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Salviamo il soldato Manning
Il controllo delle informazioni è centrale nell'esercizio di ogni potere, anche in quello finanziario. Serve un "soldato Manning" a Bruxelles
Bradley Manning è candidato al Premio Nobel per la Pace. Il nome ce lo siamo già dimenticati, ma è lui che ha fatto di Wikileaks quello che è diventata. E’ il soldato americano accusato di aver girato a Julian Assange centinaia di migliaia di file coperti dal segreto di stato, riguardanti soprattutto le guerre in Afghanistan e Iraq. La proposta viene dal Centro per la ricerca sulla coscienza e la pace dell’Oklahoma, che ha ripreso la proposta lanciata dal gruppo parlamentare islandese “Il Movimento”; a riportare la notizia è l’agenzia di stampa Transcend, legata a Johan Galtung, (www.transcend.org).
Bradley Manning è in carcere e sotto processo negli Usa. L’udienza preliminare del processo contro di lui si è aperta lo scorso 16 dicembre a Fort Meade, nel Maryland e il 4 febbraio le agenzie di stampa hanno riportato la decisione della Corte di sottoporlo al giudizio della Corte Marziale: sarà nell’aula di un tribunale militare che si deciderà il destino del giovane. Dopo essere stato denunciato alle autorità militari dall’hacker Adrian Lamo nel maggio del 2010, da 19 mesi il ventiquattrenne analista informatico è detenuto in un carcere militare, in condizioni che sono state denunciate come disumane anche da Amnesty International: il trattamento cui è sottoposto è considerato incompatibile con le norme e i principi sanciti dalla Convenzione Internazionale dell’ONU sui Diritti Civili e Politici.
Negli Stati Uniti la connivenza col nemico è considerata un reato per cui si rischia anche la pena capitale. Di qui la campagna lanciata dal Centro per la pace dell’Oklahoma per chiedere di assegnare il Nobel a un soldato che di fronte ai crimini di guerra perpetrati dai suoi compagni ha scelto di fare obiezione di coscienza e aprire gli occhi del mondo. Tra le cose che abbiamo visto grazie a lui c’è il famoso video “collateral murder”, che mostra due elicotteri Apache sparare sulla folla a Baghdad. Le autorità militari statunitensi hanno a lungo cercato di tenere segreto il video registrato la mattina del 12 luglio del 2007. La versione ufficiale mostrava un normale combattimento contro le “forze anti-irachene”, ma durante quell’attacco rimasero a terra anche i corpi di Saeed Chmag e del giovane Namir Noor- Eldeen, uno dei migliori fotografi di guerra della Reuters. I militari americani si sono sempre rifiutati di diffondere questo filmato ritenuto troppo compromettente, anche quando nell’agosto dello stesso anno l’agenzia giornalistica ha chiesto di poterne visualizzare i contenuti, appellandosi al Freedom Information Act. Sarebbe stato proprio Manning, mentre lavorava all’ufficio dell’intelligence militare di Baghdad, a impossessarsi del file, nascondendolo in un cd della pop star Lady Gaga, per poi diffonderlo in rete dal sito di Wikileaks il 5 aprile 2010.
La vicenda di Manning solleva questioni centrali: da sempre il controllo delle informazioni è centrale per l’esercizio del potere; nell’era di internet l’allargamento dell’accesso all’informazione è stato un’importante promessa di democrazia. Ridurre gli spazi del segreto di Stato, mettere a disposizione elementi per capire come funziona il potere politico ed economico rappresenta un essenziale strumento di controllo dal basso delle autorità e di pluralismo nella comunicazione, permette ai cittadini di giudicare.
Non si tratta solo delle guerre e della politica estera. Il segreto ha un ruolo chiave anche nella gestione della crisi finanziaria, nei flussi di capitali, nelle decisioni di governi e banche: il governo greco ha potuto truccare a lungo i conti statali; non sappiamo nelle mani di chi si trovi il debito greco e quali banche abbiano bilanci fallimentari; il segreto bancario in Svizzera, Lussemburgo e nei paradisi fiscali resta impenetrabile, non sappiamo come vengono prese le decisioni europee su come affrontare la crisi. Un Bradley Manning a Bruxelles, Francoforte e Zurigo potrebbe davvero essere utile per la democrazia europea.
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