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Nucleare, funzionerà il trucco del governo?
Mentre mancano poco più di venti giorni ai referendum del 12-13 giugno, ancora non si sa se gli italiani potranno dire la loro sul nucleare nelle urne. Su queste pagine abbiamo seguito la travagliata vicenda del referendum (Qualenergia.it, La strategia dell'incertezza contro il referendum nucleare): al momento l'emendamento al decreto Omnibus con cui il Governo vorrebbe rendere vano il referendum sull'atomo è all'esame della Camera. L'intenzione dell'esecutivo, stando alle nostre fonti in aula, sarebbe di porre la fiducia sul decreto legge, che dovrebbe così essere approvato definitivamente entro martedì mercoledì. A quel punto il d.l. dovrà essere firmato dal Presidente della Repubblica, poi sarà la Cassazione a decidere se le modifiche introdotte siano sufficienti a far slittare la consultazione. Ma ci sono anche altre incognite, come il ricorso in Corte Costituzionale presentato dai promotori del referendum. Come potrebbe evolvere la vicenda? Lo abbiamo chiesto ad Alberto Lucarelli, ordinario di istituzioni di diritto pubblico all'Università degli studi di Napoli "Federico II", uno dei costituzionalisti di riferimento del 'Comitato Nazionale Vota Sì per fermare il nucleare'.
Professor Lucarelli, quando sapremo se il referendum si farà?
Innanzitutto dobbiamo attendere che il decreto legge compia il suo iter legislativo. Potrebbero esserci anche delle sorprese: se ci fossero emendamenti dovrebbe tornare all'altra Camera, con un evidente problema di tempi. Poi il decreto, una volta approvato, deve essere firmato: non è escluso che il Presidente della Repubblica possa sollevare dei profili di illegittimità costituzionale.
Ci sono delle possibilità che questo avvenga?
E' una valutazione difficile da fare, ma senz'altro ci sono dei profili dubbi. Desta perplessità il tentativo più o meno celato impedire il referendum abrogativo, inteso come istituto tipico della democrazia diretta previsto dall'articolo 75, ma direi anche dall'articolo 1 della Costituzione.
Nel caso in cui il decreto legge venisse invece firmato, pubblicato in Gazzetta e la palla passasse alla Cassazione, quali probabilità ci sono che la Corte decida di abrogare il referendum sul nucleare?
Direi 50 e 50. Oltre alla decisione della Cassazione c'è anche il ricorso che il Comitato referendario ha presentato alla Corte Costituzionale per conflitto d'attribuzione. L'udienza è stata convocata d'urgenza e dovrebbe tenersi a giugno.
Su cosa si basa e cosa può comportare?
L'articolo 134 della Costituzione prevede il conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato, e il comitato promotore in fase referendaria è equiparato a un organo dello Stato. Il Comitato ritiene che quell'atto legislativo (l'emendamento al d.l. Omnibus, ndr) sia lesivo dei propri diritti e della sovranità popolare, perché impedirebbe l'esercitazione di un istituto della democrazia diretta. La Corte potrebbe annullare il provvedimento, facendo di conseguenza svolgere il referendum.
Lasciando da parte il ricorso alla Corte Costituzionale e tornando alla Cassazione: secondo la giurisprudenza, da cosa dipenderà se la Corte deciderà che il referendum si faccia comunque?
Ci sarà una valutazione molto tecnica: si dovrà stabilire se l'emendamento ha una capacità derogatoria rispetto al testo oggetto del quesito abrogativo, che capacità derogatoria ha, ecc. In base alla sentenza 68/1978 della Corte Costituzionale, infatti, il testo abrogativo (l'emendamento del Governo al d.l., ndr) dovrebbe riprodurre la volontà dei promotori del referendum, personalmente ho forti dubbi che sia così, ma sarà la Cassazione a valutare.
Se il Governo riuscisse nel suo intento di far saltare il referendum sul nucleare, ci sono altre iniziative legali che il Comitato potrebbe prendere?
Si certo. La strategia politico-giuridica è ancora da definire ma le possibilità ci sono. Ad esempio si potrebbero impugnare di fronte al Tar i successivi provvedimenti amministrativi, oppure puntare a far riconoscere l'incostituzionalità del nuovo testo approvato. Per ora però aspettiamo gli esiti delle decisioni di cui abbiamo parlato prima, sperando in una corretta interpretazione dell'ordinamento giuridico e in particolare tra la democrazia della rappresentanza e la democrazia della partecipazione, ossia quella diretta. E' questo il punto cruciale: il potere legislativo del Parlamento non può essere utilizzato per bloccare quelle forme di democrazia diretta che sono riconosciute dalla Costituzione.
Giulio Meneghello 19 maggio 2011