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Mineo, Chiti e la democrazia

15/06/2014

Il caso di Corradino Mineo e dei quattordici senatori del Pd che si sono autosospesi ha aperto una breccia nel partito di Matteo Renzi. Eppure è l'articolo 67 della Costituzione a dire che ”ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”

Una grande controversia è nata intorno al senatore Corradino Mineo. Egli è in disaccordo con la maggioranza del suo partito, Pd (partito democratico), in tema di Rai Radio Televisione italiana e di Senato della Repubblica. Il governo si propone di mettere in vendita una parte della Rai o forse l’intera Rai e ha cominciato con l’annuncio di un taglio di 150 milioni al bilancio Rai; e la messa sul mercato di Rai Way, la società che gestisce gli impianti di trasmissione del gruppo, è la seconda novità Rai. Forse a legarle insieme è stato il direttore generale della Rai Luigi Gubitosi che come uomo di finanza trova opportuno cedere gli impianti che non servono a fare profitto, affidandoli ad altre imprese del ramo, tenendo invece per sè i programmi della Rai che rendono o possono rendere profitto, in termini di pubblicità e di canone.

Il senatore Mineo dal canto suo ha svolto intensa attività professionale proprio nella Rai, come giornalista, nella parte più attaccata alla tradizione pubblica della società, quella soprannominata Telekabul da altri operatori giornalistici e da politici di orientamento diverso. Di conseguenza è certamente contrario a vendere parti della Rai, che considera un bene pubblico. D’altro canto il senatore Mineo, come del resto il senatore Vannino Chiti, e una dozzina di altri, ritiene che un Senato depotenziato e anzi composto da personalità non elettive rappresenti uno scadimento irreparabile per la tenuta stessa della democrazia italiana.

Il voto e in genere l’opposizione di Mineo e Chiti contribuiscono a rallentare il Pd che detesta i ritardi e quindi considera perdite di tempo ogni discussione. La discussione corrisponde a un veto sulla base di un ragionamento di questo genere: il tempo è scarso; o si fa tutto subito o non si fa più niente; quindi se si vuole fare, si deve fare subito; se si vuole fare subito, non si può che mettere in un canto la discussione, chiamandola dissenso e quindi veto. Da questa collana di sillogismi, veri o falsi che siano, poco importa – anzi importa moltissimo se non si deve perdere tempo – deriva una piccola frase “conta il voto, non il veto” che si rifà chiaramente al 40,8% delle elezioni europee e al ruolo di parlamentare nominati e non eletti dei due dissidenti che non ottengono neppure il diritto di parola o di replica alla direzione (o assemblea o come si chiama) del loro partito.

C’è qualche democratico (si può usare ancora questa parola o ne cercheremo un’altra?) che osserva l’esistenza di un diritto costituzionale ad esercitare le funzioni di parlamentare “senza vincolo di mandato”. Di solito si parla così, ma chi parla così esclude di fatto dal discorso la prima parte dell’articolo 67 che pure è uno dei tre o quattro più brevi dell’intera Costituzione. L’articolo dice: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Ogni membro del Parlamento “rappresenta la Nazione”, anche i senatori quindi, e in quanto rappresenta la Nazione non ha più vincoli con il suo partito o con i suoi particolari elettori. Alcuni personaggi minori, uomini o donne, a capo del Pd insistono sull’elemento che un parlamentare nominato (come tutti in questa fase), di elettori con i quali esercitare il proprio diritto a superare il vincolo di mandato, non ne ha affatto; quindi non esiste l’elettore e neppure l’eletto, non esiste il vincolo, esiste solo il partito, al quale assicurare fedeltà. Partito che deve essere aiutato in tutti i modi nel momento in cui per affermarsi deve fare in fretta. L’unica cosa che conta – dicono le seconde linee del Pd – è sapere che il dissenso è ammesso e nessuno viene espulso. Basta che non ci faccia perdere tempo. Inoltre le Commissioni parlamentari sono altra cosa; è il partito che nomina e può quindi revocare i propri rappresentanti. Solo che questo non è vero. La Costituzione all’art. 72 spiega che “le commissioni, anche permanenti, (sono) composte in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari”. Non si parla di fedeltà al partito, anzi si prevede che una minoranza qualificata possa chiedere che il provvedimento in esame torni all’assemblea plenaria. Si ammette insomma – si capisce tra le righe – che il divieto di vincolo di mandato valga anche in commissione. Insomma cacciata dalla porta, la democrazia si ripresenta alla finestra, perfino in parlamento. Perfino in Senato.

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Commenti

Chi si crede "dio" per solito predica bene e razzola male

Riporto la lettera che inviai nel 2011 a Corradino Mineo, allora direttore di Rainews24. Ad oggi, non ho ricevuto nessuna risposta:

Oggetto: Le pensioni e l'equità 21/11/2011 01:49
Da:
A: <rainews24@rai.it>

Egr. Direttore Mineo,

Anche stasera su “Rainews” (ma succede su quasi tutti i media, inclusi i
giornali e le tv supposti di sinistra) avete parlato di necessità di riformare
le pensioni, mentre, come Lei sa bene, finora i ricchi l’hanno fatta quasi
franca, e i giornalisti, capitanati da direttori ed editorialisti di giornale
di destra, Belpietro, Sechi, Bechis, Porro, ecc., cui si sono aggregati anche
alcuni di sinistra, come Lei e Menichini, hanno montato una vera e propria
canea contro il contributo di solidarietà, che li colpiva direttamente.

E’ superfluo notare che troppo spesso, in un Paese stortignaccolo come il
nostro, si appronta un tavolo con le solite 3 gambe che riguardano i ceti meno
abbienti, “dimenticando” o riducendo le dimensioni della quarta, che riguarda i
più abbienti.
E’ perciò colpevole, Dott. Mineo, contribuire ad alimentare la solita
disinformazione ed ammuina da “utili idioti” dei ricchi.

Come quella che l’età di pensionamento a 67 anni si raggiungerà nel 2026
(sic!), come ha dichiarato anche la vostra ospite Prof.ssa Fiorella Kostoris,
intervistata dal vostro loquacissimo tuttologo Mino Fuccillo, altrettanto
disinformato.

Le confesso che – passi per Fuccillo - sorprende che la professoressa Kostoris
– di solito così chiara, precisa e puntuale - abbia fatto un’affermazione non
rispondente al vero (ho già provveduto a scriverglielo).

Mi permetto di segnalarLe che le pensioni di vecchiaia sono in linea
addirittura col “benchmark” europeo (cfr. note [5] e [6] del ‘post’ allegato
[*]), Infatti, dopo le 7 riforme dal 1992 (cfr. nota [1]), includendo la
“finestra” mobile di 12 mesi, gli uomini ora vanno in pensione di vecchiaia già
a 66 anni (+ 1 mese, anche in tutti gli altri casi,), nel 2013 a 66 e 3 mesi e, nel
2021, già a 67 anni, per l’esattezza 66 anni e 11 mesi; anche le donne del
pubblico impiego andranno a 66 anni e 11 mesi nel 2021; quelle del settore
privato, invece, nel 2021 andranno a 64 anni e 8 mesi e nel 2026 a 67 anni e 4
mesi. Il che forse spiega l’equivoco, causato da una carente comunicazione del
governo nella lettera alla UE (corretta poi nelle precisazioni): cioè, nel
2026, le donne del settore privato raggiungeranno il limite dei 67 anni, come
tutti gli altri!

Mi permetto, poi, di rammentarLe che la lettera della BCE: 1) indica soltanto
le pensioni di anzianità e, per la vecchiaia, le donne del settore privato; ma
2) aggiunge di riformare il sistema degli ammortizzatori sociali, forse perché
Draghi, oltre che della situazione delle pensioni, è ben consapevole che ci
sono milioni di lavoratori privi completamente di tutele, ivi compresi
centinaia di migliaia di over 50 e decine di migliaia di pensionandi
disoccupati o comunque inattivi.

In conclusione, Egr. Direttore, concretamente, al sottoscritto – costretto
dalla crisi economica e per causa di forza maggiore ad interrompere l’attività
- le manovre correttive per il risanamento dei conti pubblici (non dell’INPS, i
cui conti sono in attivo ed in equilibrio fino al 2050) stanno comportando
quest’anno un mancato introito pensionistico di vecchiaia di quasi 20 mila € (o
forse più); ai ricchi, ai loro utili idioti ed a voi giornalisti che chiedono
le riforme per gli altri ad ogni piè sospinto, molto meno o addirittura nulla.

[*] APPUNTO DOPO LE LETTERE DELLA BCE AL GOVERNO E DEL GOVERNO ALL’UE
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2695770.html

Cordialmente,

c'è un equivoco di fondo

Credo che alla base vi è una confusione. Alcuni credono che siamo ancora in una democrazia e che per quanto poco possa rappresentare 'il pensiero" non del "popolo" che sarebbe una espressione vuota di significato, ma del singolo parlametnare , questo abbia ancora cittadinanza. Da tempo questo non è piu cosi. I partiti sono solo organismi del leader , i leader sono unti dal signore e tutto viene fatto in nome del popolo ma il popolo non deve mettere bozza. Quindi i parlamentari sono dipendenti del leader e hanno si diritto a dissentire, ma sottovoce senza intralciare il volere del "capo" e poi ne parliamo quando ci saranno da fare le liste elettorali.
Tutto il resto è solo fuffa e discussioni da salotto

risposta al precedente

Non credo che si possa obbiettare se una posizione è giusta rispetto a chi la dice.Al di là di Mineo,ed ognuno può pensarla su di lui come vuole,credo che la sua posizione sia a difesa del sacrosanto diritto di poter obbiettare in un sistema che è ancora democratico,e che costituzionalmente garantisce dei diritti di opinione a tutti,anche ai parlamentari eletti.L'avere fretta di fare le riforme alle quali si sono date misteriosi poteri taumaturgici per la crisi del paese e pure dell'europa ,nono vale la democrazia del quale vogliamo ancora godere.

Il "dio" Corradino Mineo

In teoria tutto giusto, ma osservo:
1. Sono incline a pensare che Corradino Mineo, come tutti i Siciliani (Tomasi di Lampedusa insegna), si creda un dio.
2. Corradino Mineo ha forse tutto il diritto di sentirsi un dio e di pretendere di imporre la sua tesi minoritaria sull’intero gruppo parlamentare del PD, ma, specularmente, anche Renzi - à la guerre comme à la guerre – ha il diritto, se può, di sostituirlo alla Commissione parlamentare.
3. La RAI – come forse è noto – è un covo di raccomandati incapaci, organici gonfiati, strutture decentrate ridondanti, sprechi e compensi milionari: il suggerimento di Renzi della vendita di una quota di RaiWay, secondo me, va interpretato come il noto detto del parlare a nuora perché suocera intenda. Ma temo che Corradino Mineo, avendolo visto all’opera come parte attiva nell’indecorosa canea promossa dai giornalisti di centrodestra contro il contributo di solidarietà sui redditi elevati deciso dal governo Berlusconi-Tremonti, sia piuttosto refrattario ad un’analisi obiettiva quando si tratti di soldi “propri”: propri perché, avendovi lavorato per 40 anni ed essendo egli per giunta un dio, si identifica nella RAI (come nel Senato).