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Promemoria

Un anno dopo, Monti e a capo

23/11/2012

Promemoria è una rubrica settimanale di Rossana Rossanda su sbilanciamoci.info. a margine dell’economia, dentro la politica.


È giusto un anno che il parlamento italiano, auspice il presidente della repubblica, si è consegnato mani e piedi a un illustre “tecnico” e al governo da lui interamente scelto (se no non avrebbe accettato l’incarico) per smettere con le fanfaluche politiche e risanare i conti del nostro bilancio, primo fra tutti l’indebitamento. Si sa che la politica non è “oggettiva”, quando va bene risponde a una parte sociale, quando va male risponde a interessi privati, mentre la “tecnica” non guarda in faccia a nessuno, è neutra e, come il professor Monti ama ripetere, è assolutamente super partes.

Risultato? L’analisi di Pitagora, (“L'anno perduto di Mario Monti”, Sbilanciamoci.info 20 novembre 2012) ha dimostrato nel modo che più chiaro non potrebbe essere, che il nostro debito è aumento, crescita, occupazione ed entrate pubbliche sono calati. (E non parliamo del contorno di corruzione che sembra incrostato nelle nostre istituzioni, non è per colpa specificamente di questo governo). I fautori delle somme e delle sottrazioni contabili possono soltanto dirci: “È vero. Niente di fatto. Ma se non avessimo applicato questa terapia da cavallo chissà dove saremmo finiti. E avremmo dovuto chiedere un prestito accettando di passare sotto il controllo della troika, cosa che il nostro premier, essendo uno della stessa famiglia, ha evitato”. Dunque il debito è cresciuto ma politicamente a bocce ferme; l’equilibrio sociale fra chi ha e chi non ha non è stato toccato.

E invece no. L’essere Monti e il suo governo super partes, senza il fardello delle ideologie, ha preteso che alcune parti, che sarebbero state finora favorite, cioè i meno abbienti, abbiano pagato più delle altre, in soldi e diritti. Oggi siamo informati che il governo tecnico sta riuscendo ad abolire quel che nemmeno a Berlusconi era riuscito, il contratto nazionale di lavoro (la Cgil non è d’accordo, ma non importa, Cisl e Uil sì, ma era ovvio). Sarebbe stata la tecnica a esigerlo, rivelandosi curiosamente in feeling con la Confindustria. Il grimaldello per dare una botta decisiva al salariato, che si cercava di imporre già dagli anni ottanta del secolo scorso è stata la nostra competitività sui mercati, troppo debole per colpa dell’alto costo del lavoro (una volta si diceva lacci e lacciuoli). Il lavoro in Italia costa troppo, per via dei salari diretti e indiretti, imposti a tutte le aziende di tutto il paese; mentre se essi variassero fra le aziende prospere e quelle meno prospere, come sarebbe oggettivamente giusto, Costituzione e altre fantasie a parte, sarebbe a più buon prezzo. Se la contrattazione fra lavoratori e padroni venisse riportata per legge soltanto su scala aziendale, senza pari trattamento tra chi vende meno e chi vende di più, diventeremmo più competitivi. Non proprio come la Cina, sfortunatamente, ma si darebbe un bel colpo in quella direzione. Il paesaggio degli equilibri sociali si modificherebbe e i nostri prodotti costerebbero meno.

Non è entrato nella cultura del governo che ci sono due modi di essere competitivi, offrire prodotti a basso prezzo o offrire prodotti a migliore qualità grazie all’innovazione. Neanche tenendo conto che è il caso della Germania. Monti non segue la strada della sua amica Merkel e di qualcuno che la ha preceduta (perfino abbassando l’orario di lavoro), per cui oggi anche una povera diavola come me compra più volentieri una lavapanni tedesca, e non parliamo di merci di più elevata tecnologia. Ricordo come venticinque anni fa lo ripetesse Sergio Cofferati, e quanto poco il Pds lo stava a sentire. Sta di fatto che i conti non tornano e i lavoratori dipendenti sono stati e saranno ulteriormente penalizzati. Va da sé che i precari stanno ancora peggio – perfino i miti studenti della Bocconi hanno ululato contro il loro ex rettore in casa sua. Insomma la neutralità sociale della tecnica è sconfessata una settimana dopo l’altra.

Nel suo Dna sta un gene padronale. Il governo tecnico ammette una sola variante politica: non toccare gli abbienti, non tassare la rendita, non infastidire troppo la finanza, se no queste “parti sociali” se ne vanno verso altri lidi. Negli Stati Uniti perderebbero anche la cittadinanza, in Europa no. Vien da pensare che hanno ragione coloro che ci ammoniscono, badate che ormai l’economia è diventata più forte della politica. È lei che ha vinto, e ogni giorno azzanna qualche lembo di potere che pareva ancora del dominio politico, in soldi e diritti. È cosi? Non credo. I poteri che sono passati alla proprietà non sono stati strappati a mano armata ai governi; questi – finora espressione della politica – glieli hanno consegnati. E non sempre e solo i governi di destra; quando Cofferati trascinava con sé qualche milione di italiani al Circo Massimo il governo era di Berlusconi, ma quando Rifondazione ha fatto cadere un Prodi che stava andando in questa direzione, tutta l’Italia l’ha coperta di obbrobrio. Ma veniamo ad oggi: la famosa competitività sta spingendo sulla stessa strada anche il socialista Hollande, che non vi è ancora approdato come noi, ma su cui preme la tesi che, se si vuol fare soldi sui mercati, conviene abbassare il costo del lavoro, invece che migliorare, innovandolo, il prodotto. Del resto l’Europa monetaria e l’Organizzazione mondiale del commercio pretendono che gli stati possano legiferare sul costo diretto e indiretto del lavoro (su cui si pagano istruzione e sanità) ma non abbiano diritto di intervenire sugli investimenti. Se no dove va a finire la libertà d’impresa? La libertà dell’operaio o del salariato, come è noto, non è un problema.

E poi, che cosa è l’”economia”? Che ha a che vedere con la tecnica? Sempre di questi giorni è successo che la Francia ha perduto una delle sue tre A nel giudizio di quegli organismi tecnici e oggettivi che sarebbero le agenzie di rating, nel caso Moody’s. Ma quel che è successo ad altri paesi così severamente sanzionati – borse in convulsione, cadute, tassi sui prestiti alle stelle – non è successo affatto: le borse non hanno battuto ciglio e il costo del denaro, invece che salire di due cifre, è aumentato di due decimi di punto. Non dovevano essere penalizzati dalla mano invisibile del mercato? Com’è che la Francia e il suo governo, assai poco amato, se la sono cavata così a buon prezzo? È successo che la Germania finisce per trovarsi, con le sue tre A, sola fra le già grandi potenze fondatrici dell’Europa, in compagnia di Finlandia, Danimarca e simili. Strana Europa: Italia, Francia, Spagna disastrate assieme a Portogallo e Grecia, sana fra i fondatori solo la Germania, fulgida fra un mucchio di pezzenti. Immediato passo indietro, le A intere restano, ma nulla ne consegue. Meglio tenere per una manica la Francia fra i debitori di cui ci si fida, mollarle i soldi a un tasso più basso di tutta l’Europa del sud, una considerazione del tutto politica. La gretta Moody’s ha preso sul serio che la politica non conta, mentre l’economia è il respiro della società, libero o soffocato. Sono i governi a deciderlo; è sul territorio della politica, che ogni tanto – come da trent’anni a questa parte – perde la bussola.

In capo a due mesi, votata una finanziaria sicuramente montiana, il nostro presidente della repubblica scioglierà le camere, mandandoci alle elezioni che, come è noto, di tecnico e oggettivo non hanno niente, ridanno voce ai partiti e premono il pedale delle emozioni. La famosa ideologia riprende posto e si vedrà che cosa ha maturato nell’anno in cui è stata sotto la tutela del professore. Potrebbe, per esempio, ribaltare quell’occhio di riguardo che aveva per i più abbienti, e spostarlo verso i lavoratori, pensionati, precari, disoccupati; potrebbe essere questo il discorso della sinistra. Ma è verosimile? Il bifido Pd ha nelle sue tre anime due culture assolutamente montiane (o peggio) e una, quella bersaniana, di un montismo appena emendato. Una passione travolgente lo spinge verso il premier, che non vedrebbe male – ma come confessarlo? – mantenere il suo mandato o ancora meglio, dato che scade anche il presidente della repubblica, andare al posto di Giorgio Napolitano. Che cosa speri di ottenere Nichi Vendola salendo su questa barca non mi è chiaro. A sinistra del Pd si affollano sigle e candidati, impegnati a strappare uno strapuntino di minoranza, cosa del tutto legittima se dal medesimo riuscissero ad esprimere un programma, che non abbia da pretendersi ipocritamente oggettivo e super partes, e abbia il coraggio di dire da che parte sta. Per ora non vedo.

Noi, nel nostro piccolo di gente che non mira a essere deputato, abbiamo detto che siamo per un’Europa che faccia abbassare la cresta alla finanza, unifichi il suo disorientato fisco, investa sulla crescita selettiva ed ecologica, non solo difenda ma riprenda i diritti del lavoro. Non piacerà a tutti. Ma chi ci sta?

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Commenti

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Solo due rughe che il "manifesto" non ha pubblicato

Esprimo qui la mia solidarietà alla compagna Rossanda, e il mio dissenso dal prof. Asor Rosa, come avevo fatto con due righe inviate al manifesto e non pubblicate dal quotidiano.

un abbraccio affettuoso a rossana (la mia maestra di sempre)

E' forse la prima volta che non sono del tutto d'accordo con quanto scritto da rossana. soprattutto la prima parte. 1) perchè penso che lo schema leader + primarie (senza organizzazione) sia l'anticamera della dissoluzione definitiva della sinistra in una situazione dove la società civile si è incattivita e slabbrata; 2) perchè scambiare 3 milioni (cifra pur significativa) per il corpo elettorale se non con 60 milioni è, direbbe rossana, una sinèddoche; 3) perchè una sinistra moderna e alternativa, oggi, si misura soprattutto su due cose: a) la capacità di interagire al livello delle contraddizioni planetarie; b) la sostenibilità (e la redistribuzione) dello sviluppo su scala planetaria.

un bell'articolo

Bellissimo articolo, ma la carta stampata è un'altra cosa.

Che fare?

premesso che faccio (non voglio?) fatica a capire le recondite motivazioni dell'abbandono di Rossana, Marco ecc.
Condivido l'analisi di Rossana e anche io mi dico che Monti è il tentativo di deflazionare i salari (cit. Screpanti); che Bersani e il Pd sono succubi di una cultura che vede nel mercato l'unico sistema salvifico; che Vendola si accoda nella speranza di tenerli almeno un po a sinistra; che di Renzi non parlo; che la Cgil (della quale faccio parte) non riesca a mobilitare le "masse" (anche per carenza di analisi e di volontà) stretta nella morsa della ricerca della sponda politica e del mondo che cambia e non sa interpretare; che ciò che sta a sinistra di tutto questo come al solito usa la tecnologia della fissione (scissione) dell'atomo e non della fusione; che di grillo e delle 5stelle non ci sarebbe davvero necessità con una POLITICA di sinistra; mi domando però, come diavolo se ne esce? Insomma mi rincorre la domanda di uno più autorevole di me: Che fare? Non so darmi risposta. Con sconforto...
Furio Trezzi

La ragazza del secolo scorso

Le idee, le analisi le proposte e le critiche mi hanno per anni aiutato nel lavoro e nella lettura della situazione politica e sindacale in questi anni.
Grazie per avermi aiutato a capire anche se a volte ( poche) le posizione espresse non mi trovavano d'accordo.
Buon lavoro!

RR

Per un'Europa diversa io ci starei. Solo che dovrebbe essere ormai chiaro a tutti, che non esistono vie legali per trasformare l'Europa dei burosauri in Europa del popolo. Scusate, ma quando il popolo Greco accusa segni di denutrizione nei bambini, lascia morire chi è malato di cancro senza cure (anche perchè l'industria farmaceutica tedesca non si fida della solvibilità Greci e sospende la fornitura dei farmaci) e tutto questo avviene nella più completa indifferenza dell'opinione pubblica europea, ma di quale unione europea andiamo farneticando? Monti è solo l'ultimo dei tecnici che dal 1979 in poi ci sono stati imposti con un unico scopo: smantellare lo Stato novecentesco e ricondurlo a quello ottocentesco (esercito, polizia e controllo dell'Ordine pubblico). Il programma dell'attuale Unione Europea è questo. Le lancette della Storia al 1830. Stato dopo Stato la fine della Grecia toccherà a tutti. Pure alla virtusoa Germania che alla fine le sue lavapanni se le darà nei denti. E ogni governante, poco prima di veder cadere nel baratro il suo popolo, si affretterà a rassicurarlo - come ignobilmente ha fatto il compagno Napolitano- urlando Noi non siamo come la Grecia. La sinistra italiana sapeva bene che l'esito delle politiche monetariste europee puntassero a questo, Lo sapeva nel 1979, lo sapeva nel 1992. Se ne dimenticata nel 1996 e nel 1999 quando si è smantellata l'impresa pubblica italiana (che non era il carrozzone che il Corsera dipingeva). Ora tocca al servizio sanitario nazionale e all'istruzione pubblica. Mentre a sinsitra sogneremo un'Europa diversa ci sfileranno pure queste.

Che fare allora?

Carissima Rossanda,
ho da non molto finito di leggere il suo "La ragazza del secolo scorso" e mi sento, come dire, un po' partecipe anche della sua vicenda intellettuale-esistenziale. Sinceramente devo dirle che sono molto dispiaciuto della sua uscita dal Manifesto, perché mi sembra davvero un colpo molto duro alle sue (del giornale) possibilità di risollevamento: se perfino una delle fondatrici abbandona la barca allora vuol dire che il naufragio è davvero vicino...
Tuttavia sono assolutamente persuaso della necessità di una voce critica capace di leggere il presente "dalle periferie della storia", dai margini dove il potere costringe alla sofferenza tante umanità senza potere. Io ho 23 anni e ho scoperto il Manifesto da poco (qualche anno), sento che sarebbe difficile farne a meno. Nello stesso tempo so che i contenitori non sono eterni, eppure sono necessari a veicolare contenuti... Che fare allora? Non si può lasciare la cultura e la politica italiane senza uno sguardo radicalmente altro rispetto agli equilibrismi di tanti e radicalmente provocatorio, capace di risvegliare le coscienze dal torpore della tentazione di perpetuare un mondo ereditato dal passato, nel quale non si ha più la forza, il coraggio, l'indipendenza intellettuale di scrivere parole nuove, più giuste, più umane, capaci di "amouriser le monde" (per dirla con Teilhard de Chardin).
Si può pensare a un nuovo contenitore che non si dichiari più "comunista" ma in maniera più plurale "altromondista"? Oppure è giusto lottare per continuare una storia di giornalismo e di impegno quarantennale?
Non ho risposte definitive a queste domande, ma credo di riconoscere in me senza dubbio l'impossibilità di rinunciare a una prospettiva di lettura del presente attraverso gli occhi dei poveri, degli esclusi, degli oppressi. Che fare allora?

IL CONVITATO DI PIETRA

IL CONVITATO DI PIETRA
Premesso che la Rossanda è la mente più profonda e -diciamolo- seducente (nel senso etimologico di chi conduce a sè e al tempo stesso fa deragliare dal solco delle certezze aprendo orizzonti e possibilità già presenti ma inesplorati, per esempio penso in questo momento alle eccezionali analisi fatte sul terrorismo e sull'autonomia ) del giornalismo politico intellettuale degli ultimi 40 anni in Italia e in Europa, ci stiamo dimenticando un piccolo particolare: la gente deve campare, e non solo gli operai dell'ILVA, ma anche quelli del Manifesto.
Se quindi la Rangeri plaude alle primarie o a Vendola con la speranza che la legge sull'editoria venga rifinanziata, o spera che qualche imprenditore compri il Manifesto, ma la vogliamo crocifiggere? Ma vogliamo per un attimo ricordarci che cosa è il materialismo dialettico, vogliamo tener presente che è dalle condizioni materiali che parte tutto?
Solo allora il confronto diventa veramente autentico e politico, il resto sono chiacchiere da salotto.
Un saluto a tutti. Giovanni

dalla terra del burattino matteo

cara rossana ti ho cercato qui e mi sento triste al pensiero di non poterti più leggere nel quotidiano che ho letto e sostenuto da ormai quaranta anni. tuttavia ti mando un abbraccio e un forte ringraziamento anche per questo distacco che m'insegni essere non solo dovuto ma ormai anche maturo.

per Rossanda

finalmente!!! l'attuale Manifesto non parla più a nessuno da tempo, sia in senso giornalistico che politico. Non è tutta colpa sua (del giornale) dovendosi muovere in un contesto dove la sinistra politica e sindacale praticamente è scomparsa mentre con i movimenti emergenti il confronto è improbabile. Si è quindi ridotto ad un foglio che parla a se stesso, usando peraltro linguaggi spesso astrusi o incomprensibili. Sono lietissimo invece di poter continuare a leggere Rossanda qui.

Brava Rossana

Crescita selettiva ed ecologica, sono d'accordo. Solo in questo modo potremmo ricominciare a prefigurare un futuro diverso. Le parole di Rossana Rossanda, come sempre, come quarant'anni fa, sono di una lucidità prorompente. Non conosco fino in fondo i motivi dell'abbandono dalla sua creatura, quel quotidiano che diffondevamo davanti a scuola, in quel Liceo Manzoni che, unico in italia, aveva un movimento studentesco che aderiva al Manifesto... anzichè ai gruppi stalinisti che esprimevano solo se stessi... Eppure, conoscendo la sensibilità di Rossana (e vedendo i contenuti del quotidiano naufragare verso una deriva cerchiobottista) e delle sua analisi profonde e impeccabili, mi viene da solidarizzare con lei. Senza se e senza ma.

Rossana Rossanda oltre il Manifesto

Cara compagna Rossanda, ti capisco, ti condivido e sento come mio il tuo dispiacere nell'abbandonare il Manifesto.
Continua a raccontarmi il mondo, continua a farmi sentire comunista.

rossanda lascia il manifesto

Sgomenta, ma capisco. Anche perché ieri tutti i giornali hanno pubblicato la notizia,ma sul sito del Manifesto (il mio giornale da sempre) neanche una riga. Resta il profondo dolore per chi come me in questi anni ha sostenuto sempre l'unica voce davvero indipendente della stampa italiana. Mi sento "orfana", anche se potrò leggere comunque R.Rossanda e gli altri compagni (d'Eramo, Vauro, Halevi, ecc.) altrove. Grazie, Rossana, comunque e sempre.

Un anno dopo, Monti e capo

Cara Rossanda
ho 66 anni ed ho letto Il manifesto fin dai primi numeri: Sono abbonato e l'ho sostenuto come potevo. Al contrario, per rabbia, ho smesso di leggere Rebubblica, quando si schierò con la marcia dei quadri in sostegno dei padroni della Fiat.
Per me è sempre stato un grande piacere trovare su Il manifesto un tuo articolo. Erano articoli lunghissimi che leggevo e rileggevo, per afferrarne a fondo il significato. Mi piaceva (e mi piace) anche il tuo modo di scrivere così personale, che mi apriva squarci su realtà a me non molto note, come il femminismo, o che andava a trovare sintonie con persone di intensa religiosità.
Ora che hai lasciato Il manifesto continuerò a leggerti su Sbilanciamoci. Continuerò anche a leggere Il manifesto, fino a che sarà possibile (spero a lungo). Su Il manifesto trovo articoli che esprimono linee diverse.Mi sembra che questo corrisponda alle diversità attuali della sinistra. Degli articoli mi interessano molto, altri meno. Sono pochissimi gli articoli. che proprio non leggo.
Mi sembra che in questa vficenda tu sia stata troppo dura.
Con l'affetto di un "lettore fedele"
Luciano Seller


...buttare il bambino con l'acqua sporca ?

Buttare il bambino con l'acqua sporca? ... e insieme tutti coloro che nel tempo hanno sostenuto economicamente "Il Manifesto" come baluardo di resistenza ? bah...capisco e condivido anche le ragioni, ma non capisco l'atto!

licidità non manca

Ormai, a sessant'anni suonati, ne ho viste di stranezze. Poche cose mi stupiscono. E tuttavia l'amica (posso dirlo?) Rossana resta stupefacentemente lucida e coerente con sé stessa da che ho memoria. Bene, quando tutto sembra offuscarsi, una luce di coerenza riaccende gli entusiasmi affievoliti.
Hai ragione Rossana. Monti è solidale con l'ersuberante finanza dell'economia virtuale. Quella che si pasce dei bond e degli spread. E come potrebbe fare diversamente. D'altro canto non saprebbe farlo. E Napolitano chi altri avrebbe potuto chiamare a mettere rimedio a unos facelo da burla nato sulel ceneri del fascismo craxiano? Hai certamente ragione nel pensare che una produzione materiale fatta in modo eccellente è molto più ripagante di una economia materiale fatta sulla quantità, magari approssimativamente accettabile ma non all'altezza del meglio. Da'ltro canto la Fiat ne è la dimostrazione pratica. Nessuna innovazione, nessuna fantasia ingegneristica, nessuno stile, brutte auto e tutto va in malora. Poi si cerca un capro espiatorio e si trovano alcune migliaia di operai. Capri espiatori in abbondanza.
Monti o non Monti non c'è spazio per l'invenzione e ancor meno per la fantasia. Te lo ricordi anche tu quando si chiedeva a gran voce la fantasia al potere in giro per le piazze? e chil'avrebbe detto che si sarebbe materializzata incarnandosi in una figura mafiosa e surreale come Berlusconi. Cos'altro si poteva fare se non cercare un "suo esatto opposto" paludato e sterile. Infatti. e ciò che si è fatto.
Il riequilibrio sociale ed economico può passare solo attraverso la perequazione culturale. Le "pari opportunità" non sono una necessità di genere. Sono una necessità e basta.

Una scelta coraggiosa

Personalmente non leggo + il Manifesto da molti anni. Precisamente da quando una domenica mattina di molti anni fa dopo aver comprato il quotidiano in edicola terminai di leggere un articolo della prima pagina di V. Parlato dal titolo "Brecht va in scena in Capitalia": Un articolo in cui in buona sostanza si difendeva l'operato di Cesare Geronzi: da quel giorno dissi basta, non comprerò più il Manifesto e così feci.

Di Rossana Rossanda ricordò benissimo gli articoli di spalla che venivano pubblicati in prima pagina, ricordo, e ricorderò sempre, i brividi che mi correvano lungo la schiena quando leggevo le sue acute analisi o le sue lucide critiche. A volte, spesso in verità, quando avevo terminato di leggere un articolo lo rileggevo una seconda volta, poi iniziavo a pensare.

Sarà un piacere continuare a leggerti su sbilanciamoci.info, meglio il web della carta stampata....

L'addio di Rossanda al Manifesto

Cara Rossanda, al tempo in cui i sogni non morivano all'alba, lavoravo al Manifesto Tu, Luigi, Lucio, Luciana, Aldo Natoli, Eliseo Milani, Maone, Parlato e tutti gli altri siete stati i miei "miti" e i miei maestri, non solo di giornalismo e di politica, ma di vita. Ero allora una giovane studentessa: molta passione minore razionalità. Da voi ho imparato tantissimo e per questo vi sono grata e vi porterò nel cuore. Le nostre strade professionali e politiche si sono separate anni fa, ma questo non ha mai impedito di provare stima e affetto per tutto ciò che avete dato sia sul piano intellettuale che politico.

Mi dispiace pertanto di questa deriva .... Non posso entrare nel merito perchè mi mancano molti elementi, tuttavia ... anche qui ci troviamo di fronte al limite più grande delle formazioni politiche o di cultura politica: non saper salvaguardare e difendere la propria unità. Un saggio affermava che i gruppi, le comunità .... sono come i grandi di un rosario, quando si spezza il filo che li tiene uniti, tutto si sparpaglia e non resta più nulla. Effettivamente non c'è forza, non c'è intelligenza, non c'è lungimiranza nel consentire che le radici si stacchino dall'albero ....

Insomma serve dialogo, serve unità, serve anche modestia. Per quanto le nuove leve dei redattori abbiano fatto per il giornale, il Manifesto non è più il Manifesto senza la propria anima. E per questo sto con Rossanda a prescindere.

Come stò con Bersani anche se mi piace molto Renzi e apprezzo sempre più Vendola. Non si "rottama" il lavoro, l'impegno, l'intelligenza, il sapere, l'esperienza e anche gli errori di una formazione sociale e politica. Bisogna caricarseli addosso. Si può cambiare gioco, si può cambiare metodo di allenamento, ma il rispetto e la riconoscenza devono far parte di quel patrimonio comune che caratterizza il popolo di sinistra. Devono far parte del proprio Dna politico. Senza rispetto, senza solidarietà, senza disponibilità al dialogo non c'è futuro. ....

Sto con Rossanda

Sempre brava Rossana Rossanda.
Sulla questione del Manifesto,aggiungo - sperando di non essere troppo riduttivo se mi limito a cogliere solo l'aspetto politico della vicenda - che credo alla base vi sia un dissidio politico di fondo andato maturando in questi anni. Non è un mistero che Rangeri e molti/e intorno a lei,siano più orientati/e verso SEL, qualcuno al PDCI (anch'esso imbarcato nelle primarie) ,mentre Rossanda ha sempre e coerentemente nutrito una maggior philya verso formazioni/partiti a orientamento marxista o comunista non pregiudizialmente "governisti" , coi dovuti distinguo e le sue libere critiche.
La cosa poteva convivere meglio in tempi di berlusconismo,e quindi di opposizione unitaria,seppur con diversi accenti.
Ma ora che si preparano le elezioni e il probabile governo del centro-sinistra, c'è dis-cordia.
O meglio,da quel che si capisce semplicemente il quotidiano è freddo e meno ricettivo verso le opzioni diverse dalla grande operazione embedded del PD.
Così fosse, brutto,bruttissimo segnale. Anche qui, come in molto altro,un elemento della cultura statunitense si fa largo sempre più :lo spoil system,quello per cui chi vince prende tutto e alla Casa Bianca quando cambia il presidente se ne deve andare anche il portiere.Non a caso ieri Bersani ha dichiarato che quello che vince le primarie "poi decide tutto lui".Da brivido,ma testuale,e non notata da nessuno. Non è la nostra storia.
Certo che la storia del collettivo del Manifesto e le sue persone non si può ridurre a targhette partitiche, è gente libera per vocazione.Ma,in quanto persone riflessive,capaci anche di capire che nella storia ci possono essere momenti in cui la scelta delle targhette giuste si fa importante,e questo è uno di quei momenti.
Comunque,io sto con Rossanda.

commiato e ricomposizione

Oggi è il giorno triste del commiato. Il sentimento di appartenenza che tutti abbiamo conservato, nei decenni, anche solo nel pronunciare la gloriosa frase "il Manifesto" (per questa volta con l'iniziale maiuscola, perché ci sono giorni e giorni) con l'addio di Rossanda ha forse raggiunto un punto critico di non ritorno. In effetti, quest'ultima campagna elettorale pro-Vendola alle primarie ha sconcertato e deluso parecchi lettori, non solo i militanti di estrema sinistra che non hanno partecipato alle primarie del centrosinistra. E quindi, con il commiato elaboriamo il dolore per la perdita. Ma da dopodomani, ognuno col proprio fardello di necessaria autocritica, gli eventi ci offrono l'opportunità di una ricomposizione, non solo simbolica ma soprattutto concreta e gravida di futuro. Da qui, dalla povertà dei miei mezzi di semplice gregario, invito Rossana Rossanda e tutte le altre più o meno storiche "colonne" che prima di lei hanno lasciato il nostro quotidiano comunista, ed invito l'attuale Manifesto (direzione+redazione, ed i suoi superstiti lettori) a partecipare all'assemblea dell'1 dicembre a Roma, perché CAMBIARE SI PUO' (ed ora più che mai, SI DEVE!). Tutti insieme costruiamo un'alternativa credibile al montismo ormai imperante ed una uscita verosimile a sinistra dalla crisi epocale che ci sta massacrando. Adelante!

Tristezza e un ricordo.

Che tristezza leggere le tue lucide analisi fuori dal manifesto.
Anch'io ho 52 anni e 34 o 35 passati anche a leggere il manifesto.
Sono sempre stato dalla parte di questa donna lucida e coraggiosa fin da quando nel 1978, io studente universitario del primo anno di ingegneria, appena arrivato dalla Calabria, ho scorto da lontano questa donna con lo sguardo fiero sfidare in un liceo di Padova un'assemblea di Autonomia Operaia solo con il suo sguardo, le sue parole ed i suoi pezzi sul manifesto.
Senza manifesto, tuttavia, il manifesto che ho apprezzato in questi anni, mi sento sempre più povero dentro.
Un'altra ulteriore sconfitta di tutti noi.

sì, sono d'accordo

Il governo tecnico ammette una sola variante politica: non toccare gli abbienti, non tassare la rendita, non infastidire etc etc. Mi pare giusto ciò che dici, ma vorrei capire meglio la questione dell'Imu (che si muove anche nel territorio della rendita) . Perchè lì, facendo morti e feriti certo, però la rendita è stata toccata, tanto da fare dire a Monti che una forma di patrimoniale c'è già. L'Imu rispetto all'Ici ha visto i parametri base aumentare del 60%.
Intendo, quindi, porre l' interrogativo che forse l'Imu (esentando la prima casa, reintroducendo la tassazione degli alloggi di proprietà delle imprese edili e intervenendo sulle aliquote in modo proporzionale alla rendita catastale) potrebbe davvero rappresentare una strada per drenare risorse dai patrimoni alti, anche in considerazione che case e palazzi non possono essere trasferiti in svizzera.
Poi c'é tutto il resto certo...

anche io ci sto!

e sbattiamole queste porte

parlatevi!!

Rossana, Norma, il Manifesto tutto,
siete i compagni quotidiani della mia vita da quando ero una bambina e il Manifesto lo leggeva il mio fratello maggiore. A 14 anni ho cominciato a leggerlo io, sono quaranta anni che fa parte delle mia vita, e ne ho 46.
Non posso pensare che finisca cosi' questa profonda esperienza politica.
Parlatevi, senza arroccarvi ognuno nella propria posizione, cercando anche aiuto, senza fare il solito gioco della sinistra a voler avere per forza ragione. Parlatevi perche' di tutti voi c'e' bisogno, del Manifesto c'e' bisogno, proprio nei momenti difficili come questo. Il Manifesto era, e' qualcosa di piu' della somma dei singoli giornalisti. Il pensiero della sinistra non e' pi' lo stesso senza questo laboratorio di idee.
trovate il coraggio di fare un passo indietro
un abbraccio.

Chi ci sta?

p.s. Io, ci sto.

Decenni buttati al macero

Gli ultimi decenni sono stati, per l'Italia in particolare, i tempi delle occasioni perdute. Abbiano gettato al macero alcuni dei pilastri che reggevano il patto di coesione sociale (intervento straordinario nel Mezzogiorno, imprese pubbliche, politica industriale) ed in cambio non abbiamo costruito nulla. Certo, quelle leve di zione sociale andavano profodamente riviste, per le degenerazioni che si erano determinate nel tempo, essenzialmente per quel patto scellerato che aveva cementato una alleanza tra le forze del "libero mercato" e la corruzione della classe dirigente. Invece, come spesso accade, si è gettato via il bambino con l'acqua sporca. E ci ritroviamo con un Paese senza più grandi imprese (nè pubbliche nè private), con un sistema dei servizi sociali indebolito ed inefficiente (sanità, istruzione, trasporti), con una società invecchiata senza aver riscritto il sistema di welfare coerentemente con i drammatici mutamenti demografici che ci sono passati sotto il naso senza che nemmeno ce ne accorgessimo. Ripartire è molto difficile. Lo si può fare solo a condizione che l'analisi sia lucida, ed in qualche modo anche spietata. La sinistra italiana, che comunque conserva patrimoni di competenze e senso dell'interesse generale, ha una grande responsabilità da esercitare. A condizione che non scelga, per l'ennesima volta, di mettere la testa sotto la sabbia, e di non vedere il deserto di valori che intanto è avanzato.

Il Manifesto

Ho contribuito alla prima diffusione del neonato "Manifesto", un unico foglio stampato a quattro pagine al prezzo di 50 lire.
"Giornale comunista a prezzo popolare" si diceva bussando alle porte degli appartamenti rimediando per lo più usciate in faccia.
A Livorno, allora, la preponderanza del PCI era schiacciante e arrogante, spesso volgare come quando ci davano perfino del fascista perchè invadevamo un campo che era in regime di monopolio, la sinistra comunista.
Oggi dopo quasi 43 anni leggo ancora quel giornale per il quale ho fatto raccolte in fabbrica sfidando l'ira dei centurioni del PCI ed al quale sono ancora abbonato. Non fatelo morire, per favore.

Lettera mandata a Norma Rangeri domenica mattina 25 novembre

Cara Norma ,
se siamo arrivati alla da sempre nefasta categoria del 'voto utile' credo proprio che siamo alla frutta ,
ma nemmeno la vedo in tavola .
Per altro essendo stato rappresentante di lista del manifesto alla elezione del '72 ed avendo quindi superato l'età della ragione
non sono riuscito a capire il nesso , il passaggio fra l'ampia analisi della Rossanda nell' articolo già da te citato a proposito del
giornale , e questa Utilità Primaria .
Mea culpa quindi per avere sicuramente capito male e pentimento per avere appena rinnovato l'abbonamento web .

renzo ,milano

ps : non ho trovato invece, forse non per colpa vostra , l'articolo di Marco Revelli 'Perchè non voto alla primarie ' .

ce n´est qu´un debout, continuons le combat

Cara Rossana,
sono del 1960, vi seguo dal 1974, con amore e solidarietà.
Siamo passati dalla grande tristezza per la perdita di Luigi Pintor.
Siamo passati per il dolore dell´assurda decisione di Lucio Magri.
Passeremo anche per questa pena del distacco da il manifesto (ancora ho nei miei bauli copie memorabili di prime pagine dal 1974...).
Continuerò a seguirti su questo sito, sei sempre un elemento di riflessione indispensabile alla lettura della congiuntura politica.
Saluti comunisti (del terzo millennio).
Alessandro Vigilante
Cooperativa di Commercio Giusto e Solidale RedeMoinho, Bahia. Brasile
www.redemoinho.coop.br

UN PESO SUL CUORE

Adesso che ne vedo la fotografia in negativo, mi accorgo più distintamente di come il manifesto, in fondo, sia stato per me in questi decenni (35 dei miei 52 anni li ho trascorsi in sua compagnia), più che un progetto politico-editoriale, soprattutto la somma delle firme che ci scrivono/scrivevano.
Nondimeno, scendere in questo caffè sotto casa e ritrovare tutti insieme i miei maestri e compagni (e scoprirne di nuovi), aveva un valore inestimabile che non potrà essere colmano inseguendo Vauro, D'Eramo e Rossanda là dove si sono andati a posare. Dolore e solidarietà sono le emozioni del momento, che sento di dover condividere.

abbraccio

Volevo solo dare a Rossana un enorme abbraccio. Dirle che nonostante la lontananza le sono vicino. Dirle che sono sgomento, ma oramai non stupisce più nulla.
Certo che è incredibile.
Maso