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Tav

La memoria del movimento

02/03/2012

I più ingenui tra i detentori del potere credono davvero di insegnare la democrazia a un pugno di riottosi. Solo che i numeri della protesta non tornano e neppure la geografia

Facciamo un passo indietro. La decisione del Parlamento europeo e del Consiglio (884/2004) prescrive che all'atto della pianificazione e della realizzazione dei progetti «gli stati membri devono tenere conto della tutela dell'ambiente, effettuando... valutazioni d'impatto ambientale dei progetti comuni da attuare». Più sotto, all'articolo 10 si prevede un «ruolo importante nel traffico ferroviario di passeggeri su lunghe distanze» e inoltre di agevolare «il trasporto delle merci attraverso l'individuazione e lo sviluppo di grandi assi riservati al trasporto merci o destinati in via prioritaria ai convogli merci».
Quello che c'è davvero, sotto la montagna, nessuno dei grandi democratici che strillano, se l'è chiesto. La prospettiva è di scavare 16 milioni di metri cubi di roccia. Solo per la parte italiana. A conti fatti è il volume di una città da 250 mila abitanti. Una nuova città, la seconda del Piemonte, tutta di rifiuti e cresciuta poco alla volta, nel corso di 10 anni e più. Anche l'acqua dei monti se ne andrà. Inoltre vi sono altre montagne da bucare, per fare la ferrovia nuova. Per esempio il Musinè, con una roccia satura di amianto. Quante centinaia di tonnellate di amianto verranno alla luce? Le si manderanno, eventualmente, tutte a Casale Monferrato, dove sono già abituati?
Il cenno al «ruolo importante... dei passeggeri» sembra una presa in giro. Il traffico passeggeri è sempre più modesto, già da prima della crisi. Modesto al punto di far fare, come si usa dire, una «capriola» al progetto e cambiare il Tav nel Tac dell'Alta capacità o Traffico merci. Qui sorge il dubbio che i francesi non siano neppure stati avvertiti. In ogni caso il Traffico merci, quello per il quale si fa l'opera, era nel 2006 di 6 milioni di tonnellate anno (mt/a) contro i 16 ipotizzati.
Nel 2010 il piano era di 20 mt/a, mentre la dura realtà è stata di 2,6 mt/a.
C'è almeno un altro punto da ricordare; nell'allegato III al punto 6 si descrive il famoso asse ferroviario Lione-Budapest-Frontiera ucraina, quello che dovrebbe passare dalla galleria del Moncenisio, quella nuova. È prevista una tratta Torino-Venezia, ma dov'è il decisivo collegamento Milano-Venezia? La tratta Verona-Padova non è neppure stata appaltata. Lungi da noi la volontà di puntare il dito su quelle operose popolazioni, ma è proprio così. La Tav tra Lione o Parigi e Milano, via Torino invece c'è già ed è gestita - tra l'altro – dalle ferrovie francesi. Il viaggio dura forse mezzora o anche un'ora più passando più in alto, ma il viaggio si fa. Invece il cosiddetto corridoio 5 non esiste, senza il collegamento veneto. Certo è più facile, almeno sulla carta, fare i prepotenti con i valsusini che risolvere i nodi, politici ed economici del ricco Nord-est.
Adesso facciamo un passo avanti. Ministri, capi della polizia e personaggi dei grandi partiti sono sconcertati per la diffusione della sindrome Tav in buona parte d'Italia. La spiegazione corrente è quella dell'anarcosindacalismo, ma è piuttosto una spiegazione di comodo, in attesa di trovarne un'altra, più sensata; o di non trovarne affatto e passare alla fase di repressione, senza se e senza ma.
I più ingenui tra i detentori del potere credono davvero di insegnare la democrazia a un pugno di riottosi. Solo che i numeri della protesta non tornano e neppure la geografia. L'influenza valsusina, se di questo si tratta, è ormai molto diffusa. A riflettere bene, la democrazia della maggioranza che fa quello che vuole, perché ha i voti in parlamento, è quella cara a Silvio Berlusconi, il presidente di prima. Allora gli dicevamo che democrazia è qualcosa di più complesso, per esempio il diritto di una minoranza di non essere messa a tacere, ma di ottenere che le leggi – tutte le leggi – vengano rispettate. Non solo quelle che la maggioranza ha fatto a proprio favore, o a favore degli amici.
C'è anche un altro spezzone di verità e giustizia, forse difficile da acquisire da parte di chi non fa neppure un tentativo in quella direzione. I giovani e i meno giovani che stanno dalla parte dei valsusini sono convinti assertori della necessità di cambiare modello – e subito – nel nostro paese e in Europa, se si voglia garantire un futuro accettabile a tutti.
Il modello ha molti nomi. Sul nostro giornale prevale ormai la formula «Conversione ecologica» cui tutti si sentono partecipi e tutti collaborano, cercando di cambiare la società, il sistema produttivo, le priorità. Il lavoro. Un treno ad Alta velocità (o alta capacità che sia) che si sovrappone a uno esistente, buca le montagne, riempie di polveri nocive la pianura, blocca miliardi su miliardi, silura altre iniziative necessarie, crea le condizioni di appalti fuori controllo, urta con scelte drammaticamente diverse sul sistema dei trasporti, nazionale e locale, non fa parte della conversione ecologica e neppure dell'insieme di verità e giustizia che compone la democrazia che vogliamo.

da il manifesto del 2 marzo 2012

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