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Sbilanciamoci e la sinistra pensante

29/05/2013

Dibattito/1. Una lettura critica del libro "Sbilanciamo l'economia. Una via d'uscita dalla crisi" di Giulio Marcon e Mario Pianta.
Molti suggerimenti sono utili, gran parte delle critiche condivisibili, ma l'estrema sinistra pensante non pensa abbastanza a fondo agli effetti imprevisti, ma prevedibili e non di rado perversi, delle politiche che suggerisce

Nelle prossime righe eviterò commenti sull’attuale situazione politica ed economica italiana, che, se il duo Letta-Napolitano non troverà le forze per un colpo di reni, si trascinerà tra una micro-crisi e l’altra fino a quando non verrà abborracciata – se mai accadrà – una legge elettorale, e il Parlamento potrà essere nuovamente sciolto.

Vorrei invece prendere in considerazione un breve ma denso libretto che ho letto nel fine settimana (Giulio Marcon e Mario Pianta, Sbilanciamo l’economia. Una via d’uscita dalla crisi , Laterza, 2013): un’ottima rassegna su che cosa pensa l’estrema sinistra pensante, riprendendo il termine dal titolo di un bel testo di Salvatore Biasco. Le cinquanta pagine iniziali, che costituiscono il primo capitolo, contengono un’analisi della crisi mondiale ed europea che in buona misura condivido: Mario Pianta è un economista competente, e in questo caso ha il vantaggio di giudicare la situazione col senno di poi, col benefit of hindsight, direbbero gli inglesi.

Il resto del libro riguarda anzitutto le proposte per contrastare la crisi nel caso in Italia riuscisse a prevalere un governo di estrema sinistra (secondo capitolo, Sette strade per uscire dalla crisi), e descrive soprattutto i modi per costruire il “blocco sociale post-liberista” – così è definito – che potrebbe sostenere quel governo (terzo capitolo, La politica che ci vorrebbe, probabilmente scritto da Giulio Marcon, il coordinatore del movimento “Sbilanciamoci”). Dopo una premessa critica su ciò che passa oggi per democrazia, questa seconda parte del libro è un lungo, dettagliato e appassionato resoconto sulla democrazia dal basso nel nostro Paese e sui movimenti riguardanti temi di politica e di economia che combattono il pensiero neoliberista prevalente, da quello per l’acqua pubblica ai no-Tav. Anche in queste pagine alcune proposte e analisi sono condivisibili da chi ha una visione diversa di quella che dovrebbe essere la politica idonea al nostro paese: lo sforzo di documentazione degli autori è notevole (anche se in prevalenza limitato a una letteratura radicale), e da parte mia confesso una spontanea simpatia per chi cerca di sfondare il muro delle opinioni dominanti alla luce dei valori di democrazia, solidarietà ed eguaglianza presi sul serio. Detto questo, purtroppo, alcune cose non tornano, e sono relative a questioni importanti. Mi limito qui a segnalare le due che si scontrano con molte delle proposte di riforma avanzate da Pianta e Marcon, e dai movimenti che loro stessi appoggiano.

La prima riguarda le possibilità di azione del governo italiano nei confronti di una crisi che è di origine internazionale ed europea. Come sappiamo, il nostro governo ha poca "capacità di movimento" in Europa, e ancor meno a livello internazionale, attraverso le armi della politica estera: strumenti, questi, che si rivelano infatti poco efficaci per un paese, come il nostro, dallo scarso peso politico e che oltretutto non hanno alcuna utilità nei confronti dei mercati. Ciò significa che dobbiamo tener conto delle ripercussioni in campo economico e, in Europa, delle nostre scelte politiche e delle policies che ne conseguono: è come se la nostra democrazia avesse due constituencies, una nazionale e una internazionale, e di ciò è inutile lamentarsi. Se domani riuscissimo a costruire un’Europa federale, crediamo forse che la situazione sarebbe più favorevole ai nostri ideali di maggior benessere e di democrazia partecipata? Che gli elettori degli altri paesi ci lascerebbero sostenere senza obiettare maggiori spese di welfare senza copertura finanziaria nazionale?

Per fortuna i nostri due autori, pur consapevoli che le regole dell’euro ci fanno vivere in una situazione di asfissia, non arrivano a sostenere la strategia catastrofica del default sul nostro debito pubblico. Catastrofe sempre possibile, anche se non siamo intenzionati a produrla. Se però è così, allora l’attenzione al rigore di bilancio è necessaria e questa è piuttosto scarsa in Sbilanciamo l’economia, come lo stesso titolo fa capire. Col senno di poi, anch’io mi sono convinto che l’adesione alla moneta unica, nella speranza che questa servisse a forzare un’unione politica, è stata una scelta sbagliata: ma quali sono, oggi, le vie d’uscita meno traumatiche per il nostro paese e per i suoi ceti più bisognosi? Dire che l’assenza di analisi su questo tema centrale mi ha sorpreso è un eufemismo che rasenta l’ipocrisia.

Ma c’è un'altra questione la cui scarsa considerazione mi ha stupito ancor di più. I movimenti sono una bella cosa, sollecitano partecipazione democratica, esprimono (quando le esprimono) esigenze di eguaglianza e solidarietà, ma sono, per definizione, single issue, anche quando non si limitano a problemi strettamente locali. Il nostro Paese deve però affrontare un gigantesco problema di efficienza, di risparmio, di produttività, di competitività, di innovazione a livello generale, per tutto il sistema che produce beni e servizi, sia pubblici sia privati. Mario Pianta ha scritto in passato cose intelligenti sulla scarsa capacità di innovazione delle nostre imprese, e ce n’è traccia anche in questo libretto. Manca, invece, un’analisi adeguata della straordinaria inefficienza del nostro sistema pubblico, cui i vari movimenti vorrebbero affidare compiti sempre maggiori. E soprattutto non c’è la consapevolezza che i guai nei quali siamo oggi derivano soprattutto dal fatto che in passato abbiamo distribuito più di quanto abbiamo prodotto, o dal fatto che non abbiamo misurato le esigenze della domanda alle capacità di un’offerta che non cresceva per assenza di riforme, così creando un enorme debito pubblico. Anche se la restituzione del debito è scaglionata nel tempo e gli interessi non sono troppo gravosi, questo comporta necessariamente un lungo periodo di vacche magre.

È un problema o no? Non c’è politica macroeconomica, di breve periodo, che possa porre rimedio al fatto elementare che sono i risultati della capacità produttiva e competitiva di un paese quelli che determinano la sua ricchezza e il benessere dei suoi cittadini, se viene escluso il ricorso al debito. Se un paese produce poco o male, allora è un paese povero. È povero anche se può svalutare, cosa che la moneta unica oggi ci preclude: a prezzi più bassi gli altri paesi comprerebbero più merci, è vero, ma le ragioni di scambio si rovescerebbero a suo sfavore lasciando i cittadini poveri come prima. E probabilmente in preda a una spirale di inflazione/svalutazione dovuta al rigetto di una povertà scoperta improvvisamente dopo anni di illusioni sostenute dal debito. Questo è il problema centrale della nostra democrazia: per carenza di riflessione la sinistra estrema, per motivi elettoralistici la destra e la sinistra di governo non vogliono o possono fare un discorso di verità ai cittadini. E soprattutto i cittadini non lo accetterebbero da parte di politici così disprezzati.

Concludo e ribadisco. Per coloro i quali vogliono sapere che cosa bolle nella pentola dell’estrema sinistra pensante questo libro è un must. Tuttavia, anche se molti suggerimenti sono utili e gran parte delle critiche all’attuale fase del capitalismo condivisibili, la mia personale conclusione è che l’estrema sinistra non “pensa” abbastanza a fondo agli effetti imprevisti, ma prevedibili e non di rado perversi, delle politiche che suggerisce.

 

Questo articolo è apparso il 27 maggio sul sito della rivista Il Mulino www.rivistailmulino.it/news/newsitem/index/Item/News:NEWS_ITEM:2200

Ringraziamo Michele Salvati per l’autorizzazione a riprodurlo qui.

 

 

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
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Commenti

commento a michele salvati

1) il debito pubblico italiano non deriva da una spesa pubblica eccessiva ma dalla speculazione finanziaria sui tassi d'interesse. Infatti l'italia ha un saldo primario positivo da più di 20 anni, per cui non è vero che spende di più di quello che guadagna.
L'audit sul debito non significa default. L'Italia ha tutti i poteri, tutte i trattati internazionali a favore, per non pagare parte del debito che è illeggittimo. Può anche, senza alcuna ripercussione, decretare lo stop del pagamento degli interessi per un tot di anni. Questa è una premessa per poi cambiare, insieme ai paesi della periferia, le politiche europee.
Con i risultati ottenuti e con politiche fiscali redistriutive lo stato italiano può investire nella "ricostruzione" del paese, investendo anche soldi pubblici su settori dell'economia.
2) I movimenti non propongono società in house governate dalla politica, non propongono servizi pubblici gestiti dalla politica, ma società pubbliche di diritto pubblico di proprietà dei cittadini. "Società a democrazia partecipata".
Detto ciò non ho capito quali rispercussioni catastrofiche dovrebbero abbattesi sull'italia.
Rifiutare il fiscal compact, eliminare il pareggio di bilancio significa banalmente applicare il tartta di mastricht. Trattato anch'esso assurdo, ma meno restrittivo, che potrebbe essere riscritto negli anni se l'italia avesse un governo forte e competente.
Nel frattempo l'italia avrebbe tutti i mezzi e gli strumenti per attuare le politiche di cui sopra. Non credo che se redistribuisci il reddito, rendi efficiente il sistema paese, fai ripartire l'economia puntando sulle imprese "etiche" perdi di competitività, anzi....

Forse il problema reale non è nelle "soluzioni", ma nel fatto che non avremo mai una classe politica all'altezza di tale compito.

Ho capito bene ? "illusioni coperte dal debito" ?

Le problematiche messe in campo sono di tale complessità che esprimersi con qualche parola da' ildestro allo slogan .
Mi permetto alcune osservazioni sparse.
Ritenere che il debito come mi sembra di aver capito è dato almeno in parte ad un Welfare troppo generoso mi sembra distolga da un'analisi rigorosa come richiede Salvati .A me pare che le responsabilità debbano accreditarsi presso altre componenti : evasione fiscale ed esportazione di capitali facilitati da nessun rigore penale ; nessuna ideina di patrimoniale ; aliquote irpef per alti/altissimi redditi esigue ; assenza di strategie di largo respiro nella politica economica ; spese dell'amministrazione pubblica nell'inutile e nel superato ; spese militari eccessive rispetto al ruolo di pace che è stato assegnato all' Italia con l'articolo 11 ;corruzione ad altissimi livelli ;e per ultima ma è la componente più devastante la speculazione bancaria che è stata favorita politicamente per facilitarne la funzione politica .
Il debito:poche parole .E' vero . Non bisogna fare fughe in avanti . Ma si può risolvere con la politica in modo diametralmente opposto . L'euro non è un totem intoccabile , Se ne può parlare . Un altra volta . Ed ora andiamo a leggere questa estrema sinistra pensante

Realista non reazionario

A mio avviso la posizione di Salvati non è quella di un reazionario ma di un realista. Credo che il punto di fondo sia questo: in un'economia globalizzata il rispetto formale di certi parametri (per esempio per quel che riguarda il debito) è una condizione necessaria per attirare investimenti dall'estero. Anche chi non condivide le premesse da cui dipendono le valutazioni della performance economica di un paese, per esempio perché ritiene che siano basate su modelli fattualmente inadeguati o criticabili sul piano normativo, non può fare a meno di riconoscere questo fatto. Specie se ha una responsabilità politica, e il pezzo di Salvati mi pare si rivolga in primo luogo a interlocutori di questo tipo. Ammettere che le cose stanno in questo modo è del tutto compatibile con l'impegno a fare il possibile per difendere l'eguaglianza, ma entro i vincoli imposti dagli obiettivi macroeconomici che le istituzioni internazionali, le agenzie di rating e gli investitori richiedono. Di più, per il momento, non si può fare, almeno fino a quando il clima di opinione a livello internazionale non sarà cambiato. Questo lascia qualche margine di manovra, in particolare per quel che riguarda interventi volti a promuovere la crescita, ma non dovremmo farci troppe illusioni sul fatto che il quadro generale (che pure sta cambiando negli ultimi tempi) muti in modo significativo. Può essere sgradevole, ma credo che questa sia la situazione in cui ci troviamo. Semmai il problema che abbiamo è che il maggiore partito di centrosinistra ha rinunciato da tempo a porsi il problema dell'eguaglianza possibile. Quindi non prende nemmeno in considerazione le ipotesi ragionevoli che si potrebbero esplorare per bilanciare equità e crescita economica.

Sotto questo profilo, c'è molto lavoro da fare. Le critiche di Salvati alla sinistra radicale non mi pare siano rivolte al desiderio di cambiamento che essa esprime, ma alla sottovalutazione degli ostacoli cui andrebbero incontro alcune delle politiche difese nel libro di Marcon e Pianta.

Ragioni e critiche

Cari amici, come tutti sapete sbilinfo è nato e cerca di crescere per mettere in circolazione pensiero e critica, e trarne qualche buona idea per le azioni. Dunque cerchiamo di criticarci costruttivamente, e nel merito, anche radicalmente ma senza ricorrere ad attacchi personali (questo almeno è il mio auspicio, capisco che coi tempi che corrono è patetico, ma ogni volta ci riprovo). Baci a tutti

i reazionari

Purtroppo siamo prigionieri di vecchie categorie: per esempio c'è chi ancora pensa che il PD sia un partito di sinistra o di centrosinistra. Per me il PD è un partito conservatore, di destra.

Venendo a Michele Salvati - uno che considera le posizioni di Marcon e Pianta di "un'estrema sinistra non “pensa” abbastanza a fondo agli effetti imprevisti, ma prevedibili e non di rado perversi, delle politiche che suggerisce" - non posso fare altro che considerarlo un reazionario.

recensione di salvati e commento su salvati

Se posso, sommessamente, a me pare che definire Salvati "reazionario" sia proprio inappropriato. Lo stesso direi però del termine "sinistra estrema" riferito al libro di Marcon e Pianta. A me è sembrato un utile promemoria per la sinistra di governo. Aggiungo un aspetto specifico. Chi ha detto che l'acqua "bene comune" è necessariamente una cosa da movimenti e, quindi, gestita inevitabilmente in modo inefficiente? L'avvio della riforma del settore idrico integrato risale al 1994 ("Legge Galli"). Da allora gli obiettivi di tale riforma sono stati raggiunti ad essere generosi al 50%. Su questi ritardi l'ethos di acqua "bene comune" non ha certo inciso. Ha invece molto contato l'incapacità di questo Paese a realizzare qualunque riforma, di destra o di sinistra che sia. Comunque, sempre per restare al tema dell'acqua, in vari Paesi (non solo Parigi) si assiste al fenomeno della "rimunicipalizzazione". Un fenomeno che porta a buoni risultati, misurati anche soltanto in termini di efficienza economica.

Michele Salvati

Diceva mio padre: allevo dei tigrotti che si trasformano in conigli. Per sua fortuna non ha visto le ultime perfomances di Salvati perché dai tigotti rivoluzionari si passa direttamente ai conigli reazionari

Recensione di Michele Salvati

Mi sembra che il libro non offra un'analisi adeguata sugli effetti delle scelte da fare e su come affrontare questi effetti. Forse non era il suo scopo o forse e' un vecchio vizio della sinistra. Il problema, pero', non e' che obiettivi e mezzi proposti non sono "realistici" o che potrebbero avere effetti perversi dentro il quadro dato delle "compatibilita": il problema e' che non sono sufficientemente pensati i mezzi con cui affrontare le conseguenze dell'attuazione degli obiettivi, inclusi i mezzi per affrontare la "scomposizione delle "compatibilita' ". Questo, tutavia, non e' certo un nodo che possa essere sciolto facilmente, anche considerando la fuga piu' che ventennale di legioni di ex-membri della sinistra pensante che avrebbero potuto "aiutare".
A margine, fa impressione che in una critica pubblicata da un journal accademico si usino presupposti e categorie che Sraffa avrebbe definito "produzione di banalita' a mezzo di banalita'".

michele salvati

lo è sempre stato un reazionario, l'attitudine è quella di chi se uno dice una cosa, poco importa cosa dica, lui la deve dire piu' a destra, cosi progressivamente non ha mai navigato con la barra a sinistra ma sempre a dritta, lungo una continua deriva

son passati gli anni di modena, ma anche li se lo ricordano scaltro e di destra .. eheheh

da rivoluzionario a reazionario

Michele Salvati con l'età è diventato un vero reazionario.

Per uno come lui un fenomeno da baraccone come Renzi è perfetto