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Perché i Governi sbagliano le previsioni?

19/11/2014

Governi e istituzioni internazionali hanno sottovalutato le conseguenze depressive delle politiche di austerità perchè basano le proprie previsioni su modelli irrealistici e con un forte contenuto ideologico. Gli stessi modelli sono alla base delle riforme strutturali che i Governi europei stanno portando avanti.

Negli ultimi anni le previsioni del Governo e delle istituzioni internazionali sull’andamento dell’economia italiana si sono rivelate sistematicamente ottimistiche (come ha ricordato in questi giorni Emiliano Brancaccio). Lo stesso Ministero delle Finanze, nella nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2014[1], riconosce che “tanto i governi quanto gli organismi internazionali hanno ripetutamente peccato di ottimismo e sono stati poi costretti a posticipare le previsioni di ripresa per l’Italia e per l’Area dell’Euro”. (Con involontaria ironia, qualche pagina dopo la parte previsionale del documento annuncia che secondo gli economisti del Ministero la ripresa arriverà tra pochi mesi.)

Prendiamo ad esempio le previsioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI), probabilmente il più autorevole tra i previsori istituzionali. Il Fondo Monetario da quattro anni prevede nel suo report di Ottobre l’arrivo imminente della ripresa; ripresa che poi puntualmente non si manifesta (si veda il grafico). Gli stessi errori di sopravvalutazione delle prospettive economiche sono stati compiuti da tutte le principali istituzioni (OCSE, CE, BCE, Governo) e hanno riguardato sostanzialmente tutte le economie dell’Area Euro.

Perchè governi e istituzioni economiche internazionali continuano a prendere cantonate, prevedendo continuamente una ripresa che non arriva mai, mentre l’economia in realtà sprofonda sempre di più nella stagnazione e nella deflazione? Nell’anno in cui l’errore di previsione è stato maggiore (il 2012), il FMI ha riconosciuto pubblicamente di avere “sottostimato i moltiplicatori fiscali”. In altre parole, è stato sottovalutato l’effetto depressivo delle riduzioni della spesa pubblica e degli aumenti di tasse, cioè delle politiche di austerità.

DIETRO LE PREVISIONI SBAGLIATE C’È UN MODELLO DELL’ECONOMIA POCO CREDIBILE...

Il Fondo Monetario Internazionale, così come le altre principali istituzioni, utilizza per elaborare le proprie previsioni dei modelli matematici basati sulla visione ‘neoclassica’ dell’economia. In particolare si tratta dei cosidetti DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium) models, cioè modelli basati sulla teoria neoclassica dell’equilibrio economico generale[2]. Si tratta di una teoria che ha le sue origini nella seconda metà dell’Ottocento[3], e che è fondata su una visione entusiastica e un pò naive del capitalismo. L’idea di base è che in assenza di imperfezioni e impedimenti, il libero mercato tende a impiegare pienamente ed efficientemente tutti i fattori produttivi e a far crescere l’economia in modo stabile. In una situazione di concorrenza perfetta, il mercato realizzerebbe “il migliore dei mondi possibili”.

Sfortunatamente però la visione neoclassica dell’economia è completamente irrealistica. La teoria dell’equilibrio economico generale[4] infatti funziona solo se si assume che in ogni mercato ci sia un banditore d’asta che consente l’equilibrio istantaneo di domanda e offerta in ogni istante e che le persone siano in grado di prevedere perfettamente il futuro (o alternativamente che ci siano mercati a futuri per tutti i possibili beni e servizi, anche quelli che non sono stati ancora inventati). Questo vale anche per il mercato del lavoro: si assume quindi che non ci possa mai essere disoccupazione involontaria. L’assunzione di piena occupazione dei fattori produttivi è giustificata dalla cosiddetta ‘Legge di Say’, secondo cui tutto ciò che non viene consumato è automaticamente investito, per cui non possono mai verificarsi carenze di domanda aggregata. Tali teorie hanno un contenuto ideologico molto marcato: rappresentano un’apologia del capitalismo non-regolamentato. Ignorano l’importanza della domanda aggregata e delle istituzioni.

I fondatori di questo approccio erano consapevoli dell’altissimo livello di astrazione della teoria, e difficilmente avrebbero consigliato di usarla come base per un modello previsionale. Ad esempio, Frank Hahn, un importante (e argutissimo) economista neoclassico che con i suoi lavori ha contribuito in modo decisivo allo sviluppo della moderna teoria dell’equilibrio economico generale, difendeva il modello sul piano puramente teorico ma era chiarissimo sul fatto che esso rappresenta solo un grande esperimento intellettuale, e riconosceva che che “come teoria su come funziona il mondo, è falsa”[5] (Hahn, 1973, p.324).

...E QUALCHE RITOCCO PSEUDO-KEYNESIANO QUA E LA' NON È SUFFICIENTE

Per fare si che il modello possa contemplare l’esistenza della disoccupazione almeno nel breve periodo, vengono inseriti nei modelli DSGE degli elementi ad hoc che producono questo risultato. In particolare si introducono nel modello le cosidette rigidità, principalmente nella forma di salari che non sono abbastanza flessibili e impediscono l’incontro della domanda e dell’offerta nel mercato del lavoro. Così le discrepanze tra il modello neoclassico ‘panglossiano’ e l’economia reale vengono spiegate con degli impedimenti, che in alcune circostanze impediscono temporaneamente ai mercati di esprimere pienamente i propri effetti benefici.

Inserire nell’impianto teorico neoclassico delle ‘rigidità’, in modo da ottenere un modello che ha qualche caratteristica pseudo-Keynesiana nel breve periodo, ma che resta neoclassico nel lungo, non appare un modo soddisfacente di correggere i difetti del modello. Ne risulta una visione dell’economia schizofrenica, nella quale le dinamiche di breve termine, nelle quali la domanda può avere qualche influenza sulla crescita, sono completamente sconnesse da quelle di lungo periodo, in cui l’economia converge inevitabilmente verso una posizione ‘naturale’ di pieno impiego, sulla quale le dinamiche della domanda sono totalmente ininfluenti. Come dire che un paziente può essere ammalato ogni singolo giorno dell’anno, ma se prendiamo l’anno nel suo complesso stare benissimo.

Chiaramente, è l’impostazione di base che va cambiata, se l’analisi economica vuole essere in grado di dire qualcosa sul mondo reale e non essere un semplice gioco intellettuale per matematici estrosi. La storia ci insegna che l’evoluzione della domanda aggregata è un fattore fondamentale nella crescita di lungo periodo dell’economia, così come lo sono l’evoluzione del contesto istituzionale e l’intervento dello Stato nell’economia. L’osservazione della realtà mostra chiaramente che la disoccupazione è un elemento strutturale di tutte le economie capitalistiche, non un elemento transitorio di breve periodo, dovuto a impedimenti al funzionamento dei mercati. E’ sbagliato partire dall’assunzione che ci siano nel libero mercato meccanismi che tendono automaticamente alla piena occupazione. In realtà la piena occupazione è stata raggiunta poche volte nella storia delle economie capitalistiche e sempre con il contributo di un forte intervento Statale.

Non tutti gli economisti sono convinti della teoria neoclassica ed esistono delle visioni alternative che attribuiscono alla domanda aggregata il ruolo di motore della crescita e che quindi hanno previsto correttamente che le politiche di austerità avrebbero provocato stagnazione e deflazione. (Per una introduzione sintetica si veda ad esempio questa presentazione di Antonella Stirati ad un convegno organizzato da Rethinking Economics. O le interpretazioni della crisi avanzate nell’ebook Oltre l’Austerità, a cura di Sergio Cesaratto e Massimo Pivetti.)

RIFORME STRUTTURALI? RIPENSIAMOCI

I modelli neoclassici non sono usati soltanto per produrre previsioni sbagliate sull’andamento del PIL. E’ sulla base di queste teorie che sono state concepite le cosiddette ‘riforme strutturali’ che i Governi europei, Renzi in primis, stanno portando avanti. Sulla base di una certa versione di queste teorie si è giustificata l’idea che l’austerità potesse essere ‘espansiva’, cioè portare alla crescita. Secondo gli economisti panglossiani i problemi dell’Italia sono il mercato del lavoro troppo rigido e la spesa pubblica troppo alta. (Per inciso, in Italia la spesa pubblica per abitante è perfettamente in linea con la media OCSE e inferiore a quella dei paesi più ricchi, e la protezione dei lavoratori dipendenti per molti aspetti è inferiore che in Germania). In questo modo si continua a ignorare il principale problema dell’economia italiana – la carenza di domanda aggregata – e si propongono politiche che lo aggravano ulteriormente. Finchè una visione dell’economia ‘panglossiana’, che ha dimostrato di ignorare aspetti determinanti della realtà, continua ad essere la guida delle politiche economiche europee, non c’è da aspettarsi molto di più che stagnazione e deflazione.


[1] Il documento è scaricabile a questo link.

[2] Nello specifico, il modello utilizzato dal FMI è descritto dagli economisti del fondo a questo link.

[3] In particolare l’impostazione sottostante i modelli DSGE è stata proposta dall’economista Leon Walras in una serie di scritti negli anni ’70 dell’Ottocento.

[4] Mi riferisco qui alla versione Walrasiana che è oggi adottata. Esiste anche un’altra versione della teoria di equilibrio economico generale, che è stata definita delle “posizioni di lungo periodo”, elaborata da autori come Wicksell. Tuttavia questa versione soffre di un’importante incongruenza interna legata alla trattazione del capitale, ed è stata perciò abbandonata dagli stessi economisti neoclassici.

[5] Ho scoperto questa frase di Hahn grazie alla tesi di dottorato di Ariel Dvoskin.

 

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Commenti

Re:

Caro Mario,
penso che lei abbia centrato il punto. Anche io penso che la fortuna dei modelli DSGE sia dovuta in grande parte alla coincidenza tra le implicazioni di policy di questi modelli e gli interessi della classe dirigente.

Perché non vengono adottati modelli alternativi ?

Non sono un economista, ma se ho capito bene il dibattito tutti voi riconoscete che i modelli neoclassici non funzionano, l'autore dell'articolo afferma che modelli alternativi esistono, Sergio P. chiede, polemicamente, perché allora non vengono utilizzati, in qualche modo dubitando che siano più efficaci.
Se la ricostruzione è giusta, la risposta a Sergio P. mi sembra semplice.
I modelli alternativi più efficaci dal punto di vista della crescita economica più equilibrata e per tutti, non vengono applicati perché "sbagliare" le politiche, applicare l'austerità, espansiva o meno, porta vantaggio ai ceti dominanti e alle elite economiche mondiali.
I capitalisti guardano da sempre al loro interesse, non al benessere collettivo e i loro comportamenti conseguenti sono tra i motivi per cui la teoria neoclassica è una favola senza grandi riscontri nel mondo reale. I modelli servono solo a farci credere che la ripresa ci sarà a breve, ma d'altra parte, se ci dicessero che invece ci vorranno anni (sempre che ci si arrivi) forse proveremmo a ribellarci di più.
Ci vorrebbe un partito, una forza politica a livello europeo, che si facesse carico di rappresentare gli interessi delle classi subalterne, come si diceva una volta, che probabilmente ancora oggi sarebbero gli interessi generali dei Paesi, compresa una nuova concezione di sviluppo che faccia i conti con le risorse limitate del Pianeta.

Re:

Caro Sergio
Non capisco bene quale è il punto che lei solleva. Mi sembra che lei sia d'accordo sul merito del mio articolo, cioè sul fatto che gli errori di previsioni sono dovuti a inadeguatezza dei modelli usati. Quindi mi sembra che più che altro la sua critica sia verso la categoria degli economisti in generale che non è stata in grado per ora di sviluppare modelli alternativi. Come ho già scritto non sono del tutto d'accordo perché le alternative ci sono (ripeto: modelli macroeconometrici per le previsioni di breve termine, modelli qualitativi demand-led per valutare effetti riforme). Vorrei aggiungere che per sviluppare le alternative servono risorse e gruppi di lavoro, che non nascono se non c'è consapevolezza della necessità di cambiare approccio. Sulla Spagna mi sembra indiscutibile che gli afflussi di capitali dall'estero (causati da liberalizzazione e Unione monetaria) e la conseguente espansione del credito abbiano giocato un ruolo decisivo nel rendere insostenibile il boom. Comunque aspettiamo la replica di Davide Gilardi.

Ingenuità, incapacità, impotenza

Dunque vediamo. Le mie osservazioni sarebbe "ingenue e meravigliate", mentre invece sarebbe... cosa? smaliziata e realistica? l'idea di cambiare le cose attraverso un ricorso formale alla Corte di Giustizia Europea!
Caro Vincesko, caro Davide Gilardi, scrivere fino alla noia che "il re è nudo" non serve proprio a nulla. La prova? Semplicissima: sono anni che centinaria di economisti lo ripetono, e non è cambiato assolutamente nulla. Pensare poi di farlo dichiarare dalla Corte di Giustizia Europea è roba da avanspettacolo.
Il problema è molto più serio.
Chi mi dice che, aumentando la domanda aggregata non si crei una bolla destinata a scoppiare dopo pochi anni?
È quello che è successo in Spagna: grande impulso alle costruzioni (non è forse domanda aggregata?), perfino il sorpasso a nostro danno in termini di PIL pro capite, poi un botto da paura che li ha riportati in un attimo indietro di vent'anni.
Perché? Per il semplice motivo che sostenere la produzione di beni non esportabili quando si è comunque costretti a importare porta inevitabilmente a una crisi nei conti con l'estero.
Per questo dico che ripetere fino alla noia (e siamo proprio alla noia) che "aumentare la domanda aggregata" non vuol dire proprio nulla.
Modelli alternativi? Perfetto: e allora che si usino concretamente per dimostrare che "aumentare la domanda aggregata"

Schizofrenia

Citazione: “Ne risulta una visione dell’economia schizofrenica”.

Ha messo il dito sulla piaga. E questo costituisce anche una risposta indiretta alle osservazioni ingenue e meravigliate di Sergio P (e di tantissimi altri che mi capita di incrociare nel web). La schizofrenia dei "poteri forti" (FMI, CE, BCE) svela plasticamente l’inganno sistematicamente da essi perpetrato ai danni del popolo europeo, in particolare dei poveri cristi, e la loro malafede.
Tra i tanti frutti malati di questa Unione Europea in mano alla destra tedesca ed ai suoi epigoni e scherani, infatti, ci sono:
1) lo stravolgimento della vita e del benessere di milioni di persone causato dal perdurare di una crisi economica devastante, regalataci dagli USA (che ne sono usciti dopo un solo anno) e gestita in modo pessimo dai sedicenti statisti europei Merkel, Sarkozy e Barroso, per cui, dopo 6 anni non se ne vede ancora l’uscita;
2) lo stravolgimento della logica e della lingua a cui ci sta costringendo il credo neoliberista (egemone negli ultimi 30 anni e ormai sopravvissuto solo in Eurozona per colpa della Germania), per cui si è preteso di convincerci che si potesse uscirne con la nefasta ed ossimorica “austerità espansiva", ormai schizofrenico: nel mentre riconosce la fallacia delle terapie e delle formule applicate, come se niente fosse continua ad applicarle, vedi:
a) l’FMI, per le c.d. riforme strutturali (cfr. http://old.sbilanciamoci.info/Sezioni/globi/Abbassare-i-salari-La-retromarcia-dell-Fmi-25470 );
b) la Commissione Europea, per la formula di calcolo del deficit strutturale, contestata dal ministro Padoan, ma inizialmente da alcuni studiosi che hanno pubblicato il loro “paper” su LaVoce.info: Stefano Fantacone, Petya Garalova e Carlo Milani del Cer, seguiti da molti altri, una metodologia che la stessa Commissione – in un suo studio del 2013 “Labour Market Developments in Europe 2013” http://ec.europa.eu/economy_finance/publications/european_economy/2013/pdf/ee6_en.pdf – aveva giudicato inaffidabile, come persino Mario Draghi ha rilevato nel suo discorso nell’agosto scorso a Jackson Hole, ma continuando ad usarla come se niente fosse (e forse proprio questa osservazione del presidente della Bce ha incoraggiato Padoan a dire quello che da tempo avremmo dovuto dire, visto che il problema era emerso da un pezzo); infine, sul sito della BCE l’altro ieri è stato pubblicato un “paper” con critiche severe alla formula usata dalla Commissione Europea (cfr. http://www.repubblica.it/economia/rubriche/eurobarometro/2014/11/22/news/bce_contro_ue_dannose_le_regole_sul_deficit-101084106/ );
3) lo stravolgimento della matematica (oltre che della logica), per cui si verifica che una Legge di stabilità che prevede un aumento dell’avanzo primario ed una diminuzione del deficit diventa e viene propagandata come manovra anti-recessiva;
4) lo stravolgimento dell’informazione, attraverso l’opera metodica ed intenzionale da parte della BCE (e dell’UE) di disinformare l’opinione pubblica europea sui poteri e i doveri della BCE, che fa vittime anche illustri (cfr. “Allegato alla Petizione al Parlamento europeo: la Bce non rispetta il suo statuto” http://vincesko.ilcannocchiale.it/post/2821720.html ).
5) Conclusione: il re è nudo, forse è sufficiente urlarlo, ma più sicuro – visto il controllo dei media e la sostanziale sordità della “corte regale” e dell’opinione pubblica europea, sarebbe farlo dichiarare ufficialmente dall’unica Autorità che è giurisdizionalmente abilitata a farlo: la Corte di Giustizia Europea, attraverso un ricorso formale.

Re: solo parole?

Ringrazio Daniele Girardi per la risposta. Ma... una domanda segue a ruota: se modelli alternativi esistono, qualcuno li usa?
Ok, le principali istituzioni inernazionali usano i DSGE per motivi ideologici, ma le stesse istituzioni che li usano hanno espressamente riconosciuto che quei modelli sbagliano le previsioni.
Gli economisti che li contestano sono veramente tanti (e ripetono da anni le stesse cose...). Possibile che nessuno è in grado di prendere, ad esempio, le serie storiche dal 1998 al 2013 e mostrare che un modello diveso può far meglio dei modelli IMF?
L'unico modo di contrastare modelli "ideologici" è dimostrare che esiste un'alternativa concretamente, non solo teoricamente, più efficace.
È anche l'unico modo per sperare di orientare diversamente l'agire politico. Al politico, o al suo elettore, che chiedesse "che succede se aumento la domanda aggregata?" non si può rispondere genericamente "andrebbe meglio, fidati". Anche perché, senza modelli alternativi concreti, non si saprebbe poi rispondere a successive domande del tipo "E come la devo aumentare? Di quanto?"
"Fidati" non può essere una risposta, ma è l'unica che trovo. Da troppi anni.

ma l'economia politica non è una scienza....

...tutt'al più è un ramo della filosofia, e questa vicenda lo conferma. Anche i teologi pretendevano di essere degli scienziati, e in nome delle loro teorie si sentivano autorizzati a far bruciare sul rogo i dissenzienti....

Re: solo parole?

Rispondo al commento di Sergio P.:
Certo che esistono alternative ai DSGE. Dal punto di vista quantitativo (per fare le previsioni di breve termine) si dovrebbero usare modelli macroeconometrici, in cui i parametri quindi sono stimati empiricamente e non "calibrati". Dal punto di vista qualitativo (per valutare l'opportunità ad esempio delle "riforme strutturali") ci sono i modelli di demand-led growth. Come lo Sraffian supermultiplier di Serrano per esempio. I DSGE vengono utilizzati perché ne viene condivisa l'impostazione ideologica, non per mancanza di alternative. Quindi penso sia utile criticarli e spiegare perchè sono sbagliati. E sopratutto cercare di capire perchè hanno prodotto previsioni così errate negli ultimi anni.

manca un link

Nella prima nota alla fine dell'articolo il link annunciato dalla frase non è attivo

Solo parole?

Ho visto la presentazione di Antonella Stirati, ma sono anni e anni che sento solo parole. Parole intriganti, convincenti quanto si vuole, ma solo parole.
I modelli DSGE fanno acqua da tutte le parti? Anche qui, sono anni che ce ne siamo accorti.
Ma qual è l'alternativa?
Temo che i modelli DSGE verranno sostituiti con altri solo se altri modelli si mostreranno più efficaci sul piano quantitativo, non su quello delle parole.
D'accordo, è una condizione solo necessaria e non certo sufficiente, ma è comunque necessaria.
Esistono altri modelli? Si dimostrano più efficaci?
Se sì, spiegare perché i DSGE sono sbagliati è utile. In caso contrario, chiedo scusa, è solo l'ennesimo esercizio verbale.

ma quale libero mercato?

"L’idea di base è che in assenza di imperfezioni e impedimenti, il libero mercato tende a impiegare pienamente ed efficientemente tutti i fattori produttivi e a far crescere l’economia in modo stabile. In una situazione di concorrenza perfetta, il mercato realizzerebbe “il migliore dei mondi possibili”." a me pare che non ci sia nella realtà dei fatti nessun libero mercato. ci sono oligarchie finanziarie e industriali che tendono al monopolio, e non fanno altro che manipolare i mercati per raggiungere loro obiettivi. leggiamo tutti i giorni sui giornali scandali riguardanti la manipolazione delle valute, e di quella o l'altra asset class. è solo il picco che appare in superficie. e il resto?