Home / Sezioni / italie / La lista Tsipras e il futuro della sinistra

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

La lista Tsipras e il futuro della sinistra

10/06/2014

È urgente che i valori della sinistra trovino una rappresentanza politica unitaria efficace, priva delle idiosincrasie che finora hanno ostacolato questo obiettivo

Secondo esperti di indagini demoscopiche, la lista Tsipras era conosciuta solo dal 30% degli elettori per il parlamento europeo e già oggi raccoglierebbe il 6-7% delle preferenze. È difficile dire quanto queste valutazioni rispondano alla realtà (nessuno si aspettava gli ultimi risultati elettorali), ma senz’altro sono molto verosimili, cioè sono ragionevolmente collegabili ad analisi consolidate sulla crisi globale, sui problemi dell’Unione europea e sulla situazione economica, sociale e politica del nostro paese.

Nel dibattito sulle cause che nell’ultimo trentennio hanno generato la crisi globale è largamente condivisa la responsabilità attribuita: alla forte crescita delle diseguaglianze e al disallineamento che ne è derivato tra le dinamiche della capacità produttiva e della domanda; al progressivo squilibrio nei rapporti tra i mercati – specialmente quelli finanziari – divenuti globali e le istituzioni rimaste ancorate alle realtà nazionali e sempre meno capaci di compensare i limiti intrinseci dei mercati; al conseguente aumento dell’instabilità economico-sociale che frena la crescita (quantitativa e qualitativa) e amplifica la precarietà dei rapporti di lavoro, dei redditi e delle condizioni di vita. Per invertire queste tendenze (e altre non meno rilevanti come il degrado ambientale e l’affievolimento dei diritti e della democrazia) sarebbero necessarie politiche di sinistra che mai come in questa fase storica sarebbero rispondenti all’interesse generale.

In Europa, la particolare virulenza della crisi è legata alle carenze istituzionali del suo progetto unitario, che aggravano ulteriormente lo squilibrio stato-mercato, e alle politiche inique e controproducenti della cosiddetta austerità espansiva sostenuta dalle autorità comunitarie. Nonostante queste politiche stiano alimentando pericolose spinte populistiche, non emergono segnali di consapevolezza della necessità di una inversione di rotta nella costruzione europea segnalata da tempo.

In Italia, le specificità negative delle scelte economiche, sociali e politiche che da almeno due decenni ci stanno spingendo verso un più accentuato declino non mostrano di attenuarsi. Le decisioni finora prese dal governo Renzi, il cui piglio vincente attrae anche ambienti di sinistra, sono in linea con la visione economica dei precedenti governi Berlusconi, Monti e Letta. Il DEF e gli interventi sul mercato del lavoro continuano a seguire la logica del rigore che ha frenato non solo la crescita e l’occupazione, ma anche il risanamento dei conti pubblici; si insiste nel ricercare la competitività del nostro sistema economico riducendo i salari e i diritti dei lavoratori cioè continuando ad alimentare il circolo perverso del nostro declino.

Il grande successo di Renzi alle elezioni europee ha evocato paragoni con la Democrazia cristiana, ma la diversità più evidente della situazione attuale è che rispetto ad allora mancano, a sinistra della presunta nuova DC, forze come il PCI, il PSI e lo stesso PRI di La Malfa che oggi sembrerebbe un pericoloso statalista. Naturalmente sono paragoni difficili da spendere più di tanto; ma come non notare, nella situazione attuale, la macroscopica assenza di una rappresentanza politica delle posizioni della sinistra, cioè di quelle che- come si diceva sopra - sarebbero quanto mai necessarie ad invertire le tendenze che con diverse modalità alimentano la crisi globale, quella europea e il declino italiano.

Dunque, non è affatto strano che un progetto politico di sinistra come la lista Tsipras (che presenta proposte concrete volte a superare la crisi globale ed europea, che per il nostro paese richiama la necessità di rivedere l’interpretazione addirittura “più realista del re” che i precedenti governi hanno fatto delle fallimentari politiche comunitarie) si sia affermata alla sua prima prova elettorale (rispetto ai fallimenti del passato) pur essendo stata oscurata alla maggioranza degli elettori; e non è strano che il suo consenso sia in aumento per il solo fatto di essere anche solo un pochino meno sconosciuta.

In effetti, pur senza sottovalutare il PD di Renzi e la capacità d’attrazione del populismo grillino, lo spazio per il consolidamento e l’espansione di una proposta politica innovativa e propositiva di sinistra come quella della lista Tsipras è potenzialmente consistente.

Si aggiunga che il successo elettorale di Renzi è stato gonfiato dalla paura dell’affermazione di Grillo che, peraltro, ha fatto di tutto per alimentarla e adesso prosegue nel disorientare la componente progressista (non esigua) dei suoi consensi.

E tuttavia, come confermano proprio le affermazioni improvvise del M5S e del PD, in politica il vuoto non resiste a lungo; viene comunque riempito. La crisi globale, quella dell’UE e quella specifica italiana rendono la situazione economica, sociale e politica particolarmente fluida; anche il senso comune prevalente nell’opinione pubblica è in cambiamento; ma in che direzione? Per intercettare queste tendenze è urgente che i valori della sinistra e di progresso necessari a superare la crisi trovino una rappresentanza politica unitaria efficace, priva delle idiosincrasie (minoritarismi identitari, autoreferenzialità, personalismi, centralismo decisionale, ecc.) che finora hanno ostacolato questo obiettivo.

Il buon risultato elettorale raggiunto in così breve tempo dalla lista Tsipras dipende molto dalle novità positive della sua origine estranea alle forze politiche esistenti che pure hanno aderito e dato contributi determinanti. Tuttavia, nella breve esperienza finora fatta non sono mancati errori e comportamenti controproducenti; spesso legati ai persistenti condizionamenti delle logiche d’appartenenza partitica, ma imputabili anche a carenze di organizzazione e di trasparenza delle decisioni, favorite peraltro dalla ristrettezza dei tempi e dei mezzi disponibili.

Evidentemente, per costruire il futuro vanno valorizzare le novità positive e superati i vecchi errori e le loro reiterazioni, ma senza perdere niente e nessuno delle passate e presenti esperienze positive. Le giuste critiche verso le negative pratiche politicistiche non devono tradursi in pregiudizi ingenui verso le forme e gli strumenti della politica, e tantomeno possono essere estese ai militanti che nella politica hanno operato generosamente, contribuendo allo stesso successo elettorale della lista Tsipras. Nella “cosa” in formazione l’abito mentale di ciascuno dovrà essere di confrontarsi nel merito degli argomenti in discussione senza pregiudizi legati alle etnie di provenienza, ma portando la propria esperienza, che per molti sarà anche quella fatta in partiti e altre associazioni.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

Analisi completa e articolata ma...

...sbagliata. E non di poco.
L'autore non si chiede perché, mentre l'Italia langue, la Germania va come un treno.
Non hanno adottato politiche liberiste? Hanno tagliato le unghie alla finanza?
Niente di tutto ciò. Anzi, da questo punto di vista sono molto più avanti di noi.
La ragione, quindi, deve essere un'altra.
La nostra infatti non è una crisi innescata dal debito privato come in Grecia; o da bolla immobiliare come in Spagna; o da eccesso di investimenti stranieri come in Irlanda.
La nostra è una crisi industriale. Sarebbe quindi naturale andare a vedere come sono andati gli interscambi con l'estero.
Si scoprirebbe, a partire dall'adozione della moneta unica, uno squilibrio delle partite correnti fra Italia e Germania che vale circa uno 0,6% di Pil all'anno e che spiega esaurientemente la catastrofe del comparto, e del paese in generale, a cui siamo andati incontro negli ultimi 15 anni.
Mi fermo qui.
Tanto, quelli che vogliono capire (pochi), capiscono.
Gli altri vanno avanti come prima.