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Monti, Marchionne e l’estremismo liberista
Con il mercato, contro i lavoratori. Mentre il governo si appresta a riformare l’articolo 18, Mario Monti sposa il Marchionne pensiero: “Chi gestisce la Fiat ha il diritto e il dovere di scegliere per i suoi investimenti e per le sue localizzazioni le soluzioni più convenienti”. Parole che svelano l'illusione del governo "tecnico". Ricordandoci la grande differenza che c'è tra politiche liberiste e liberali.
A proposito della trattativa sull’articolo 18 (davvero un momento sempre più epocale per la storia dell’Italia e nei prossimi secoli si distinguerà ancora tra un prima e un dopo riforma dell’articolo 18!) Mario Monti ha detto alle parti sociali che tutti dovrebbero rinunciare a qualcosa. Teoricamente una richiesta di grande buon senso, di solito in una trattativa ci si comporta così; ma questo accade davvero solo se le parti del contratto/accordo sono in posizione paritaria, con uguali diritti e uguali doveri e se cedono cose comparabili.
Nel caso dell’articolo 18 questo però non accade, perché gli industriali sono oggettivamente più forti (avendo Monti di fatto e comunque dalla loro parte, tanto da tributargli, a Milano, il 17 marzo, un’ovazione) e i sindacati sono più deboli; ma soprattutto perché da una parte (i sindacati, ma soprattutto la Cgil, perché Cisl e Uil hanno rinunciato da tempo a difendere davvero i diritti, vedi Fiat) si difendono appunto i diritti (ma i diritti, o sono diritti uguali e universali, oppure non sono diritti), dall’altra, Monti e Confindustria difendono invece le ragioni (presunte o meglio supposte razionali) dell’economia e della globalizzazione.