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Un progetto per l'altra Europa

17/05/2014

Eureka!/Domenica 25 si vota per il futuro dell'Ue. Tra euroscettici ed europeisti neoliberali, esiste una terza via: la proposta di un progetto europeo che offra un'alternativa al modello egemone, in preda a una gramsciana «crisi organica». Syriza può essere il collante dell'antagonismo

Le prossime elezioni europee dovrebbero essere considerate l'occasione per una competizione agonistica sul futuro dell'Unione. Una competizione, che oggi è assolutamente fondamentale. Molti a sinistra cominciano a dubitare che si possa realizzare, all'interno dell'attuale costruzione europea, un'alternativa al modello neoliberale di globalizzazione. E l'Unione europea è sempre più percepita come un progetto intrinsecamente neoliberale che non può essere riformato. In tal senso, appare inutile provare a trasformare le sue istituzioni, e l'unica strada possibile è quella dell'uscita.

Ma questa visione pessimistica deriva indubbiamente dal fatto che tutti i tentativi di contrastare le regole neoliberali dominanti vengano sistematicamente presentati come la mera espressione di attacchi anti-europei contro l'esistenza stessa dell'Unione. Non può certo sorprendere che un numero crescente di cittadini, privati della possibilità di avanzare legittime critiche alle politiche neoliberali, sia diventato euroscettico. Essi credono che il progetto europeo sia proprio la causa della condizione di emergenza che stiamo vivendo e temono che una maggiore integrazione comunitaria porti soltanto al rafforzamento dell'egemonia neoliberale.

Questa posizione minaccia la sopravvivenza del progetto europeo e l'unico modo per arrestare la sua diffusione consiste nel creare le condizioni per una contestazione democratica all'interno dell'Unione europea. Dal mio punto di vista, alla base della disaffezione nei confronti della Ue vi è la mancanza di un progetto che favorisca una forte identificazione tra i suoi cittadini e fornisca un obiettivo per mobilitare democraticamente le loro passioni politiche. La Ue è formata da consumatori, non da cittadini: è stata costruita essenzialmente intorno a un mercato comune e non ha mai creato una volontà comune. Nessuna sorpresa, quindi, se in tempi di crisi economica e di politiche di austerità più di qualcuno inizi a mettere in dubbio la sua utilità, dimenticando che l'Unione europea ha contribuito in modo decisivo alla pacificazione del continente. Ciò che serve in questa congiuntura è rafforzare il consenso popolare nei confronti dell'Unione grazie all'elaborazione di un progetto socio-politico finalizzato ad offrire un'alternativa al modello neoliberale che ha prevalso negli ultimi decenni: quel modello è ora in crisi, ma un altro ancora non esiste. Si potrebbe dire, sulle orme di Gramsci, che stiamo assistendo a una «crisi organica» in cui il vecchio modello non può più durare, mentre il nuovo modello non è ancora nato.

Purtroppo la sinistra non è in grado di trarre vantaggi da questa situazione, perché ha accettato per troppo tempo l'idea che alla globalizzazione neoliberale non vi sia alternativa. In molti paesi, i governi di centro-sinistra hanno giocato un ruolo fondamentale nel processo di deregolamentazione e privatizzazione che ha contribuito a consolidare l'egemonia neoliberale. E non si può negare che le istituzioni europee abbiano la loro parte di responsabilità nella crisi attuale. È un errore, però, concepire questa crisi come una crisi del progetto europeo. Si tratta piuttosto di una crisi della sua incarnazione neoliberale, ed è per questo che i tentativi di risolverla somministrando una dose ancora più forte di politiche neoliberali non può avere alcun successo. Per combattere il dilagare di sentimenti anti-europei e fermare la crescita dei partiti della destra populista che eccitano tali sentimenti, è urgente offrire ai cittadini europei un progetto politico che possa dar loro la speranza di un futuro diverso, più democratico.

Fortunatamente in molti paesi d'Europa sono nati partiti che si pongono a sinistra delle socialdemocrazie e che sfidano il loro centrismo. Organizzati nel Partito della Sinistra europea, lavorano per un'alternativa all'egemonia neoliberale e hanno deciso di lanciare un'offensiva a livello continentale. Così, in occasione del quarto Congresso che si è tenuto a Madrid dal 13 al 15 dicembre 2013, hanno scelto di candidare il leader di Syriza in Grecia, Alexis Tsipras, alla presidenza della Commissione europea con l'obiettivo di proporre un altro modello per l'Unione. Syriza è una coalizione di partiti e movimenti sociali, e da questo connubio può istituirsi lo spazio per mobilitare la vasta costellazione di forze sociali che si oppongono alle attuali politiche della Ue. In molti paesi i movimenti sociali hanno risposto positivamente all'appello del Partito della Sinistra europea a sostegno della candidatura di Tsipras, e sono ora impegnati a organizzare la loro partecipazione alla campagna politica. In Italia, per esempio, hanno dato vita a una Lista Tsipras per sostenere il programma che Tsipras ha presentato accettando la sua candidatura alle elezioni europee. Si tratta di uno sviluppo molto promettente, perché soltanto sulla base di una sinergia a livello europeo tra partiti della sinistra e movimenti sociali è possibile costruire una soggettività in grado di portare a una trasformazione radicale dell'attuale ordine neoliberale.

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Commenti

Dobbiamo crescere

Insomma stiamo parlando di un assenza attuale di un progetto di sinistra, nel senso che si considera auspicabile, che se ne comprendono forse le possibili fattezze, ma che non è stato ancora concretamente elaborato.
Ci viene richiesta una cambiale in bianco da uomini "di sinistra" che, almeno in Italia, non conosciamo neppure (Tsipras). Per carità saranno sicuramente personaggi integerrimi, onestissimi, e saranno in futuro la nostra guida, ma di sicuro noi italiani non li conosciamo.
I partiti di sinistra italiana invece, in questi ultimi tempi, si sono fatti conoscere da noi italiani per quello che sono, o meglio sono purtroppo diventati. Senza aprire polemiche infinite, penso basti riconoscere che quelli che dovevano essere i partiti dei lavoratori non lo sono più, visto che non si preoccupano più nè del diritto al lavoro inteso come mezzo di progresso umano (vedasi l'accettazione del precariato), nè dei lavoratori stessi abbandonati a loro stessi, anche ormai dai sindacati di stato che sanno solo arrendersi sempre e comunque.
In quest'ottica desolante io penso sia meglio non ragionare più in termini di sinistra e destra, in modo ormai puerile, ma crescere finalmente, maturando come fanno gli essere umani, scommettendo su persone competenti che siano in grado di ragionare sui problemi economici e sociali per quello che sono, esaminando i possibili rimedi indipendentemente dalle diverse ideologie, con ottica e prospettiva di medio lungo periodo, e soprattutto capaci di prendersi responsabilità, rimanendo continuamente in contatto con la base, con i mezzi tecnologici ormai a disposizione di tutti, per capire ed interessarsi anche a come la pensino i cittadini sulle varie proposte.
Non possiamo più demandare ai partiti la risoluzione di problemi che non sanno e non vogliono risolvere, impegnati solo a sopravvivere. I partiti sono ormai strumenti politici dello scorso millennio. Dobbiamo crescere tutti.

traaduzioni

Perché tradurre neo-liberale ciò che verosimilmente è neo liberista?

Progetto per l'altra Europa

L'articolo non lo condivido in pieno, pur presentando molti spunti atti ad imporre un europa dei cittadini e non autocratica e neoliberista, di cui credo oramai tutti hanno compreso i suoi limiti vistosi ad una crescita sociale ed economica uniforme del mondo globalizzato, i cui vantaggi sono invero innegabili, mentre il neoliberismo somiglia sempre più alla pirateria settecentesca. l'articolo lo trovate qui: http://www.tulliomarra.it