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Nel 2008 più tasse (ma non) per tutti

04/02/2009

L’uscita del primo Bollettino economico di Bankitalia ha di nuovo fatto innervosire Tremonti, ma poco dopo le stesse previsioni sono state ribadite da Bruxelles: –2% del Pil e 3,8% di disavanzo nel 2009. Il Bollettino riporta anche la tabella riassuntiva della manovra economica del governo, dalla quale risulta che tra variazioni di spesa e di entrata il saldo stimato sul disavanzo sia nullo (per la precisione vi è una riduzione del deficit di 29 milioni). La sensazione che il nostro governo resti immobile è molto diffusa, non solo tra gli imprenditori ma anche tra politici del centro destra, i quali vedono che perfino la Germania, dopo aver accusato Gordon Brown di veterokeynesismo, sta allargando i cordoni della borsa.

 

 

 

Come spiegare questo comportamento? Tremonti preferisce fare dei discorsi vaghi sulle virtù del lavoro e del risparmio, e sulla virtuosità di chi non fa debiti, riecheggiando la Merkel di prima della cura, ma è probabile che abbia una doppia paura, e cioè paura di uno spread che si allarga rispetto ai titoli tedeschi (ed anche francesi), ma soprattutto paura che venga a mancare la domanda di titoli stessa, cioè paura di non collocare l’ammontare di oltre 300 miliardi (la maggior parte, ovviamente, sono rinnovi di titoli in scadenza quest’anno).

 

 

 

Il Bollettino contiene però altre notizie interessanti, che è difficile tacciare di astrologia, visto che l’anno è alle nostre spalle. Ebbene, nel complesso le entrate del 2008 sono aumentate del (solo) 1,4%, cioè meno della crescita del Pil nominale (essendo l’inflazione media stata del 3,3%). A tenere su le entrate sono state le ritenute effettuate dai sostituti d’imposta sui lavoratori dipendenti e sui pensionati, ritenute che sono cresciute del 7,7%. Tremonti dovrebbe quindi rivolgere un ringraziamento pubblico ai lavoratori dipendenti e pensionati; le ritenute sono aumentate di 8,4 miliardi contro una diminuzione di 2,7 miliardi delle altre imposte.

 

 

 

Il Bollettino ci informa anche che le remunerazioni dei lavoratori sono cresciute nel 2008 del 4,8% (in termini nominale, ovviamente) per via di numerosi rinnovi contrattuali; le ritenute sono quindi cresciute in modo nettamente più rapido. La ragione risiede in una vecchia conoscenza: il fiscal drag, cioè il fenomeno per cui se il reddito aumenta in termini nominali la progressività dell’imposta fa aumentare l’incidenza (anche se in termini reali non vi è stato nessun aumento). Il fenomeno è molto forte sui redditi bassi e medi; per fare un esempio si veda la tabella, riferita ad un lavoratore dipendente con coniuge e un figlio a carico:

 

 

 

 

 

 

 

Reddito

 

Incidenza media

 

Elasticità dell’imposta

 

15.000

 

5%

 

6,1

 

25.000

 

15,5%

 

2

 

35.000

 

22,2%

 

1,4

 

 

 

Il lavoratore a reddito più basso ha una bassa incidenza (in valore assoluto l’imposta è 750) ma se il reddito gli aumenta di un punto percentuale, l’imposta aumenta di sei punti percentuali. Il fenomeno si attenua, come si vede, al crescere del reddito.

 

 

 

Una stima di prima approssimazione ci dice che il fiscal drag ha portato via un po’ più di tre miliardi. Una legge del 1991 stabiliva che se l’inflazione superava il 2% si doveva dare luogo a provvedimenti di restituzione del fiscal drag. L’interpretazione della “restituzione” è stata però piuttosto elastica, ma non al punto di poter dire che i vari provvedimenti per le famiglie (3,8 miliardi) “sono” la restituzione del fiscal drag. In realtà per i lavoratori i provvedimenti prevedono 200 milioni di ammortizzatori sociali, finanziati però da minori 100 milioni si spese per formazione professionali.

 

 

 

Tuttavia il ministro Sacconi obietterebbe che a favore dei lavoratori (ovviamente di quelli che non perdono il posto) vi sono i provvedimenti di incentivazione fiscale alla produttività. Tra questi ci sarebbe anche l’agevolazione agli straordinari; sembrava infatti che il governo avesse rinunziato a proseguire la misura varata nella seconda metà del 2008, anche perché nel frattempo era uscito fuori il discorso della riduzione delle ore di lavoro a salvaguardia dell’occupazione; come dire: da lavorare di più a lavorare meno. Invece pare che gli straordinari rientrino nelle agevolazioni fiscali per i premi di produttività, se lo straordinario porta ad un aumento di produttività. Il mistero si fa fitto: lo straordinario porta necessariamente ad un aumento della produttività pro-capite, ma non ad un aumento della produttività per ora lavorata. A quale produttività pensa Sacconi?

 

 

 

Un osservatore malizioso potrebbe concludere che il governo cammina a zig zag senza una bussola precisa. Nel frattempo il FMI annunzia per l’Italia tre anni complessivi di recessione.