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Partiti o comitati elettorali?

31/07/2013

La requisitoria contro i partiti, fatta propria da amici carissimi oltre che cittadini specchiati, come Marco Revelli, è approdata sul loro esponente più fragile, il Partito democratico, dimostrando che l’esito ne è la trasformazione del partito in semplice comitato elettorale. Che cos’era un partito se non un’idea e proposta di società, fatta propria da una parte di essa, come dice la stessa parola, e presentata a una popolazione composta da parti sociali diverse e anche opposte? È in questo senso che la Costituzione del ’48 indica nei partiti, aggregati per idee e interessi, gli strumenti tipici della democrazia, i “corpi intermedi che organizzano la riflessione fra la società e lo stato, e attraverso le elezioni ne esprimono la frazione maggioritaria”. Con un solo limite, il patto costituzionale, entro il quale e senza uscirne i partiti sono liberi di muoversi e modificarsi.

Questo impianto del pensiero politico moderno sta saltando dal 1989 in poi con la crisi dei partiti comunisti e di quel “compromesso keynesiano”, che era nato dopo il disastro economico del ’29, il sorgere dei fascismi e la seconda guerra mondiale. Ed era stato alla base delle costituzioni democratiche, come la nostra. Esso riconosceva che fra capitale e salariato gli interessi sono opposti e cercava di frenare sia una rivoluzione, come quella russa del 1917, sia una reazione come quella fascista e nazista, ponendo dei limiti alla classe più forte, quella del capitale. Era allora comune che il modo di produzione capitalistico dominante in occidente andasse corretto, l’ondata liberista riaperta da Thatcher e Reagan ha dichiarato l’unicità e l’eternità dell’assetto sociale capitalista con la famosa “Tina” e ha messo fine ai “partiti” come espressione di “parti sociali’, lasciando legittimità soltanto ai bilateralismi anglosassoni e a un modo in parte diverso di amministrare l’unica società possibile, quella capitalista. E questo ritorno a Von Hayek è apparso persuasivo agli eredi europei dei partiti comunisti, anzi, come ebbe a dire D’Alema, la “normalità” cui hanno auspicato che anche l’Italia arrivasse.

Da quel momento anche i partiti che hanno continuato a dirsi di sinistra hanno cessato di esprimere un diversa idea di società, con relativi valori e controvalori, avversari e obiettivi e il loro asse si è spostato dalla proposta di un’idea di società e di paese alla promozione delle persone che si candidano a dirigerlo. Non stupisce che il più travolto e sconvolto dal mutamento sia l’erede del Partito comunista, il Pd. Traversato da lotte furibonde tra autoproposti a tenere il presente e i pochi che vorrebbero mantenere una differenza sociale, essere insomma non dico ancora comunisti ma ancora keynesiani. I più, anche nella cosiddetta società civile, di conflitti non ne vogliono più sentir parlare e preferiscono lamentare la degenerazione morale di una politica che non può essere che quella. E non ne vogliono sapere, non per caso, della proposta di Fabrizio Barca, consistente nel ridare ai partiti soltanto il ruolo di propositori di idee di società, separandoli dalle istituzioni dello Stato, con relativi posti e prebende. Non è una proposta semplice ma non è stata presa neanche in considerazione dai candidati leader alla segreteria, e il Pd già non è che un comitato elettorale, il cui problema principale è decidere se la base degli elettori deve essere riservata a chi ne costituiva la base sociale composta dai senza mezzi di produzione (capitali, terre, miniere) oppure l’intera popolazione, capitalista o no. Il voto andrà esclusivamente alla persona del candidato e al suo modo di fare e apparire in una società appunto “normalizzata” come sopra. Un giovane come Renzi non esita a dire che del partito non gliene importa niente, se non come mezzo sul quale salire per arrivare al governo; perché di una società altra non gli cale affatto.

Non so se un partito del genere sarebbe in grado di risanare la crisi italiana, sezione della crisi mondiale in cui il liberismo ci ha messo. Questo non sta nei suoi intenti, come non mi è nota l’analisi delle cause che ne fa finora Barca. Più modestamente la sua proposta sarebbe in grado liberarci da quella sovrapposizione di bassi interessi e illegalità che deprecava Marco Revelli nell’auspicare la fine dei partiti? Forse sì, ma se ne uscirebbe ripulita la sfera della rappresentanza, l’intera formazione della struttura politica andrebbe ripensata. E sarebbe impossibile cancellare il conflitto sociale come oggi fa tutta la politica, destra e sinistra, rappresentati e non rappresentati.

 

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Commenti

Si lascia ad intendere.

La contrattazione che avviene con le strutture organizzative locali, sopperisce alla mancanza di un ordine sociale chiaro, con le clientele. L'istituzione non garantisce all'individuo un potere di contrattazione scevro dalla sua capacità socio economica:
è lasciato ai circuiti di emergenza (istituzionali e non).Si può forse contrattare con chi ti fa la carità?

Piuttosto che imporre subdolamente una burocratizzazione pubblica (e privata) piena di strascichi vincolanti , gli addetti alla propaganda culturale potrebbero democratizzare i percorsi delle risorse istituzionali (e para istituzionali);
anche con il rischio di disordini generati dalla scoperta non graduale delle disparità di trattamento tra sottogruppi di potere.

Inizio a pensare che se si scannano tra di loro si dimenticano di saltarmi alla gola nella loro esclusiva lotta per le appropriazioni originarie di rendita, travestite da ruoli sociali .Fatte salve le eccezioni.
La saluto.

Comitati d'affari, please!

Premesso che per carattere ho sempre avuto difficoltà ad aderire ad un partito per quanto abbia sempre fatto politica dal basso, il PD èveramente un'accozzaglia indigeribile di politici di carriera o di aspiranti tali. L'esponente che mi è più indigesto è Renzi che non è altro che un bamboccio democristiano (di sicuro più simpatico grazie al fatto che è nato in Toscana) e che si presenta come un salvatore...de ghe? Uno che fa finta di fare il sindaco di Firenze ed al quale sfuggono i finanziamenti europei (come a buona parte dei sindaci italiani) per problemi di sicuro di scarsa progettualità e di tempo che dedica ad altro, a quanto pare.
Il documento di Barca è la solita aria fritta di una sinistra dogmatica ed incapace di parlare in Italiano normale.
Non dico di parlare come Grillo ma almeno come Di Pietro che farà qualche errore ma è sempre comprensibile.
La cosa poi che mi fa impazzire del Pd è che i migliori (almeno per me) come la Serracchiani e Marino vengono eletti....nonostante siano del PD.
In occasione delle prime primarie ho avuto la debbenaggine di fare la tessera del PD per poter votare Marino. Pia illusione.
Ho ottenuto soltanto che ogni tanto mi arrivino consigli via SMS di votare questo o quello. Bella schifezza!

Comitati elettorali

E' un buon articolo e coglie un evoluzione storica.
Infatti i commenti che qualcuno prima di me ha scritto evidenzia che sono "elettori" che scrivono.
Infatti siamo diventati elettori, disquisiamo sui candidati, se sono presentabili, se hanno macchie oppure
no, che cosa dicono in tv, ( raramente sui giornali) se sono giovani, nuovi o vecchi, e si dimentica regolarmente ciò
che ripetono e soprattutto che l'obiettivo dei candidati e' essere eletti.
I programmi, le idee, la realizzazioni delle idee, sono un copia/incolla buono per convincere i consumi elettorali
che si definiscono giornalmente con i "mi piace" o che canale tv si guarda e cosa si cerca in internet: profili di ognuno
di noi consumatori.
I conflitti sono problemi individuali, l'isoddisfazione la rabbia e l'eventuale ingiustizia sono disturbi della personalità,
aspetti caratteriali dei singoli. Tutto questo sostituisce quello, che come un ricordo in un angolo del cervello, e qualcuno
ne ha fatta esperienza, chiama nel contesto attuale politica.
Il bisogno di intervenire, modificare, cambiare la propria condizione individuale e generale e' così rinchiusa in gabbia.
Addirittura si vede che neanche qualche ricco di denaro e' in grado di migliorare la propria condizione individuale.
A mio parere la questione più grossa si chiama, planetariamente: ignoranza.

Partiti

Mi stupiscono alcune domande che fa Rossanda a se stessa e ai lettori circa la riduzione dei partiti a comitati elettorali.Ma questa involuzione dura in tutta Europa,con ovvie differenze,proprio dal periodo di Reagan e Tathcher.Il problema di fondo e' che i partiti socialdemocratici e comunisti (questi ultimi presenti con una certa dimensione solo in Italia),non hanno deciso di adattarsi a un pensiero politico per convenienza,tradimento o qualcosa del genere,ma per una sconfitta di classe dura,durissima che ha avuto come fatto principale l'esaurirsi pacifico,senza conflitto delle esperienza sovietica e paesi dell'Est.
Una fine tombale,bruttissima.Ma anche nella svolta ultra-capitalistica del 1978 della Cina di Tien,un eroe tra i piu' limpidi della rivoluzione cinese,che preso atto delle tragiche difficolta' nel proprio paese (carestie,poverta' ecc.) se ne usci con l'eloquente:Arricchitevi.Ma non arricchitevi secondo il modello europeo,ma secondo il modello americano.E il Vietnam,il fallimento di Cuba,l'orrore di cambogia e Corea.Era logico che il contraccolpo sul socialimo europeo fosse questo tale da considerare la svolta di Bad Godesberg un programma troppo di sinistra.In piu' la societa' non si e' evoluta semplificandosi come aveva previsto Marx,ma complessificandosi,con il lavoro che,pur non venendo meno lo sfruttamento,andava diversificandosi,complessificandosi con degli aspetti sempre piu' individuali.Si facevano strada nella societa' altre contraddizioni (genere,ambiente,pace),che il pensiero marxista,pur nella varieta delle sue elaborazioni,non e' riuscito a comprendere.Quindi una nuova versione dei partiti che facesse capo a un concetto di classe o almeno di strato sociale si e' rivelato impossibile.Questo non solo per la sinistra radicale,con la scomparsa,almeno in occidente dell'identita comunista,ma anche per i piu duttili partiti socialisti.Tra l'altro si e' rivelata rovinosa,a mio avviso,la tesi che l'Europa sarebbe percorsa da chi sa quali e quanti "movimenti",la famosa sinistra diffusa (termine triste e patetico).La stessa che,unita a una vecchia e poco apprezzabile ostilita per tutto cio' che e' soicialista o comunista nel senso di Pci,ha spinto persone,di cui non ho piu' stima,come il suo amico Revelli, a fare piu' danni della grandine nelle ultime elezioni politiche.Sono decine questi pseudo intellettuali,se ne potrebbero fare i nomi,che hanno appoggiato lo sgangheratissimo movimento di Grillo o l'astensione,la penosa ricerca di trasformare non so quali movimenti in formazioni politiche.,l'appoggio al penoso tentativo di Ingroia e compagni.
Bisogna umilmente e realisticamente accontentarsi del male minore e accettare il Renzi di turno che possa battere una destra che tutti sti problemi non li ha e dimostra nel momento elettorale molta lucidita.
T.I.N.A. e non pensiamoci indispensabili liberatori di tutte le cose che non vanno nel mondo

bruno.gualco@libero.it

Ho letto il documento di Barca. Posso dire a Rossanda che, fatta salva la forbita espressione linguistica di Barca, il tutto è una colossale banalità da scoperta dell'acqua calda, molto inferiore, sul piano dell'analisi e della provocazione, ai dibattiti sulla forma partito e sull'autonomia del politico, proprie al "Manifesto" degli anni 70-80 e segnatamente agli ottimi ragionamenti di Rossanda in proposito?

TINA

@Vittorio. TINA: There Is No Alternative. Simpatico slogan della Thatcher.

la famosa tina

there is no alternative

Tina?

cos'è la famosa Tina?