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Cinque passi su un'altra strada

16/07/2012

Come uscire dalla dittatura dello spread: ecco le proposte avanzate dal Forum «Uscire dalla crisi con un’altra Europa» (Green European Foundation e Sbilanciamoci!, Roma, luglio 2012)

La politica italiana è stretta tra la crisi europea e le nuove manovre di austerità imposte dal governo Monti con la “spending review”. Da un lato una speculazione finanziaria senza freni, una recessione sempre più grave e l’incapacità dell’Europa di affrontarle. Dall’altro una politica italiana fatta di tagli alla spesa degli enti locali, alla sanità, all’istruzione, la riduzione dei dipendenti statali, mentre restano spese inutili come quelle per i cacciabombardieri F35, con l’effetto di aggravare la recessione e l’impoverimento del paese.

Una via d’uscita da questa doppia crisi è stata proposta al Forum «Uscire dalla crisi con un’altra Europa» che ha riunito a Roma il 9 luglio 2012 decine di associazioni, sindacati e movimenti italiani chiamando a discutere le forze politiche progressiste. Sono state riprese e sviluppate le proposte discusse il 28 giugno 2012 al Forum “Un’altra strada per l’Europa” tenuto al Parlamento europeo a Bruxelles in contemporanea con il Consiglio europeo. Le proposte di Bruxelles, condivise da un ampio schieramento di associazioni, movimenti e sindacati europei, chiedevano cinque cambiamenti delle politiche europee sui seguenti temi:

1. La possibilità per la Banca centrale europea di intervenire come prestatore di ultima istanza per i titoli di Stato, e una soluzione al problema del debito pubblico fondata sulla responsabilità comune dell'eurozona.

2. Un radicale ridimensionamento della finanza, con l’introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie, limiti alla finanza speculativa e ai movimenti di capitali.

3. Il rovesciamento delle politiche di austerità, il rifiuto dei vincoli del “Patto fiscale” e politiche che tutelino il welfare e i salari, con un’Europa capace di stimolare la domanda, assicurare l'armonizzazione fiscale, spostare l’imposizione fiscale dal lavoro ai profitti e alla ricchezza, promuovere la piena occupazione e avviare uno sviluppo equo e sostenibile. Su questi temi la politica del governo Monti è ferma all’ortodossia neoliberista, aggrava la recessione e disegna una prospettiva di declino economico, ingiustizia sociale, perdita di democrazia. Per l’Italia è particolarmente importante riaffermare che il lavoro e la contrattazione collettiva devono essere difesi; i diritti del lavoro sono parte essenziale dei diritti democratici in Europa e in Italia.

4. Per uscire dalla crisi, occorre una trasformazione profonda dell’economia europea nella direzione della sostenibilità ambientale e sociale. Serve un “new deal” verde, che orienti gli investimenti privati e le risorse pubbliche verso la conversione ecologica delle nostre infrastrutture energetiche, dei trasporti e produttive, con il ripristino delle risorse naturali, nuove conoscenze che alimentino ricerca e innovazione, una distribuzione più equa e minori disuguaglianze; solo così si riusciranno a creare “nuove” attività economiche e occupazione di qualità. In Italia, mille “piccole opere” per la tutela del territorio, il rinnovamento delle città e la qualità della vita sono punti di partenza importanti, insieme all’esperienza dei referendum sull’acqua e sul nucleare che hanno indicato come un’alternativa fondata sul valore dei “beni comuni” può diventare maggioranza nel paese.

5. Questi cambiamenti nelle politiche europee e italiane richiedono un’altra politica e una nuova pratica della democrazia. È necessaria una mobilitazione che risponda al crescente vuoto di democrazia e all’incapacità di realizzare politiche alternative in Europa: la battaglia per un’altra Europa è parte integrante della costruzione dell’alternativa in Italia. Occorre unire una maggiore integrazione europea con radicali cambiamenti nei modi in cui l’Unione europea prende le sue decisioni, per invertire la tendenza alla concentrazione del potere in pochissime mani e trovare una via d’uscita dalla crisi.

Il Forum ha aperto un confronto tra organizzazioni della società civile e forze politiche sulle forme e contenuti della democrazia, anche in vista delle elezioni italiane del 2013 e di quelle europee del 2014. In Italia, è importante organizzare una forte aggregazione intorno a queste proposte di cambiamento, influenzando i contenuti del dibattito delle prossime elezioni.

In Europa è necessario cambiare radicalmente le politiche, riequilibrare i poteri di governi nazionali, Commissione, Parlamento europeo e rafforzare il controllo dei Parlamenti nazionali sui loro governi; servono iniziative di riforma “costituzionale” con una vasta partecipazione; come le proposte per una Convenzione europea o un’Assemblea costituente; sono state proposte liste transnazionali per le elezioni del parlamento europeo e l’utilizzo degli strumenti di democrazia diretta come l’Iniziativa dei cittadini europei per promuovere nuove politiche europee.

Di fronte a una crisi sempre più grave, le politiche italiane ed europee devono cambiare strada; un'alleanza tra società civile, sindacati, movimenti sociali e forze politiche progressiste è oggi più che mai necessaria per portare l'Europa fuori dalla crisi prodotta da neoliberalismo e finanza, e verso una vera democrazia.

Forum "Uscire dalla crisi con un'altra Europa", Green European Foundation e Sbilanciamoci! Roma, Casa internazionale delle donne, 9 luglio 2012


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Commenti

Cinque passi su un'altra strada

Per me, l'Europa sono i valori civili e culturali storici nonché, altrettanto decisiva, l'idea di welfare costruita tra '800 e '900. Mi sono perciò accinto a leggere con grande speranza il testo il cui titolo mi aveva stimolato. Quale delusione! Tra i passi non ce n'è neppure uno nella direzione che sola può salvare nel mondo globalizzato i nostri valori, cioè gli STATI UNITI D'EUROPA. Anzi, il punto 5 va nel verso direttamente opposto, la risibile pretesa di una riappropriazione di potere a livello nazionale: quale potere, se tutto viene deciso a livello di forze economiche private mondializzate, per cui l'unica risposta può consistere nella presenza di strutture pubbliche dalle dimensioni paragonabili? E' inoltre inevitabile (e, al limite, giusto, perché i rappresentanti devono difendere gli interessi dei propri rappresentati) che il potere dei Parlamenti nazionali significhi esasperazione degli egoismi micro-patriottici: vedi l'Ungheria, ma purtroppo anche la Finlandia. Personalmente, ritengo che la più grave colpa delle socialdemocrazie europee è stata quella di non aver fatto un passo, quando negli anni '90 avevano 13 governi sui 15 dell'Unione di allora, per andare in direzione federalista: credevano (forse in buona fede: ma con le buone intenzioni si va all'inferno) che il welfare si potesse difendere in un solo paese, e che il proprio (ovviamente, il migliore di tutti .. ) potesse rimetterci da una europeizzazione. Certo, l'Europa attuale non ha democrazia: perciò Parlamento con tuitti i poteri, eletto da tutti i cittadini europei (e che perciò risponde ad essi complessivamente) e Governo che ad esso risponda. Abbiamo un esempio sul rapporto tra governo federale e governi degli Stati, gli U.S.A.: in quasi due secoili e mezzo, è stata più avanti Washington, nel campo dei diritti civili come degli interventi economici e sociali, ovvero i singoli Stati?

Sui "Cinque passi su un'altra strada"

"Occorre".., "bisogna".., "è necessario", ecc., sono parole assai ricorrenti in tutti i documenti elaborati da coloro che cercano soluzioni alla crisi. Tuttavia, nessuno spiega chi dovrebbe portare avanti le misure suggerite e, soprattutto, COME farlo.

Simpatica l'idea di un new deal europeo,

Un new deal verde è ideo buona e giusta. Dell l'alba tragica per il debito pubblico, nessun cenno. Cosa si propone ? Consolidamento significherebbe rovina, condizioni MES "umane", nessuno paga. Sarebbe bene scrivere qualcosa di articolato quando si propone altra strada, altrimenti sembra solo una boutade estiva.