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I fondi pensione nella tempesta finanziaria

19/11/2008

La crisi finanziaria che ha investito tutte le Borse mondiali ha i suoi pesanti effetti anche sui Fondi pensione, italiani ed esteri. Sarà interessante nelle prossime settimane e mesi valutare gli effetti di questa crisi sui Fondi pensione americani ed inglesi dato l’importanza che hanno in questi paesi sia nel mercato finanziario sia, e soprattutto, per il loro ruolo sui livelli di reddito e di consumo. Altrettanto importante sarà verificare gli effetti di questa crisi sui Fondi a capitalizzazione a prestazioni definite, come quelli olandesi. Più in generale sarà importante verificare nei prossimi mesi, se come probabile la crisi sarà lunga, l’effetto sull’intero sistema dei Fondi a capitalizzazione che si è imposto negli ultimi decenni in molti paesi. Una prima conseguenza della crisi finanziaria si ha in Argentina dove il governo di Cristina Fernandez ha annunciato un piano per procedere alla nazionalizzazione del sistema di Fondi previdenziali.

Vediamo intanto cosa succede ai fondi pensione nel nostro paese. Ad inizio ottobre il presidente facente funzione della Covip Bruno Mangiatordi è stato sentito dal Parlamento in un’indagine conoscitiva sulla crisi. Mangiatordi nella sua relazione ha assicurato sulla limitata esposizione dei Fondi pensione italiani verso i titoli legati ai subprime e su quelli riconducibili alla Lehman Brothers ed ha fornito dati aggiornati alla fine del 2007 sul portafoglio dei Fondi, dai quali risulta che l’esposizione complessiva dei Fondi contrattuali al mercato azionario raggiunge il 26%, mentre quella dei Fondi aperti raggiunge il 46%. Predominante nei fondi negoziali sono gli investimenti in titoli di Stato, 59%, mentre nei titoli di debito non pubblici, che comprendono i corporate bonds, è investito il 10% delle risorse.

La crisi delle Borse, precipitata dopo l’estate, ma in atto almeno nel nostro paese dai primi mesi del 2007, ha i suoi riflessi sui Fondi pensione italiani. Dopo i ridotti rendimenti positivi del 2007 per i Fondi negoziali (negativi per quelli aperti), i primi otto mesi del 2008 indicano una perdita media nei Fondi negoziali del 2,5% e nei Fondi aperti del 5,7%. Sull’inserto Plus del Sole 24 Ore sono usciti i dati aggiornati a settembre che portano la perdita media dei fondi negoziali al 3%. L’aggiornamento di ottobre dovrebbe appesantire ancora il risultato negativo e, se continuerà l’attuale tendenza, ci si può aspettare a fine anno un risultato negativo medio tra il 4 e il 5%.

Qualche interrogativo suscita la presenza di investimenti in corporate bonds che comprendono le obbligazioni bancarie. La valorizzazione delle quote che fornisce i rendimenti del Fondo e il valore delle posizioni di ogni iscritto è fatta sui valori giornalieri dei titoli nei mercati finanziari. Molti corporate bonds oggi non hanno quotazione nel mercato finanziario e il loro valore, di fatto convenzionale, assunto per calcolare la quota può essere superiore a quello effettivo in caso di vendita. Le perdite in questo caso potrebbero essere superiori a quelle indicate e legate alla quantità di corporate bonds “spazzatura” presenti nel patrimonio dei singoli Fondi. Ovviamente la perdita c’è se si vendono questi titoli, mentre la speranza, più o meno fondata, è che col tempo possano ritrovare un effettivo valore di mercato. Non è certo facile la decisione per i C.d.A. sul tenere o liquidare questi titoli registrando oggi le relative perdite.

Il dato medio di rendimento nasconde risultati molto differenziati nei singoli Fondi e comparti. Le differenze dipendono essenzialmente dalla diversa esposizione al mercato azionario: i risultati più negativi dei Fondi aperti si spiegano con la loro maggiore esposizione in Borsa. Nei Fondi negoziali si passa da rendimenti limitatamente positivi dei comparti monetari, a quelli negativi dei comparti bilanciati, a quelli pesantemente negativi dei comparti più esposti nel mercato azionario. A fine settembre il comparto monetario di Cometa ha un rendimento positivo dell’1,57% e risulta il migliore in questa tipologia. Nel monetario sorprende il risultato negativo in Fonchim (-2,5%). Nei comparti più esposti si registrano perdite del 18% in Eurofer, del 17% in Fopen, del 14,8% in Fonchim, del 12,4% in Fondenergia, del 9,9% in Cometa. Va comunque ricordato che in questi comparti è presente, secondo i dati Covip, solo l’1,4% degli iscritti ai Fondi pensione negoziali, mentre il 76,2% degli iscritti ha scelto un comparto obbligazionario misto o un bilanciato. A fronte di una perdita media del 9,7% dei comparti azionari, quelli bilanciati hanno registrato perdite del 3,7% e quelli obbligazionari misti dell’1,7%.

Il 12% di iscritti ai Fondi negoziali ha scelto i comparti garantiti. Il rendimento di mercato di questi comparti ad agosto era dell’1,3%, ma si tratta di un rendimento che non tiene conto della garanzia. Di fatto buona parte di questi lavoratori godrà di un rendimento superiore fornito appunto dalla garanzia.

A fine agosto il rendimento del Tfr era pari al 2,8% ed è salito al 3% a fine settembre. Rispetto al rendimento medio dei Fondi negoziali vi è quindi ad oggi una differenza di circa 6 punti, 9 rispetto ai Fondi aperti, differenza che potrebbe arrivare a fine anno a 7/8 punti.

Il confronto con il Tfr suscita sempre il problema dell’arco temporale in cui lo si fa. E’ scorretto farlo, e soprattutto trarne conseguenze, in base ai risultati in singoli anni. Lo si fa sovente sia da parte di chi difende i Fondi pensione sia da parte di chi è contrario. Lo fa in parte la stessa Covip nella indagine conoscitiva. Le tabelle presentate riportano, infatti, i dati relativi al quinquennio 2003-2007, periodo nel quale i rendimenti medi cumulati dei Fondi negoziali sono stati pari al 25% contro il 14,3% del Tfr. I dati sono veri, ma il confronto non è veritiero se si vuole dimostrare la superiorità di rendimento dei Fondi. Come ogni buon statistico sa, partire da un anno o da un altro per un confronto può portare a risultati molto diversi. Considerare solo il periodo 2003-2007 (chissà perché poi non considerare nel periodo anche i primi mesi del 2008) vuol dire escludere dal confronto il periodo 2000-2002 caratterizzato da pesanti perdite nei mercati azionari. Se si estende il confronto fino al gennaio 2000 e si considerano anche i primi 9 mesi del 2008, in base ai dati riportati nelle varie relazioni annuali della Covip il rendimento medio dei Fondi pensione risulta pari al 21,4% contro il 30% del Tfr.

Anche questi dati sono veri, ma parziali, perché se estendessimo il confronto al marzo del 1999, inizio della gestione finanziaria di Fonchim, il rendimento medio dei Fondi pensione salirebbe al 34,2% contro il 33,1 % del Tfr grazie alla fase finale del boom di Borsa durato fino ai primi mesi del 2000. Sarebbe, quindi, il caso di smetterla sui confronti temporali limitati a periodi scelti ad arte e porsi invece, vista la situazione, qualche interrogativo più di fondo rispetto alla scelta fatta partendo dal fatto che la riduzione della copertura del sistema pensionistico pubblico operata con le riforme del 1992 e del 1995 rende necessaria una copertura aggiuntiva. Chi si oppone ai Fondi pensione ha il dovere di proporre un’alternativa, chi li difende dovrebbe fare una riflessione sul come questa scelta è stata applicata e sulla sua efficacia; i temi di discussione in proposito sono molteplici a partire dalla nomina, a dir poco incomprensibile, degli ultimi commissari Covip.

Ma non è solo questo il punto su cui riflettere. L’impianto pensionistico uscito dalle riforme degli anni novanta è costruito a misura di un mercato del lavoro diverso da quello attuale. Il sistema previdenziale, scontando l’efficacia della previdenza integrativa, assicura una copertura sufficiente ai lavoratori regolari, decisamente insufficiente a tutti gli altri che avranno bassa copertura pubblica e nessuna copertura integrativa. E’ possibile che a porsi questo problema, prescindendo dalla condivisione delle singole misure proposte, sia il solo Giuliano Cazzola con la sua proposta di legge?

Tabella: I rendimenti dei Fondi e del Tfr