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I pesci da pigliare

08/08/2014

Per descrivere la situazione economica del paese e la capacità interpretativa della compagine governativa, in primis di Renzi, occorre ricorrere ad una vecchia storiella. Un ubriaco, una notte dopo molti bicchieri, perde la chiave di casa, e si mette a cercarla curvo sul suolo. Un passante si ferma e si offre di aiutarlo. Dopo qualche minuto di vana ricerca, il passante chiede: “Ma è proprio sicuro di averla persa qui, sotto il lampione, la sua chiave?”. L’ubriaco risponde: “No, non sono sicuro, ma è qui che c’è la luce!”.

Per descrivere la situazione economica del paese e la capacità interpretativa della compagine governativa, in primis di Renzi, occorre ricorrere ad una vecchia storiella. Un ubriaco, una notte dopo molti bicchieri, perde la chiave di casa, e si mette a cercarla curvo sul suolo. Un passante si ferma e si offre di aiutarlo. Dopo qualche minuto di vana ricerca, il passante chiede: “Ma è proprio sicuro di averla persa qui, sotto il lampione, la sua chiave?”. L’ubriaco risponde: “No, non sono sicuro, ma è qui che c’è la luce!”.

La storiella non suoni troppo blasfema, ma come possiamo reagire diversamente alle argomentazioni di Renzi? Il Ministro Padoan, invece, evita di manifestare ottimismo o facili battute. In questo caso il Presidente della Repubblica, almeno una cosa è stata fatta per bene, ha evitato che un ministero così importante cadesse in mani renziane. Il primo ministro ricorda sempre al ministro dell’economia che alla politica economica ci pensa il suo gruppo. Padoan è stato silente, ma non potrà farlo per troppo tempo. Purtroppo parlano le persone di una sola parte. Se qualche altro economista “liberal”, diversamente da Boeri, ricordasse la differenza tra politica economica e ragioneria non sarebbe male. Questo è il paese.

Interessante sarà ascoltare prima, e valutare poi, le reazioni dei nostri protagonisti, Renzi e Padoan, ai nuovi dati congiunturali.

1. L’economia dello 0%

L’Istat ha infatti certificato ciò che molti si aspettavano, e nel computo dei decimali persino peggio di quanto atteso.

Dopo un primo trimestre 2014 con crescita del Pil negativa (-0,1%), abbiamo un secondo trimestre con crescita persino più negativa (-0,2%) rispetto al trimestre precedente, con un -0,3% cumulato ed un identico -0,3% rispetto all’anno precedente. L’Istat annuncia che ciò riguarda tutti i settori, che la domanda interna ristagna e pure il contributo della componente estera è negativo, quelle esportazioni nette che, assieme agli investimenti privati, secondo il Def2014 avrebbero dovuto essere il turbo della ripresa e della crescita.

Si certifica così che siamo rientrati in recessione tecnica, dopo un unico trimestre in cui ne eravamo usciti, il quarto del 2013. Ciò pone la crescita del reddito attesa per il 2014 allo 0%, sempre che non vada peggio. Forse dal peggio potrebbe salvarci la rivalutazione del Pil attesa per settembre legata al peso dell’attività illegale, ma la sostanza del problema non cambia segno.

Nello stesso periodo trimestrale, negli Stati Uniti la crescita è stata dell’1%, nel Regno Unito dello 0,8% (su base annuale 2,4% e 3.1%). Nell’Europa dell’euro invece il rallentamento è ovunque, con previsioni del FMI di un +1,1% nel 2014, ma i dati recenti per la Germania indicano che anche la crescita tedesca volge al peggio: rallentano le esportazioni verso i mercati extra-europei e non decolla la domanda interna. L’economia tedesca risente del rallentamento dei mercati dell’est europeo, della Russia, dell’India e dell’America Latina. Il suo ruolo di locomotiva dell’economia europea rimane un miraggio. Così non aiuta i paesi periferici ad uscire dalla crisi, anche se è l’Italia a confermarsi come il paese fanalino di coda mentre altri, tra cui Spagna e Grecia, fanno meglio. Ma è l’Europa comunitaria che nel complesso non cresce. Non è vero che la ripresa è in corso e la ricetta dell’austerità espansiva è un successo, come affermano i documenti dell’ultimo Consiglio Europeo di giugno, tutt’altro. La crescita non decolla, i debiti di tutti i paesi aumentano, la disoccupazione non retrocede, mentre l’inflazione si azzera e siamo in deflazione. Questo è lo scenario delle politiche rigoriste di cui siamo prigionieri.

Ma torniamo all’Italia.

Il numero 0% ci sta accompagnando in media dal 2000. Siamo l’economia dello 0%. È divenuto il nostro carattere distintivo, nell’Eurozona, in Europa, tra le economie sviluppate. Il nostro biglietto da visita all’estero. Retaggio di quanto non fatto e fatto male negli anni ’90, e non fatto e fatto persino peggio negli anni dell’euro. La crisi ha poi fatto il resto: dal 2008 abbiamo perso il 25% della base industriale, la quota degli investimenti sul reddito è tornata al 17% riportandoci agli anni ’50, la perdita di 10 punti di Pil ci ha riportato indietro di 14 anni, al 2000.

Graf.1 – Prodotto interno lordo, a prezzi costanti 2005, Italia, in milioni di euro (fonte; Oecd, Statistical database)

 

Esso si accompagna ad un altro 0%, quello della crescita della produttività, che risale ormai a venti anni fa, e che si è portato dietro un altro carattere distintivo, quello dei salari (reali) a crescita 0%. Il Def2014 prevedeva per il 2014 una crescita dell’1% della produttività, ed analogo del costo del lavoro (retribuzioni lorde), per lasciare quasi inalterato il livello del costo del lavoro per unità di prodotto (Clup). Ma così non sembra andare, le due crescite tendono a zero. Non è chiaro quale dei due fattori sia la causa e quale sia l’effetto. Se i salari ri-stagnano, mancano stimoli alla crescita della produttività, la competitività langue perché mancano le innovazioni che quella crescita dei salari indurrebbe. Ma ancor più langue la domanda interna compressa dai redditi delle famiglie che perdono potere d’acquisto e da avanzi primari del bilancio pubblico che anno dopo anno, dal ’90, sottraggono risorse e domanda all’economia reale.

E se la produttività non cresce, la torta pro-capite media non può aumentare ed anche le politiche redistributive hanno poco spazio per trasferire sui redditi da lavoro una crescita della produttività che non esiste. Prevalgono le ragioni del più forte, per cui le fette della torta cambiano dimensione, si riduce quella del lavoro, si allarga quella dei profitti e soprattutto della rendita. Così si procede da venti anni. E l’economia reale ne soffre, perché il progressivo cambiamento delle quote distributive dal lavoro a favore del capitale produttivo e finanziario frena la crescita, in Italia come altrove nelle economie sviluppate. Non occorre certo la Bundesbank a ricordarci che una dinamica salariale sostenuta è condizione necessaria per sostenere la domanda interna.

2. I conti non tornano

La Legge di stabilità del dicembre 2013 (Letta-Saccomanni) prevedeva per il 2014 un +1,1% di crescita del Pil, quando FMI, OCSE, CE prevedevano un più cauto 0,8%. Da allora è stato un progressivo aggiustamento al ribasso nelle previsioni. Mentre il Def dell’aprile 2014 (Renzi-Padoan) abbassava le stime al comunque ottimistico +0,8%, le stesse istituzioni portavano le loro previsioni al +0,6%. Ma all’inizio dell’estate queste dimezzavano la cifra, +0,3% come valore più favorevole tra gli esiti possibili. In Italia, Istat e Banca d’Italia han seguito le previsioni internazionali piuttosto che quelle governative, tanto che son giunte a proporre una “forchetta” che vede un minimo di crescita, poco sopra lo 0,2%, come esito più favorevole ed una crescita negativa in quello sfavorevole. All’orizzonte c’è comunque lo 0%.

Per il 2014, le previsioni errate del governo sul Pil fanno saltare le previsioni sui due rapporti deficit su Pil e debito su Pil, rispettivamente 2,6% e 134,9%. Il primo rischia di oltrepassare il fatidico 3%, il secondo di avvicinarsi al 140%. Da qui nasce la possibile ma negata manovra correttiva nell’ordine di 1,6 miliardi di euro per ogni 0,1 punti percentuali in meno di crescita del Pil, una manovra che, se fatta, rischierebbe di peggiorare ancor di più lo stato dell’economia reale. Sottrarre in ragione della fondata previsione di crescita 0% altri 10 miliardi di euro alla domanda pubblica implica chiudere l’anno con segno meno, preparando un inizio 2015 alla depressione.

Se poi consideriamo che la Commissione Europea aveva certificato che con il Def di aprile 2014 il percorso verso il raggiungimento dell’obiettivo a medio termine del bilancio strutturale in pareggio non sarebbe stato assicurato per il 2015 anche a causa di un eccesso del bilancio strutturale per 0,5 punti percentuali nel 2014, a settembre ci verrà chiesto formalmente di intervenire subito per conseguire l’obiettivo, con ulteriori tagli nel bilancio pubblico nell’ordine di almeno 5 miliardi di euro.

Ed ancora non abbiamo considerato che la richiesta del Governo di rinviare al 2016 il pareggio di bilancio strutturale non è stata accolta dalla Commissione Europea dopo lo svolgimento del Consiglio Europeo di fine giugno, per cui la Legge di Stabilità 2015 potrà essere segnata non solo da una manovra correttiva, ma anche dall’imperativo del raggiungimento dell’obbiettivo a medio termine con interventi addizionali già in corso d’anno. Il Fiscal Compact lo impone per far rientrare il debito al 60% del Pil al 2035, al ritmo di 1/20esimo all’anno. Ulteriori miliardi da reperire, di ardua quantificazione ora in mancanza di previsioni di crescita per il 2015 e 2016 - immaginiamo ottimistiche come di consueto - che il Governo formulerà dopo l’estate con la Nota di aggiornamento al Def2014. Questo percorso sarà attentamente monitorato dalla Commissione Europea, che valuterà preventivamente già ad ottobre la Legge di Stabilità 2015.

Le previsioni per il 2015 e 2016 seguono la consueta prassi di sovrastimare la crescita che verrà, in mancanza della crescita che non c’è. Il governo prevede nel Def2014 tassi dell’1,3% e 1,6% rispettivamente, con il contributo prevalente della domanda interna (1,1% e 1,3%). Sono stime che non potranno reggere, per almeno due ragioni: anzitutto entreremo nel nuovo anno con un deficit di crescita 2014 che rischia di essere di 1 punto percentuale sotto le stime; inoltre ad indirizzi di politica economica invariata in Europa, le raccomandazioni per l’Italia impongono misure restrittive per raggiungere l’obiettivo di medio termine, il pareggio di bilancio strutturale, il rientro dal debito pubblico come prevedono il Fiscal Compact, il Six Pact ed il Two Pact. La specifica richiesta italiana di maggiore flessibilità è stata presto derubricata nell’ultimo Consiglio Europeo, e peraltro poco avrebbe contato. Ma il rispetto dei vincoli posti e le prescrizioni per la realizzazione delle riforme strutturali disegnano un contesto macroeconomico di depressione che comporterà una progressiva revisione verso il basso delle previsioni.

3. La politica economica “nel pallone”

Il governo Renzi sembra affrontare tutto ciò con molta, troppa, disinvoltura. Prevalgono le competenze comunicative ed ultime quelle metereologiche sulle competenze economiche e sociali. Siam ritornati dal governo volitivo del fare a quello volitivo del dire, dal “cambiare verso” ad un “verso” che quotidianamente si ripete e che rischia di divenire afono molto presto. Ma neppure mancano le dissonanze. Evidenti quelle sulla spending review, che coinvolgono non solo il responsabile Cottarelli che rischia il dimissionamento, ma il Ministero dell’Economia e delle Finanze, come il caso di Quota 96 ha limpidamente mostrato. A settembre il linguaggio di marketing-mediatico di Renzi dovrà confrontarsi con il linguaggio economico-ragionieristico di Padoan. Che prevalga l’uno o l’altro o si raggiunga un equilibrio temporaneo tra i due poco forse cambia per l’economia italiana. Il rischio è che la politica economica rimanga contrassegnata da una insostenibile leggerezza. Fino a divenire una insostenibile vacuità.

Come molti commentatori economici sostengono il 2014 sarà un anno di non crescita, ma l’assenza di politica economica del governo, per non dire di peggio, ci consegna un 2015 che potrebbe passare alla storia. Perché nel 2015 il paese dovrebbe ritornare a crescere? Qualcuno ha registrato qualche riforma di struttura del governo? Se il primo ministro Renzi associa la riforma costituzionale ad una riforma di struttura, grazie alla quale sarebbe possibile presentarsi in Europa e chiedere delle agevolazioni, assicuriamo che nemmeno noi concederemmo una licenza. La nostra risposta sarebbe: “Primo Ministro, noi chiediamo delle riforme per far crescere il vostro paese, magari facendo vostro il progetto Europa 2020, rafforzando la ricerca e sviluppo e riorganizzando la macchina pubblica a favore dei cittadini. Scusi, ma la riforma del Senato non era e non è in nessuna raccomandazione”. Immaginiamo la risposta di Renzi: “Commissario, noi abbiamo abbassato le tasse, abbiamo dato 80 euro alle famiglie, abbiamo costretto i sindacati a migliori e miti atteggiamenti. Nessuno ha fatto quello che abbiamo fatto noi”. Sarebbe troppo facile rispondere: “Scusi, lei ha dato 80 euro una tantum e non abbiamo idea di come potrà rifinanziare per il 2015 la misura. Invece di riformare la pubblica amministrazione ha previsto dei risparmi di spesa futura al netto di qualsiasi spiegazione di come e cosa dovrebbe fare il pubblico. Anzi, anticipa dei provvedimenti che trovano la loro copertura in misure di risparmiamo futuri che si aggiungono a quelle già suggerite da altri suoi colleghi. Ormai siete arrivati alla spropositata cifra di quasi 20 mld di risparmi da realizzare in un anno. Noi chiediamo di governare la spesa rispetto ad un certo obiettivo. Nessuno ha mai detto che dovete tagliarla. Il punto principale è far crescere il vostro paese. Se fate delle azioni coerenti, in Europa ci sono degli stati nelle stesse condizioni e potremmo anche immaginare di adottare parte del programma del nuovo Commissario. Ma per favore, fate qualcosa che modifichi la vostra struttura produttiva”. Dialogo finito. Come direbbe un ricercatore di belle speranze, il populismo ha tante facce, ma sono unite dal pessimismo verso il futuro e sono capaci solo di creare delle tempeste in un bicchier d’acqua per confondere e creare caos. Non si governa in questo modo la peggiore crisi del capitalismo. In pochi lo ricordano, ma questa crisi è più lunga e profonda di quella del ’29, e alle porte non si intravvede nessuna soluzione coerente alla sfida che attende l’Italia e l’Europa.

La situazione dei conti pubblici italiani non è grave perché si spende troppo. Boeri forse non conosce la spesa pubblica italiana che, al netto del servizio del debito, è tra le più basse dei paesi di area euro. Il problema dei conti pubblici e persino del così detto debito pubblico è interamente legato alla dinamica del Pil che nel corso degli anni è diminuito di oltre 10 punti. Altro che assenza di crescita. Il Paese è in piena depressione. In queste condizioni il paese sarà costretto a inseguire il pareggio di bilancio con manovre correttive sempre più difficili da realizzare. Il problema non è il debito in quanto tale, piuttosto il rapporto debito-Pil. Se non cresce il denominatore dove vogliamo andare? L’aspetto drammatico e amaro delle politiche di Renzi è proprio il vuoto che le circonda. Quando intervengono sul lavoro, le politiche industriali e l’industrializzazione della ricerca sono un sentiero troppo ardito, si prefigurano delle misure che agiscono sempre dal lato dell’offerta e del costi del lavoro, come se una impresa potesse assumere o fare investimenti in questa situazione non appena vede ridurre il costo del lavoro che, per inciso, è tra i più contenuti a livello europeo.

Il 2014 sarà un anno di crescita negativa; il 2015 potrebbe essere persino peggio se il governo continuerà a giocare con le battute. Non chiediamo politiche rivoluzionarie o tardo keynesiane, ma almeno il buon senso lo esigiamo. Tra due mesi il governo dovrà presentare la Nota di aggiornamento al Def2014 e la Legge di stabilità 2015. La ricreazione è proprio finita.

4. Per una svolta nella politica economica

Le prime dichiarazioni di Renzi e Padoan a commento del ritorno dell’Italia in recessione tecnica non fanno ben sperare. Il primo rilancia sull’impegno per le sue riforme istituzionali, per le semplificazioni nella pubblica amministrazione, nel sistema fiscale, nella giustizia, nel mercato del lavoro, rilanciando lo “Sblocca Italia” che definisce “impegnativo ma affascinante”, con quel programma dei “Mille giorni” che dal 1° settembre 2014 al 31 maggio 2017 dovrebbe assicurare che l’Italia ce la può fare da sola e potrà tornare ad essere “la guida, e non il problema dell’Eurozona”. Il secondo si affida alla necessità delle riforme strutturali e soprattutto di ulteriori tagli alla spesa pubblica per risanare i conti, in base alla fallace convinzione che solo possa consentire di sedere al tavolo europeo per chiedere quell’irrisorio margine di flessibilità compatibile con i vincoli di bilancio dettati dall’Europa; al contempo si propone di rilanciare la domanda aggregata con una esortazione alla spesa delle famiglie e delle imprese italiane, una iniezione di fiducia nel futuro che ricorda precedenti strategie mediatiche adottate con pieno insuccesso da altri che lo hanno preceduto in via XX Settembre.

Non sembra esservi consapevolezza che proprio queste ricette europee sono con-causa del permanere dell’Italia nella depressione e che insistendo con esse il declino del paese non può che proseguire. La loro attuazione, tra manovra correttiva 2014 ed interventi per il 2015-2016, comporterebbe una ulteriore sottrazione dall’economia di almeno 30 miliardi di risorse pubbliche, con avanzi primari dagli effetti devastanti su reddito e occupazione, oltre che sullo stesso rapporto debito/Pil che continuerebbe a peggiorare, così come è avvenuto con la crisi in tutta l’Eurozona. La Legge di Stabilità 2015 deve porsi ben altri obiettivi. Il rispetto del vincolo del 3% del deficit ed il perseguimento dell’obiettivo di medio termine nei conti pubblici non solo sono anacronistici, ma inibiscono ogni azione riformatrice per la crescita: investimenti nell’industria, in ricerca e innovazione, in istruzione, tutela dell’ambiente e del territorio, mantenimento di servizi sociali e sanitari collettivi, politica redistributiva di sostegno al reddito, di contrasto alla povertà e di più equa imposizione fiscale, impiego peraltro già problematico dei fondi strutturali europei per ridurre le crescenti divergenze territoriali. La Legge di Stabilità 2015 non può essere costruita nel rispetto di quei vincoli, non può operare tagli alla spesa pubblica superiori a quelli già programmati, che toglierebbero ulteriore domanda dal mercato; occorrerebbe invece riqualificare tale spesa con una spending review intelligente e non ragionieristica che miri ad una maggiore efficienza ed efficacia strutturale dell’operatore pubblico. Se ciò contrasta con le regole europee occorre prenderne atto, dato che quelle regole sono (una) causa dei problemi che aggravano la crisi dell’Europea, e sono totalmente senza fondamento, dogmi miopi e sbagliati. La ricetta dell’austerità espansiva, a cui si aggiunge quella della precarietà espansiva tanto cara ai riformatori delle regole del lavoro in tempo di crisi, si è dimostrata un totale fallimento. L’Europa lo deve riconoscere e l’Italia deve contribuire a questo riconoscimento se intende uscire dalla depressione. Dopo sette anni di crisi, due recessioni in successione, quindici anni a crescita zero, non vi è alternativa.

Riferimenti bibliografici

Ahir H., Loungani P. (2014a), “Fail Again? Fail Better? Forecasts by Economists During the Great Recession”, George Washington University Research Program in Forecasting Seminar.

Ahir H., Loungani P. (2014b), “«There Will Be Growth in the Spring»: How Well Do Economists Predict Turning Points?”, Vox, 14 aprile: http://www.voxeu.org/article/predicting-economic-turning-points

Brancaccio E. (2014a), “Caro Renzi, avevano ragione i gufi”, Espresso online, 28 luglio: http://espresso.repubblica.it/affari/2014/07/28/news/avevano-ragione-i-gufi-1.174691

Brancaccio E. (2014b), “From Expansionary Austerity to Expansionary Precariousness: Another European Illusion”, Revolting Europe, 20 marzo: http://revolting-europe.com/2014/03/20/from-expansionary-austerity-to-expansionary-precariousness-the-latest-doctrine-is-another-european-illusion/

CE (2014), “Spring 2014 Forecast: Growth Becoming Broader-Based”, European Commission, DG Economic and Financial Affair, European Economy, n.3, Spring: http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2014/ee3_en.htm

IMF (2014), “World Economic Outlook. Update. An Uneven Global Recovery Continues”, IMF, Washington D.C., 24 luglio: http://www.imf.org/external/pubs/ft/weo/2014/update/02/

IMF, Independent Evaluation Office (2014), “IMF Forecasts: Process, Quality and Country Perspectives”, IMF, Washington D.C., 12 febbraio.

Pianta M., Bramucci A. (2013), “European Economic Forecasts: Why Do They Get It Wrong?”, Open Democracy, 7 gennaio: https://www.opendemocracy.net/mario-pianta-alessandro-bramucci/european-economic-forecasts-why-do-they-get-it-wrong

Romano R., Pini P. (2014), “L’insostenibile leggerezza della politica economica italiana”, Economia e Politica, 24 luglio: http://www.economiaepolitica.it/politiche-fiscali-e-di-bilancio/linsostenibile-leggerezza-della-politica-economica-italiana/#.U-Nf6GPznYQ

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Commenti

chiedere e no

"Non chiediamo politiche rivoluzionarie o tardo keynesiane": sarebbe da esigerle invece. Perché proprio l'abbandono di quelle politiche ha causato la situazione attuale. Ma da un pezzo la sedicente sinistra italiana ha sposato altre cause.

Quesito a Paolo Pini

No, il quesito a Draghi è mio...
Ne formulo un altro:

La BCE ha trasformato un suo obbligo statutario in una concessione condizionata e costosa, è possibile denunciarla alla Corte Europea di Giustizia?

Draghi: "E' ora di cedere sovranità sulla riforme. L'Italia allontana gli investimenti". E Renzi lo applaude
La Bce lascia il costo del denaro allo 0,15%, ma il presidente mette l'accento sullo scarso coraggio nel riformare i paesi. Restano ancora rischi al ribasso per la ripresa dalle tensioni geopolitiche. Il premier: "Giusto, dobbiamo rimettere in ordine l'Italia"
07 agosto 2014
http://www.repubblica.it/economia/2014/08/07/news/la_bce_lascia_i_tassi_invariati_allo_0_15_-93325026/

La frase-invito-monito di Draghi per me è di facile interpretazione, se si mettono insieme pochi elementi:
a) l’editoriale di Scalfari di domenica scorsa,[1] in cui egli ha rivelato che Renzi è simpatico a Draghi (mentre sappiamo che è antipatico allo stesso Scalfari); ed ha anticipato l’invito di Draghi, auspicando che l’Italia si sottoponga al controllo della troika, per avere aiuti finanziari, poiché secondo lui la filosofia della troika è cambiata radicalmente.
b) Draghi è il co-firmatario (con Trichet) della famosa lettera della BCE del 5 agosto 2011 al governo Berlusconi,[2] recante vere e proprie imposizioni all’Italia (non ad altri Paesi) circa il contenuto e la tempistica delle misure severe da adottare; ora, si limita ad un invito verbale, che forse ha anche la funzione di dare un aiuto a Renzi, ma che, per come appare nella sua ruvidezza e quasi perentorietà, e visto il soggetto da cui promana, ha quasi la stessa cogenza (infatti, come acutamente rileva Carlo Clericetti,[3] nessuno dei governanti fiata.
c) Draghi ha la mentalità del Capo di Stato Maggiore, e gli Stati Maggiori sono notoriamente potenti e spietati e bravissimi a fare piani sulla pelle della truppa (sono pagati per questo), ma solitamente restano al sicuro, lontani dalla trincea (e, francamente, non è un bell’esempio). Infine,
d) come accennavo ieri,[4] la sua frase esagerata è un segno evidente di coda di paglia per senso di colpa e di implicita ammissione di impotenza, poiché egli è costretto dalla Germania a disapplicare lo statuto della BCE che presiede, il quale, all’art. 2, impone al SEBC, raggiunto l’obiettivo del controllo dell’inflazione (che non deve superare il 2%), di finanziare la crescita economica e dell’occupazione.[4] Ed ora l’inflazione è prossima allo zero e c’è un rischio reale di deflazione. La cosa bizzarra ed inaccettabile, che andrebbe denunziata formalmente (alla Corte di Giustizia Europea?), è che la Germania e la Commissione UE (con Barroso e Rehn, prona alla Germania per 10 anni), con la complicità della BCE, hanno trasformato quest’obbligo in una gentile concessione condizionata, a caro prezzo, non per i ricchi, beninteso, ma per i povericristi.[5]

[1] Il concetto vi dissi... ora ascoltate com'egli è svolto
di Eugenio Scalfari - 03 agosto 2014
http://www.repubblica.it/politica/2014/08/03/news/il_concetto_vi_dissi_ora_ascoltate_com_egli_svolto_-93014426/
[2] Lettera BCE
http://www.corriere.it/economia/11_settembre_29/trichet_draghi_italiano_405e2be2-ea59-11e0-ae06-4da866778017.shtml
[3] Carlo Clericetti - 8 AGO 2014
Draghi straparla, i governi stanno zitti
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2014/08/08/draghi-straparla-i-governi-stanno-zitti/
[4] Mario Draghi, Dottor Jekyll e Signor Hyde
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2816710.html
[5] Recessione, depressione e 80€
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2816654.html
Il Corriere della Sera prima ha censurato poi ha pubblicato poi ha cancellato un mio commento sui pesi del risanamento
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2816328.html

(Da: "La BCE ha trasformato un suo obbligo statutario in una concessione condizionata e costosa"
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2816759.html ).

Carlo Clericetti chiede a Draghi .....

Carlo Clericetti e' un ottimo commentatore, arguto ed efficace. Il suo blog deve essere sempre visitato, quello personale e quello su Repubblica. Qui pone una questione molto seria: la legittimita' democratica di chi assume le decisioni politiche in campo economico. Troppo spesso questa questione non viene considerata rilevante, ritenendo strumentalmente che la tecnica possa avere una sua autonomia dalla politica. La tecnica non fallisce, la politica si. Nulla di piu' ideologicamente falso.

Quesito a Mario Draghi

Segnalo (ma certamente non a Paolo Pini, che presumo lo abbia già letto) questo molto opportuno articolo di oggi di Carlo Clericetti e riporto il mio lungo commento in calce ad esso.

8 AGO 2014
Draghi straparla, i governi stanno zitti
http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2014/08/08/draghi-straparla-i-governi-stanno-zitti/

Da un po' di tempo, quando penso a Mario Draghi, chissà perché…, mi vengono in mente il Dottor Jekyll e il Signor Hyde...

Pensate, anche Scalfari, me li evoca, da 3 anni a questa parte, dopo che ha smesso di scrivere i suoi vigorosi editoriali del 2010 in cui sollecitava i ricchi a riattivare anche in Italia i vasi comunicanti, prima che la casa cascasse loro addosso. Poi, spento l’incendio, se ne è dimenticato, come tutti i ricchi illuminati, incluso Carlo De Benedetti, che propose per primo (si veda Il Sole 24 Ore del 12 settembre 2009, poi ribadito il 10.11.2010) un’imposta patrimoniale sui ricchi e i benestanti.

E noi povericristi a litigare, cadendo nella trappola dei ricchi, e dei loro utili idioti ben retribuiti, che, un giorno sì e l’altro pure, chiedono le salvifiche riforme strutturali, ma ovviamente quelle che riguardano i povericristi, mai quelle che colpirebbero i ricchi. Chissà perché…

Io mi considero un ignorante, specialista del 2+2. E forse è per questo che apprezzo molto gli articoli di Carlo Clericetti, che, non solo è voce fuori dal coro, ma scrive cose di logica elementare e di semplice buonsenso, che in questo periodo (ma forse è stato sempre così) in cui imperano gli utili idioti ben retribuiti al soldo dei ricchi (come è, per metà – novello Dottor Jekyll e Signor Hyde - lo stesso Draghi, che così tanto piace a Scalfari) appaiono e sono rivoluzionarie.

La recessione di oggi è soprattutto la conseguenza, ovviamente, non delle decisioni di questo governo Renzi o del precedente governo Letta, ma del sesquipedale risanamento dei conti pubblici operato, dopo la crisi della Grecia e sotto l’urgenza dello spread, nella scorsa legislatura (330 mld cumulati, ma le misure strutturali dispiegano tuttora i loro effetti, 4/5 Berlusconi, pari a 267 mld, e 1/5 Monti, pari a 63 mld) addossati per lo più sui non ricchi, ad alta propensione al consumo. e perciò con effetti economici depressivi.

Soluzioni. Nell'attuale situazione dei conti pubblici e con i vincoli UE, Renzi può fare poco per la crescita, a meno che non decida di varare una corposa imposta patrimoniale sui ricchi (5% delle famiglie) o faccia varare dall'UE gli EuroUnionBond (proposta Prodi-Quadrio Curzio), per costituire un fondo di 1.000 mld garantito dall’oro e da asset pubblici nazionali (per tranquillizzare la riottosa Germania, che pochi giorni fa, per salvare le sue banche, ha deciso un prelievo forzoso), per mobilitare (moltiplicatore 3) un ammontare complessivo di 3.000 mld, da destinare parte alla riduzione del debito pubblico e parte alla crescita economica e dell’occupazione, pena il permanere della depressione economica e un lento declino.
Infine, ci sarebbe una terza opzione, ma, stante l’opposizione ideologica della Germania, è forse la meno probabile: un intervento strutturale anti-crisi della BCE, che, per imposizione appunto della Germania, sta contravvenendo al suo stesso statuto (art. 2). La severità eccessiva e la proposta strampalata - ma che ha una logica - di Draghi (per uno specialista del 2+2 come me) sono indizi evidenti di senso di colpa per coda di paglia.

Ho già segnalato qui la modifica del link e del testo delle funzioni della BCE nel suo sito. Pubblico anche qui un mio quesito aperto, che stamane è stato letto in diretta a Radio3-Tutta la città ne parla.

QUESITO APERTO A MARIO DRAGHI
Egr. Dott. Draghi,
Rilevo che, nel sito della BCE, [*] c’è stata una modifica recente e del link e del testo relativo alle funzioni. Riporto il passo della vecchia versione (ormai introvabile, ma che io conservo gelosamente): “L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali [...] è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Inoltre, “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 (articolo 105, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea). Gli obiettivi dell’UE (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) sono un elevato livello di occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica”.
Nella nuova versione modificata, viene enfatizzata anche per l’UE l’esigenza della stabilità dei prezzi. Infatti, come Lei sa, non è vero che la BCE ha il compito esclusivo del controllo dell’inflazione. Essa ha anche quello di sostenere le politiche economiche generali dell’UE.
Il problema è che la Germania, che La ospita, oltre ad avere uno strapotere economico, industriale e commerciale, ha anche uno strapotere nell’interpretazione dello statuto BCE e nell’applicazione dei trattati. Questo strapotere ha avuto un’influenza sulla Sua decisione della modifica suaccennata?
Cordialmente,
V.

[Allego il post contenente i link "Quesito aperto a Mario Draghi"
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2815556.html ].

Nota Bene

NB: Il commento qui sotto contiene qualche errore, per leggere la versione corretta e completa, v. post linkato in fondo.

Recessione, depressione e 80€

Ottimo articolo, che va però integrato con qualche altra considerazione.

Recessione.
Provo a fare un po’ di chiarezza sulle cause della recessione [1] e a indicare qualche soluzione strutturale.
Punto 1) La causa della depressione economica [2] prolungata italiana – che non sento mai indicare da nessuno –, come mi sforzo di evidenziare da due anni, sono anche le manovre correttive mastodontiche, inique e recessive varate nella scorsa legislatura, in particolare dopo la crisi della Grecia e sotto l’urgenza dello spread e per input pressante dell’UE e della BCE e perciò con effetti economici depressivi, ma le cui misure strutturali (cioè permanenti) dispiegano tuttora i loro effetti: 330 mld cumulati, 4/5 Berlusconi, pari a 267 mld, e 1/5 Monti, pari a 63 mld, iniquamente addossate, in particolare da Berlusconi, in grandissima parte sui ceti medio e basso e persino sui poveri (col taglio feroce della spesa sociale dei Comuni e delle Regioni) ad alta propensione al consumo. [3]
Punto 2) I 300 mld “lordi” in 5 anni per la crescita ventilati dal neo presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Junker, per tutta l’Eurozona, sono un pannicello caldo.
Punto 3) Anche i 150 mld in 3 anni promessi dal PdC Renzi sono teorici e insufficienti, sia perché non sono aggiuntivi ma – se ho capito bene - soltanto una rimodulazione dei fondi strutturali UE, sia perché comunque, se l’UE, come ha già detto, non dà la deroga, vanno co-finanziati, e non ci sono soldi.
Punto 4) Nell'attuale situazione dei conti pubblici e con i vincoli UE, Renzi può fare poco, a meno che non decida di varare una corposa imposta patrimoniale sui ricchi (5% delle famiglie) [4] o faccia varare dall'UE gli EuroUnionBond (proposta Prodi-Quadrio Curzio), [5] per costituire un fondo di 1.000 mld garantito dall’oro e da asset pubblici nazionali (per tranquillizzare la riottosa Germania, che pochi giorni fa, per salvare le sue banche, ha deciso un prelievo forzoso), per mobilitare (moltiplicatore 3) un ammontare complessivo di 3.000 mld, da destinare parte alla riduzione del debito pubblico e parte alla crescita economica e dell’occupazione, pena il permanere della depressione economica e un lento declino.
Punto 5) Infine, ci sarebbe una terza opzione, ma, stante l’opposizione ideologica della Germania, è forse la meno probabile: un intervento strutturale anti-crisi della BCE, che, per imposizione appunto della Germania, sta contravvenendo al suo stesso statuto (art. 2). [6]

80€/mese, pari a quasi 1.000€ l’anno per 11 milioni di persone.
Gli 80€/mese sono stati un'ottima misura anti-crisi, poiché l’attuale, terribile crisi è da carenza di domanda e quindi la misura interviene correttamente dal lato della domanda; anche se 10 mld sono palesemente insufficienti (occorre ben altro, v. i miei commenti al post nel blog di Carlo Clericetti su Repubblica [7]), e per giunta di sinistra, poiché ha redistribuito dai ricchi e i benestanti ai relativamente poveri.
In ogni caso, poiché si sono alzati alti lai sulla loro inefficacia sui consumi, l'effetto degli 80€/mese: a) va calcolato a fine anno, infatti su base annua sono 10 mld in totale, ma, rapportati agli 8 mesi (da maggio a dicembre) nel 2014, sono pari a 6,6 mld e finora ne sono stati erogati solo 3 mesi (maggio, giugno e luglio), pari a 2,5 mld (e le varie statistiche finora arrivano fino a giugno); e b) va sommato algebricamente a eventuali variabili (maggiori tasse o minori spese, decise dai governi precedenti) che hanno impatto negativo sulla crescita.
Infine, la Banca d'Italia ha stimato un effetto degli 80€/mese netti (pari a quasi 1.000€ l’anno per ciascuno degli 11 milioni di beneficiari) nel +0,2% del Pil su base annua.

[1] “Secondo una definizione convenzionale, c'è recessione quando si registrano due trimestri consecutivi di contrazione del prodotto interno lordo. Ma a volte le recessioni non soddisfano tale regola, come nel caso della recessione americana del 2001 o di quella del 1974-1975. Oltre al PIL reale, rientrano tra i parametri anche la disoccupazione, il reddito e le vendite al dettaglio, così come intensità, durata e diffusione della fase di contrazione su tutta l'economia”.
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2010-07-27/come-definita-recessione-180256_PRN.shtml
[2] La depressione è un calo marcato e prolungato dell’attività economica. L’Economist arriva a definire una depressione come una riduzione dell’attività economica pari almeno al 10% del PIL e di durata non inferiore a tre anni. Quella degli anni 1929-1933, in America, fu senza dubbio una Grande Depressione, dato che durò ben 43 mesi con un crollo del PIL del 30% circa.
Il PIL sta calando, tranne il rimbalzo del 2010 e una quasi stazionarietà nel 2011, da 7 anni; nel biennio 2008-2009 di ben 6 punti, più del biennio 2012-2013 (-4,2). PIL (serie storica ultimo quindicennio) (%): 1999 =1,7; 2000=3,6; 2001=1,8; 2002= 0,3; 2003 =0,0; 2004 =1,1; 2005 = 0,0; 2006 =1,9; 2007=1,9; 2008=-1,0; 2009=-5,0; 2010 =1,3; 2011=+0,4 2012=-2,4; 2013=-1,8.
[3] Il lavoro sporco del governo Berlusconi-Tremonti http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2747515.html
[4] Dossier Imposta Patrimoniale http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2670796.html
[5] “EuroUnionBond per la nuova Europa” di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio
http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2011-08-22/eurounionbond-nuova-europa-201300.shtml
[6] “fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, il SEBC sostiene le politiche economiche generali nella Comunità al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi della Comunità definiti nell’articolo 2 (articolo 105, paragrafo 1, del Trattato che istituisce la Comunità europea). Gli obiettivi dell’UE (articolo 2 del Trattato sull’Unione europea) sono un elevato livello di occupazione e una crescita sostenibile e non inflazionistica”.
Quesito aperto a Mario Draghi http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2815556.html
[7] http://clericetti.blogautore.repubblica.it/2014/07/31/mckinsey-ministero-ombra/

“Recessione, depressione e 80€”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2816654.html