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Una mediazione di alto profilo

03/06/2013

Un'analisi dell'accordo sulla rappresentanza sindacale siglato la settimana scorsa tra sindacati confederali e Confindustria. Una sintesi tra le due anime del nostro sindacalismo, quella generalista e quella associativa

È stato raggiunto un accordo, subito definito di portata storica, in materia di rappresentanza sindacale. Per quanto possa sembrare enfatica, questa valutazione deve essere condivisa. Il nodo dell’accertamento della rappresentanza effettiva dei sindacati data ormai dalla stesura della Costituzione, e dalla presenza di una formulazione – quella dell’art.39 – che al di là delle migliori intenzioni dei costituenti, invece di facilitare, ha reso più complicato trovare una soluzione pratica accettabile. Inoltre la scissione del 1948 ha spinto per una lunga fase i sindacati a coltivare la reciproca diffidenza : tradizionalmente spingeva per una regolazione la Cgil, che pensava di avere da guadagnare il riconoscimento dello status di primo sindacato e simmetricamente erano portate a frenare per ragioni speculari le altre due maggiori Confederazioni .

Detto della rilevanza di lungo periodo di una intesa su questa materia le questioni da affrontare diventano di due tipi.

La prima riguarda i contenuti più significativi, con lo scopo di saggiare se essi siano da considerare come una sistemazione non solo condivisibile (a larghe maglie) e dotata di attendibile stabilità, ma anche concretamente realizzabile.

La seconda consiste nel tentare di dare una risposta all’interrogativo: perché proprio ora? come mai questo precipitato, atteso a lungo, si è materializzato in questa fase, caratterizzata da un quadro politico incerto ed in continua fibrillazione e da parti sociali estenuate dalla lunga crisi economica? (in realtà la formulazione di questo quesito già contiene in certa misura la risposta).

Venendo al primo aspetto l’intesa dà seguito, fissando con chiarezza le regole e soprattutto gli aspetti attuativi, all’Accordo interconfederale del giugno 2011 (http://www.cgil.it/contrattazione/INTERCONFEDERALI/accordo-interconfederale-fra-confindustria-e-cgil-cisl-uil-del-28-giugno-2011.pdf) che aveva già impostato lo scioglimento dei principali nodi. Gli aspetti di fondo non sono sorprendenti e sono già acquisiti. La misurazione della rappresentatività avviene attraverso la doppia gamba degli iscritti e dei voti. La soglia d’accesso alla contrattazione è del 5%, e quella per la validità dei contratti al 50% più 1. Sono criteri già adottati con successo nel settore pubblico. Ma vi sono anche delle novità che arricchiscono il quadro, accanto alla rilevazione delle deleghe che si basa sul supporto dell’Inps, e alla certificazione dei dati (la classifica di rappresentatività), che viene demandato al Cnel (ma sarà in grado di svolgere bene questo compito?). La più importante è sintetizzabile nell’approvazione degli accordi – sia per quanto riguarda la preparazione delle piattaforme che la validazione delle intese - da parte dei lavoratori mediante ‘voto certificato’, le cui procedure verranno definite dalle singole categorie contrattuali. Non era scontato il rafforzamento di clausole di democrazia partecipativa (che coinvolgono l’insieme dei lavoratori, anche non iscritti), perché le resistenze a questo riguardo sono state molte in passato. Ma la soluzione scelta sembra muoversi in direzione dell’istituzionalizzazione della verifica del consenso tra tutti gli interessati: non necessariamente attraverso referendum, come lascia intendere la formula più ampia che viene adottata.

Inoltre si configura uno scambio importante tra accettazione degli accordi a maggioranza (certificata) e superamento delle discriminazioni verso i sindacati dissidenti. In altri termini l’accettazione delle regole del gioco si traduce in rinuncia a contestare i contratti che vengano sottoscritti , nel rispetto del criterio maggioritario, anche solo da una parte dei sindacati. Nel contempo questo consente di estendere a tutti i sindacati rappresentativi il riconoscimento della cittadinanza nei luoghi di lavoro (diversamente da quanto accaduto in Fiat nei riguardi della Fiom). Non è chiaro però se le parti firmatarie saranno in grado di evitare le eccezioni rispetto a questo percorso, come quelle messe in campo dalla Fiat contro la Fiom. In questo caso la situazione resta indeterminata, sia perché l’azienda torinese è uscita da Confindustria, e quindi non è tenuta ad applicare le intese sottoscritte da questa, sia perché rimane in piedi l’unica infelice norma di legge al riguardo: l’art.19 dello Statuto che consente di aggirare la verifica della rappresentatività e quindi getta le basi per escludere dall’esercizio dei diritti sindacali le organizzazioni che non hanno firmato i contratti.

Importante è anche la validità generale per così dire de facto, che viene attribuita ai contratti firmati in base a queste regole. Le parti hanno preferito non sfidare le strettoie, condensate dalle interpretazioni dell’art.39 Cost., spingendosi fino alla soglia della validità per legge. Ma hanno preso un importante impegno politico a rispettare i contratti validati con questa procedura, promettendo di garantirne in via di prassi l‘applicazione generalizzata .

Ma veniamo all’interrogativo generale, provando a dare qualche chiave di lettura: perché ora?

Dobbiamo considerare questo testo come un compromesso di livello avanzato. Su questa materia per procedere sono inevitabilmente necessarie delle mediazioni. Ma le mediazioni possono essere mediocri o buone. In questo caso dobbiamo ritenere che la mediazione raggiunta sia stata di alto profilo, perché ha configurato una sintesi tra le due anime del nostro sindacalismo – quella generalista e quella associativa – tale da assumerle e valorizzarle pienamente entrambe. Infatti, diversamente da quanto accade generalmente nelle altre esperienze sindacali, troviamo qui contemporaneamente il ricorso al metro degli iscritti ( messo sullo stesso piano di quello elettorale), e l’ambizione di potersi rivolgere nei processi decisionali importanti all’insieme dei lavoratori chiamati in causa.

Come è stato possibile?

Credo che sulla scelta , sostanzialmente innovativa, degli attori abbia pesato l’incertezza politica e la gravità occupazionale della crisi inducendoli a privilegiare le ragioni di una cooperazione equilibrata, che aiutasse a mettere tra parentesi inutili contenziosi.

Ma anche una cooperazione improntata più nettamente che in passato alla legittimazione democratica delle scelte operate dalle organizzazioni sociali. Si tratta dunque di una risposta non timida e nella direzione corretta a quei fenomeni di contestazione della legittimità dei soggetti di rappresentanza (in sintesi il grillismo), che finora aveva investito la sfera politica, ma che avrebbe potuto non risparmiare alla lunga la sfera sociale e i gruppi intermedi. Questa minaccia ha dato una scossa alle parti, che troppo a lungo avevano dilazionato una intesa importante, inducendole a rafforzare le certezze del sistema di relazioni industriali ma anche a consolidarne la basi democratiche.

Possiamo ritenere che i meriti vadano equamente condivisi. Le imprese hanno superato resistenze e perplessità pur di non poco conto. E certo si può ipotizzare che abbia pesato accanto alla tradizionale enfatizzazione che viene dalla Cgil delle variabili di democrazia sindacale, anche una inedita disponibilità di Cisl e Uil. In particolare, dopo le sue recenti innovazioni nell’organizzazione interna, la Cisl appare intenzionata a dare una interpretazione di movimento della sua tradizionale visione associativa, e a muoversi senza reticenze nella ricerca di consenso in tutti gli strati dell’universo lavorativo (e non finalizzati alla sola iscrizione). Se fosse così da questa rafforzata competizione democratica potrebbero trarre vantaggio tutte e tre le Confederazioni.

Resta ancora aperto il nodo di una traslazione legislativa. In realtà il vulnus dell’art.19 può essere risolto solo attraverso il suo superamento mediante una diversa previsione che colleghi la rappresentatività alla verifica del peso dei sindacati. Dobbiamo dire che senza questo passaggio non sarà ancora possibile pervenire alla effettiva generalizzazione dei comportamenti virtuosi.

 

Qui il testo dell'accordo http://www.fiom.cgil.it/ccnl/industria/13_05_13-AccordoRappresentanza.pdf

 

 

 

 

 

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Commenti

Una mediazione di alto profilo

E' interessante l'articolo di Mimmo Corrieri, anche se in esso non vengono mai citati i sndacati di base, che pure sono una realtà presente in alcuni luoghi di lavoro. L'accordo firmato non sembra essere un possibile terreno di compromesso anche per questi, almeno a leggere i loro giudizi e anche quello della Rete28Aprile, area programmatica interna alla CGIL. Mi sembra che queste forze sindacali pongano un problema di democrazia generale, di rispetto del diritto di sciopero e del diritto di avere una rappresentanza anche se non si condividono gli accordi confederali e nazionali che governano il sistema di relazioni industriali.
L'autore ritiene queste obiezioni fondate ? E, comunque, cosa ne pensa ?