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Sei punti per cambiare la politica economica europea

31/01/2014

Vicolo cieco a Bruxelles/6.

L' European Progressive Economists Network ha raccolto gruppi di economisti, ricercatori, istituti e coalizioni della società civile che criticano le politiche economiche e sociali dominanti che hanno portato l'Europa alla crisi attuale. Vogliamo promuovere un ampio dibattito in Europa su politiche alternative basate sui seguenti sei punti: 1. Le politiche di austerità dovrebbero essere rovesciate e va radicalmente rivista la drastica condizionalità imposta ai Paesi che ricevono i fondi d'emergenza europei, a partire dalla Grecia. Le pericolose limitazioni imposte dal "fiscal compact" debbono essere rimosse, in modo che gli Stati possano difendere la spesa pubblica, il welfare, i redditi, permettendo all'Europa di assumere un ruolo più forte nello stimolare la domanda, promuovendo il pieno impiego e avviando un nuovo modello di sviluppo equo e sostenibile. Le politiche europee dovrebbero ridurre gli attuali squilibri nella bilancia dei pagamenti, obbligando al riequilibrio anche i Paesi in surplus. 2. Le politiche europee dovrebbero favorire una redistribuzione che riduca le diseguaglianze, e andare verso l'armonizzazione dei regimi di tassazione, mettendo fine alla competizione fiscale, con uno spostamento dell'imposizione dal lavoro verso i profitti e la ricchezza. Le politiche europee dovrebbero favorire i servizi pubblici e la protezione sociale. L'occupazione e la contrattazione collettiva devono essere difese; i diritti del lavoro sono un elemento chiave dei diritti democratici in Europa. 3. Di fronte alla crisi finanziaria in Europa - segnata dall'interazione tra crisi delle banche e del debito pubblico - la Banca Centrale Europea deve operare come prestatore di ultima istanza per i titoli di Stato. Il problema del debito pubblico deve essere risolto con una responsabilità comune dell'Eurozona; il debito deve essere valutato attraverso un "audit" pubblico. 4. E' necessario un ridimensionamento radicale della finanza, attraverso una tassa sulle transazioni finanziarie, l'eliminazione delle attività speculative e il controllo del movimento dei capitali. Il sistema finanziario dovrebbe essere ricondotto a forme di controllo sociale e trasformato in modo che promuova investimenti produttivi sostenibili dal punto di vista sociale ed ambientale e l'occupazione. 5. Una transizione ecologica profonda può offrire una via d'uscita dalla crisi in Europa. L'Europa deve ridurre la sua impronta ecologica e l'utilizzo d'energia e risorse naturali. Le sue politiche devono favorire nuovi modi di produrre e di consumare. Un grande programma di investimenti che promuovano la sostenibilità può offrire posti di lavoro di alta qualità, espandere competenze in ambiti innovativi e ampliare le possibilità d'azione a livello locale, specialmente sui beni comuni. 6. In Europa la democrazia deve essere estesa a tutti i livelli. L'Unione europea deve essere riformata e va invertita la tendenza alla concentrazione di potere nelle mani di pochi stati e istituzioni fuori dal controllo democratico, che è stata aggravata dalla crisi. L'obiettivo è di ottenere una maggiore partecipazione dei cittadini, un maggiore ruolo per il Parlamento Europeo, e un controllo democratico più significativo sulle decisioni chiave. Di fronte al rischio di un collasso dell'Europa, le politiche europee devono cambiare strada e un'alleanza tra società civile, sindacati, movimenti sociali e forze politiche progressiste è necessaria per portare l'Europa fuori dalla crisi prodotta da neoliberalismo e finanza, e verso una vera democrazia. L'European Progressive Economists Network vuole contribuire a questo cambiamento.
(Appello della Rete degli economisti progressisti presentato a Firenze l'11 novembre 2012)

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