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La green economy e il fardello della spesa militare

19/01/2011

Gli Stati Uniti stanno perdendo terreno velocemente nei confronti della Cina nel campo dell'economia verde e la colpa è anche dell'enorme spesa militare che sottrae risorse agli investimenti pubblici per mitigazione e adattamento climatico. Il gigante asiatico, ormai leader incontrastato della green economy, spende circa un sesto rispetto alla superpotenza americana per gli armamenti e il doppio per ridurre le emissioni e prepararsi ai cambiamenti climatici.

 

Visto che la questione clima negli anni a venire sarà critica per la sicurezza nazionale e che a livello economico la spesa per le tecnologie verdi ha un effetto volano molto superiore rispetto a quella militare, gli Usa dovrebbero affrettarsi a tagliare il budget del Dipartimento per la difesa per finanziare la transizione all'energia pulita e l'adattamento. Questa analisi fa parte dell'interessante studio dell'Institute for Policy Studies in cui vengono messe a confronto le spese militari e quelle per mitigare il global warming e limitarne i danni (vedi allegato in basso).

 

Che la questione climatica sia vitale per la sicurezza nazionale, Washington in realtà lo ha già capito, almeno negli ultimi anni: il budget federale dedicato è raddoppiato dal 2008 al 2011, passando da 7,4 a 18,1 miliardi di dollari. Anche la sproporzione rispetto alla spesa per gli armamenti – cresciuta negli stessi anni da 696,3 a 739,3 miliardi di dollari - si dunque è ridotta: nel 2008 per ogni dollaro speso in questioni legate a clima ed energia se ne stanziavano 94 per i militari, nel budget 2011 il rapporto è sceso a 1 a 41. Un progresso, certo, ma ancora lontano da quel che servirebbe, specie se lo si confronta con ciò che sta facendo la superpotenza rivale. In Cina (dove va però va detto che la spesa militare non è completamente trasparente) si spende appunto un sesto rispetto agli Usa per le armi e il doppio per il clima: il rapporto tra spesa militare e stanziamenti per mitigazione e adattamento è di 2-3 dollari a 1.

 

Cosa significhi questo per l'economia e la sicurezza del paese lo spiegano alcune parti dello studio: da un lato si citano i vari studi degli stessi vertici militari Usa (sintetizzati nei Quadrennial Defense Review) che indicano chiaramente il cambiamento climatico come fattore di rischio per la sicurezza geopolitica americana, dall'altro i dati sulle ricadute economiche dei tipi di spesa pubblica. Un miliardo – stima il report – se speso in armamenti creerà circa 8mila posti di lavoro, se speso per potenziare il trasporto pubblico 20mila, se speso per l'efficienza energetica negli edifici o per le infrastrutture circa 13mila.

 

 

Numeri fanno capire il senso di quanto faceva notare quest'estate Obama nell'annunciare l'avvio del ritiro dall'Iraq: "Purtroppo non abbiamo fatto abbastanza per porre le fondamenta per la nostra stessa prosperità. Abbiamo speso più di un trilione di dollari per la guerra, soldi spesso presi a prestito dall'estero (e soprattutto proprio dalla Cina, ndr). Questo, come conseguenza, ha ridotto gli investimenti nel nostro stesso popolo". Una visione cui però sono seguiti modesti tagli alla spesa militare rispetto a quanto suggerito dallo studio.

 

La direttiva della Casa Bianca per i prossimi 5 anni è di ridurre la previsione di spesa per la difesa di 78 miliardi nei prossimi 5 anni. Secondo il report si potrebbe, senza rischi per la sicurezza, tagliare di 100 miliardi all'anno e lo si dovrebbe fare presto. Soldi che andrebbero redistribuiti agli enti che si occupano di mitigazione ed adattamento al global warming: Dipertimento per l'Energia, Trasporti, Lavoro, Environmental Protection Agency e National Oceanic and Atmospheric Administration.

 

Una prospettiva che appare purtroppo improbabile visto il grande supporto politico di cui il conglomerato pubblico-privato della difesa americano gode storicamente. Gli Usa spendono il 4,8% del proprio prodotto interno lordo (del 2008) nella difesa e il 40% della spesa in armamenti mondiale. Come detto stanziano un budget 6 volte superiore alla seconda nazione con la spesa militare più alta (la Cina, appunto) e più dei budget dei 15 paesi con più spesa militare sommati. In un altro report, in cui ha collaborato la Pemberton (assieme ad altri esperti bi-partisan), si stima che si possano recuperare 960 miliardi di dollari dalla spesa militare americana dal 2011 al 2020. "Si tratterebbe, spiega l'autrice principale dello studio Miriam Pemberton, “di sostituire la tecnologia verde alla corsa agli armamenti iniziata con lo Sputnik. Un modo per tenere il passo con la Cina e salvare il pianeta".

Tratto da www.qualenergia.it