Home / Sezioni / italie / Bonus e stock option, chi sbaglia paga

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Bonus e stock option, chi sbaglia paga

01/08/2014

La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso sulla presunta incostituzionalità di un prelievo aggiuntivo su bonus e stock option dei manager

Il 16 luglio scorso la Corte Costituzionale ha depositato una sentenza1 che è destinata a segnare una storica inversione di tendenza. Sino a oggi, infatti, Palazzo della Consulta si è sempre posto a difesa dei privilegi (tutte le leggi che hanno provato a introdurre prelievi sulle cosiddette pensioni d’oro su ricorso di ex magistrati sono state dichiarate incostituzionali)2, invocando il superiore divieto dell’art. 53 della Costituzione di introdurre imposte o prelievi non generalizzati ma rivolti solo a una determinata categoria di contribuenti. Nel caso delle pensioni ci si era spinti a sostenere che tali orribili balzelli avrebbero attentato alle pensioni considerate “un reddito differito”. In altre parole si sosteneva e si sostiene che la pensione, ancorché maturata con il precedente e anacronistico sistema retributivo, altro non sarebbe che una quota di stipendio che viene liquidata successivamente.

Il quesito posto questa volta alla Corte è invece il seguente (semplifico ovviamente): è rispettosa degli art. 3 e 53 della Costituzione una legge (art. 1 legge 30 luglio 2010 n. 122)3 che prevede un prelievo addizionale con aliquota del 10% sui compensi variabili (bonus e stock options) riconosciuti a manager e co.co.co del settore finanziario?

Con sorpresa, questa volta la Corte ha respinto il ricorso sulla presunta incostituzionalità perché il provvedimento, sono le parole della sentenza citata, “rappresenta un disincentivo per le prassi retributive che possono avere l’effetto di condurre all’assunzione di rischi eccessivi di breve termine da parte della categoria di contribuenti sottoposti al prelievo. Questi ultimi, in ragione del tasso di professionalità, dell’autonomia operativa, del potere decisionale di cui godono e dell’ispirazione a maggiori guadagni personali (…) sono in grado di porre in essere attività speculative suscettibili di pregiudicare la stabilità finanziaria. Un rischio di questo genere non ricorre per l’attività degli altri contribuenti che vengono retribuiti in modo analogo ma non hanno la stessa possibilità di incidere, con il loro operato, sulla stabilità dei mercati finanziari”. Il punto di partenza, sono sempre le parole della Corte evidenziate, è da ricercare nelle dichiarazioni emerse dal G20 di Pittsburgh del 2009, “che, con riguardo ai problemi afferenti alla crisi economica globale, ha individuato, tra le aree critiche su cui incidere al fine di agevolare la stabilità finanziaria, le modalità retributive recanti l’effetto di incentivare l’assunzione di rischi eccessivi”.4

In altre parole passa il principio “chi può sbagliare paga”, soprattutto se a subire gli effetti sono le rendite (finanziarie) altrui. Certamente un bel passo in avanti ma chissà se i magistrati avranno il coraggio di aprire la porta alla lotta alla cultura della rendita, già denunciata da Jacques Necker, direttore generale delle finanze e poi Ministro con Luigi XVI alla fine del ‘700?

Illuminante un passaggio del padre di Mme De Stael in proposito: “Niente è più contrario all’equità nella ripartizione del carico tributario che un prelievo di risorse sulla generalità dei cittadini del regno che vada a profitto di un numero limitato di persone, solitamente già favoriti dalla loro situazione di partenza. E tuttavia proprio questo accade quando un cattivo governo consuma una parte delle imposte a fare doni eccessivi, o per corrispondere cariche pubbliche inutili, o per eccessivi guadagni che consente di lucrare al mondo della finanza”. 5

Doni eccessivi (pensioni costruite sul principio retributivo e o invalidità o indennità troppo facilmente concesse); cariche pubbliche inutili (qui l’elenco è infinito…) o eccessivi guadagni (anche qui…) potranno finalmente cadere sotto la scure della nuova politica renziana?

La risposta passa ancora per la Corte: riuscirà a liberarsi dal giogo intellettuale della categoria di cui è espressione e che si ritiene eletta tra gli eletti e comprendere che il magistrato non deve pagare di più perché potrebbe sbagliare (nessuno è infallibile), ma semplicemente perché privilegiato e, come molti degli alti funzionari pubblici e dei rent seeker privati, beneficiari dell’inamovibilità (retributiva e/o posizione)? A mio modo di vedere tale inamovibilità dovrebbe anch’essa essere configurabile quindi come una rendita: anche quest’ultima deve avere un prezzo, concretizzabile in un contributo a beneficio della collettività.

La sicurezza economica ora più che mai ha un valore e quindi è giusto che chi ne benefici contribuisca maggiormente al benessere della collettività.

 

1 Sentenza n. 201/2014 del 9 luglio 2014 nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 33 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Lecco, nel procedimento vertente tra Iardella Maria Teresa e l’Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Lecco con ordinanza dell’8 ottobre 2013, iscritta al n. 11 del registro ordinanze 2014 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2014.

2 In particolare la sentenza n. 116/2013 depositata il 5 giugno 2013.

3 Che convertiva il DL sui compensi variabili delle misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e competitività economica

4 Anche l’Unione Europea è andata in questa direzione con la Direttiva del 26 giugno 2013 n. 2013/36/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento, che modifica la direttiva 2002/87/CE e abroga le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE).

5 La citazione è tratta da Garonna P., L'Europa di Coppet 1780-1820. Una lezione dalla storia per il futuro dell'Europa, Franco Angeli, Milano 2008.


 

 

 

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

La ricca (?) signora proponente il ricorso doveva avere una retribuzione molto bassa

Presumo che la retribuzione della Signora Iardella Maria Teresa, che ha proposto il ricorso, fosse molto bassa rispetto all’ammontare delle stock option.

Il DL 78 del 31.5.2010 (convertito dalla legge 122/2010), di 24,9 mld, fu la prima manovra correttiva lacrime e sangue dopo la crisi della Grecia e fu la più iniqua, poiché fu addossata quasi interamente sui non ricchi. Essa conteneva (a parte i farmacisti e i produttori di farmaci in quanto fornitori del SSN) soltanto 2 provvedimenti sui ricchi:
a) Il contributo straordinario sui redditi elevati del pubblico impiego, poii dichiarato incostituzionale; e
b) La tassazione delle stock option.
Ma entrambe contenevano un trucco: la prima, perché fu congegnata apposta male; e, la seconda, conteneva un codicillo che la faceva scattare sulla parte eccedente il triplo della retribuzione.
Sul mastodontico e molto iniquo risanamento dei conti pubblici operato nella scorsa legislatura dai governi Berlusconi e Monti (330 mld cumulati, ma le misure strutturali dispiegano tuttora i loro effetti, 4/5 Berlusconi, pari a 267 mld, e 1/5 Monti, pari a 63 mld) iniquamente addossati, soprattutto dal governo Berlusconi-Tremonti, in grandissima parte sui ceti medio e basso e perfino sui poveri, col taglio feroce della spesa sociale dei Comuni e delle Regioni), ad alta propensione al consumo, e quindi con effetti recessivi), riporto la conclusione di un dialogo tra rafraf81 e me.

rafraf81 29 luglio 2014 | 22:26
Tanto per essere precisi, se si pensa che la crisi sia "scoppiata" solo quando i suoi effetti hanno cominciato a farsi sentire sulle tasche di una significativa parte delle gente allora è vero che è iniziata nel 2009. Però la data "storico-ufficiale" di inizio è il 15/9/2008 (anche se le principali borse avevano "scricchiolato" un po' quasi un anno prima), e gli operatori finanziari (banche, ecc.) di tutto il mondo, Italia compresa, avevano reagito immediatamente, senza aspettare il 2009. Sono d'accordo che il peso delle manovre berluscon-montiane sia ricaduto, in termini generali, maggiormente sui non-ricchi (strana definizione), però mi insospettisce molto quel "alta propensione al consumo". I soldi, dei ricchi o dei non-ricchi, non spariscono mai (se non in pochi e ben definiti casi); si spostano e basta, e vengono pertanto usati in un modo piuttosto che in un altro. Non sto certo dicendo che va bene prenderli ai non-ricchi (per lo meno è iniquo) però la domanda si pone: visto che i ricchi sono meno propensi a spenderli (ragionevolissimo), e visto che non si imbottiscono i materassi con le banconote, dove sono finiti i soldi "non presi ai ricchi" e, dunque, chi ci avrebbe rimesso?

@rafraf81 Bella domanda. Non sarò breve. Io avevo un discreto osservatorio (uno studio di consulenza alle imprese ed un call center): in Campania, dove la crisi è endemica, è scoppiata in maniera virulenta a partire dal secondo semestre del 2009. Per i cittadini normali, invece, a partire dal maggio 2010, quando è stata varata dal governo Berlusconi-Tremonti (dopo la crisi del debito greco) la prima manovra lacrime e sangue (DL 78 del 31.5.2010; essendone io uno dei destinatari, ne ho seguito l’iter passo passo), di 24,9 mld, la più iniqua di tutte, poiché colpì quasi esclusivamente il ceto medio-basso e persino i poveri, col taglio del 75% della spesa sociale dei Comuni e delle Regioni, poi tagliata di un ulteriore 15% dal DL 98/2011; decise il procrastinamento di 12 o 18 mesi dell’erogazione delle pensioni (per tutti, anche quelli disoccupati o in mobilità, dopo i primi 10 mila, o inattivi, a reddito zero), elevò di 5 anni l’età di pensionamento delle dipendenti pubbliche e introdusse l’adeguamento triennale all’aspettativa di vita; dimezzò il numero dei lavoratori precari pubblici, congelò i contratti della PA; tentò di risparmiare anche sulla spesa degli invalidi, elevando il livello minimo d'invalidità dal 74% all'85%, il che avrebbe escluso i down (che sono invalidi al 75% e ricevono una pensione d'invalidità di circa 250 € al mese); la misura fu poi ritirata all'ultimo momento solo grazie alle corali proteste.

Lasciò letteralmente indenni (tranne i farmacisti e i produttori di farmaci, in quanto fornitori del SSN) i ricchi e i ricchissimi (inclusi i miliardari), protetti da “santi” potenti. Anche il famoso contributo sui redditi elevati del pubblico impiego fu congegnato apposta male per farlo cassare – come era stato previsto - dalla Corte Cost. Per dire l’ipocrisia e la furbizia del ministro Tremonti, sedicente socialista e Robin Hood alla rovescia (e del suo fedele esecutore, il presidente della Commissione Bilancio del Senato, Antonio Azzollini), a mo’ di equità, fu inserita la tassazione delle stock option, ma si pensò bene di aggiungere “limitatamente alla parte eccedente il triplo della retribuzione”, il che ha semplicemente significato che erano TUTTI esenti, persino Passera e Profumo (poi, in un accesso di tardiva resipiscenza, tale limitazione è stata cassata dalla manovra 2011-14).
Ma la stragrande maggioranza del popolo italiano, a causa della sistematica disinformazione berlusconiana-tremontiana-sacconiana, manco si accorse o fece finta di niente dei sacrifici imposti ad una parte degli Italiani, la più debole e la meno protetta da santi in Paradiso.

Anche le 2 manovre correttive varate nel 2011 dal governo Berlusconi-Tremonti (DL 98 e DL 138, di 80+60 mld) furono soltanto un poco meno inique, ma, nonostante il loro ammontare enorme, risultarono inefficaci a calmare i mercati finanziari e le Autorità europee e provocarono la caduta del governo Berlusconi.
A mio avviso essenzialmente per tre motivi: a) la volontà della potentissima cancelliera Merkel di far pagare a SB [nella versione del mattino il nome era scritto per esteso] l’epiteto volgare rivoltole; b) il rifiuto del potente ministro Bossi – autoproclamatosi santo protettore dei pensionandi di anzianità, che sono in maggioranza nel Nord - di eliminare le pensioni di anzianità e allineare l'età di pensionamento delle lavoratrici del settore privato a tutti gli altri; e c) un errore grave sulle pensioni nella lettera di illustrazione delle misure inviata alla UE (quella che Tremonti rifiutò di firmare), poi corretto nella successiva lettera di spiegazioni sollecitate dall’UE.

La maggioranza del popolo italiano, o almeno una buona fetta di esso, (inclusi quasi tutti i media e perfino famosi parlamentari, in tema di pensioni, ai quali ho scritto, ho pubblicato l’elenco dei destinatari in calce al post “La mina della patrimoniale” del 22/11/2011 nel blog di Lavinia Rivara, su “Repubblica”) si lasciò ancora una volta irretire dalla propaganda governativa, che negava addirittura l’esistenza della crisi, e ancora oggi è convinta che i sacrifici lacrime e sangue (con conseguente salvataggio dell’Italia) siano opera del subentrato governo Monti, il cui decreto salva-Italia ammonta ad appena 30 mld “lordi” (10 mld sono stati “restituiti” in sussidi e incentivi vari), distribuiti in maniera molto più equa (a parte gli esodati), ma che hanno avuto il “torto” di colpire 2 tipologie di beni molto sensibili agli occhi ed alle tasche degli Italiani: la prima casa con l’IMU e l’autovettura con l’aumento delle accise sui carburanti (nonché l’aumento dell’IVA, che in realtà era stato già deciso dal governo precedente).

Il valore cumulato (cioè sommando gli effetti anno per anno, considerando che le misure strutturali sono permanenti e quindi dispiegano i loro effetti tuttora) delle manovre correttive della scorsa legislatura ammontò a 330 mld (4/5 Berlusconi e 1/5 Monti), che servirono (assieme ad un aumento del debito stesso) a pagare gli interessi passivi sul debito (75-80 mld in media per 5 anni), a ricostituire in parte l’avanzo primario ricevuto in eredità da Berlusconi e da lui dilapidato e a ridurre il deficit. La depressione economica prolungata italiana è conseguenza di quelle manovre correttive inique e recessive. Il debito pubblico italiano è detenuto per il 10% dalle famiglie e per il 90% dalla banche e da altri soggetti finanziari (il 30-40% è in mani estere). In definitiva, abbiamo fatto (non tutti, però!) enormi sacrifici per migliorare i conti pubblici e, soprattutto, per le banche e i ricchi.

(da “Il Corriere della Sera prima ha censurato poi ha pubblicato poi ha cancellato un mio commento" http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2816328.html ).

Era ora

Ottimo articolo. Penso che debba essere preso in considerazione in quanto presenta un tema che penso sia decisivo.