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Cosa vuol dire oggi essere di sinistra

11/04/2013

Il neoliberismo è stato libertà ai capitali in cambio di libertà agli individui. Sinistra oggi significa essere contro l’ingiustizia e per la democrazia diretta. Un’anticipazione dal libro “Essere di sinistra oggi”

Viviamo negli anni Teen del 2000, siamo entrati storicamente nel XXI secolo fin dal crollo del Muro di Berlino, e viviamo nella Grande Recessione, un periodo storico senza precedenti che coniuga crisi economica, geopolitica, climatica. Insomma stiamo attraversando una tempesta storica perfetta. Eppure la sinistra non si è rinnovata. Rimane prigioniera di certezze ideologiche smentite dal tempo, della nostalgia di rivoluzioni che si sono rivelate fallimenti. Oppure, al contrario è diventata negli ultimi vent’anni ostaggio del pensiero unico neoliberista che ci ha consegnato un paesaggio di devastazione sociale, con annesse pervicaci illusioni rigoriste che rischiano di far saltare l’Europa.

Viviamo in epoca di disoccupazione e precarietà, con uno spreco immenso del talento e delle aspirazioni delle giovani generazioni, eppure la sinistra rimane in balia della suicida politica di rigore e austerità, e la sinistra sindacale ha ancora in mente i lavoratori di mezz’età e i pensionati: i precari sono un afterthought, dopo la difesa delle pensioni e del contratto nazionale.

Viviamo in un’era di crisi ecologica con trasformazioni dell’ambiente indotte dal capitalismo fossile che mettono a repentaglio la civiltà umana, eppure la sinistra ha ancora in mente la crescita e il progresso e non vuole prendere in conto il vincolo assoluto rappresentato dalla concentrazione massima delle emissioni di anidride carbonica compatibile con la stabilità delle temperature globali e la prevenzione di cambiamenti climatici catastrofici: 350 parti per milione di CO2 nell’atmosfera (oggi siamo già a quota 390 ppm).

Viviamo in un’epoca in cui rivoluzioni e movimenti, la fine dell’unipolarismo Usa e l’ascesa del capitalismo di partito cinese, accompagnata dal declino dell’egemonia euramericana, stanno ridisegnando il mondo, eppure la sinistra ragiona per adesione acritica o agli americani o ai nemici dell’America, insomma secondo le categorie ereditate dal bipolarismo della Guerra Fredda, inservibili in un mondo multipolare, dove il G8 diventa il G20 e la rivoluzione in Tunisia ed Egitto mette in moto una catena di eventi che porta Madrid e Barcellona a scendere in piazza a oltranza e all’assedio di Wall Street. Eppure la sinistra pensa ancora in termini di partiti e movimenti organizzati, di potere esercitato dall’alto dello stato o dall’alto di una gerarchia pseudoleninista sulla società civile.

La prima vittima dell’11 Settembre è stato il movimento noglobal, quello di Seattle e Genova. I comunisti delle più varie estrazioni tentano di ricondurre le origini del movimento allo zapatismo marxista e liberazionista del Subcomandante Marcos, ma la verità è un’altra, come spiega l’antropologo anarchico David Graeber ai marxisti sulle pagine della New Left Review. Questo è il movimento che segna il ritorno dell’anarchismo sulla scena globale, con la sua passione per la democrazia diretta e l’internazionalismo dal basso; un ritorno che è stato incubato dall’anarchia punk degli anni ’80 e il libertarismo cyberpunk degli anni ’90.

Fin da quando esiste il capitalismo industriale, cioè dall’Ottocento, marxismo e anarchismo si sono divisi le coscienze di chi si opponeva all’ingiustizia di un sistema che creava ricchezza e disuguaglianza al tempo stesso. Socialismo e anarchismo sono stati in competizione fino al 1914, quando contadini e lavoratori presero a massacrarsi nelle trincee di Verdun e della Somme con una fedeltà prima insospettata ai rispettivi stati-nazione. Nel XX secolo, Lenin e poi Mao decretano il trionfo di Marx su Bakunin. Anche se il 1968 è innescato da pulsioni libertarie, è l’icona di Che Guevara e a dominare i movimenti studenteschi, dove è tutto un pullulare di sette marxiste. Marx continua a essere indiscusso fino alla fine degli anni ’70, quando arrivano Reagan e Thatcher a distruggere Keynes e la socialdemocrazia in nome della libertà economica. La deindustrializzazione fa scempio del soggetto di trasformazione sociale per eccellenza del marxismo, la classe operaia, e dei suoi partiti e sindacati. In Europa orientale, il marxismo si dissolve insieme all’Unione Sovietica, che nel 1991 va a riempire la discarica degli imperi sconfitti dalla storia. Solo la Cina, grazie alla strage di Tienanmen, rimarrà una potenza comunista globale. E soprattutto diventa grande potenza aderendo al capitalismo, il sistema economico che Mao aveva deciso di abbattere ma che Deng restaurerà, garantendo alla Cina un’espansione che non ha ancora conosciuto battute d’arresto.

Dal canto loro, i socialdemocratici dopo aver subito negli anni ’80 ripetute sconfitte elettorali e ideologiche a opera del neoliberismo, si macchiano di apostasia, dichiarano di aver avuto torto nei trent’anni del fordismo (1945-1979) quando le condizioni sociali generali erano migliorate per tutti: e ammettono che sì adesso il mercato è meglio dello stato, che stabilità monetaria e di bilancio sono dogmi cui bisogna piegarsi, lo dicono i mercati finanziari, che è meglio lasciarli liberi di determinare le loro regole, perché solo così creeranno ricchezza. L’uguaglianza? Archiviata.

Eppure la sinistra come scrive Bobbio si decide sulla questione dell’uguaglianza, della riduzione delle disuguaglianze enormemente aumentate nei decenni di strapotere neoliberista. Sinistra significa essere orgogliosi eredi dell’Illuminismo e della Rivoluzione Francese, libertà, uguaglianza, fratellanza, e delle migliori tradizioni del movimento operaio e del radicalismo di sinistra (il 1848, la Comune, il consiliarismo, il Fronte Popolare, la Resistenza e l’Autunno Caldo). Ma oggi più che mai per essere di sinistra bisogna essere antidogmatici. Per esempio, in Libia era giusto stare dalla parte degli insorti di Bengasi e della rivoluzione, così come nei primi anni ’90 avremmo dovuto tutti essere dalla parte di Sarajevo.

La controrivoluzione conservatrice degli anni ’80 ha imposto la liberalizzazione dei movimenti di capitale e delle transazioni finanziarie, proprio quella deregulation che ha causato questa gigantesca crisi di cui non riusciamo a scorgere la fine, e deciso che la formula magica di flessibilità si dovesse applicare in ogni campo, dai tassi di cambio ai rapporti di lavoro. Se per trent’anni (1980-2008) l’ideologia neoliberista della flessibilità del mercato ha spadroneggiato in occidente e nel resto del mondo è stato per un semplice motivo: andava incontro al desiderio irrefrenabile di libertà individuale delle persone, che emergeva a ogni latitudine.

Se il compromesso fordista era capitalismo e occidentalismo in cambio di progresso sociale e riduzione delle disuguaglianze, il compromesso neoliberista era libertà dei mercati in cambio di libertà delle persone. Il conto lo stiamo pagando adesso, ma sono stati trent’anni che hanno trasformato il mondo, compiendo la traiettoria dal mondo industriale al mondo digitale. La diffusione del web è facilitata dall’incontro fra ethos libertario dei techies e animal spirits finanziari. Ma la fase di accumulazione digitale risulta intrinsecamente inegualitaria per la fine di ogni vincolo alla libertà d’impresa e alla speculazione finanziaria.

Le libertà individuali e la reale capacità di partecipazione democratica collettiva delle persone sono il banco di prova per la sinistra del XXI secolo. Essere di sinistra è rifiutare la limitazione delle libertà individuali in nome della sicurezza dello stato o del conformismo alle norme sociali prevalenti. Essere di sinistra è salutare con favore, sostenere o partecipare a movimenti che mobilitano la società online e offline in vista dell’emancipazione individuale e collettiva e di una relazione meno speculativa con l’ambiente urbano e più rispettosa dell’ambiente naturale.

Una/uno di sinistra è quindi quella persona che:

  • Si batte per i diritti umani e la democrazia ovunque siano violati – in Iran come in Guatemala, in Sudan come a Guantanamo.
  • Propugna la drastica riduzione della disuguaglianza sociale contro le aspirazioni oligarchiche di grandi banche, grandi imprese, grands commis.
  • Difende la dignità umana e appoggia i diritti delle donne, dei gay, delle lesbiche, dei queer, degli zingari, degli immigrati come standard fondamentali in base ai quali giudicare gli altri diritti civili.
  • Pratica il cosmopolitismo multiculturale come il miglior antidoto a razzismo, antisemitismo, islamofobia: chi nasce a Milano è milanese; chi nasce in Europa è europeo.
  • Si batte con coraggio contro l’intimidazione mafiosa e il dilagare dell’economia criminale in Italia e nel mondo.
  • Considera la questione climatica la chiave della risoluzione della crisi economica: green jobs for a Green New Deal, new welfare rights against the Precarious Society; questo dev’essere il programma socioeconomico della sinistra.
  • Vede nella libertà d’espressione – innanzitutto online – nell’arte, nella ricerca, nella cultura, sui media, l’architrave di qualsiasi sistema che aspiri a equità e giustizia per le persone, non importa quale sia il loro credo, la loro provenienza sociale, il loro genere.
  • Sa di vivere nel dopo guerra fredda: il comunismo ha perso, per ragioni soprattutto interne, mentre altri approcci ideali – orizzontalisti, ambientalisti, genderisti – ne hanno preso il posto come vettori del cambiamento sociale.
  • Sa che siamo nel dopo 11 Settembre e nella crisi climatica: sa di vivere in un mondo in cui la catastrofe – geopolitica e ambientale – è sempre in agguato, ma che il mondo dopo la sconfitta del bushismo è diventato irreversibilmente postimperialista.
  • Semplicemente: essere di sinistra oggi è avere un’avversione istintiva per l’ingiustizia e lo sfruttamento, un’affinità elettiva con la democrazia diretta, un’empatia morale per la dignità delle altre persone nelle nostre città e nel mondo; è essere consapevoli che la crisi ecologica e le minacce arrecate alla biosfera richiedono un cambiamento economico e sociale radicale.

Presentiamo qui una parte del secondo capitolo del volume di Alex Foti “Essere di sinistra oggi. Guida politica al tempo presente” (Il Saggiatore, 2013, 146 pp., 14 euro, www.ilsaggiatore.com/argomenti/politica-attualita/9788842818816/essere-di-sinistra-oggi/).

 

 

 

 

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Commenti

A mo' di recensione

L'intelligenza di Alex Foti coniuga lucidità e fantasia in modo ammirevole. Con fantasia non intendo un atteggiamento di fuga dalla realtà, ma una capacità di leggere le tendenze a partire da una sensibilità che nasce dalla capacità di stare dentro le mobilitazioni, soprattutto quelle che si sviluppano negli interstizi delle metropoli, dalle case occupate milanesi, ai sottopassaggi americani, dai party queer agli hacker delle città dell'Est. Alex Foti aveva già proposto una tassonomia precisa dei movimenti in Europa post 2001 in cui il bisogno di un mondo diverso possibile era coniugato a partire da esperienze dirette, quelle di chi va a cercare nelle masse in rivoltà l'umanità dei singoli (Anarchy in EU, Agenzia X). "Siamo i figli del caos e della catastrofe. Eppure bisogna continuare ad agire, senza tregua sperimentare, sbagliare, ripensarci, ritessere ancora, mandar giù nella memoria l’euforia collettiva delle cose riuscite, e cercare di espungere odi e rancori in vista della causa comune più alta." Già nelle pagine finali di Anarchy in EU, Alex Foti anticipava gli esiti della Grande Recessione, facendo tesoro anche delle teorie matematiche del caos: nell'evoluzione delle variabili macroeconomiche e delle forme istituzionali vengono a presentarsi delle biforcazioni. E' in questi punti che la capacità di scegliere, di sviluppare forze propulsive di massa animate da soggetti in grado di aspirare ad un nuovo modo di essere insieme diventa fondamentale. In questo suo ultimo libro, di cui leggo ora questa anticipazione, Alex Foti ha di nuovo il coraggio di sciogliere i nodi con la nostalgia di un comunismo che va conosciuto e non rinnegato, ma che non può essere riproposto, e soprattuto ha il coraggio di insistere su prospettive di liberazione dallo sfruttamento, dall'alienazione, dal dominio di chi pretende di comandare in modo astratto gli uomini e la natura. L'augurio è che questo libro sia letto e discusso e che l'effetto sia quello che hanno trasmesso a me queste pagine pubblicate su sbilanciamoci.info: la gioia di protestare, manifestare, e soprattutto di intervenire in quegli spazi dove la lotta istituisce forme di aiuto reciproco, anche negli orrori in cui stiamo vivendo.
Da economista mi permetto solo una precisazione: è vero che il sistema d pagamenti internazionali dopo il 1971 sancisce l'ideale trionfo della flessibilità dei cambi, ma è anche vero che la nostra Grande Recessione in Europa si afferma di fatto in un regime di cambi fissi, cioè in una presunta area monetaria ottimale.