nucleo famigliare con più di 65 anni o malato terminale oppure disabile per oltre i 66%; vi rientrano anche le famiglie con figli fiscalmente a carico.

Secondo il ministro Lupi il problema riguarda non più di 2.000-2.500 casi in tutt’Italia; poiché non viene indicata la fonte del dato, non si può verificare se il fenomeno è sottostimato o meno. La selettività dei criteri di eleggibilità della legge 9/2007, fa, però, realisticamente ritenere che il numero effettivo degli sfratti interessati sia molto più lontano dalla stima di Sunia e Comuni di quanto non lo sia dalla cifra indicata dal ministro. Si consideri, al riguardo, che nel 2015 il minor gettito previsto per l’applicazione della agevolazioni fiscali, introdotte dalla legge 9/2007, a favore dei proprietari del immobili localizzati nella grandi aree metropolitane, è di 3,4 milioni di euro. Ipotizzando un importo medio dell’agevolazione fiscale di 2.300 euro (calcolata su canone di 600 euro mensile con aliquota d’imposta media del 32%) ne deriva che nel 2014 (l’anno d’imposta che genera il minor gettito di quest’anno) gli sfratti la cui esecuzione è stata bloccata sono stati circa 1.500. Poiché gli sfratti per finita locazione concentrati nelle aree metropolitane costituiscono circa la metà del loro totale, si può ritenere che il numero complessivo degli sfratti interessati al blocco si sia attestato intorno a 3.000; se si dimezza il canone di 600 euro mensili, preso a riferimento per questa stima, diventano 6.000: un numero comunque più basso di quelli indicati da Sunia e Comuni.

Vantaggi e svantaggi del blocco

Naturalmente, il fatto che il via libera agli sfratti interessi poche migliaia di casi, non significa che il problema debba essere trascurato, tanto più che interessa nuclei familiari particolarmente deboli, sia sul versante sociale che su quello economico. Ci si può, tuttavia, chiedere se il blocco degli sfratti sia il modo migliore per affrontarlo.

Tralasciando le considerazioni di ordine più generale sugli effetti delle politiche di blocco degli sfratti, occorre considerare che, differentemente da quanto avviene con il blocco degli sfratti per morosità, in questo caso le condizioni per la sospensione dell’esecuzione sono particolarmente onerose per gli inquilini e convenienti per i proprietari delle abitazioni. Nel periodo di sospensione l'inquilino deve, infatti, continuare a pagare il canone previsto dal contratto di locazione, ma con una maggiorazione del 20%; se diventa moroso lo sfratto viene eseguito.

I proprietari degli immobili ubicati nei comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Palermo, Messina, Catania, Cagliari, Trieste e in quelli ad alta tensione abitativa con essi confinanti, oltre ad incassare un affitto maggiorato, rispetto a quello percepito in precedenza, godono di un ulteriore vantaggio: i ricavi da canone non concorrono ai loro redditi imponibili. Per i proprietari persone fisiche, che non hanno optato per l'applicazione della cedolare secca, il vantaggio fiscale è tanto maggiore quanto più elevato è il loro reddito.

Nel prospetto 1 sono raccolti i risultati di una simulazione degli effetti economi della sospensione di uno sfratto relativa ad un’abitazione, affittata a 600 euro al mese, di proprietà di una persona fisica che ha scelto di assoggettare ad Irpef il canone.

L’inquilino per continuare a vivere nell’abitazione da cui è stato sfrattato deve pagare un canone di 720 euro. Per effetto dell’aumento del canone e dell’agevolazione fiscale il proprietario della casa trae un vantaggio notevole, sia in valore assoluto sia in termini relativi. Se il suo reddito imponibile supera i 28.000 euro, il suo ricavo netto da canone aumenta di almeno il 90%; al di sotto di questa soglia di reddito aumenta almeno del 50%.

Esiste un’alterativa al blocco?

Per i proprietari delle abitazioni che avevano ricorso allo sfratto per finita locazione non per effettive necessità personali e familiari, ma con la speranza di affittare ad un nuovo inquilino con un buon aumento del canone, il blocco si è rivelato conveniente oltre ogni attesa, in un mercato caratterizzato da una domanda molto debole, mentre le condizioni per usufruirne hanno aggravato la situazione economica degli inquilini.

Poiché la sospensione dell’esecuzione degli sfratti non potrà andare avanti all’infinito, occorrerebbe chiedersi se è ipotizzabile un’alternativa, ad un’ulteriore proroga, che aiuti a risolvere il problema in maniera meno costosa per gli inquilini.

Un’ipotesi di lavoro potrebbe prevedere la concessione di un’agevolazione fiscale temporanea (per uno/due anni), anziché ai proprietari degli alloggi, agli inquilini sfrattati per aiutarli a passare da una casa all’altra. Alle famiglie che si trovano nelle condizioni previste dalla legge 9/2007 potrebbe essere riconosciuta una detrazione d’imposta pari al 19% del canone pagato, entro un importo massimo di quest’ultimo. Per l’erario il costo di questa agevolazione non è influenzato dal reddito dei proprietari degli alloggi ed è sempre inferiore rispetto a quello della mancata tassazione dei canoni. A parità di perdita di gettito, questa riduzione del costo unitario dell’agevolazione consente di estendere il beneficio fiscale anche oltre le aree metropolitane citate sopra.

 

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

lo Stato requisisca le case sfitte ai fondi immobliar,i e le affitti a equo canone

L'emergenza case non può andare in tasca ai piccoli proprietari, come è avvenuto finora con 30 blocchi consecutivi agli sfratti per morosità.
Pure un blocco degli sfratti per finita locazione è comunque una grave limitazione all'esercizio della proprietà privata, e dei relativi diritti.

Il Governo dovrebeb modificare la legge sulla requisizione degli immobili per scopi di pubblcia utlità, come fece a suo tempo la sinistra di Lionrl Jospen in Francia, introducendo anche d anoi la possiblità di recquisire gli mmobili tenuti sfitti per darl in affitto a canone concordato a chi ha bisogno, con l'integrazione di un contributo comunale per le famiglie meno abbienti (quelle che si vogliono esonerare dal blocco degli sfratti).
L'affitto per i proprietari non può essere 100-150 euro che vengono chiesti per le case popolari, ma la differenza viene pagata dallo Stato.

Così si va a penalizzare chi detiene grandi patrimoni immoibliari, piuttosto che chi ha costruito con tanti sacrifici una seconda casa per i propri figli.

Il risultato è che, senza certezza del diritto e dei ritorni economici, il mattone non diventa più un investimento appetibile, e viene messo in crisi un settore che tra società edili, agenzie immobilairi, ecc dà lavoro a un esercito di quasi un milione di persone.

Da aggiungere è che, dopo l'approvazione del Jobs Act e dei licenziamenti facili, il lavoro a tendere richiederà continui cambi di datore e città, stile americano. e affittarsi una casa direttamente ammobiliata diventerà una necessità per molte più persone di quelle che la richiedono oggi.

Deve essere lo Stato a farsi carico di un problema di housing sociale.
I Comuni hanno mostrato in questi anni solo di sapere richiedere proroghe e blocchi a oltranza, senza mai risolvere la situazione, magari anche per una cronica mancanza di fondi e stanziamenti. E' opportuno a questo punto che,alla faccia del federalismo, il Governo avochi a sè direttamente la competenza in materia, e vari un piano casa nazionale.

La casa è un diritto essenziale

Una giovane ricca, intervistata nella penultima puntata di Ballarò a Saint Moritz, ha dichiarato che una persona è davvero povera quando non ha una casa. Se lo capisce una ragazza ricca, lo può capire anche un governo di centrosinistra.
La casa è un diritto essenziale. La crisi economica morde di più in Italia su un'aliquota importante di Italiani (almeno 15 milioni) a causa: a) dell’assenza del reddito minimo garantito (siamo gli unici in UE a non averlo assieme alla Grecia e all’Ungheria); b) dell'incidenza abnorme del costo dell'affitto sul salario; e c) della drammatica insufficienza del patrimonio di case popolari (circa un milione appena su oltre 32 milioni di immobili residenziali).

Negli ultimi 20 anni, si sono costruiti, a causa del predominio e dell'intreccio di interessi delle banche, degli immobiliaristi e dei costruttori, meno di 1/10 di alloggi pubblici rispetto agli altri Paesi europei.
Dal “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale 2011-2012” della CIES (tab. 3.4, pag. 101 - http://www.lavoro.gov.it/Documents/Resources/Lavoro/CIES/RAPPORTO_2011_2012_Fabbris.pdf ) si ricava che, nel 2009, la spesa per l’housing sociale (case popolari) è stata, in Italia, appena dello 0,02% sul PIL, contro lo 0,57% della UE27, lo 0,75% della Danimarca, lo 0,65% della Germania, lo 0,20% della Spagna, lo 0,85% della Francia e l’1,47% della Gran Bretagna, con un rapporto tra questi altri Paesi UE e l’Italia, rispettivamente, di 28,5, 37,5, 32,5, 10, 42,5 e 73,5 volte: sono dati che parlano da soli e costituiscono un vero scandalo!

Anche in Italia, per colpa anche e soprattutto dell’estrema carenza di CASE POPOLARI, c’è una bolla immobiliare, inferiore ad altri Paesi ma c’è. Il valore al metro quadro in Italia è, nelle città, in media di 4.000 €, contro 2.000€ in Germania.
Un plusvalore che va ad accrescere artificiosamente la ricchezza delle banche e dei proprietari di casa, a spese di 15 milioni di Italiani, che abitano in affitto.

La crisi economica sarà dura e lunga (almeno 15 anni), poiché è il prodotto del mutamento epocale e del riequilibrio planetario in atto della produzione, della ricchezza e del benessere. Una casa ad affitto sociale (vale a dire 100-150 € al mese) può fare la differenza tra una esistenza difficile ma economicamente sostenibile e la povertà. Occorre perciò, anziché vendere le case popolari, varare un Piano Nazionale Pluriennale di Edilizia Residenziale Pubblica di Qualità (almeno 25.000 alloggi all’anno).*

* PS:

Sei misure da adottare contro la crisi e per la crescita
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2767761.html
3) Tutela del territorio. Il Piano di edilizia residenziale pubblica e popolare va affiancato dalla riforma della normativa urbanistica per la tutela del territorio e del paesaggio e lo sviluppo del turismo, da affiancare – non sostituendola! – all’industria. Il territorio italiano è elemento fondamentale non soltanto per le sue intrinseche finalità, ma anche per lo sviluppo del turismo (*) e la qualità della vita delle persone, influenzata sia dal controllo del proprio tempo (spostamenti da e per i luoghi di lavoro), sia dalla relazione - sottovalutata – tra il territorio (urbanistica e architettura) e la psicologia delle persone.
Occorre agire su tre direttrici:
a. la prima, emanando una rigorosa legge sul regime dei suoli, basata su tre pilastri: la prevalenza dell'interesse pubblico; la titolarità esclusiva pubblica delle scelte attinenti al governo del territorio; la pianificazione, in coerenza con i benchmark europei;
b. la seconda, realizzando un piano corposo di edilizia residenziale pubblica (sovvenzionata, convenzionata e autocostruita);
c. la terza, attuando un piano di rottamazione edilizia
(v. La casa è un diritto essenziale (casa, territorio e paesaggio)
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2761640.html