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Andare oltre il Pil ma solo a parole

15/05/2015

I conti non tornano/Nell''Agenda di inizio anno Renzi aveva promesso un Green Act. Per ora però delle buone intenzioni dei molti progetti del governo non c'è che qualche titolo

Tutto nasce da un incontro tra le associazioni ambientaliste e il governo in persona del sottosegretario Delrio l’11 dicembre 2014. È la fine del famoso semestre italiano e gli ambientalisti chiedono un bilancio. Ne scaturisce un paio di mesi più tardi un documento governativo, l’ “Agenda Articolata” del 9 febbraio 2015 di cui è responsabile lo stesso Delrio, allora factotum del presidente del consiglio Matteo Renzi. Quest’ultimo, nei primi giorni del nuovo anno non ha perduto l’occasione e ha promesso molto: «Ci siamo dati una cadenza ordinata per le nuove iniziative di legge. A gennaio abbiamo provvedimenti su economia e finanza. A febbraio tocca alla scuola. A marzo il Green Act - sull'economia e l'ambiente in vista della grande conferenza di Parigi 2015. Aprile sarà il mese di cultura e Rai. A maggio tutti i riflettori sul cibo, agricoltura, turismo, made in Italy: arriva l'Expo. A giugno i provvedimenti sulle liberalizzazioni e prima dell'estate il punto sullo sport anche in vista della candidatura per le Olimpiadi del 2024» (il corsivo è aggiunto). Renzi, secondo il suo solito, anticipa le risposte, compresa quella agli ambientalisti. Rivela e promette il programmone di governo scrivendo, in veste di segretario del Pd, ai democratici, suoi compagni di partito.

L’Agenda del 9 febbraio è il principale documento ambientale del governo italiano in attesa di qualche altro atto o impegno o telegramma che lo integri o lo sostituisca. Sono 16 punti, alcuni tradizionali o prevedibili, altri curiosi o inattesi; alcuni ricchi di buone intenzioni e di studio, altri risolti in un titolo o poco più. Sono: 1 Energia e clima, 2 Trasporti e infrastrutture, 3 Consumo del suolo, 4 Difesa del suolo, 5 Bonifiche, 6 Biodiversità e aree protette, 7 Mare, 8 Montagna, 9 Beni culturali e paesaggistici, 10 Agricoltura, 11 Turismo e ambiente, 12 Ministero dell’ambiente, 13 Delitti ambientali, 14 Andare oltre il PIL, 15 Informazione ed educazione ambientale, 16 Fondi europei di coesione. I 16 punti che sorprendentemente coincidono nel numero con le 16 associazioni ambientali che il governo invita e che scrivono al governo sono dunque a volta brevi promemoria, oppure indicazioni generiche di ciò che si dovrebbe o potrebbe fare, senza impegni effettivi, indicazioni di spesa e di tempo. Il nostro modello di coinvolgimento degli interessati – si assicura – è molto migliore del sistema francese che – par di capire – è accusato di statalismo.

Colpiscono alcuni punti, ma ci limiteremo a toccarne due. Il fondamentale primo punto, Energia e clima presenta una palese contraddizione. «In questo ambito vanno lette le norme su gasdotti e trivellazioni»…. «Una progressiva uscita dai combustibili fossili è stata assunta dall’Italia a livello nazionale ed Europeo e non è mai stata messa in discussione». Però, aggiunge nella stessa frase che «dotarsi di infrastrutture energetiche essenziali come la TAP o l’utilizzazione delle risorse energetiche esistenti sul nostro territorio sono misure di buon senso in un Paese che ha la più restrittiva normativa europea sulle trivellazioni in mare e (seconda contraddizione) norme rigidissime di tutela ambientale ( Tap è il gasdotto trans adriatico)» L’altro punto è il quattordicesimo: Andare oltre il PIL. Finalmente, abbiamo pensato, anche Delrio, Renzi e gli altri e le altre del governo hanno accertato che il Pil così com’è non va bene. Sono in ritardo nei confronti del governo francese, perfino di quello americano; un bel numero di premi Nobel lo ripetono da anni, ma va bene lo stesso. Anche per noi, infine, il conto della natura deve essere calcolato e questo significa rifare tutti i bilanci e le spese, ricalcolare il debito e così via. Ma non è così. L’Agenda parla d’altro. Si ripete ancora una volta un modesto, decoroso discorso sull’industria verde che può assorbire moltissimi disoccupati. E basta.

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Commenti

parole e fatti

Sulla generale inconsistenza dei proclami di governi (tutti) che vorrebbero andare oltre il PIL rimanendo ben ancorati ad una concezione totalmente economicistica del mondo e promuovendo l'agenda neoliberale, ci sarebbe molto da dire.

"Anche per noi, infine, il conto della natura deve essere calcolato". Occorre riempire di contenuti queste parole. E nel farlo occorre essere molto radicali, facendo attenzione soprattutto a non dare maggior vigore, alla fine e nonostante le buone intenzioni, alla perversione economica della Natura, ad esempio portandole in dono il cavallo di troia della monetizzazione del non monetizzabile. Altrimenti, ad andare oltre il PIL, per inglobare ancora altri pezzi di mondo, saranno solo il dominio ideologico e reale del capitale e della sua misura del valore di tutte le cose: la possibilità di scambiarle e trarre profitto dal loro sfruttamento. D'altro canto, se deve essere "della Natura" in senso proprio, il conto deve necessariamente essere fisico, cioè espresso in pesi, volumi, superfici, terajoule, acidità, concentrazioni...

Lascia pertanto perplessi il prosieguo "...e questo significa rifare tutti i bilanci e le spese, ricalcolare il debito e così via". Lascia perplessi perchè tutto ciò con il conto "della Natura" può avere a che fare solo indirettamente. Ad esempio, la compensazione monetaria di un privato, o di uno stato, che perde un potenziale reddito per preservare la Natura può essere giusta e necessaria. Invece - spero non sia questa l'interpretazione corretta - un ricalcolo del debito italiano volto a includere il valore delle nostre bellezze paesaggistiche o la balneabilità delle nostre acque, a quale scopo pratico servirebbe, a parte quello di sottolineare la possibilità di disporre economicamente di questi beni, magari alienandoli o dandoli in gestione a privati, per ripagare l'effettivo debito monetario verso creditori sensibili solo al fascino della cartamoneta? E' in questo senso che dico: attenzione, non è negando la specifica significatività del PIL - e quella dei bilanci, delle spese, del debito e così via come adesso sono - in relazione a determinati fenomeni (quelli economici del modo di produzione dato), e pretendendo a tutti i costi di sostituirlo con "qualcos'altro", annacquandolo, che si va oltre il PIL. Anzi, ci si va, ma ancora solo a parole e a numeri, partecipando a un gioco sovrastrutturale che non fa certo paura ai potenti. Solo se si riuscirà fare in modo che le decisioni di politica economica possano essere prese guardando proprio ad altro, ai fenomeni della Natura (e della società) considerati in sè e per sè e misurati con le metriche che sono loro proprie, si potrà andare realmente oltre il PIL. Ma su questa strada si incontra il vero macigno sulla strada della guarigione dalla febbre economicista della nostra epoca, e che certo non sparirà cambiando il termometro: tutto ciò cui il PIL fa velo e in primis i rapporti di potere che si esprimono nello scambio "di mercato".