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Mare Nostrum da trivellare

14/07/2010

In Italia sono stati rilasciati finora 95 permessi di ricerca di idrocarburi, di cui 24 a mare, per un'area interessata pari a di circa 11mila kmq, e 71 a terra, per oltre 25mila kmq. Questi alcuni dei dati forniti da Legambiente che ha presentato oggi il rapporto “Texas Italia”.
A questi permessi si devono aggiungere le 65 istanze presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 a mare per una superficie di 23mila kmq. Insomma, come afferma l'associazione ambientalista parla di una "folle corsa all'oro nero made in Italy in nome di una presunta indipendenza energetica". Ma, curiosamente, almeno il 50% delle richieste provengono da società straniere.
Tra le ultime istanze presentate c’è la richiesta della Petroceltic Italia di permessi di ricerca nell’intero specchio di mare compreso tra la costa teramana e le isole Tremiti. Queste ultime in particolare sono minacciate anche da un’altra richiesta per un’area di mare di 730 kmq a ridosso delle isole.
Recentemente è partita una nave commissionata dalla Shell che ha il compito di eseguire studi e prospezioni per individuare risorse di idrocarburi vicine all’Area Marina Protetta delle isole Egadi, che come si sa basano la loro economia prevalentemente su turismo e pesca (si veda anche il video L'affare delle trivellazioni nel mare della Sicilia).
Appare anche poco significativo e di facciata in questo contesto il recente provvedimento del governo italiano che ai fini della tutela di mare e delle coste (riforma del codice ambientale) prevede che l’attività di ricerca ed estrazione sia vietata nella fascia marina di 5 miglia lungo l'intero perimetro costiero nazionale, limite che sale a 12 miglia per le Aree Marine Protette. Al di fuori di queste aree, le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi verrebbero sottoposte a valutazione di impatto ambientale (la norma si applicherebbe anche ai procedimenti autorizzativi in corso).
Nei mari italiani attualmente sono operative nove piattaforme per un totale di 76 pozzi, da cui si estrae olio greggio. Due sono localizzate di fronte la costa marchigiana (Civitanova Marche - Macerata), tre di fronte quella abruzzese (Vasto - Chieti) e le altre quattro nel canale di Sicilia di fronte il tratto di costa tra Gela e Ragusa.
Passando dal mare alla terra, le aree del paese interessate dall'estrazione di idrocarburi sono la Basilicata, storicamente sede dei più grandi pozzi, dove si estrae oltre il 70% del petrolio nazionale proveniente dai giacimenti della Val d'Agri (Eni e Shell), l'Emilia Romagna, il Lazio, la Lombardia, il Molise, il Piemonte e la Sicilia.
Complessivamente, lo scorso anno in Italia sono state estratte 4,5 milioni di tonnellate di petrolio, circa il 6% dei consumi totali nazionali di greggio. Per Legambiente ora la quantità potrebbe aumentare, perché stanno crescendo sempre di più le istanze e i permessi di ricerca di greggio nel mare e sul territorio italiano. Legambiente ritiene che si stia dando la caccia a 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del Ministero dello sviluppo economico, sono ancora recuperabili da mare e terra italiani.
Ma basterebbe fare qualche calcolo per capire come questo petrolio sia in grado di coprire solo il fabbisogno nazionale di 20 mesi, visto che l’Italia consuma 80 milioni di tonnellate di petrolio l'anno.

 

Anche dal punto di vista occupazionale ed economico questa scelta non pagherebbe. Il settore estrattivo in Italia consentirebbe infatti solo un risparmio di 100 miliardi di euro nelle importazioni di greggio dall'estero nei prossimi 25 anni e la creazione di 34mila posti di lavoro. Numeri che "non reggono se confrontati con un investimento nel settore della green economy e delle rinnovabili" afferma Legambiente.
E’ incredibile che questa 'lottizzazione' del mare italiano sia senza sosta, anche quando l'attenzione dell'opinione pubblica e della politica è concentrata sul disastro ambientale nel golfo del Messico e sulle risibili assicurazioni economiche fornite dalla Bp. Nessuna compagnia, comprese le più grandi, potrebbe mai risanare un disastro ambientale in un'area come quella del Mediterraneo (Qualenergia.it, Come ti 'socializzo' i danni da petrolio e da nucleare).

 

E' questa politica al servizio delle lobby che va combattuta con forza, una politica senza alcuna visione per un futuro sostenibile e per la qualità della vita. Al di là di vuoti e insignificanti slogan e contrapposizioni come "ambietalismo del fare" o "ambientalismo dei No"!

 

LB

 

Tratto da www.qualenergia.it