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La crisi cancella la questione meridionale

08/02/2013

La rotta d'Italia. L'effetto delle manovre Tremonti-Monti peserà più sul Sud. Il dualismo del sistema territoriale Italia persiste, anzi si aggrava. Come si concilia tutto questo con i disegni di crescita?

Il dibattito sulla politica economica del governo Monti sembra incentrato principalmente sull’attuale sfiducia nei confronti del nostro debito sovrano e sulle misure necessarie per riconquistare credibilità nei mercati finanziari.
Ne risultano ignorate fino ad oggi due questioni fondamentali per il Mezzogiorno, una di medio-lungo periodo, l’altra di breve periodo. Come si intende cioè affrontare la questione del dualismo tra Nord e Sud d’Italia. Ed ancora se questo dualismo sia o meno aggravato da quelle misure cui abbiamo prima fatto cenno. Concentriamoci sulla seconda questione analizzando i dati contenuti nel recente rapporto di previsione territoriale presentato dalla Svimew e dall’Irpet (1).
Come è noto, è stata impostato per il biennio 2012/2013 con riferimento ai conti pubblici – l’obiettivo è quello di raggiungere parametri definiti e concordati in sede europea – un complesso di manovre correttive pari a 85 miliardi di euro. Di questo ammontare solo un terzo deriva da un taglio di spese della pubblica amministrazione e due terzi da un incremento di entrate.
Il Rapporto che abbiamo citato permette di formulare alcune stime sulla ripartizione degli effetti ufficiali che derivano dal complesso delle manovre correttive tra quelli “a carico” del Centro-Nord e del Mezzogiorno.
Rinviamo al Rapporto per un’analisi più completa e limitiamoci a segnalare alcune previsioni. Le maggiori entrate, assicurate al bilancio pubblico sono, come è ovvio, in maggiore a carico del Centro-Nord: circa il 76% nel biennio considerato. Ma il fatto che dipendano in gran parte da imposte indirette fa sì che il peso della manovra correttiva risulti maggiore nel Sud (3,7% l’effetto cumulato nel 2013) rispetto al Centro-Nord (3,4%). Quanto alla ripartizione dei tagli alla spesa, questa nei tre anni considerati, è a carico del Centro-Nord per il 63,5%.
In termini di incidenza sul Pil territoriale l’effetto cumulato al 2013 di questa parte della manovra complessiva si commisura infatti in due punti percentuali del Pil nel Centro-Nord ed un valore di entità doppia nel Sud.
Dunque, l’intera manovra Tremonti-Monti (2010-2011) peserebbe nel 2013 per circa 7,6 punti del Pil nelle regioni meridionali e per il 5,3% nel resto del Paese. Il dualismo del sistema territoriale Italia persiste, anzi si aggrava. Come si concilia tutto questo con i disegni di crescita ipotizzati?
Gli effetti territoriali della spending review ed un aumento della spesa per investimenti, sempre secondo le stime del Rapporto citato, potrebbero solo attenuare l’aumento del differenziale nel Pil tra Centro-Nord e Sud ma non ne avvierebbero la diminuzione. La crisi, insomma, la politica economica del Governo Monti, una comunicazione mediatica tesa a convincere che il Sud oggi rappresenta la “frontiera di inefficienza” più avanzata del Paese, sembrano cancellare, forse definitivamente, la “questione meridionale”.

 

(1) SVIMEZ-IRPET, Rapporto di previsione territoriale, 01 – 2012 http://web.mclink.it/MN8456/iniziative/2012_06_08_previsioni/2012_06_08_previsioni_studio.pdf

 

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Commenti

LE CIFRE

Questa analisi del “Sole 24 ore”, davvero utile, però carente per alcuni aspetti e piuttosto imprecisa per il capitolo pensioni, è una conferma (“aggravata” per il metodo usato, cioè cumulando gli effetti) dei dati che vado scrivendo da mesi in alcuni ‘post’ (cfr., ad esempio, [1]) e in decine di commenti qui e altrove: il lavoro “sporco” lo ha fatto soprattutto il governo Berlusconi-Tremonti. Se si considera il parametro iniquità, è anche peggio!
Riepilogo delle manovre finanziarie (importi cumulati da inizio legislatura):
- governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld;
- governo Monti 63,2 mld;
Totale 329,5 mld.
LE CIFRE. Le manovre correttive, dopo la crisi greca, sono state: • 2010, DL 78/2010 di 24,9 mld; • 2011 (a parte la legge di stabilità 2011), due del governo Berlusconi-Tremonti (DL 98/2011 e DL 138/2011, 80+60 mld), (con la scopertura di 15 mld, che Tremonti si riprometteva di coprire, la cosiddetta clausola di salvaguardia, con la delega fiscale, – cosa che ha poi dovuto fare Monti – aumentando l’IVA), e una del governo Monti (DL 201/2011, c.d. decreto salva-Italia), che cifra 32 mld “lordi” (10 sono stati “restituiti” in sussidi e incentivi); • 2012, DL 95/2012 di circa 20 mld. Quindi in totale esse assommano, rispettivamente: - Governo Berlusconi: 25+80+60 = tot. 165 mld; - Governo Monti: 22+20 = tot. 42 mld. Se si considerano gli effetti cumulati da inizio legislatura (fonte: “Il Sole 24 ore”), sono: - Governo Berlusconi-Tremonti 266,3 mld; - Governo Monti 63,2 mld. Totale 329,5 mld. Cioè (ed è un calcolo che sa fare anche un bambino), per i sacrifici imposti agli Italiani e gli effetti recessivi Berlusconi batte Monti 4 a 1. Per l'equità e le variabili extra-tecnico-contabili (immagine e scandali), è anche peggio. […]
“Il lavoro ‘sporco’ del governo Berlusconi-Tremonti”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2747515.html

PS:
Do il link funzionante:
http//www.svimez.info/svimez/iniziative/2012_06_08_previsioni/2012_06_08_previsioni_studio.pdf

La questione meridionale è un problema insieme culturale e di risorse

I due problemi prioritari e strategici per l’Italia sono: 1) la Pubblica Amministrazione; 2) il ruolo della donna.

MEZZOGIORNO: COMMISSARIAMENTO, SCELTA OBBLIGATA
Io, meridionale, la penso come la SVIMEZ e come Giorgio Ruffolo nel 2010: per risolvere la Questione meridionale, il commissariamento delle Regioni meridionali è una delle scelte obbligate (v. [1], nota 18).
Il problema, però, è forse come e dove… scegliere il commissario.
Bisogna commissariare le Regioni - e non soltanto per attuare una politica industriale efficiente, ma anche perché con la trasformazione epocale in atto non ce le possiamo proprio più permettere -, come han chiesto, per quelle inefficientissime del Sud, appunto Giorgio Ruffolo e addirittura la SVIMEZ [*], o formalmente, anche modificando il Titolo V della Costituzione, o sostanzialmente, attraverso una accordo cooperativo... spintaneo.
[* ] Il rapporto SVIMEZ 2010 (la SVIMEZ non è certo tacciabile di antipatie verso il Sud), per risolvere l’annosa questione meridionale, ha proposto uno snellimento e, se occorre, il commissariamento delle inefficienti burocrazie politiche ed amministrative meridionali.
Come ho accennato nel post riportato più sotto, dato il sostanziale fallimento delle modalità con le quali si è affrontato finora questa questione, occorre prefigurare soluzioni innovative, che riguardino in primo luogo: a) l'assunzione della Questione meridionale come questione strategica nazionale; b) una rivoluzione culturale; c) investimenti infrastrutturali adeguati; d) una Pubblica Amministrazione efficiente; e soprattutto e) una classe dirigente all'altezza del compito; se occorre, il commissariamento delle Regioni inadempienti.
La proposta della SVIMEZ, evidenziata dall'articolo di Ruffolo, pone l'accento sull'ultimo punto.
Sul "Manifesto", Giorgio Ruffolo sottolinea, nel rapporto SVIMEZ 2010, la proposta di una soluzione innovativa per risolvere la Questione meridionale.
“Si tratta di tornare a una visione unitaria della "questione meridionale". A un piano del Mezzogiorno e ad una Agenzia che diriga e gestisca progetti strategici: acque, rifiuti, difesa del suolo, infrastrutture strategiche. Una riedizione aggiornata della Cassa del Mezzogiorno “posta sotto il controllo di un Consiglio con i rappresentanti del Governo (Ambiente e Infrastrutture) e delle otto Regioni. Si ricostituirebbe così uno spazio di programmazione unitario del Mezzogiorno, una "macroregione".”.
Rapporto SVIMEZ 2010 - Sintesi
http://web.mclink.it/MN8456/rapporto/rapporto_materiali/2010/2010_sintesi_rapporto.pdf

MA NON E’ SOLO UN PROBLEMA DI RISORSE
A partire dal 1998-‘99, ho cercato di approfondire – in maniera empirica ed un po’ dilettantesca - le cause della situazione meridionale e soprattutto della mentalità di noi meridionali, causa ed effetto insieme del sottosviluppo del Sud, attestato da tutti gli indicatori, arrivando ad alcune conclusioni che investono la dimensione culturale-antropologica e che indicano, quindi, le modalità più efficaci di intervento. Tutti i dati economici [1] dimostrano: a) la correlazione tra ruolo e grado di partecipazione della donna e indice di sviluppo di un Paese; b) che anche la fredda Germania dell’Est (cfr. “Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali”, destinataria di imponenti risorse dopo l’unificazione (molto superiori a quelle riversate nel nostro Mezzogiorno), dopo aver migliorato notevolmente tutti i propri indicatori in un arco temporale relativamente breve, non riesce a colmare i gap, a parere di molti, per motivi culturali; c) oltre alle infrastrutture e agli incentivi, occorre quindi un grande progetto educativo che abbia come soggetto ed oggetto la donna, fulcro dell'educazione meridionale.
“Educazione dei figli, in famiglia, dalla gravidanza a tre anni”
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2753847.html

[1] Lettera di PDnetwork [nota 18] Questione femminile, questione meridionale, rivoluzione culturale e progetto educativo
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2593370.html
Queste 2 eccellenti analisi della Banca d'Italia pongono il focus anche sul capitale sociale e gli aspetti culturali:
Banca d'Italia - Mezzogiorno e politiche regionali *
CAPITALE PUBBLICO E COMPETITIVITÀ (pagg. 223 e segg.)
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/seminari_convegni/mezzogiorno/2_volume_mezzogiorno.pdf
Banca d’Italia - Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia
http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/seminari_convegni/mezzogiorno_4/4_volume_mezzogiorno_2010.pdf

PS:
Solo per info (con vari commenti):
Le proposte del Partito Democratico/11 - Mezzogiorno
http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2763786.html

razzismo

A proposito di "venature quasi razzistiche" io personalmente sono calabrese. Confermo invece la mia opinione che senza il fiorire di una nuova classe dirigente meridionale non ci saranno soldi che tengano.

Francamente

Francamente non condivido affatto le considerazioni di Mariano D'Antonio nè la risposta di Comito che mi paiono intrise di considerazioni moralisteggianti con venature quasi razzistiche. Non mi pare che l'intero Mezzogiorno sia ad un livello da terzo mondo, nè che le politiche a sostegno del suo sviluppo siano state fallimentari: ampia mole di documentazione statistica dimostra un forte miglioramento della posizione relativa del Mezzogiorno negli anni in cui la Cassa per il Mezzogiorno ha funzionato a pieno regime. Dovremmo allora lasciare una fetta consistente di popolazione alla deriva perchè la classe dirigente meridionale è incapace di gestire fondi pubblici? E che proposte avete per consentire ai forestali calabresi di sopravvivere e di spendere quel che guadagnano presso imprese calabresi? Mandiamo dei proconsoli possibilmente alti belli e biondi per aiutare i villici ad uscire dalla loro condizione di inciviltà?

d'accordo

per quello che può valere, concordo pienamente con l'analisi di Mariano D'Antonio. Più in generale, e non solo per quanto riguarda la questione meridionale (un ragionamento sostanzialmente analogo svolgo sul tema dell'università e della ricerca su questo stesso numero di sbilanciamoci), senza una radicale riforma dello Stato e dei suoi organi interni, insieme a quello della politica, dei semplici aumenti di spesa non avrebbero un grande effetto positivo

Chi ha cancellato la questione meridionale'

Prima, molto prima ancora delle manovre di finanza pubblica varate dal governo Monti, la questione meridionale è stata cancellata nell'agenda di politica economica italiana dai meridionali stessi, ovvero dalle classi dirigenti del Mezzogiorno con il ceto politico alla testa. I politici che hanno governato nell'ultimo decennio le amministrazioni pubbliche (Comuni, Province, Regioni) nel territorio meridionale, hanno speso poco e male le risorse destinate al Mezzogiorno, specie quelle assegnate con i fondi comunitari negli anni 2006-2013. Investimenti a pioggia, di modesto importo, con scarsi effetti sull'economia locale, ricorso ai cosiddetti progetti sponda (già portati a termini e ripescati per rendicontare la spesa al fine d'evitare il disimpegno dei fondi comunitari), opere solo in parte completate e lasciate deperire, hanno caratterizzato la scellerata gestione dei fondi europei.
Nella spesa pubblica corrente brillava poi la sanità che andava fuori controllo mentre le prestazioni ai cittadini s'impoverivano. Pochi sanno che gli ammalati residenti nel Mezzogiorno di anno in anno sono emigrati in altre regioni, in Lombardia, in Emilia-Romagna, in Toscana, in Umbria, per ottenere cure negate o impossibili nelle regioni meridionali. Il saldo contabile delle somme dovute a medici, ospedali e ambulatori localizzati nel Centro-Nord è stato negli anni sempre attivo per quelle strutture sanitarie e passivo per le Regioni del Sud.
I politici meridionali hanno gestito le amministrazioni locali guardando alla popolazione come questuanti da cui strappare voti piuttosto che come utenti di servizi pubblici ai quali offrire prestazioni decenti. I politici in tal modo sono diventati i signori della spesa pubblica. Hanno distribuito favori (sussidi, raccomandazioni, impiego pubblico) e hanno negato alla popolazione gli elementari diritti di cittadinanza (salute, istruzione, mobilità con trasporti pubblici). Hanno chiuso un occhio sulla proliferazione dell'economia sommersa e hanno voltato le spalle al contrasto dell'illegalità, dei fenomeni di devianza, della criminalità organizzata.
Prendersela oggi con Monti, con i sacrifici che ha imposto ai meridionali, è, a mio avviso, fuorviante, anzi pericoloso. Prima di invocare la crescita del gracile organismo produttivo del Mezzogiorno, prima di reclamare e ottenere forti iniezioni di spesa pubblica, occorre ripulire il Mezzogiorno dell'acqua sporca accumulata dal ceto politico meridionale. E chi sa se le restrizioni dei bilanci degli enti territoriali non concorrano a realizzare quest'opera ineludibile di pulizia.