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15 mosse contro la grande crisi

07/09/2009

Nella Cernobbio che conta, quella che vedrete in tv, il duello sarà tra governisti finto-interventisti e liberisti-giustificazionisti. Impegnati a farsi largo tra le macerie della crisi e a mantenere i propri piccoli grandi poteri, tutti ignoreranno operai e insegnanti senza lavoro arrampicati sui tetti, i numeri della recessione italiana (Pil -6 per cento nel 2009, rapporto debito/Pil al 120 per cento nel 2010) e le responsabilità dell'élite nazionale raccolta sulle rive del lago di Como. Non ci saranno idee, proposte politiche (e soldi) per affrontare la crisi. Fin troppo facile guardare dietro i monti sopra Cernobbio, oltre il confine. Tutti sanno che negli Usa Obama ha salvato la finanza, l'auto e veleggia verso un'economia verde, che in Germania la Merkel difende il controllo di ogni pezzo dell'industria tedesca (caso Opel), che in Francia Sarkozy lancia la spesa e l'industria pubblica e spinge per chiudere i paradisi fiscali e controllare la finanza. Tutti hanno la loro dose di guai, ma anche economie che vanno meglio dell'italiana.
Su quel ramo del lago di Como invece, per ascoltare idee e proposte politiche bisogna spostarsi al Cernobbioshed, dove la Campagna Sbilanciamoci tiene oggi l'annuale contro-Cernobbio, mai così vicina (300 metri) all'originale. Qui le 50 associazioni della campagna, sindacalisti ed economisti discuteranno dei bluff della politica del governo - il finto-interventismo di Tremonti - e delle alternative che si possono praticare, sulla base dei corposi documenti disponibili sul sito old.sbilanciamoci.org.
Le alternative alla crisi di Sbilanciamoci prevedono cinque principi per cambiare le politiche, cinque nuove iniziative economiche e sociali e cinque modi per trovare i soldi che servono: 40 miliardi per il 2010 e 2011, l'1,6% del Pil del 2010 e lo 0,9% nel 2011 (fino a ora il governo ha speso appena lo 0,8% del Pil, contro il 3,7% della media del G20).
L'obiettivo politico è uno sviluppo fondato su sostenibilità ambientale e qualità sociale, diritti e uguaglianza, un nuovo modo di produrre e di consumare. Per raggiungerlo, cinque principi di fondo. La sostenibilità ambientale dev'essere al centro della necessaria riconversione di produzione e consumi. La qualità sociale resta il tratto distintivo di un'economia che rimetta al centro il lavoro, le persone, i diritti sociali. Serve un equilibrio diverso tra consumi collettivi e consumi individuali, sacrificati i primi (tagli a welfare, sanità e scuola) e dilatati i secondi, con consumi opulenti e distruttivi per la società e l'ambiente. Il principio della cooperazione deve rimpiazzare la competizione esasperata, nei rapporti Nord e Sud del mondo, come tra persone e imprese. Infine la ricostruzione di un serio intervento pubblico per disporre di strumenti adeguati, dando regole stringenti ai mercati finanziari, disegnando una vera politica industriale, meccanismi di stimolo all'economia reale, nuove forme di redistribuzione e sostegno della domanda.
Veniamo alle politiche concrete. La più urgente, in quest'autunno caldo per l'occupazione, è una politica del lavoro che estenda gli ammortizzatori sociali ai lavoratori delle piccole e medie imprese e ai lavoratori atipici (co.pro, interinali etc.), sulla base delle norme attuali per i lavoratori delle grandi imprese (cassa integrazione e copertura fino a otto mesi all'80% dello stipendio). Altre misure potrebbero tutelare la difesa dei posti di lavoro e scoragguare i licenziamenti.
La seconda iniziativa concreta è un piano nazionale di «piccole opere» ambientali e sociali: ad esempio entro il 2011 si potrebbero realizzare 500 mila impianti fotovoltaici, 500 treni per i pendolari, 20 progetti di mobilità sostenibile (autobus, car sharing).
La terza iniziativa è un allargamento delle politiche di welfare, senza la carità della social card e dei bonus bebè, ma con servizi sociali pubblici che diano risposte ai bisogni insoddisfatti: 5 mila nuovi asili nido, 1000 strutture di servizio per disabili e anziani non autosufficienti, l'introduzione dei livelli minimi di assistenza, la promozione del diritto allo studio.
Per il sistema produttivo, la quarta proposta di Sbilanciamoci è di sostenerne e orientarne le attività con nuovi strumenti di politica industriale e dell'innovazione, che usino la leva della domanda e degli interventi selettivi, offrendo incentivi, accesso al credito e aiuti (con defiscalizzazioni o bonus) alle imprese che mantengono l'occupazione e assumono in modo stabile i precari.
Infine, la quinta iniziativa, contro l'impoverimento del paese, riguarda il sostegno al potere d'acquisto attraverso, ad esempio, l'introduzione della 14ma mensilità per i pensionati sotto i mille euro lordi mensili; la restituzione del fiscal drag ai lavoratori dipendenti; la reintroduzione del reddito minimo d'inserimento (cancellato di recente) per i disoccupati e chi non ha altri ammortizzatori sociali.
Fare tutto questo costerebbe 40 miliardi in due anni. Dove trovarli?
Da nuove entrate fiscali potrebbero venirne più della metà, 21 miliardi di euro. Innanzi tutto con la lotta all'evasione fiscale, poi 8 miliardi dalla tassazione delle rendite al 23%, dall'aumento dell'imposizione al 49% per i redditi oltre i 200 mila euro; dall'introduzione di tasse di scopo (SUV, diritti televisivi sullo sport, spettacolo, pubblicità, etc.). Inevitabile poi prendere un po' di risorse dove i soldi non mancano, il 10% più ricco della popolazione: qui viene proposta una tassa straordinaria per i patrimoni sopra i 5 milioni di euro, con una imposizione minima del 3 per 1000.
Da interventi sulla spesa pubblica attuale potrebbero venire 17 miliardi di euro. Nelle spese militari la cancellazione dell'acquisto del cacciabombardiere JSF produrrebbe un risparmio in 10 anni di 16 miliardi di euro, e la riduzione del 20% delle spese militari in due anni produrrebbe un risparmio di 6 miliardi di euro. La rinuncia al programma delle inutili grandi opere (a cominciare dal Ponte sullo Stretto di Messina) comporterebbe un risparmio di 3 miliardi. Una razionalizzazione della spesa pubblica potrebbe abolire i contributi alle scuole private (1,4 miliardi in due anni). Fatti i conti, il nuovo indebitamento pubblico necessario per realizzare queste nuove politiche sarebbe modesto, appena 2 miliardi di euro. In cambio, si creerebbero centinaia di migliaia di posti di lavoro, l'economia uscirebbe dalla recessione e l'Italia sarebbe un paese un pochino migliore.
Su queste proposte si è aperta la discussione sul sito di informazione vicino alla campagna, che festeggia alla contro-Cernobbio il primo compleanno, old.sbilanciamoci.info, coordinato da Roberta Carlini e ospitato ogni domenica dal manifesto. Uno spazio usato da economisti, operatori sociali, giornalisti e militanti interessati all' economia com'è e come può essere.

Tratto da www.ilmanifesto.it