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Perché non congelare il debito?

23/05/2012

Sfuggire al ricatto dei mercati è possibile, e non necessariamente doloroso. L'Italia potrebbe farlo congelando il debito, prima che l'attivo primario venga eroso. Ecco come

Riassunto

Per uscire dalla crisi bisogna espandere la spesa pubblica. Ciò non può essere fatto ricorrendo al debito, che è già troppo elevato, e quindi è necessario trasferire reddito dai soggetti più ricchi allo stato. Ma ciò troverebbe probabilmente l'ostilità del mercato finanziario, il che farebbe crescere i tassi di interesse a livelli probabilmente insostenibili. Se ne deduce che per uscire dalla crisi sarà forse necessario fare in modo che il mercato finanziario non abbia influenza sulle politiche economiche. Si suggerisce che il modo più indolore per ottenere questo risultato è congelare il debito.

1. Per uscire dalla crisi 1 Se si vuole uscire dalla crisi economica attuale, o almeno impedire che assuma proporzioni ancora più catastrofiche, occorre un massiccio intervento pubblico nell'economia. A mio avviso questo dovrebbe soprattutto consistere nell'assunzione di nuovi addetti nella pubblica amministrazione, dell'ordine di 800.000 unità (si veda un precedente intervento di Mattei, Ortona e Scacciati su old.sbilanciamoci.info, citato più sotto; Luciano Gallino sul Manifesto del 29 aprile 2012 suggerisce 1 milione). Questi addetti dovrebbero essere impiegati in lavori non tanto utili quanto necessari (tutela del paesaggio, aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione, assistenza, eccetera). Ciò rilancerebbe l'occupazione, migliorerebbe l'efficienza complessiva del sistema, e creerebbe domanda aggiuntiva. Vale la pena ricordare che i dipendenti pubblici in Italia erano nel 2008 (ultimo dato confrontabile disponibile, fonte BIT) 3.600.000, da paragonarsi con i 5.800.000 del Regno Unito e i 6.000.000 della Francia. Se non si modifica questo dato ogni discorso sull'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione italiana è probabilmente velleitario. A questo scopo è sufficiente una limitata tassazione dei redditi e della ricchezza elevati: altrove si è argomentato che l'assunzione di 800.000 addetti nella pubblica amministrazione potrebbe essere finanziata con una tassazione annua pari al 3.8 per mille della ricchezza mobiliare, oppure all'1% della ricchezza mobiliare dell'1% più ricco della popolazione italiana (si veda a questo proposito il sito http://sbilanciamoci.info/Sezioni/alter/Con-una-tassa-sui-patrimoni-finanziari-800.000-posti-di-lavoro-12637 ).

Ora, questo trasferimento di reddito è reso impossibile dal livello del debito pubblico. Una politica così di sinistra spaventerebbe i mercati, e questo porterebbe all'esplosione dei tassi di interesse, che divorerebbero le nuove entrate fiscali. L'unico effetto sarebbe di trasferire reddito dai soggetti tassati a quelli creditori. Quindi non si può fare.

Ma non si può neanche non fare: la storia ci insegna che non si esce da una crisi della gravità di quella attuale con soluzioni di destra, cioè puntando sul rilancio del mercato e sulla compressione dei salari e basta. L'uscita da destra richiede tipicamente componenti fasciste o militari, che oggi per fortuna sono impraticabili. Quindi non esistono due soluzioni, una migliore (quella di sinistra) e una peggiore (quella di destra). L'alternativa è fra la soluzione di sinistra e la catastrofe. Il destino dell'Italia, se non esce dalla crisi da sinistra, è probabilmente di diventare prima come la Grecia, e poi come l'Argentina, e poi chissà; e nel migliore dei casi, un ristagno lunghissimo, con tutti i costi sociali che ciò comporta.

Quindi non si esce dalla crisi se non si neutralizza il pericolo connesso al debito pubblico, cioè se non si sfugge al ricatto dei saggi di interesse. Il modo più ovvio è il default, ma secondo molti questo avrebbe conseguenze catastrofiche (sono d'accordo con loro, e quindi su questo non mi soffermo). Esiste però una politica più praticabile.

2. Per uscire dalla crisi 2 La politica è la seguente: il debito pubblico viene congelato. Congelato vuol dire che alla scadenza viene rimborsato solo in parte, come ora vedremo; e quanta parte viene stabilito dalla disponibilità di risorse. In pratica:

a) lo stato non rimborsa i crediti alla scadenza, fatto salvo quanto più sotto al paragrafo 3, e al contempo fissa i tassi di interesse come al punto b) qui sotto, indipendentemente dalla durata del titolo di credito e dall'interesse nominale;

b) il debito viene indicizzato all'inflazione, e su di esso si paga l'1% di interesse, oppure il tasso di mercato se esso è inferiore (che possa esserlo è del tutto plausibile: non solo i titoli tedeschi, ma anche quelli italiani hanno oggi un rendimento inferiore al tasso di inflazione). La componente indicizzazione non comporta un aggravio del rapporto debito/PIL, in quanto il PIL nominale cresce dello stesso ammontare dell'inflazione. L'1% deve essere pagato con un attivo primario (se il debito è il 120% del PIL, si dovrà sostenere un attivo primario pari all'1.2% del PIL);

c) il congelamento è a tempo indeterminato, ma non eterno: cesserà quando le manovre correttive avranno riportato l'economia reale in condizioni soddisfacenti.

3. Il rimborso del debito congelato. Contrariamente a quanto può sembrare a prima vista, quanto sopra non implica che il debito in scadenza non venga rimborsato. Viene rimborsato in parte: e precisamente nella parte per la quale vi sono nuovi soggetti disposti a sottoscriverlo a quelle condizioni. Ma perché qualcuno dovrebbe sottoscrivere un debito congelato? Per due motivi. Il primo è che il debito diventa sicurissimo, dato che viene definitivamente escluso il rischio di default; il secondo è che quelle condizioni non sono in realtà molto diverse da quelle attuali, e sono semmai migliori di esse, come abbiamo visto più sopra. Nell'ipotesi che la domanda di nuova sottoscrizione alla scadenza sia inferiore a quella di rimborso, il rimborso stesso potrebbe essere razionato in funzione dello sconto che i creditori sono disposti a concedere, il che consentirebbe tra l'altro una graduale riduzione del debito. Inoltre il mercato secondario continuerebbe ad operare, consentendo di liquidare il debito a chi lo desidera, al prezzo di una perdita presumibilmente piccola.

C'è un'altra considerazione importante. Come è noto, i mercati finanziari sono isterici. Se il congelamento e il piano di sviluppo (più sopra abbiamo suggerito che si basi su tassazione dei patrimoni elevati e aumento massiccio del numero di pubblici dipendenti) vengono presentati in un pacchetto unico, i mercati stessi saranno favorevoli al successo del piano di sviluppo, in quanto esso è l'unica garanzia di un ritorno alla "normalità" (chiamiamola così) dei mercati finanziari stessi: un eventuale fallimento del piano di sviluppo porterebbe a quel punto inevitabilmente al default. In altri termini, una politica keynesiana di rilancio dell'economia non è necessariamente in contrasto con i fondamenti del mercato finanziario internazionale, sopratutto se l'alternativa è il default, come sembra molto probabile.

4. Una precondizione: l'attivo primario. La politica qui suggerita implica che il paese che l'adotta sia in grado di mantenere stabilmente un attivo primario (cioè che il bilancio sia in attivo se si escludono i pagamenti per interessi), dato che non sarebbe in grado di finanziarsi con nuovo debito (in quanto gli interessi richiesti sarebbero presumibilmente altissimi). A prima vista si tratta di una condizione molto forte. In realtà per l'Italia non lo è affatto, per due motivi.

In primo luogo perché l'Italia è stabilmente in attivo primario da molti anni: questo dimostra che esso è sostenibile. Nel 2011 l'Italia ha avuto un attivo primario pari all'1% del PIL; e ha sempre avuto un attivo primario a partire almeno dal 1993, anno in cui comincia la serie da me utilizzata (di fonte Banca d'Italia), tranne che nel 2009 e nel 2010, quando il suo passivo primario è stato pari rispettivamente allo 0.7% e allo 0.1% del PIL. nel 2008 l'attivo primario è stato del 2.5%, un valore abbastanza rappresentativo della serie. L'1.2% ipotizzato più sopra è quindi assolutamente realistico.

Ma il motivo principale per cui la necessità di un attivo primario non limita lo schema qui proposto è che questa condizione deve essere comunque rispettata. L'assenza di attivo primario implica che si deve contrarre nuovo debito per pagare gli interessi di quello vecchio: e con un debito attorno al 120% del PIL ciò vuol dire che il debito esploderebbe pressoché immediatamente.

5. Conclusioni. Il congelamento del debito è naturalmente una misura di emergenza, da assumersi quando il debito non può essere espanso ulteriormente, e ciononostante è necessario espandere la spesa pubblica; il che deve allora necessariamente avvenire mediante un trasferimento di reddito che ancorché limitato non sarebbe apprezzato dai mercati. L'Italia forse non è ancora in queste condizioni, ma certamente non è da escludere che ci si trovi presto. I provvedimenti di Monti non sono sufficienti a evitarlo, semmai il contrario. La monetizzazione del debito travestita da prestiti alle banche da parte della Bce e il rilancio delle esportazioni mediante l'indebolimento dei sindacati sono più che bilanciati da provvedimenti recessivi come l'aumento delle tasse, la riduzione delle spesa pubblica e la perdita di efficienza della pubblica amministrazione dovuta alla riduzione del personale; e forse ancora di più dal clima di incertezza e ansia che la politica del governo sta diffondendo, che certamente riduce di molto la propensione al rischio degli imprenditori.

Può darsi che ciononostante si riesca a tenere bassi i tassi di interesse fino alla fine della crisi; io penso di no, anche perché ci sono troppi fattori esogeni che possono farli esplodere. Per esempio: una guerra da qualche parte; le tensioni sociali; un governo banditesco o incapace (o banditesco e incapace); la speculazione; o anche semplicemente la recessione che il governo ha scelto di assecondare. Comunque, se il debito non esploderà, tanto meglio - purché si riesca a contenere la macelleria sociale in termini accettabili, e forse questo livello è già stato superato. Ma se invece lo farà il default è certamente peggiore del congelamento. Se la Grecia avesse congelato il suo debito quando era in attivo primario (lo è stata dal 1994 al 2002) le cose per lei adesso andrebbero probabilmente molto meglio. E' interessante notare che anche l'Economist (18 febbraio 2012) riconosce che un paese in attivo primario è in grado di sfuggire al ricatto dei mercati, anche se nel caso della Grecia prevede un parziale default piuttosto che un congelamento: "What’s more, from 2013 Greece is supposed to sustain a series of “primary” budget surpluses (i.e., excluding interest payments) so as to cut its debt burden. But once the state has eliminated its primary deficit, it will not need external finance to fund its day-to-day operations. If Greece then refuses to run big surpluses, a second round of debt restructuring would beckon. That would hurt official creditors, as well as the remaining private bondholders".

Quindi sfuggire al ricatto dei mercati è possibile, e non è necessariamente troppo doloroso. Ma se si decide in questo senso bisognerà farlo prima che sia troppo tardi, cioè prima che l'attivo primario venga mangiato dal tentativo di contrastare l'esplosione dei tassi di interesse mediante la recessione. Poi sarà molto più difficile, perché l'espansione del debito sarà necessaria per pagare la spesa corrente.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
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Commenti

Commento agli ulteriori commenti

Rispondo agli ulteriori commenti al mio articolo sul congelamento del debito.

Comito
"Il giorno dopo l'annuncio si scatenerebbe l'inferno in Europa e nel mondo". Bisogna intendersi sul concetto di inferno. La Grecia è già all'inferno, direi. Mi pare che Comito non colga il punto fondamentale, e cioè che il congelamento è una misura di emergenza alternativa al default; se preferisce, a un'altra forma di default, cioè la cancellazione di parte del debito. Penso che questa seconda alternativa sia molto più infernale, e rischia inoltre di essere inefficace, perché la reputazione dei titoli italiani crollerebbe e gli interessi esploderebbero (problema che nel caso del congelamento non si pone).

"non esistono, a mio parere, vie d'uscita "tecniche", attraverso qualche formula miracolistica di ingegneria finanziaria, dalla nostra crisi del debito. Le sole strade della salvezza sono la crescita dell'economia e/o l'inflazione". A parte che l'inflazione è a tutti gli effetti un default, non è una soluzione: perché a meno che non sia altissima e pressoché istantanea, si introdurrebbe una gara fra crescita dei prezzi e crescita degli interessi sui titoli man mano che vengono a scadenza; con effetti moltiplicativi terrificanti. Però il punto fondamentale è che di nuovo Comito non coglie il punto fondamentale. Sono d'accordo che la soluzione strutturale è la crescita dell'economia; ma cosa facciamo se prima che questa avvenga esplodono i tassi di interesse, o se la crescita dell'economia implica NECESSARIAMENTE (come io ritengo) politiche "di sinistra" che il mercato finanziario probabilmente non gradirebbe?

Fubini
Pagamento degli interessi. Qui c'è un'incomprensione; rileggendo il mio testo, mi accorgo che questa incomprensione è dovuta almeno in parte a mancanza di chiarezza da parte mia. Cito dal mio articolo: "il debito viene indicizzato all'inflazione, e su di esso si paga l'1% di interesse". Questa frase forse è un po' oscura, ma vuole dire che non è l'interesse che viene indicizzato, ma il valore dello stock del debito. Supponiamo che inizialmente il pil valga 100 e il debito 120; in base allo schema da me suggerito, si paga un interesse pari a 1.2 (l'1% di 120). Supponiamo ora che l'inflazione sia del 5%. Ceteris paribus il pil nominale passa 105, e il valore del debito passa a 126 (120*1.05). Si paga allora un interesse pari a 1.26, l'1% di 126. Naturalmente l'incidenza dell'interesse sul pil rimane la stessa, l'1.2%. Se il pil reale cresce (per rispondere all'ultima richiesta di chiarimento) la situazione cambia in meglio. Supponiamo di nuovo un'inflazione del 5%, ma questa volta una crescita del pil reale, mettiamo del 3% (magari!). Il pil nominale passa a (circa) 108, il debito passa a 126, come prima, e si pagano come prima 1.26 di interessi, che naturalmente incidono meno sul pil (1.17% invece di 1.2%).

Le conseguenze per i piccoli risparmiatori. Di nuovo, non dimentichiamo che il congelamento è un provvedimento da prendersi in condizioni di emergenza. Se tu fossi una piccola risparmiatrice, preferiresti che il tuo credito mantenga inalterato nel tempo il suo valore e renda l'1% reale all'anno, o che il suo valore venga ridotto drasticamente (come in Grecia o in Argentina) a seguito del default? Ma sopratutto, la politica da me suggerita consente dei margini di tutela dei piccoli risparmiatori. Per esempio:
a) a parziale correzione della proposta, il debito non viene congelato a tempo indeterminato, ma per -poniamo-venticinque anni (fra un quarto di secolo o saremo usciti dalla crisi, oppure saremo in condizioni tali che non avrà più neppure senso parlare di debito). I titoli italiani diventano allora dei titoli a lungo termine sicuri (non c'è rischio di esplosione dei tassi di interesse e quindi di default), indicizzati e che rendono l'1% reale. Non c'è motivo che non abbiano un mercato secondario. (A mio avviso l'avrebbero anche senza il limite dei venticinque anni, ma in effetti ci sarebbe probabilmente meno domanda).
b) nulla impedisce che lo stato impegni un'altra parte di attivo primario per rimborsare il debito, cominciando dai piccoli risparmiatori.

Verità e democrazia.
Come spiego nell'articolo, l'attivo primario è condizione necessaria per il congelamento del debito. Ma tale condizione deve essere comunque rispettata, perché se non lo è vuol dire che si contraggono debiti per pagare i debiti; i tassi di interesse esploderebbero, e si arriverebbe rapidamente al default (che a mio avviso è peggio del congelamento). Comunque l'Italia è stata sempre in attivo primario negli ultimi vent'anni, tranne che nel 2009 e nel 2010, quando peraltro ha avuto un passivo primario molto piccolo (0.7% e 0.1% del pil). Confesso che i suoi calcoli non mi sono chiari; spero però che la risposta a Lia Fubini chiarisca anche i suoi dubbi.
Sono molto d'accordo sulle sue considerazioni più generali. L'uscita dalla crisi implica scelte politiche che fino a poco tempo sarebbero sembrate astruse, come per esempio fare pagare le tasse ai ricchi. Implica insomma una politica di sinistra, realistica ma anche reale. Se decidiamo che "non si può", è inutile parlare di uscita dalla crisi.


Bellavita
Anche Bellavita commette un errore logico, e cioè supporre che le cose non si possono fare perché è impossibile farle bene. L'assunzione di 800.000 (secondo me) o di 1.000.000 di lavoratori (secondo Gallino) deve appunto essere fatta bene. Per esempio, sia io che successivamente Gallino abbiamo proposto che l'assunzione sia fatta da un ente di stato e non dai comuni, per evitare lo scambio politico a livello locale. Sul licenziamento non ho obiezioni di principio, purché di nuovo le cose siano fatte bene, e quindi non come nel settore privato. I numeri sono di fonte standardizzata BIT: se non ti convincono (ti do del tu perché penso proprio che ci conosciamo!) rivolgiti a loro. Infine, l'assunzione di pubblici dipendenti servirebbe non tanto a rilanciare la domanda, quanto a ridurre la disoccupazione (e scusa se è poco) e a migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione. Pensa come funzionerebbero meglio le cose a Torino se ci fossero 1000 insegnanti in più, 1000 vigili urbani in più (con un notevole risparmio di vite umane a seguito di incidenti), 1000 infermieri in più, e sopratutto 1000 ispettori del lavoro in più!

default e vie d'uscita

vorei ribadire molto sinteticamente due concetti: 1) congelare il debito è una forma di default (evento che per i contratti finanziari si può definire semplicemente come il venir meno unilateralmente e letteralmente da parte di uno dei contraenti a qualcuno degli impegni sottoscritti). Il giorno dopo l'annuncio si scatenerebbe l'inferno in Europa e nel mondo; 2) non esistono, a mio parere, vie d'uscita "tecniche", attraverso qualche formula miracolistica di ingegneria finanziaria, dalla nostra crisi del debito. Le sole strade della salvezza sono la crescita dell'economia e/o l'inflazione, oppure un miracolo ( ossia che l'Europa si decida a venire in nostro soccorso; al contrario del prof. M. D'Antonio, io spero ancora flebilmente che il miracolo accada).

Come pagare gli interessi?

Nella proposta si parla di un interesse reale dell'1% sui titoli del debito pubblico. Questo significa che al tasso di inflazione italiano (3%) si dovrebbe corrispondere un interesse nominale di circa il 4% non sostenibile se si intende pagare gli interessi col solo attivo primario e certamente più elevato di quello delle recenti aste di buoni del tesoro. Oppure - si dice- si dovrebbe corrispondere il tasso di interesse di mercato, che è esattamente quel che si fa in condizioni normali e che si sta facendo ora utilizzando non solo l'attivo primario (che non è sufficiente) ma anche ricorrendo a nuove emissioni. Non mi è chiaro quindi come questa misura potrebbe migliorare la situazione del debito pubblico. O, forse, si intende dire che si taglia il tasso di interesse sui titoli sottoscritti in passato che avevano un rendimento più elevato di quello attuale? Anche in questo caso non credo che si risolverebbe il problema del debito pubblico, sarebbe solo un risparmio minimo.
Se invece, come mi pare, la proposta implica l'utilizzo del solo avanzo primario per pagare gli interessi, allora il rendimento dei titoli del debito pubblico scenderebbe drasticamente e diventerebbe impossibile trovare nuovi sottoscrittori, dato che il mercato offre opportunità più vantaggiose e certamente non meno sicure, inclusi i titoli di stato tedeschi, che pure hanno rendimenti estremamente bassi. E in assenza di nuovi sottoscrittori, in base alla proposta, non ci sarebbe rimborso del debito pregresso, cioè si avrebbe una situazione di default con conseguenze tragiche per i piccoli risparmiatori e problemi serissimi e forse imprevedibili per il sistema bancario italiano e internazionale.
Un'altra richiesta di chiarimento. Cosa significa che il PIL nominale cresce dello stesso ammontare dell'inflazione? Si ipotizza una crescita nulla del PIL reale? Perchè? E come è possibile che la componente di indicizzazione non comporti un aggravio sul rapporto debito/PIL? Si tenga conto che oggi il tasso di interesse sui titoli del debito pubblico è inferiore al tasso di inflazione.

Ulteriori commenti

Mi permetto alcuni ulteriori commenti:
1. l'unica cosa irresponsabile mi sembra lasciare il nostro Paese in balia dei mercati e della speculazione avendo come prospettiva il default o lo smantellamento dello Stato sociale o tutte e due le cose insieme;
2. se desta così tanto scandalo tra i lettori di un sito come sbilanciamoci parlare di assunzioni nel settore pubblico significa che l'ideologia liberista e capitalista ha ormai rotto ogni argine. Mi chiedo se desterebbe altrettanto scandalo parlare di reddito di cittadinanza e di un grande piano di piccole opere pubbliche come proposto da Gallino e Viale.
Detto questo chiedo scusa all'autore ma a me i conti continuano a non tornare. Reiterando l'esempio della famiglia: 1000 euro di reddito, 1200 euro di debito, con l'avanzo primario dell'1,2 per cento del debito significa che spende 985,6 euro e sommando la spesa di 50 euro per interessi deve ulteriormente finanziarsi con le banche per colmare l'eccedenza di spesa. Ottenendo gli interessi all'1 per cento anziché al 5 per cento pagherebbe solo dieci euro e dunque rientrerebbe nei mille euro di reddito. Ne deduco dunque che ci sono contemporaneamente due condizioni (o due obiettivi se si preferisce) indispensabili: congelamento del debito e pareggio di bilancio. E se quell'uno per cento fosse possibile ottenerlo anche attraverso gli eurobond e/o un diverso ruolo della BCE da trasformare in prestatore di ultima istanza?

bene ripristinare la rendita, non capisco i numeri dei pubblici dipendenti

"congelamento del debito" ha un tono minaccioso: parliamo di "ripristinare la rendita" che era il debito pubblico fino alla prima guerra mondiale, che si scambiava in borsa e quindi non era per niente congelato. Invogliamo a trasformare i titoli a scadenza con un aggancio premiante all'inflazione. L'importante è dare l'idea che non si stia andando a picco col deficit pubblico. Sotto questo profilo, non metterei nello stesso testo l'assunzione di 800.000 dipendenti pubblici, da mettere a disposizione del sindacato per quotidiani cortei (insieme ai pensionati, sono gli unici che ci vanno). Ho i miei dubbi che il totale dei dipendenti dello stato delle 4 o 5 polizie, dell'esercito, degli enti locali, della sanità sia solo 3.600.000. Poi un'ondata di assunzioni ricorda maledettamete la Grecia. O il comune di Napoli che ha duemila addetti alla differenziata che quasi non si raccolglie, e che forse hanno imparato la regola prima del pubblico dipendente: il salarioè un diritto, il lavoro si paga a parte.
infine, se non altro per rispetto di chi pubblico dipendente non è, nessuna assunzione se non c'è la possibilità concreta di licenziare. Esageruma nen, si dice a Torino

Commento ai commenti

Il mio intervento sul congelamento del debito ha suscitato parecchi interventi, e questa è certamente una buona cosa: più si discute meglio è. Ritengo utile da parte mia un commento ai commenti. Toccherò quattro punti, in ordine crescente di importanza.
1. La domanda di "Verità e democrazia": come si pagano gli interessi se il debito è congelato. Risposta: come spiegato nell'articolo, mediante l'attivo primario. Se l'interesse reale è dell'1% e il debito è pari al 120% del pil occorre un attivo primario pari all'1.2% del pil, circa la metà di quello storicamente sostenuto dall'Italia.
2. Sono d'accordo con Vincenzo che la proposta da me avanzata andrebbe gestita con molta attenzione. Ma questo vale per qualsiasi proposta di uscita da una crisi della gravità di quella attuale. Se decidiamo che non si possono tassare i proprietari italiani di capitale all'estero, che non si può combattere l'evasione fiscale, che non si possono fare lavorare gli statali pigri, eccetera, se in una parola riteniamo che bisogna uscire dalla crisi senza nessun cambiamento sostanziale, allora l'unica soluzione (non molto utile) è sperare in un miracolo.
3. Il dibattito è una buona cosa; ma sopratutto in tempi difficili è facile cadere nella tentazione di usare un dibattito per sfogarsi, anziché per partecipare. E' una tentazione in cui sarebbe bene non cadere. Non risponderò quindi alle osservazioni insultanti ("proposta irresponsabile"), a meno che non vengano argomentate in modo più urbano.
4. Infine, mi pare che le obiezioni per così dire sbaglino mira. Una barzelletta, giustamente famosa, racconta di un gruppo di naufraghi ampiamente provvisti di cibo conservato ma privi di uno strumento atto ad aprire le confezioni; i quali vengono salvati da un economista che suppone di avere un apriscatole. Mi pare che alcuni commentatori propongano una soluzione altrettanto valida, e cioè supporre di non essere naufragati. La domanda che mi sono posta, e a cui ho cercato di rispondere, non è "bisogna congelare il debito o no", ma "cosa bisogna fare se la strategia di uscita dalla crisi implica delle politiche cui il mercato finanziario reagirebbe con l'esplosione dei tassi di interesse". Io ho suggerito il congelamento del debito; chi non è d'accordo dovrebbe o suggerire un altro modo di neutralizzare il mercato finanziario oppure proporre strategie di uscita che per loro natura siano ben viste dal mercato finanziario. Sarei sinceramente contento di leggere proposte di questo genere. Nei commenti al mio articolo però non ne ho trovate. Supporre che il naufragio non si verifichi, che cioè la ribellione del mercato finanziario non possa verificarsi, denota un ottimismo che non mi sento di condividere.
Queste ultime considerazioni credo che siano valide anche per l'articolo di Vincenzo Comito; che però è molto ricco di spunti molto interessanti e in buona (ma non totale) parte molto condivisibili, e stimola quindi un intervento più ampio, più articolato, e anche più impegnativo da scrivere. Se gli amici di Sbilanciamoci vorranno ospitarmi su di esso tornerò quindi diffusamente più avanti.

congelamento debito

Le proposte mi sembrano due: assumiamo 800.000 dipendenti finanziati con una maggiore tassazione mobiliare; congeliamo il debito. Non capisco la connessione. Sulla prima non concordo (semmai, rilanciamo gli investimenti pubblici, non la spesa corrente). La seconda ha senso e non mi sembra né di destra, né di centro, né di sinistra, ma necessaria. Solo, va gestita con molta competenza e attenzione

Una proposta di destra

La proposta di Ortona è una strada per lo più seguita da governi di destra, incluso il fascismo nostrano. Quindi si eviti di chiamarla un'uscita da sinistra: come ben argomenta Vincenzo Comito, penalizzerebbe piccoli risparmiatori che si troverebbero in serissime difficoltà. L'esperienza del default parziale di Mussolini nel 1926 mostra che il congelamento non rende affatto sicurissimi i titoli del debito pubblico, tant'è che nel 1934 Mussolini dovette ricorrere a un ulteriore default.
Forse non guasterebbe considerare le esperienze di altri paesi prima di scrivere un articolo irresponsabile come questo.
A Salvatore Salzano, che la ritiene una proposta responsabile, faccio notare che l'avanzo primario in Italia non è, come nel suo esempio del 20% (magari! non ci troveremmo in questa situazione), ma intorno all'1%. Il paragone con il bilancio di una famiglia è azzardato: volendo riprenderlo, faccio notare che basta una spesa imprevista per mandare sul lastrico la famiglia del suo esempio. .

la parola economia del capitale

La risposta l'ha data M. D'Eramo sul Manifesto del 26-05-2012.
Forse , oggi, non è già piu' sufficiente, anche se obbligatoriamente necessaria.
Inoltre, l'economia del capitale è specifica , storica, la democrazia economica, l'economia dei beni comuni, la socializzazione sono e devono essere altre istanze altre dimensioni, altra realtà.
Essere schiavi della privatizzazione e mercificazione di tutto ha portato alla crisi e in prospettiva alla catastrofe e quindi alla barbarie.
Non è cambiato niente da 170 anni ad oggi..o socialismo o barbarie.

Uscire dalla crisi da sinistra

Sono d'accordo col congelamento del debito, aggiungo la contemporaneità della convocazione di un'assemblea costituente a cui non possano accedere coloro che abbiano già espletato due mandati . Lì andrebbero fissati paletti fermi rafforzando ad es. la prescrizione dell'articolo 47 dell'attuale Costituzione - personalmente salverei tutta la prima parte che è ancora modernissima - impedendo che soggetti privati con fini di lucro ( le banche ) possano trovarsi investiti di una funzione pubblica ( tutela del risparmio ) con evidenti conflitti di interesse

I conti con l'oste

1) Sulle assunzioni di statali.. Non bastano i forestali calabresi? Ne assumiamo altri per far riprendere la macchina degli acchiappavoto dei partiti?
2) Conseguenza del primo, anche se assunzioni fossero l'uovo di colombo, con quale classe dirigente la si fa (sia politica che imprenditoriale e mas mediatica)
3) Per tassare con la patrimoniale bisogna prima che qualcuno denunci il patrimonio, che non faccia elusione od evasione. Ovvero che non intesti a società estere o ad onlus il patrimonio... Anche sulla "perequazione" siamo in alto mare.
4) Siamo una società basata sulle corporazioni, o dove esse la fanno da padrone (anche la mafia è strutturata in una corporazione), partiti, sindacati, associazione di categoria, e di mestiere, più le varie e numeroso massonerie laiche e cattoliche. Che sono riemerse in modo prepotente dalla fine della grande industria, dove ognuno ha la propria idea di "ripresa" e se ci sono 2 euri disponibili 4 sono già nei loro portafogli.

Se tutto questo è vero (anche solo in parte), questi numerosi economisti con le loro brave soluzioni di quale paese parlano?
Fanno finta di non vedere? Ci prendo per i fondelli o sono in buona fede?
Dopo il fantacalcio adesso c'è la fanta economia?

Sia come sia siamo messi male!

Proposta responsabile

Io la trovo una proposta REsponsabile.
Molto probabilmente è stata letta in modo frettoloso in quanto da nessuna parte si parla di ripudio del debito, ma di congelamento.
Comunque, per chi non la avesse capita, provo a tradurla in un "linguaggio da Bar", facendo un esempio plausibile.

Immaginate una famiglia che guadagna 1200 euro al mese, per vivere gli basterebbero 1000 euro al mese (avanzo primario di 200 euro al mese), ma purtroppo ha un mutuo da 400 euro al mese (di cui 50 per interessi e il resto per capitale) e quindi è costretta a vivere con solo 800 euro al mese, non riesce a pagare il debito e per non perdere la casa continua a chiedere prestiti, e le banche, non fidandosi di quella famiglia, mese dopo mese gli concedono prestiti sempre incerti e spesso a tassi anche un po' più alti (essere in balia dei mercati finanziari).

In questo modo la famiglia prima o poi risulterà insolvente, perderanno la casa e da li inizieranno una serie di eventi dai quali non usciranno più.

Tuttavia in quella famiglia c'è un figlio in gamba, appena diplomato, che potrebbe andare all'università, diventare ingegnere e trovare sicuramente lavoro. Però quella famiglia non ha le risorse per farcela a mandare il figlio all'università (investimenti per la crescita).

Ad un certo punto il padre va dalla banca presso cui ha il mutuo e gli dice: datemi 5 anni di sospensione del mutuo (congelamento del debito), nel frattempo vi garantisco che pagherò la sola quota interessi, e poi, fra 5 anni, ricomincio a pagare le rate normalmente perchè mio figlio si sarà laureato e troverà un lavoro e ci aiuterà.
Questo discorso non fa una grinza: la famiglia ha un avanzo di 200 euro al mese, continua a pagare 50 euro al mese come interessi alla banca, con i 150 che rimangono riesce a pagare la retta all'università e fa laureare il figlio

Questa è in sintesi la proposta di congelamento del debito, e come si vede non è una proposta irresponsabile, ma qualcosa che quasi quotidianamente negozi, piccole imprese , altri agenti economici sul mercato fanno per superare momenti di crisi, e non sono dei pazzi rivoluzionari, ma semplicemente operatori economici che usano il buon senso, perchè, come diceva mio nonno, non serve a nulla frustare il cavallo quando no ce la fa a tirare il carretto, lo amazzi solamente....... meglio farlo riposare e poi ripartire.

Proposta irresponsabile

Io penso che sia molto grave anche solo sollevare una proposta così velleitaria e quindi irresponsabile in un momento delicatissimo per il Paese, che sta muovendosi su un crinale strettissimo. Il prezzo di un ripudio del debito lo pagherebbero in primis le classi più deboli, per effetto del crollo del sistema finanziario e quindi anche di quello produttivo. Spero solo che l'articolo passi inosservato, per la salvaguardia della reputazione della rivista on line che l'ha ospitato. Cordialmente. PR

la rivoluzione di maggio come la rivoluzione d'ottobre

sono d'accordo ! ma in quanti siamo per attivare la rivoluzioe d'ottobre e dove è un Lenin? Puo darsi che comunque le condizioni si creeranno nel prosieguo,la crisi da bolla per debito sovrano (che pende sugl USA,non dimentichiamolo) è appena ai primi sintomi

Una richiesta di chiarimento

C'è una cosa che non mi è chiara: dando per scontata la condizione necessaria dell'avanzo primario, come si finanzia la spesa per interessi senza ricorrere a nuovo debito? Oppure l'ulteriore condizione necessaria è il pareggio di bilancio?