Home / Sezioni / alter / Lezioni diverse per imparare l’economia

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Lezioni diverse per imparare l’economia

02/11/2012

La crisi globale ha mostrato quanto sia andata fuori strada la teoria economica dominante. Un appello per ripensare (e insegnare) l’economia come scienza sociale

Con lo scoppio della crisi alla fine del 2007, sembrava che alcune delle idee principali su cui era stato costruito l’impianto di teoria economica dominante fossero oggetto di una profonda messa in discussione. Eppure, le vicende recenti dimostrano chiaramente la persistenza di un consenso diffuso accordato alla “narrazione neoliberista” che rappresenta come naturali e universalmente valide le relazioni di mercato, ormai utilizzate come strumento per spiegare i fenomeni più disparati, dalla democrazia alle migrazioni. Le relazioni economiche sembrano oggi sovrastare con le loro leggi presentate come ineluttabili lo spazio della politica e dei bisogni sociali e hanno imposto un linguaggio univoco, incomprensibile ai più, che fornisce un’unica interpretazione delle “realtà”, dalla quale deriva un’univoca ed apparentemente indiscutibile indicazione “tecnica” per governarla. L’utilizzo di un linguaggio apparente neutrale e inaccessibile se non a selezionati addetti ai lavori è in realtà uno strumento politico che impedisce agli individui di criticare le soluzioni presentate come uniche e necessarie per uscire dalla crisi, in particolare le politiche di austerity. E’ essenziale l’ampliamento delle capacità critiche in grado di mettere in discussione i modelli economici per favorire una reale partecipazione democratica che sappia contestare le trappole “retoriche” delle spiegazioni tecniche e preconfezionate.

Come riscriverle

Partire dai problemi della società: il processo formativo va agganciato strettamente e fin dall’inizio allo studio dei “problemi” del mondo reale, attraverso la comprensione dei meccanismi storico-sociali di riproduzione della società che, nello specifico economico, riguardano la distribuzione della ricchezza, la produzione materiale e immateriale, il lavoro, il welfare, temi che non possono prescindere da considerazioni sociali e culturali. Per questo è necessario integrare lo studio dell’economia con quello delle altre scienze sociali, in modo da non considerare il mondo economico come un’entità esterna rispetto all’evoluzione storico, sociale e politica, ma come una componente di questa.

Soppesare il contenuto delle categorie analitiche: l’elaborazione dei concetti economici fondamentali ha evidenti legami con questioni di filosofia morale e politica la cui conoscenza – anche attraverso la conoscenza della storia del pensiero sociale ed economico purtroppo marginalizzata negli studi di economia – risulta rilevante per una loro più esatta cognizione. La contestualizzazione del pensiero di un autore è fondamentale per comprendere le basi dei modelli e delle teorie che ha elaborato, nell’economia esattamente come nelle altre scienze sociali. Le “parole” che danno contenuto agli oggetti del discorso economico fanno riferimento a un “modo” di guardare la società, a diverse “visioni” a cui corrispondono diversi sistemi di categorie analitiche.

Offrire una visione pluralistica dell’economia che attinga alle diverse teorie economiche: una formazione critica non può ridursi a “una sola” teoria economica (per quanto dominante storicamente ed egemonica), ma deve fare riferimento alla pluralità di visioni teoriche in quanto spiegazioni diverse delle medesime situazioni. Di fronte al medesimo problema, teorie diverse formulano politiche economiche diverse, tra loro contrastanti e caratterizzate da differenti previsioni di ricadute sociali a seconda del ruolo attribuito ai diversi soggetti. È perciò anche importante affiancare allo studio delle teorie e dei modelli l’analisi degli effetti – positivi o negativi – che sono derivati dalla loro applicazione.

Con chi riscriverle

Coinvolgere studenti e docenti Diversi esponenti del mondo accademico hanno manifestato enormi criticità rispetto al dibattito economico e alle scelte di politica economica adottate negli ultimi anni, ne sono esempi la Lettera degli economisti contro le politiche europee di austerity e il Manifesto della libertà del pensiero economico.

Come studenti, soggetti sociali e cittadini, crediamo sia assolutamente necessario ripensare le modalità di insegnamento della disciplina economica all’interno delle Università, a partire dalle facoltà e dai dipartimenti in cui essa viene insegnata e studiata per promuovere un processo dialettico che, anche attraverso il superamento dell’asimmetria tra studenti e docenti, garantisca un reale pluralismo di idee.

Un’Università pubblica per un sapere critico e funzionale al progresso sociale Negli ultimi anni il movimento studentesco ha posto al centro il tema dei finanziamenti per l’università pubblica. Crediamo che una riflessione sul carattere pubblico dell’università non possa prescindere da un ragionamento sul suo ruolo sociale e su ciò che viene insegnato nelle sue aule. L’univocità che contestiamo nell’insegnamento dell’economia non è un caso isolato: le università possono essere sia un luogo dove si perpetuano le dottrine funzionali al mantenimento dell’attuale modello sociale ed economico che, invece, un luogo in cui il sapere si esprime liberamente. Crediamo che la funzione dell’università pubblica sia proprio quella di garantire l’esistenza di un sapere critico e funzionale al progresso sociale.

Tutelare il pluralismo nella docenza: la giusta valutazione delle attività didattiche e di ricerca e il rigore nel reclutamento dei nuovi docenti devono svolgersi nel rispetto del pluralismo e della legittimità scientifica dei diversi filoni di pensiero economico.

Adeguare la struttura didattica: un corso introduttivo all’“economia politica” deve consentire agli studenti di analizzare i modelli che vengono loro presentati, evidenziando l’oggetto sociale e politico del loro studio, spesso nascosto da un’eccessiva formalizzazione matematica e dal ricorso a schemi che rappresentano l’individuo come essere razionale trascurando la sua natura di essere storico-politico.

Nel suo insieme questa struttura curriculare garantirebbe quel forte antidoto all’attuale polverizzazione del sapere sociale che, separato in tanti ambiti disciplinari spesso non strutturalmente comunicanti, impediscono un’adeguata analisi multidisciplinare della società nel suo complesso e rendono l’attuale formazione dell’economista parziale e inadeguata.

Siamo convinti che l'economia non possa essere considerata una "materia tecnica", ma debba tornare ad essere una scienza sociale. Vogliamo che questo appello rappresenti lo stimolo per avviare una discussione dentro e fuori i nostri atenei sul rapporto tra economia e democrazia a partire dalla didattica. Siamo convinti infine che sia necessario aprire oggi un dibattito sulla ripubblicizzazione dei saperi, come strumento attraverso il quale ricercare un'altra idea di sviluppo ed una via di uscita alternativa dalla crisi che sembra oggi ancora mancare.

Promuovono le studentesse e gli studenti della Rete della Conoscenza.

Primi firmatari

Nicola Acocella, Università la Sapienza, Roma
Andrea Baranes, Presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica
Filippo Barbera, ricercatore Università di Torino
Sergio Bruno, Facoltà di Statistica, La Sapienza Roma
Roberta Carlini, giornalista, autrice del libro "L'economia del noi"
Sergio Cesaratto, Univeristà di Siena, Economisti contro l’austerity
Lia Fubini, Università di Torino
Andrea Fumagalli, Università di Pavia
Stefania Gabrieli, Ricercatrice CNR
Marilena Giannetti, Facoltà di Economia, La Sapienza Roma
Claudio Gnesutta, Univerisità La Sapienza, Sbilanciamoci.info
Claudio Grua, Università di Torino
Peter Kammerer, Università di Urbino
Stefano Lucarelli, Università di Milano
Ugo Mattei, Università di Torino
Alessandro Montebugnoli, Università la Sapienza Roma
Guido Ortona, Università del Piemonte Orientale
Francesco Pallante, Università di Torino
Cosimo Perrotta, Facoltà di Economia, Università del Salento
Mario Pianta, Università di Urbino e sbilanciamoci.info
Felice Roberto Pizzuti, Facoltà di Economia, La Sapienza Roma
Achille Puggioni, Economista Banca d'Italia
Michele Raitano Facoltà di Economia, La Sapienza Roma
Riccardo Realfonzo, Università del Sannio
Anna Maria Simonazzi. Facoltà di Economia, La Sapienza Roma
Riccardo Soliani, Università di Genova
Antonella Stirati, Università di Roma 3

Con il sostegno di
Sbilanciamoci.info
Associazione Paolo Sylos Labini

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

Appello

aderisco all'appello

Offrire una visione pluralistica

“ ………. Offrire una visione pluralistica dell’economia che attinga alle diverse teorie economiche: una formazione critica non può ridursi a “una sola” teoria economica (per quanto dominante storicamente ed egemonica), ma deve fare riferimento alla pluralità di visioni teoriche in quanto spiegazioni diverse delle medesime situazioni…………. “ Ritengo questo sia un ottimo punto di partenza, quindi, se uno Stato a moneta sovrana come eravamo quando non utilizzavamo ancora L’ EURO, decideva una spesa, per esempio un ospedale o una tratta autostradale, quel debito diventava la nostra ricchezza, in quanto lo Stato finanziava al netto la spesa da sostenere, letteralmente, in quanto proprietario delle proprie politiche monetarie, inventandoseli senza doverli chiedere in prestito a nessuno e successivamente venivano accreditati alle ditte appaltatrici, tramite il sistema bancario pubblico o privato che fosse, e successivamente ai dipendenti che lavoravano per esse arricchendoci. Quindi mi viene da pensare che il concetto di Res Publica doveva essere abbandonato dal 1971 in poi, anno in cui Nixon decreto' la fine del Gold Standard anche se credo negli anni precedenti fosse abbastanza anacronistico. E' lo Stato stesso che DEVE garantire alle famiglie ed alle imprese la possibilità di avere una vita degna, direi anche unico suo obbiettivo. Noi famiglie ed imprese, in quanto utilizzatori della moneta ad ogni transazione economica all’ interno dello Stato avremo sempre un saldo zero. Perchè mai uno Stato Sovrano dovrebbe gestire il suo bilancio come quello di una famiglia, mi sembra non abbia senso. L' unica cosa che dovrebbe prendere in considerazione uno Stato è il bene comune della sua cittadinanza, offrendogli la possibilità di consumare e usufruire della propria capacità produttiva , e dei propri servizi, non in un futuro che probabilmente non arriverà mai, ma ora! Adesso! In questo momento! Non credo sia possibile che uno Stato possa funzionare mantenendo i servizi essenziali per la sua cittadinanza dovendo tenere la contabilita' come una qualunque impresa, deve per forza spendersi, e spendere per noi creando ricchezza al netto, che non è una passivita' come quella che contraggo io facendomi prestare denari dalla banca, ma ribadisco è la nostra ricchezza. PER UNA QUESTIONE DI CONTABILITA' IN UNA STATO CON PROPRIA MONETA (NON CONVERTIBILE, FLOTTANTE) IL DEBITO PUBBLICO VIENE CONTABILIZZATO NEL PASSIVO DI BILANCIO DOVE SARA' LA POSTA ATTIVA ? LA RISPOSTA E' UNA SOLA! NEI NOSTRI CONTI CORRENTI. Siamo tutti noi utilizzatori di strumenti, l’economia e il sistema monetario sono strumenti.
Provate ad immaginare un coltello, è uno strumento, come l’economia e il sistema monetario.
In funzione di chi li usa possiamo avere risultati diversi.
Sia il coltello, l’economia e il sistema monetario possono essere usati per ferire o per farvi gioire.
Il coltello può essere usato per offendere, o per tagliare in armonia un pane, da condividere con i tuoi amici; così l’economia e il sistema monetario possono essere usati per renderci felici o farci cadere in depressione o deflazione e non poter vivere una vita degna di essere vissuta.
Il nostro problema sono le persone, su cui riponiamo la nostra fiducia, e la loro possibilita’ di gestire il sistema economico e monetario. Da quando ci alziamo la mattina, a quando andiamo a dormire la sera, ognuno di noi utilizza il sistema economico e il sistema monetario, ma quasi nessuno ne comprende il funzionamento, politici compresi. La democrazia se non è partecipata è aria fritta.


La moneta non è un valore……………….. ma semplicemente un’ unità di misura pari al metro o al chilo o al chilometro, dire che uno Stato non ha più denaro per gestire le proprie spese, è come dire che non si possono più creare strade perchè sono finiti i chilometri .

Appello

Aderisco all'Appello

OGNI DOCENTE HA DUE POSIZIONI: UNA PUBBLICA E L'ALTRA PRIVATA

Faccio astrazione dalle mie idee su l’università e sulla didattica dell’economia. L’Appello che si presenta è degno di attenzione e saluto Nicola Acocella (Università la Sapienza di Roma) come primo firmatario e Peter Kammerer e Mario Pianta dell’Università di Urbino che conoscono molto bene le magnifiche sorti e progressive o come a volte si preferisce: le Marche Magiche. La regione è al centro dell’attenzione che a fronte di aumenti dell’Irpef regionale che dallo 0,90% è passato al 1,23% e nonostante gli aumenti dei tiket delle visite mediche e analisi cliniche di 10 euro la sanità pubblica si sta riducendo e quella privata aumenta sempre di più. Naturalmente questi temi sono assenti dalle aule universitarie delle Marche.
Fa piacere leggere che “Promuovono le studentesse e gli studenti della Rete della Conoscenza”. Sono un visitatore del loro sito http://www.retedellaconoscenza.it/ perché presenta News sempre mirate. Un flasch. In “CHI SIAMO” ho analizzato questa frase: “La crisi delle forme di rappresentanza e organizzazione politica che stiamo vivendo sembra ancora più dirompente di quella all'inizio degli anni '90…”. Si tratta di un manifesto delle difficoltà di uscire dal millennio passato. Che l’ultimo decennio sia stato devastante è indubbio ma è anche chiaro che oggi si sta vivendo con rassegnazione.
L’Appello è comunque viziato in quanto le 24 firme fanno capo a settori certo di economia e legati all’insegnamento della disciplina ma sono simbolici di opinioni diffuse contro le politiche economiche del governo Monti almeno per come interpreto dall’articolazione del testo che si presenta in forma di Appello. Al riguardo proprio quando Monti ha presentato il suo governo (Accolto con entusiasmo dal parlamento!) dove erano? Sarebbe bello leggere qualche replica di lor signori.
Non intendo entrare nella loro privacy in quanto un docente universitario è pubblico quando si presenta in aula ma già nei seminari non si autodefinisce più tale. Ognuno di loro ha almeno due posizioni, una pubblica e una privata. Pronto a chiedere venia. Ma è normale presentare appelli di rottura e poi ogni giorno non essere per niente attivi nei confronti del quadro che si critica? Naturalmente il profilo medio del docente rappresenta la base del fenomeno che stiamo assistendo in questi mesi delle “facce toste”. Tale fenomeno è complementare al comportamento di deputati e senatori di votare a favore in parlamento per ridurre la sanità pubblica e tutto il resto e far spendere qualche miliardo di euro per l’acquisto di aerei F35.
Ma l’Appello presenta un percorso possibile che è quello che l’economia deve essere una scienza sociale e io approvo. Personalmente non sono convinto che “integrare lo studio dell’economia con quello delle altre scienze sociali, in modo da non considerare il mondo economico come un’entità esterna rispetto all’evoluzione storico, sociale e politica” debba avvenire senza un’adeguata preparazione per il calcolo sia in funzione della statistica economica e sia dell’econometria. Ovviamente rispetto chi ha idee diverse.
Andrei cauto sul fatto di “Soppesare il contenuto delle categorie analitiche” in quanto “l’elaborazione dei concetti economici fondamentali” è vero che” ha evidenti legami con questioni di filosofia morale e politica” ma oggi abbiamo il Fiscal compact e il MES nonché un’evoluzione straordinaria ma anche raffinata della Banca Centrale Europea che dovrà fare la vigilanza del sistema bancario dell’Unione Europea. E, se a parole si dice che lo Stato non debba dipendere dai mercati finanziari è necessario anche che questi mercati finanziari siano quanto meno verificabili almeno come spia dell’evoluzione dei processi di produzione e il calcolo è importante per conoscere le variazioni degli investimenti in funzione di quelle dei prezzi delle materie prime, brevetti, e per l’acquisto delle conoscenze delle innovazioni tecnologiche.
Certo l’appello dice anche che “un’eccessiva formalizzazione matematica” è dannosa come anche il “ricorso a schemi che rappresentano l’individuo come essere razionale” in generale. Reputo che sono temi degni di attenzione ma non sono d’accordo che poi quella “natura di essere storico-politico” dell’uomo debba prevalere. Invito a riflettere! Per quest’ultima se il comportamento economico dell’uomo diventasse solo oggetto della psicologia i firmatari di quest’appello dovrebbero spiegare come si formano le scelte economiche quando sono condizionate dalla società e non solo dalla pubblicità s'intende?




appello

aderisco all'appello