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Il sesso della Fed e l'arte del banchiere centrale

20/08/2013

“È strano come l’argomento del genere non sia mai spuntato fuori in occasione della nomina di Bernanke. O di Greenspan. O di Volker”, ha osservato sarcastico Ezra Klein sul Washington Post.

La guerra per la successione a Ben Bernanke, attuale presidente della Federal Reserve, scoppiata nell’estate americana, si è presentata, all’inizio, con i toni di una questione di genere. Nelle argomentazioni dei sostenitori delle due parti – da un lato Larry Summers, discusso presidente dell’Università di Harvard (1), segretario del tesoro nell’amministrazione Clinton e ascoltato consigliere economico di diversi presidenti, da Clinton a Obama, dall’altro Janet Yellen (2), studiosa altrettanto brillante, una carriera nella Fed, di cui è attualmente vice-presidente - si sono sprecati tutti gli stereotipi di genere. Geniale, aggressivo, carismatico, l’uomo per le “circostanze eccezionali”, Summers; affidabile, conciliatrice, riflessiva, perfetta per tempi normali (3), ma, come è stato osservato, priva di “gravitas”, Yellen.

Questo dibattito rimanda non solo agli stereotipi sulle differenze di genere nel comportamento e nelle motivazioni, per esempio nell’avversione al rischio, ma anche all’idea dominante sul funzionamento dei mercati finanziari, guidati da ricerca dell'interesse individuale e propensione al rischio. Questa rappresentazione dei mercati distorce quello che pensiamo che si possa chiedere alle istituzioni e ai padroni della finanza (di entrambi i sessi) e contribuisce a rafforzare l’idea di un capitalismo “muscoloso” (cowboy capitalism) (4). E dunque delle caratteristiche “tipicamente maschili” associate alla leadership, tanto più nel caso del guardiano del Sancta sanctorum della finanza.

E tuttavia non mancano gli esempi di donne che esibiscono un comportamento “maschile”, nella finanza, nell’economia, nella politica. E’ forse più fruttuoso dunque cercare le ragioni del comportamento delle donne nella finanza, non nella biologia o nella diversa attitudine al rischio in quanto donna, ma in quanto “outsider”. E certamente Yellen è un'outsider, rispetto al ristretto club che ha governato la politica economica statunitense negli ultimi anni: un club caratterizzato, oltre che da una certa linea di pensiero e dalla vicinanza agli interessi di Wall street, anche dall'essere composto di soli maschi. Si veda l'efficace descrizione che ne hanno fatto, sul New York Times, Benyamin Appelbaum e Annie Lowrey. La prospettiva di un outsider mostra che quelli che sono considerati come leggi “naturali” e valori universali sono in realtà costruiti. Così è per la finanza, che destra e sinistra vedono governata da speculazione e desiderio di profitto, concorrenza e mercato, gli uni per osannarne il funzionamento (la mano invisibile) gli altri per condannarlo. E dunque l’atteggiamento responsabile delle donne va bene “in tempi normali” o per “riparare i cocci”.

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Tratto da www.ingenere.it