Home / Sezioni / alter / Tempi duri per le casse della solidarietà

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Tempi duri per le casse della solidarietà

23/02/2010

Le organizzazioni della società civile in difficoltà in tutto il mondo: cresce la domanda per il loro intervento, diminuiscono le entrate. Un'indagine

La crisi ambientale poi quella alimentare e infine quella economica. Sono molte le sfide che hanno dovuto affrontare migliaia di organizzazioni della società civile (CSOs) in tutto il mondo. Analizzando le risposte fornite da oltre 640 organizzazioni su come abbiano affrontato la crisi e la conseguente riduzione dei proventi e sui rispettivi piani strategici per rafforzare la capacità di fornire servizi sociali in un momento di particolare bisogno, un'interessante indagine realizzata con il supporto finanziario delle Nazioni Unite cerca di verificare l’impatto di questi eventi planetari sulla capacità operativa delle CSOs e sulle loro aspettative sul futuro.
L’indagine è stata condotta da uno steering committee di organizzazioni non governative (tra cui due organizzazioni del comitato di Ong per lo sviluppo sociale, la Fondazione Friedrich Ebert e il Servizio di Raccordo tra Nazioni Unite e Società Civile - UNNGLS) mentre per quanto riguarda le organizzazioni intervistate il 33% ha sede in Africa, il 23% in Asia (Cina inclusa), il 16% nell’Europa Occidentale, il 13% negli Stati Uniti e nel Canada, il 9% in America Latina, il 3% in Europa dell’est, il 2% in Giappone, Australia e Nuova Zelanda e infine l’1% in Russia ed Ucraina. Le dimensioni delle organizzazioni coinvolte tendono a riprodurre il più fedelmente possibile le diverse tipologie di Ong esistenti, da quelle piccole composte prevalentemente da volontarie alle grandi organizzazioni con oltre un milione di dollari di budget - mentre la maggioranza ha un budget compreso tra i 2 e i 500 mila dollari.
Questa grande varietà di organizzazioni sparse nei diversi angoli della terra hanno ovviamente sperimentato situazioni tra le più diverse a causa della crisi. Se un buon numero di esse (146) ha visto crescere il proprio budget nel 2008, questo numero è sceso a 111 nel 2009 mentre la maggior parte (214) ha sperimentato un più prevedibile declino nelle entrate nel 2009 e prevede un ulteriore declino nel 2010. Sul fronte delle entrate, che a loro volta posso essere distinte a seconda delle fonti, quelle che maggiormente si sono contratte sono quelle che derivano da offerte private da singoli cittadini o da fondazioni, ma riduzioni si sono verificate anche per i trasferimenti provenienti da istituzioni internazionali, governi e grandi corporations.
Ovviamente a seconda della struttura di finanziamento le conseguenze sulla capacità operativa delle organizzazioni sono state diverse. Mentre in Nord America e in Europa la maggior parte delle organizzazioni ha un sistema diversificato di fonti di finanziamento e ha quindi fatto fronte alla crisi più agevolmente, nelle altre regioni le difficoltà sono state più acute a causa di una maggiore dipendenza da finanziamenti di singoli privati o istituzioni. In particolare hanno sofferto maggiormente le associazioni di piccoli paesi europei e dell’Africa subsahariana.
La generale riduzione dei finanziamenti è stata, non a caso, concomitante all’aumento della domanda di servizi sociali generata dalle crisi in atto e dall’inadeguatezza delle risposte apprestate dai governi. In particolare, l’indagine ha potuto verificare come le crisi in atto abbiano modificato il tipo di servizi richiesti alle organizzazioni che hanno aumentato l’erogazione di servizi sociali di base e soprattutto le risposte all’emergenza. Le CSOs si sono quindi trovate ad affrontare una situazione particolarmente delicata in cui la natura anticiclica della maggior parte delle politiche sociali da loro offerte si è scontrata con una riduzione delle risorse a disposizione. Non a caso, tra le raccomandazioni presenti alla fine del rapporto, e che vedremo nel dettaglio più avanti, si trova quella di creare dei meccanismi di finanziamento da parte di governi e istituzioni internazionali semi-automatici, slegati quindi dalle fluttuazioni del ciclo economico. Per fronteggiare la straordinarietà della situazione molte Ong hanno apprestato delle strategie ad hoc: l’80% delle organizzazioni ha sviluppato nuove (o rafforzato vecchie) reti collaborative con altre Ong, specialmente con quelle più legate alle realtà locali, mentre il 78% ha iniziato nuove campagne di raccolta fondi il che ha parallelamente aumentato la competizione tra organizzazioni. Si è rafforzato l’uso di Internet e soprattutto l’advocacy per una riforma del sistema di aiuti sporadici. Ovviamente sono comunque state molte le organizzazioni che hanno ridotto i costi amministrativi, di staff e per i programmi di aiuto.
Come preannunciato, il rapporto si chiude con una serie di raccomandazioni e di proposte di riforma a livello nazionale e internazionale per sostenere lo sviluppo, sradicare la povertà superando i fallimenti nella protezione dei più vulnerabili e nel sostegno allo sviluppo umano, a partire dalla consapevolezza ben radicata nelle organizzazioni intervistate di rivestire un ruolo secondario rispetto ai governi nella promozione dello sviluppo sociale. In particolare le organizzazioni ritengono imprescindibili a tali scopi una lotta efficace alla corruzione, la riduzione delle opportunità di evasione, il recupero dei flussi finanziari illegali e l’istituzione di una tassa sulle transazioni finanziarie. Inoltre si auspica l’adozione da parte dei governi di politiche di reddito minimo garantito per tutti i cittadini (il trasferimento a persone non bisognose sarebbe recuperato attraverso la tassazione ordinaria), l’istituzione di un fondo pensione globale e l’adozione della Agenda dell'Oil sulle condizioni di lavoro. Infine si auspica un aumento delle donazioni ai paesi in via di sviluppo al fine di impedire alle crisi di rallentare il raggiungimento dei Millenium Development Goals e parallelamente l’istituzione di nuove linee di finanziamento per mitigare gli effetti già in alcuni luoghi devastanti del cambiamento climatico, da finanziare attraverso strumenti specifici quali crediti di carbonio ai paesi in via di sviluppo o tasse di scopo come quella sui biglietti aerei.
La ricerca è scaricabile dal sito
http://ngosocdev.wordpress.com/ www.ilo.org/global/About_the _ILO/Mainpillars/WhatisDecentWork/lang--en/index.htm

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti