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La festa semplice dei beni comuni
Sbilanciamoci ha trovato tra Como e Cernobbio la sua sede naturale, di questi tempi. La riunione della mattina, in alto sul lago scintillante, è costata 30 euro. Su un tavolo di fortuna, si sono costruiti e pinzati, da parte degli economisti e dei professori che stavano per intervenire, i fascicoli sulle critiche all'economia corrente e sui suggerimenti per opzioni diverse. Ve li immaginate quelli di Villa d'Este, un Tremonti o un Draghi o un Bertinotti, fare lo stesso? Eppure c'era allegria e perfino una certa manualità non del tutto dimenticata. Gli argomenti, le proposte, le alternative in campo erano almeno altrettanto concreti di quelle offerti ai padroni, a mille dollari al secondo. Con questa differenza: da loro ciascuno era indotto a riflettere così: questo mi conviene, questo no; e ad agire in conseguenza; da noi, a Cernobbio Alta, si pensava al bene comune - ai beni comuni - e ogni egoismo era messo da parte.
Scesi a Como, in periferia, in una sala teatro dell'Arci, per le discussioni del pomeriggio c'era in primo luogo da mangiare e da bere: una sorpresa gradita. Qualcuno, molto discreto, aveva lavorato gratis e preparato per gli altri. Come alle riunioni di una volta; ma meglio di allora; ciascuno degli invitati infatti aveva imparato come tenere pulito lo spazio comune, come aiutare e aiutarsi. Un catering solidale, l'economia del dono, tanto da far rabbrividire un'intera pattuglia di banchieri.
I temi in discussione erano: «cambiare le produzioni, cambiare i consumi» e «Il ruolo delle politiche pubbliche». Si può perfino supporre che alla fine si sia costruito un unico discorso, con al centro un'affermazione precisa: equità è uguale a efficienza, non diversa. «Non parlo per sentito dire, ma di cose che ho studiato in modo approfondito - ha spiegato Guido Ortona - parlo di economia del comportamento che insegno all'università». E ancora «Il modello scandinavo è tutto lì a dimostrarlo»; ma anche i nostri concittadini lo sanno benissimo. Sono sensibili ai discorsi di equità e di efficienza, appaiati. «Tutti conoscono il detto: "a salario di merda, lavoro di merda" e tutti sanno che può, anzi deve essere rovesciato».
Laura Spezia della Fiom ha posto al centro dei beni comuni quelli «come l'acqua» la serie per la quale lottano i lavoratori: democrazia, legalità, contratto, diritti. Un altro discorso forte è stato quello di Alessandro Santoro sulle politiche fiscali. «Il fisco ci vede poco e ci vede male». Il caso soprattutto riguarda le imposte sui patrimoni, scarse su quelli mobiliari e soprattutto su quelli mobiliari. «I ricchi veri non risultano al fisco. Per raggiungerli occorre guardare ai patrimoni, ai beni opulenti». Poi Christian Marazzi ha notato come il capitalismo non riesca a far uscire dalla crisi la sua economia, nonostante abbia importato in Europa il lavoro sottopagato cinese. E la sua critica al modello europeo arriva alla previsione di una Germania che «uscirà dall'euro».
Pietro Reitano di Altra economia riassume il compito dei media in modo eccellente: «Cercare notizie e fare domande». Ma è pessimista su quanto avviene davvero: «L'informazione sta morendo». La verità è un di più troppo costoso che per di più non piace agli inserzionisti. Chiude il dibattito Domenico Finiguerra, sindaco di Cassinetta di Lungagnano, capofila dei comuni virtuosi. Ritorna su efficienza ed equità. Servono opere - piccole opere - di manutenzione in tutti i comuni. Per le grandi opere ci sono 20 miliardi. Una per l'altra sono dannose. Molto meglio fare le tante piccole cose che servono e rappresentano altrettanti beni comuni. «Abbiamo ragione». Contro c'è una minoranza rabbiosa che ha ragione di noi perché deforma la realtà. Noi dei beni comuni siamo migliaia e migliaia di minoranze: dobbiamo soltanto far circolare un discorso che tutti possano sentire.