Home / Sezioni / globi / Oliver Williamson, il prezzo del mercato

facebook-link twitter-link

Newsletter

Registrati alla newsletter di sbilanciamoci.info

Sezioni

Ultimi articoli nella sezione

08/12/2015
COP21, secondo round
di Lorenzo Ciccarese
03/12/2015
Lavoro, la fotografia impietosa dell'Istat
di Marta Fana
01/12/2015
La crisi dell’università italiana
di Francesco Sinopoli
01/12/2015
Parigi, una guerra a pezzi
di Emilio Molinari
01/12/2015
Non ho l'età
di Loris Campetti
30/11/2015
La sfida del clima
di Gianni Silvestrini
30/11/2015
Il governo Renzi "salva" quattro istituti di credito
di Vincenzo Comito

Oliver Williamson, il prezzo del mercato

12/10/2009

Il Nobel a Williamson arriva tardi, come un Oscar alla carriera. Ma, nell’anno della crisi finanziaria globale, questo premio assume un nuovo significato. Il mercato costa

L’assegnazione del Nobel per l’economia a Elinor Ostrom e Oliver Williamson intende premiare, nell’anno della crisi economica, la centralità dell’approccio interdisciplinare all’analisi economica delle istituzioni e del mercato. Entrambi infatti hanno focalizzato la propria produzione scientifica sui fallimenti di mercato generati dai costi di transazione e sul ruolo di istituzioni nel risolvere e governare tali fallimenti.

Volendo individuare in una battuta il comune denominatore della ricerca dei due premiati, si può affermare che fuori dall’ipotesi ideal-tipica di concorrenza perfetta, l’uso del mercato comporta rilevanti costi di transazione. Man mano che ci si sposta dai mercati ideali a quelli reali, lo scambio economico diventa ‘transazione’: non un automatico flusso di beni scambiati istantaneamente da un soggetto ad un altro, ma una complessa relazione fatta di diritti, regole, contratti, promesse, opportunismi, vincoli. In questa visione ciò che scambiamo sul mercato non sono beni, prestazioni, servizi, ma diritti proprietari o contrattuali. Se questi diritti sono debolmente definiti, come nel caso di un bene pubblico o a proprietà comune, o di un contratto relativo ad una prestazione complessa e difficilmente verificabile, saranno assai probabili forme di appropriazione indebita dei benefici economici e il prezzo di scambio sul mercato finirà per disincentivare investimenti volti alla valorizzazione di quei diritti.

Per definire compiutamente i diritti oggetto di scambio, siano essi proprietari (come nel caso dell’analisi della Ostrom, che ha poi avuto importanti applicazioni nel campo dell’economia ambientale) o contrattuali (come nel caso dell’approccio di Williamson) occorre superare il mero scambio di mercato e individuare appropriate forme di governo delle transazioni di mercato.

Per Williamson - che rinnova il filone dell’istituzionalismo americano di J. R. Commons ed estende la teoria dell’impresa del premio Nobel Ronald Coase – quando i costi di transazione sono elevati, diventa efficiente sottrarre al mercato potenziali scambi inefficienti, riconducendoli ad una relazione di autorità all’interno di una organizzazione gerarchica. La moderna impresa si caratterizza proprio per questa funzione di governance alternativa al mercato: è più efficiente impartire direttive e adattarle all’interno di un contesto organizzativo gerarchico piuttosto che lasciarle, di volta in volta, alla contrattazione di mercato. In particolare ciò è tanto più efficiente – in termini di costi di transazione risparmiati - quanto più le transazioni di riferimento richiedono investimenti specifici e ideosincratici. Beni e servizi complementari tenderanno ad essere verticalmente integrati in una struttura proprietaria unitaria. Ciò vale per l’impresa capitalistica, ma vale anche per lo Stato. Quando i costi di contrattazione tra centri decisionali distinti aumenta l’incertezza ed espone al rischio di appropriabilità, diventa più efficiente il governo unificato delle transazioni. Naturalmente ciò comporta che le soluzioni istituzionali ai problemi generati dai costi di transazione differiscano da un contesto ad un altro, anche in ragione di altri fattori: la cultura, le opportunità economiche alternative, l’attitudine alla coperazione, la reputazione e così via. In altri termini, come rilevato anche da Masahilo Aoki, l’approccio neo-istituzionalista avviato con i lavori di Williamson permette non solo di spiegare perché altre forme istituzionali devono co-esistere con il mercato, ma fornisce anche una spiegazione economica dei fenomeni di diversità istituzionale: non esiste una forma organizzativa di impresa o di organizzazione dell’attività pubblica migliore di altre in senso assoluto. L’efficienza comparata di ciascuna forma di governo delle transazioni, nella complementarietà tra Stato e Mercato, va valutata in funzione delle alternative disponibili di volta in volta e in ragione dei vincoli economici, politici, sociali e tecnologici. Non è un caso che i recenti filoni generati dall’impulso neo-istituzionalista riguardino la New Comparative Economics, gli studi sulla varietà e la diversità dei modelli capitalistici, le analisi sulle forme alternative di decentramento e federalismo.

Il premio Nobel a Williamson arriva tardi, se non altro perché alcuni dei recenti premi Nobel hanno potuto utilizzare le sue teorie in vari contesti. Eppure, nel 2009, l’anno della crisi finanziaria globale, questo premio assume un nuovo significato. Il mercato costa.

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
Vuoi contribuire a sbilanciamoci.info? Clicca qui

Commenti

...

...prova a studiare un po' di economia...

Non ho capito molto

Ho provato varie volte a leggere l'articolo, ma mi è rimasto un pò ostico.