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Gli economisti sono con Tsipras

23/01/2015

La scossa di Atene/La Grecia non è sola. Questo è il messaggio che arriva forte e chiaro dalle decine di campagne, appelli, mobilitazioni popolari e manifestazioni – la più grande a Parigi lunedì scorso, con più di 1,500 partecipanti – in sostegno del partito di Alex Tsipras a cui abbiamo assistito in queste settimane

E non solo in Europa: l’ultimo appello a favore di una ristrutturazione del debito pubblico e di un ribaltamento radicale delle politiche di austerità, sottoscritto da quaranta accademici, arriva addirittura dall’Australia. È sorprendente il consenso che in questi mesi Tsipras – che le alle ultime elezioni greche, nel 2012, l’establishment politico-mediatico europeo era riuscito con successo ad etichettare come un “pericoloso estremista” e “una minaccia per la sopravvivenza dell’Europa”, decretando la marginalizzazione e la sconfitta di Syriza – è riuscito a costruire intorno al suo programma per cambiare la Grecia e l’Ue, anche a livello mainstream. Grazie in parte anche all’“estremismo di centro” che ha preso piede in Europa. Come ha scritto Wolfgang Münchau in un recente editoriale sul Financial Times, sono proprio i grandi partiti europei di centro-sinistra e di centro-destra che stanno permettendo “la deriva dell’Europa verso l’equivalente economico di un inverno nucleare”, mentre gli unici partiti del continente che propongono ciò che è il “consenso” tra gli economisti per risolvere la crisi dell’area euro senza spaccarlo – ossia grandi investimenti pubblici e una ristrutturazione controllata dei debiti – sono proprio i “pericolosi” partiti della sinistra radicale, capeggiati da Syriza. Un consenso che si fa ogni giorno più diffuso, a partire dalla necessità di una massiccia ristrutturazione del debito greco. Scrive Paul De Grauwe: “L’Unione europea ha costretto la Grecia a prendersi in carico un debito enorme e a implementare brutali misure di austerità solo per salvare le banche del Nord Europa, che avevano prestato grandi quantità di denaro al paese, in maniera del tutto scellerata. Lo scopo di queste politiche è uno solo: salvaguardare gli interessi dei creditori, trasferendo risorse dalla Grecia e dagli altri paesi della periferia verso i paesi ricchi del Nord. Ma è una strada insostenibile oltre che immorale: se i leader dell’eurozona non accettano di alleviare il debito della Grecia e degli altri paesi e di porre fine all’immiserimento di massa provocato dalle politiche attuali una crisi dell’eurozona è inevitabile”. La pensa così anche Philippe Legrain, ex consulente di Barroso: “Non è una questione di destra o sinistra. Syriza ha tutto il diritto di chiedere la cancellazione di una parte del debito: con la scusa della solidarietà, la Germania e gli altri paesi dell’eurozona hanno ridotto la Grecia in miseria per salvare i creditori. E comunque non è solo una questione di giustizia ma di necessità economica e politica: anche in base agli scenari più ottimistici, è assolutamente impossibile che la Grecia possa ripagare un debito di quelle dimensioni”. “Debito che è aumentato proprio a causa dello schiacciante impatto dell’austerità fiscale sulla produzione, come ha riconosciuto anche il Fondo monetario internazionale”, sottolinea Joseph Stiglitz. Il problema, però, non è solo economico ma anche e forse soprattutto politico, fa notare Legrain: “La Merkel avrebbe molte difficoltà a far digerire una ristrutturazione del debito ai propri elettori perché questi non provano alcuna solidarietà nei confronti dei greci, che pensano di aver già abbondantemente aiutato. E poi Berlino ha paura di creare un precedente che potrebbe incoraggiare altri paesi, a partire dall’Irlanda, a chiedere una rinegoziazione del debito che l’Ue gli ha imposto per salvare le banche”. Eppure, come sottolineano in tanti, proprio la Germania dovrebbe ricordarsi meglio di chiunque altro cosa succede quando i creditori insistono sul rimborso del debito a tutti i costi, senza tenere conto delle conseguenze economiche e politiche delle loro decisioni. Nel 1920 il giovane Keynes, in merito alle riparazioni follemente punitive imposte alla Germania con il trattato di Versailles, scriveva: “La politica di ridurre la Germania alla servitù per una generazione, di degradare la vita di milioni di esseri umani, e di privare della felicità un’intera nazione dovrebbe essere considerata ripugnante e detestabile… anche se non fosse il seme dello sfacelo dell´intera vita civile dell’Europa”. Sappiamo bene come è andata a finire. “Dire oggi ai paesi del Sud Europa che devono ripagare tutti i loro debiti, fino all’ultimo centesimo e con l’inflazione a zero, rappresenta un incredibile atto di amnesia storica da parte della Germania”, dice Thomas Piketty. Come scrive Jeffrey Sachs, non certo uno di sinistra: “I tedeschi sostengono che il rimborso del debito è un obbligo morale. Ma farebbero bene a ricordarsi che la comunità internazionale cancellò la maggior parte del debito tedesco in seguito alla conferenza di Londra del 1953, e con il piano Marshall offrì al paese enormi somme per far ripartire l’economia. La Germania si “meritava” forse quegli aiuti? No, ma ne aveva bisogno per potersi rimettere in piedi. La Grecia oggi si trova nella stessa situazione. Oggi come ieri, le strade sono due: o l’eurozona accetta di ristrutturare il debito greco o l’Europa esploderà ancora una volta”. È la stessa drammatica conclusione a cui giunge Stiglitz: “Il problema non è la Grecia. È l’Europa. Se l’Europa non cambia – se non riforma l’eurozona e continua con l’austerity – una forte reazione popolare sarà inevitabile. Forse la Grecia ce la farà questa volta. Ma questa follia economica non potrà continuare per sempre. La democrazia non lo permetterà. Ma quanta altra sofferenza dovrà sopportare l’Europa prima che torni a parlare la ragione?”.

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Commenti

Ed ora i fatti!

Tutti felici per la vittoria di Tsipras. Ora però si dovrà uscire dagli slogan elettorali ed affrontare una realtà terribile. La Grecia è stata seviziata dal'Europa ed ora dovrà rinegoziare il debito o uscire dall'Euro. La situazione, peggiorata, è la stessa di tre anni fa.
Cosa può aggiungere oggi di nuovo Tsipras alle trattative?
Ormai le Banche sono svuotate e se la trattativa fosse un poco lungo l'economia si bloccherebbe completamente.
Il guaio, come dimostra anche l'appello degli economisti, è che la sinistra (in Grcia, come i Italia ed altrove) non ha elaborato niente di più di qualche misura di stampo keynesiano.
Nell'Olimpo della sinistra Keynes ha preso il posto di Marx. Come ho commentato ancora, il guaio è che le politiche keynesiane sono fallite alla fine degli anni '70, anzi sono implose. A me pare che la storia economcia, ricostrutia da sinsitra, finsica a metà anni '70 per poi saltare a metà anni '80 con la vittoria delle politiche neo-liberiste. La crisi del keynesismo viene quindi saltata ed oggi è la sola politica riproposta.
Spero veramente che Tsipras tiri fuori qualcosa dal cappello, non solo per la Grecia, ma per tutti noi.

Grazie a te, Thomas

Grazie a te della replica, Thomas. A me pare, però, che il criterio con cui valutare un'analisi - e la mia cerca di essere tale, nei limiti ovviamente di quanto consenta lo spazio a disposizione e la sede - dovrebbe essere la sua correttezza e fondatezza, e non la sua originalità (non sto concorrendo ad un premio letterario!). Penso quindi che sarebbe stato più utile ai tuoi lettori (almeno a quelli di loro che non si accontentano di slogan e propaganda) se tu fossi entrato nel merito del mio argomento, spiegando loro perché non sia vero ciò che io sostengo, ovvero che le politiche di Syriza non potranno che peggiorare il problema strutturale di competitività che è al cuore della crisi greca.

Peraltro, a me non pare proprio che la sostanza del mio commento sia in sintonia con la narrazione della crisi che a rete unificate vanno diffondendo i media e si è imposta presso l'opinione pubblica, in particolare qui da noi come in Grecia (come avrebbe fatto altrimenti Tsipras a vincere?). E' innegabile infatti che sia passato alla grande il messaggio secondo cui qualcuno (i "tedeschi", la Sig.a Merkel, le "banche", la Commissione Europea...) per pura stupidità o per interessata malvagità (o per un mix delle 2) ha imposto una folle e sadica politica (l'"Austerity") ai popoli del Sud-Europa, i quali torneranno alla speranza e alla crescita quando finalmente si saranno liberati dell'assurdo "rigore" e i loro governi avranno ricominciato a spendere. Purtroppo, questa è una favola consolatoria: le cose non stanno così, come argomentavo nel mio precedente commento. E non lo è in particolare per la Grecia.
Come già ti ho fatto notare in precedenza, l'austerity non è stata il risultato di un diktat della Troika o della Sig.a Merkel, ma l'inevitabile conseguenza del fatto che tutti quegli investitori privati che prestavano soldi alla Grecia (così come in misura minore al Portogallo, alla Spagna...), permettendole di spendere ben di più (il suo disavanzo estero era superiore al 15% alla vigilia della crisi e il deficit pubblico era dello stesso ordine di grandezza) di quanto riusciva a produrre, da un certo punto in poi - e per buone ragioni dal loro punto di vista visto quanto è poi accaduto e sta accadendo - non hanno più voluto continuare a farlo. Non solo i capitali non sono più entrati in Grecia, ma anzi hanno cominciato velocemente a fuggire. Ciò ha comportato una drastica caduta della capacità di spesa (pubblica e privata) della Grecia, precedentemente ampiamente finanziata a debito, ovvero ha comportato l’austerity (CHE ALTRO NON E' SE NON QUESTO). Questa drastica caduta della capacità di spesa della Grecia, peraltro, è stata fortemente attutita dai vari interventi e prestiti di emergenza che essa ha ottenuto attraverso le istituzioni europee e i suoi partner dell’area euro, oltreché del FMI, senza i quali lo stato greco non sarebbe più stato in grado di pagare stipendi, pensioni e sussidi, la popolazione di acquistare beni di importazioni essenziali e l'intera economia greca sarebbe implosa. Questi sono i fatti.
A questo proposito, non credo che tu renda un grande servizio ai tuoi lettori riportando cifre grossolanamente false (come hai fatto in tuoi precedenti articoli) pur di dimostrare che gli aiuti alla Grecia pagati dai contribuenti italiani e di altri paesi europei sono andati quasi interamente (l'89% addirittura) a beneficio dei creditori esteri della Grecia (i quali, per la loro imprudenza nel dar prestiti al paese ellenico hanno comunque subito una meritatissima "tosatura" da 105 miliardi di euro) e non della Grecia stessa. Leggo in ciò una specie di "cupio dissolvi": a chi e a cosa serve screditare con accuse tanto gravi quanto infondate - basate per di più su palesi falsificazioni dei fatti - o addirittura criminalizzare le istituzioni sovranazionali che l'Europa si è faticosamente e democraticamente data? A chi se non alla Signora Le Pen, a Salvini, ai peggiori populismi che si aggirano per l'Europa?

Grazie

Grazie del commento, Hugo. Ma non è che la tua posizione sia molto originale: è la stessa che viene sciorinata a reti unificate tutti i giorni da 4 anni a questa parte... : )

Amici di sinistra: finirà male anche stavolta!

Visto quanto poco gli economisti ci hanno azzeccato negli ultimi decenni nel far previsioni e nel suggerire il da farsi ai politici, manterrei una forte dose di scetticismo nei confronti di quelli tra loro pronti a saltare sul carro del vincitore annunciato delle elezioni greche.
A me, che economista non sono, continua a non essere chiaro come Syriza intende finanziare le costose politiche che va promettendo. Certo, per qualche tempo potrà contare sui soldi che ha ricevuto in prestito dai contribuenti italiani e di altri paesi europei e che Tsipras non ha intenzione di restituire. Ma finiti quelli?
La scomoda verità è che, anche se per incanto i debiti che la Grecia ha contratto per vivere per anni ben al di sopra dei propri mezzi fossero azzerati, resterebbe del tutto irrisolto il nodo strutturale all'origine dei sui problemi, che anzi verrebbe assai aggravato dalle politiche che Tsipras annuncia di voler intraprendere.
Infatti, il dato di fatto che emerge da tutti gli indicatori - e che non è esorcizzabile con slogan retorici - è che la Grecia ha costi (stipendi, salari, pensioni, prezzi dei servizi e beni intermedi prodotti in loco...) da paese ricco (o semi-ricco) e specializzazione produttiva, livelli di produttività, presenza nei settori innovativi, qualità delle istituzioni ecc. da paese in via di sviluppo. La Grecia è quindi al tempo stesso fuori mercato nei confronti dei suoi concorrenti naturali a basso costo (Turchia, Bulgaria, Slovacchia...) e non competitiva nei confronti dei paesi ricchi ad elevata produttività con forte presenza nei settori ad alto valore aggiunto. In questa situazione, promettere aumenti dei salari, delle pensioni, dei sussidi vuol dire o fare promesse che non verranno mantenute (e per la Grecia sarebbe il meno peggio!) o mantenerle vanificando in poche settimane quei progressi dolorosamente conseguiti dai greci in 4 anni di durissima recessione sulla via del recupero di competitività. Ecco perché la piattaforma programmatica di Syriza è intrinsecamente ed irrimediabilmente demagogica ed ecco perché la sua avventura è destinata a finire male. Ma quel giorno, tanti dei suoi entusiasti tifosi di oggi diranno che è stata colpa della CIA, della Signora Merkel, della congiura sionista-massonica, della finanza mondialista...