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La lezione degli studenti di economia di Harvard
Forse i tempi stanno proprio cambiando. Gli studenti di economia di Harvard hanno denunciato il dogmatismo delle teorie economiche che sono loro insegnate (al primo anno di studi, Ec10) in una lettera aperta a uno dei più influenti tra i loro docenti, il Prof Greg Mankiw. Mankiw ha scritto un paio manuali su cui si sono formate intere generazioni (chi scrive si è sorbito i suoi Principles of Macroeconomics da studente alla London School of Economics), è stato consigliere economico per l'amministrazione d George Bush, ed è oggi al servizio dello sfidante repubblicano Mitt Romney.
Il suo corso è frequentato da oltre 700 matricole ogni anno. Ma ora queste stesse matricole hanno detto pubblicamente basta all'indottrinamento: "Riteniamo che il corso esponga una specifica e limitata visione della teoria economica" – si legge nella lettera aperta – "… non c'è nessuna giustificazione nel presentare la teoria di Adam Smith come più fondamentale di quella, poniamo, di Keynes. … lo studio dell'economia dovrebbe legittimamente includere una discussione critica sia dei benefici sia delle falle dei diversi, semplicistici, modelli economici. … ma nella nostra classe abbiamo pochissimo accesso a differenti approcci economici. L'attenzione nel presentare una prospettiva non pregiudiziale (unbiased) è ancora più importante in un corso introduttivo."
La rivendicazione di un approccio meno paradigmatico è di per sé lungimirante, oltre che ovviamente condivisibile; ma trovo l'appello al pluralismo da parte degli studenti ancora più pregnante per i motivi che lo ispirano: il punto di vista che ci viene insegnato, si legge ancora, "perpetua sistemi inefficienti e problematici di economia dell'ineguaglianza nella nostra società di oggi." Tanto più che "gli studenti di Harvard giocano un ruolo centrale nelle istituzioni finanziarie e nell'indirizzare la politica economica in giro per il mondo."
Anni fa, in pieno ‘68, Paul Feyerabend argomentava dall'università di Berkeley che mettere a tacere punti di vista differenti da quelli dominanti significa rapinare il genere umano della possibilità di avvicinarsi alla verità. Per questo la scienza andrebbe organizzata per generare continuamente alternative, dare forza alle anomalie e stimolare la controversia. Lui lo chiama principio di proliferazione: "Inventa, ed elabora teorie in contraddizione con il punto di vista dominante, anche se questo è generalmente accettato e ben confermato". Non c'è niente da temere dalla competizione di idee, quello che ci deve fare paura sono il conformismo e la stagnazione. Non solo la scienza andrebbe organizzata in questo modo, ma anche le istituzioni che la ospitano – e come noto, per Feyerabend, la società intera. E' bello che sia un gruppo di studenti di Harvard a ricordarcelo.