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Hirschman e le connessioni dell’economia

14/12/2012

L’economia – secondo Hirschman – cambia in base alle connessioni messe in moto dagli investimenti: a monte e a valle, effetti sui consumi e sul fisco. Ma anche su ambiente e politica

Sono convinto che il modo migliore di commemorare Albert O. Hirschman sia quello di ricordare e diffondere le sue idee. Infatti, nonostante sia considerato un’icona tra gli economisti che si interessano di sviluppo economico, gran parte delle sue analisi teoriche sono state ignorate o, ancor peggio, distorte e riportate nell’ambito delle teorie “moderne” dello sviluppo.

In questo intervento riproporrò e commenterò un suo concetto, semplice nella sua definizione, ma molto complesso per i risvolti economici e politici che ne vengono coinvolti. L’idea è quella di “connessione” (linkage), il cui concetto è illustrato ampiamente in un suo articolo tradotto in italiano (“Le connessioni nello sviluppo economico”, in A.O. Hirschman, L’economia politica come scienza morale e sociale, Liguori, Napoli 1985, pp. 15-31).

In sintesi il concetto di connessione è quello della capacità di un qualsiasi investimento (esogeno o endogeno) all’interno di un settore di un sistema economico di avere come effetto quello di creare altri investimenti in settori diversi da quello iniziale.

Il primo chiarimento che va fatto è che per un’analisi teorica e un’applicazione empirica non è utilizzabile il modello delle interdipendenze settoriali (modello input-output). La semplice ragione è che, mentre il modello input-output è descrittivo e statico, il concetto di connessione implica una dinamica temporale effettiva. Usando le parole di Hirschman: “Mentre l’analisi input-output è per sua natura sincronica, gli effetti di connessione possono dispiegarsi solamente nel tempo”.

Purtroppo la precisazione di Hirschman non è stata seguita da gran parte della letteratura che si rifà alle sue idee: infatti le analisi teoriche ed empiriche che valutano gli effetti di un intervento sono solitamente fatte utilizzando le tavole input-output, facendo così rientrare le idee di Hirschman nel mondo statico dell’economia mainstream.

Per Hirschman le connessioni possono essere principalmente di tre tipi: a monte e a valle, di consumo, e fiscali. In tutti e tre i casi si tratta di analizzare la capacità di un intervento di investimento iniziale di creare nuovi investimenti e soprattutto nuove attività all’interno del paese o area di riferimento. In termini dell’input-output, è la capacità di creare o eliminare righe e colonne nella matrice e di variarne i coefficienti, cioè la capacità di modificare la struttura della matrice input-output.

Iniziamo con la prima connessione, quella a monte e a valle: è la più semplice delle tre, in quanto può avere come suo punto di partenza l’analisi della struttura tecnologica del processo produttivo del settore nel quale si attua l’intervento. Si tratta di analizzare i settori produttivi che alimentano il ciclo produttivo di quel settore (gli input) e i settori che ne integrano il risultato finale (gli output). Se tali settori produttivi sono presenti nel paese o nell’area di riferimento, si tratta di analizzare la capacità o meno di questi settori di alimentare l’aumento di domanda che si è concretizzato, cioè la capacità di questi settori di fare nuovi investimenti per soddisfare l’aumento di domanda e/o modificare la struttura tecnologica del settore. È molto probabile che direttamente o indirettamente parte di questo aumento di domanda si rivolga a settori produttivi non presenti all’interno del paese, e allora perché chi sia un effetto di connessione interna va analizzata la possibilità (conoscenze tecnologiche), la capacità imprenditoriale e la convenienza economica di attivare all’interno questa capacità produttiva.

Come appare evidente, un’analisi di questo tipo di connessione implica la conoscenza e lo studio di una serie di elementi che vanno bel al di là dei semplici legami tecnologici individuati da una matrice input-output, anche ipotizzando (cosa assolutamente irrealistica, ma che viene abitualmente fatta) una struttura tecnologica che non vari nel tempo e quindi non venga influenzata dalla connessione. Basti solo pensare all’analisi della presenza o meno della capacità imprenditoriale e ai fattori oggettivi e soggettivi che ne condizionano la presenza e lo sviluppo.

La seconda connessione è quella relativa al consumo, cioè alla caratteristica quantitativa e qualitativa dell’aumento di domanda di beni di consumo scaturita dall’aumento di reddito causato dall’intervento iniziale. Anche in questo caso l’interesse dello studio della connessione non è semplicemente il calcolo che abitualmente si fa attraverso l’applicazione di una propensione media al consumo. Il vero problema è quello, attraverso l’individuazione dei soggetti ai quali aumenta il reddito disponibile, di sapere se e come cambia la struttura del consumo e analizzare se questi cambiamenti possano o meno portare a un aumento della produzione interna di merci precedentemente importate, o viceversa portare a un aumento delle importazioni a scapito di produzioni interne. Si tratta quindi di analizzare i mutamenti della distribuzione del reddito causati dall’intervento, i suoi effetti sulla struttura del consumo e la reazione a tali modifiche di domanda dei vari settori interessati.

Infine da Hirschman viene proposta la connessione fiscale. La connessione fiscale è di semplice definizione: analisi delle variazioni di entrate dello stato provocate dall’aumento di reddito e di conseguenza analisi del tipo e della quantità di spesa pubblica che ne può conseguire. Questa semplice definizione in realtà sottintende problemi enormi di analisi della distribuzione del reddito, del sistema e della capacità di tassazione e analisi della struttura dell’intervento statale e degli orientamenti della politica economica di gestione della spesa pubblica. Tale connessione è senza dubbio la più complessa da analizzare; ciononostante, la sua importanza è fondamentale in quanto investe e lega gli aspetti puramente economici a quelli istituzionali, sociali e politici dell’ambito in cui l’intervento iniziale avviene.

È chiaro che, nell’elaborazione da parte di Hirschman del concetto di connessione, ciò che si aveva come riferimento principale era quello degli interventi di aiuti allo sviluppo dei paesi sottosviluppati: in particolare di come l’analisi di un intervento in un settore chiave dell’economia (staple), potesse portare a risultati diversificati nel resto dell’economia del paese a seconda dell’ambiente economico, sociale e politico nel quale si collocava. Non sarebbe però né sbagliato, né irrilevante effettuare questo tipo di analisi anche per interventi nei paesi sviluppati nei quali, troppo spesso, le valutazioni di interventi, anche molto cospicui, in un determinato settore palesemente trascurano le connessioni che ne derivano.

A mio parere il concetto di connessione e la sua applicazione nell’analisi di valutazione di progetti rilevanti quantitativamente dovrebbe diventare la procedura standard per la valutazione del progetto, ovvero per il confronto di progetti alternativi, Va tenuto presente infatti che quando si parla di connessione non si deve dare assolutamente per scontato che siano connessioni positive, in molti casi si tratta invece di valutare gli effetti negativi (connessioni negative) che possono verificarsi. Probabilmente un’analisi accurata delle connessioni potrebbe addirittura portare a rifiutare un intervento quando le connessioni negative tendano a superare quelle positive.

Infine, penso che il concetto di connessione potrebbe allargarsi aggiungendo due ulteriori connessioni, quella ecologica quella politico-sociale.

La connessione ecologica, nei paesi sviluppati, è ufficialmente entrata a far parte di ogni analisi di progetti di intervento; quanto poi questa analisi condizioni le valutazioni degli effetti dell’intervento è difficilmente prevedibile dato gli enormi margini di valutazione di questi effetti e quindi il loro peso è fortemente condizionato da valutazioni sociali e politiche.

Sarebbe quindi importante introdurre il concetto di connessione politico-sociale. Anche se probabilmente l’analisi della connessione politico sociale difficilmente potrebbe concretarsi in aspetti quantitativi e quindi confrontabili con quelli specificamente economici, il tener conto dei possibili effetti sulla struttura sociale e politica dell’ambito in cui l’intervento si attua, potrebbe diventare determinante.

In conclusione, la capacità delle idee e delle intuizioni di Hirschman di investire temi di carattere non direttamente economico e quantitativo è quella che più è stata trascurata dagli economisti mainstream, in quanto è proprio nell’esistenza di un legame indissolubile fra aspetti economici, sociali e politici che tanta parte delle loro teorie – e delle politiche economiche che da loro derivano – apparirebbe per quella che è: sbagliata e dannosa.

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Commenti

Bene... bene!!!

Trovo un bene che finalmente, in questo ambiente intellettuale (e politico) - ambiente che, sia chiaro, è il mio -, si cominci a diventare realisti e a (ri)scoprire intellettuali che, come fonti d'ispirazione, a sinistra (sì: di questo stavo parlando) non hanno mai avuto grande fortuna, perché giudicati troppo "accomodanti" col "sistema".

Hirschman fu un grandissimo, ma spero sia solo un punto di partenza, come "base" su cui edificare un futuro. Altri "ingredienti" del basamento potrebbero essere Sen (che padroneggia tanto l'economia neoclassica - di cui notoriamente è un critico spietato - quanto Marx Kant e Aristotele), Solow (un altro neoclassico 'di acqua salata', critico radicale delle derive 'di acqua dolce'), Simon (e la "razionalità limitata")...

Bell'articolo, comunque. Grazie :)

Alan Ross (a.k.a. 'Harken')