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Il welfare a rischio

28/11/2014

Contromisure/Ridurre la sanità e le scuole private, più fondi sociali Come riformare il sistema di protezione per i poveri

Sono 3 milioni e 230 mila le famiglie che vivono in povertà relativa, 2 milioni e 28 mila quelle che vivono in povertà assoluta. Un'agenda di governo che volesse fare i conti con l'ingiustizia economica e sociale, accanto al varo di politiche di redistribuzione del reddito e del lavoro, dovrebbe occuparsi di cambiare verso anche al sistema di protezione sociale. La legge di stabilità non sembra andare in questa direzione.

Nel testo depositato alla Camera erano previsti 300 milioni di euro per il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali, 250 milioni per il Fondo per le non autosufficienze, 298 milioni per un nuovo fondo per gli interventi destinati alle famiglie, 250 milioni per la social card, 200 milioni per il cosiddetto bonus bebè (80 euro mensili per tre anni), 187,5 milioni per il Fondo nazionale per le politiche e i servizi sull'asilo e una riduzione di 150 milioni degli stanziamenti per il finanziamento degli istituti di patronato e assistenza sociale.

Per il Servizio Sanitario Nazionale, in teoria, si conferma quanto concordato con il Patto Nazionale per la Salute tra Stato e regioni: 112,5 miliardi per il 2015 e il 2016, 115,4 miliardi per il 2017. Ma i tagli di 4 miliardi alle regioni avranno delle conseguenze.

L'1,2 miliardi di tagli dei trasferimenti ai Comuni si ripercuoteranno sui servizi sociali comunali, come lasciano intuire gli ultimi dati Istat disponibili: nel 2011 la spesa sociale comunale, 7,02 miliardi di euro, ha già registrato un -1,4% rispetto al 2010 ed è stata cofinanziata dai cittadini, in forma di quote di compartecipazione ai servizi, per ben 965,1 milioni di euro.

Nel corso della discussione in Commissione Bilancio alla Camera, le novità più significative sono tre. Il Fondo per le Non Autosufficienze sale a 400 milioni per il 2015 (di fronte ai 600 richiesti dalle organizzazioni della società civile) e solo grazie a una riduzione del Fondo per gli interventi destinati alle famiglie; sono aggiunti sul capitolo degli ammortizzatori sociali 400 milioni tra 2015 e 2016; cambiano i requisiti di accesso al bonus bebè: sarà limitato alle famiglie con Isee non superiore ai 25mila euro e sarà raddoppiato per chi ha un Isee inferiore ai 7 mila euro l'anno.

Nessun accenno invece all'introduzione di una forma di sostegno al reddito e ad interventi significativi per contrastare la crescita della povertà.

Nell'anno 2012/2013 hanno frequentato gli asili nido pubblici 198.705 bambini (fonte Istat), con un costo annuo a carico delle famiglie pari a 300 milioni di euro. Le risorse stanziate per il bonus bebè sarebbero più che sufficienti per ridurre le rette per gli asili nido pubblici e ampliare il sistema dei servizi per l'infanzia. Si potrebbe fare trasferendole ai Comuni con vincolo di spesa e facendo rientrare il sistema degli asili nido tra i Livelli Essenziali delle Prestazioni di cui si attende la definizione.

Una riforma fiscale improntata ai principi di equità e progressività consentirebbe di finanziare adeguatamente i fondi sociali e di sperimentare un reddito minimo garantito di 500 euro mensili per circa 764 mila persone che si trovano in condizioni di povertà assoluta (costo stimato: 4 miliardi di euro).

La revisione delle convenzioni con le strutture private consentirebbe di ridurre il peso dei ticket sanitari. La cancellazione dei contributi alle scuole private potrebbe ampliare il numero di beneficiari delle borse di studio, privilegiando gli studenti con redditi familiari più bassi. La rinuncia alla svendita del patrimonio pubblico permetterebbe politiche di recupero di immobili di proprietà pubblica a fini abitativi e sociali. Lo smantellamento dei Cie potrebbe dirottare i 190 milioni di euro previsti sugli interventi di inclusione sociale e di inserimento lavorativo dei migranti. Fermare la privatizzazione del welfare, investire nel rafforzamento del sistema di assistenza sociale territoriale, rinunciare alla frammentaria elargizione di erogazioni economiche caritatevoli per introdurre una forma universale di sostegno al reddito sarebbe la strada da seguire. (g.n.)

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