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Fiat e Pomigliano. Il carteggio fra Leonardi e Ichino

25/10/2010

Sulla vicenda Fiat ecco il carteggio che non ti aspetti. Da una parte c'è Pietro Ichino, senatore Pd e giuslavorista più famoso d'Italia. Dall'altra c'è Salvo Leonardi, ricercatore dell'Ires Cgil che i lettori di rassegna.it già conoscono. In mezzo c'è l'accordo separato di Pomigliano D'Arco, quello che sollecita una diversa e maggiore produttività e fatica da parte degli operai (approfondisci qui), che vieta scioperi e proteste, pena il licenziamento, e che la Fiom Cgil non ha sottoscritto. Ichino lo difende, Leonardi lo critica (l'ha fatto in un recente saggio sui Quaderni di Rassegna Sindacale e in un articolo su rassegna.it). Leonardi prende l'iniziativa e scrive a Ichino. Ichino risponde. Leonardi replica. Ed ecco il carteggio che lo stesso giuslavorista pubblica integralmente sul proprio sito e tutti possono leggere, mentre mezza Italia ancora si interroga sulle ultime esternazioni di Sergio Marchionne.

Un dialogo all'insegna del fair play ("Caro Salvo, grazie del saggio, che ho letto con grande interesse..." "Caro Pietro, innanzitutto sono sinceramente grato e lusingato per l’attenzione che hai voluto riservare al mio articolo. Per la tempestività e la grande cortesia con cui lo hai fatto..."). Un dialogo colmo di rispetto tra due interlocutori pienamente consapevoli della delicatezza del tema in ballo, che parte dalla Fiat per coinvolgere i diritti fondamentali dei lavoratori, il ruolo dei sindacati, il futuro dell'industria italiana, il Mezzogiorno, insomma una bella fetta del destino di questo Paese e del suo presente di intensa litigiosità e disarmo. Una montagna che i due scalano da versanti opposti, perché non sono d'accordo su quasi nulla e, seppure con sportività, se lo scrivono schiettamente, in attesa di arrivare forse in vetta senza ossa rotte per bere una tazza di tè caldo assieme.

Primo round
Comincia Leonardi, che invia a Ichino le sue riflessioni sulla vicenda Fiat. Il ricercatore Ires cita una statistica della Fondazione di Dublino secondo la quale il tasso di assenteismo in Italia non è superiore alla media europea; dati che priverebbero di fondamento l'accanimento della Fiat contro i presunti sfaticati di Pomigliano. In punta di diritto, poi, Leonardi contesta la cosiddetta "clausola di tregua", ossia le deroghe al diritto di sciopero previste dall'accordo separato, la parte dell'intesa campana che secondo molti intacca i diritti fondamentali dei lavoratori sanciti dalla Costituzione e dai contratti collettivi.

Ichino gli risponde che secondo lui l'assenteismo c'è: "Sulla clausola relativa alle 'punte anomale di assenza per malattia'", il senatore afferma di "non concordare con le critiche che vengono mosse alla disposizione contenuta nell’accordo". E aggiunge che "a Pomigliano le punte di assenza in corrispondenza con la partita del mercoledì hanno continuato a verificarsi anche di recente, fino a quando lo stabilimento ha lavorato". Quanto alla clausola di tregua, Ichino smorza i toni: per lui "non si parla di 'tregua assoluta', ma 'relativa', cioè limitata agli scioperi relativi a materie disciplinate nel contratto". "Detto questo – conclude Ichino-, mi interesserebbe molto poter discutere con te serenamente, anche in pubblico, di tutta la questione. Perché, invece di continuare a discutere a distanza, non organizziamo un 'faccia a faccia', a Roma o a Milano, anche in una sede Cgil?".

Secondo round
Nella replica di Leonardi la disponibilità al confronto c'è: "La tua proposta", scrive il ricercatore dell'Ires, "mi onora molto. Al di là dei dissensi che posso nutrire verso le tue posizioni, ti considero un maestro di diritto del lavoro. Ma accolgo la tua proposta e ti prometto di farne parola con quanti, ad esempio all’Ires e in Cgil nazionale, possono rendere operativamente possibile un confronto simile. Ma altre sedi possono essere prese in considerazione, ovviamente. Incluse quelle della rete".

Quanto ai temi, il dissenso resta. Leonardi insiste su un "calo significativo dell'assenteismo" a Pomigliano. E poi domanda: "Se tornassimo a chiederci cosa significa lavorare 'alla catena' con ritmi e saturazioni 'sotto il minuto'? Per decenni? Dove da 10 minuti in più o in meno di pausa si pretende di ipotecare la vita o la morte di una impresa?". E invita a non evocare "scenari vagamente 'antropologici' e caricaturali (tipo: indolenza o cultura ambientale) dal retrogusto un po’ razzista, a cui peraltro Pomigliano e Napoli non sono certamente nuovi".

Al capitolo deroghe, Leonardi va giù duro:

"Dici che [la clausola] non è 'assoluta' ma 'relativa' in quanto 'limitata alle materie disciplinate dal contratto'. Beh, mi pare che non siano affatto poche. Anzi; rovesciamo la questione: quali sono quelle che ne restano fuori, essendovi dentro orario/pause/ferie, carichi e organizzazione del lavoro, malattia, retribuzione, diritti sindacali? E’ vero: un contratto collettivo può disporre dei diritti individuali (come avviene per retribuzione, tempo libero/tempo di lavoro, inquadramento, ecc.). Infatti! ma noi qui stiamo parlando del diritto (costituzionale) di sciopero. E questo rientra nella disponibilità - sempre 'relativa' – delle parti solo nelle misura in cui le vincola collettivamente nella c.d. parte obbligatoria. Cioè con l’obbligo endo-associativo di influenzare i propri aderenti. Non certo fino a requisire il diritto individuale (magari del dissenziente o del non inscritto) di scioperare, pena sanzione disciplinare fino al licenziamento. Qui sono io che vorrei farti una domanda: come fai tu – alfiere italiano della riscoperta dell’individuo nel diritto del lavoro – ad ammettere un potere così grande del sindacato non solo sui propri iscritti ma in generale su tutta la platea dei lavoratori?".
La lettera di Leonardi spazia poi nei vasti e insidiosi campi della flexsecurity (un welfare che tuteli tutti, dipendenti e atipici, ma finanziato con quali soldi? Con che tipo di tassazione?) e si conclude con un appello al suo interlocutore:

"Da oltre un decennio – scrive Leonardi - non c’è polemica rivolta contro la Cgil o la sinistra giuslavoristica che non si basi su una tua qualche citazione. Ecco; io penso sinceramente che dovresti indurre maggiore discrezione e continenza nei tuoi irrefrenabili estimatori. Lo dico perché al di là di tutto credo ti abbiano reso un cattivo servizio. Sei pur sempre un iscritto della Cgil e tanta simpatia fra quanti sono platealmente contro la tua organizzazione alimenta interpretazioni ingenerose e sbagliate del tuo ruolo. Oltre che, aggiungo, della tua figura intellettuale che – lo sapevo già ma ne ho avuto una riprova personale e diretta oggi – esprime una ‘civiltà del dialogo’ davvero non comune".
Terzo round
Dopo essersi messo "a disposizione per la prosecuzione del dibattito fra di noi in qualsiasi sede e luogo, reale o virtuale", Ichino risponde a Leonardi che:

"Sulla malattia (…) la clausola di Pomigliano mira a (e ha l’effetto di) colpire soltanto le punte anomale di assenze verificatesi in un giorno determinato, coincidente con un 'evento a carattere non epidemico', affidando l’individuazione della coincidenza a una commissione paritetica: nessun pregiudizio regionalista o razzista, dunque, ma soltanto la ragionevole contromisura per un fenomeno che a Pomigliano a continuato a verificarsi fino al 2008 in misura molto superiore che altrove".
Sulle deroghe al contratto, il giuslavorista invita a seguire il modello di "tutti gli altri Paesi occidentali (tranne la Francia), dove pure la clausola di tregua 'relativa' opera non soltanto nella parte obbligatoria del contratto collettivo, bensì anche in quella normativa, vincolando pertanto tutti i lavoratori cui il contratto collettivo si applica; quello che ci rende indigesto quel regime è soltanto il nostro attaccamento al modello di relazioni industriali ispirato al principio della conflittualità permanente, dal quale però - dove è stato praticato - negli ultimi trent’anni i lavoratori italiani non hanno tratto alcun giovamento".

Infine "sull’uso che si fa di quel che scrivo – aggiunge Ichino -: ciò che pubblichiamo non ci appartiene più, vive di vita propria totalmente al di fuori del nostro controllo. E la divergenza tra l’intendimento dell’autore e il significato concreto che le affermazioni assumono è ampliata dai media, i quali tendono sempre a forzare, estremizzare i contenuti di quel che si dice (soprattutto con i titoli delle interviste, che l’intervistato non è legittimato a controllare), per poter meglio attirare l’attenzione dei lettori, 'fare notizia'. Questo è il motivo di un cruccio di cui credo soffra qualsiasi studioso i cui scritti assumano un qualche rilievo politico; e ovviamente ne soffro molto anch’io. Ma, più che mettere integralmente tutto quello che dico e scrivo on line, in modo che chi vuole possa controllarne e verificarne il contenuto alla fonte, non posso fare".
Il carteggio tra i due prosegue in un ultimo, per ora, capitolo che affronta la questione della "conflittualità permanente" (dove Leonardi si avventura nei sentieri esoterici del "Linkskommunismus di Korsch o Pannekoek" e "della scuola pluralistica anglosassone"; ma qui servono scarpe da trekking professionali che chi scrive al momento non indossa) e approfondisce la questione sempre più fondamentale di una riforma degli ammortizzatori sociali, al cui riguardo Ichino ha da tempo avanzato una proposta sulla quale Leonardi muove però alcune obiezioni. La strada stretta del dialogo, quella che conduce in cima alla montagna, probabilmente passa di lì.

Tratto da www.rassegna.it