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Un appello europeo da Firenze

10/12/2011

Visite record a sbilanciamoci.info: 4.411 contatti diversi sabato scorso per sapere tutto del Forum “La via d’uscita” – promosso da Rete@sinistra, Sbilanciamoci, Il Manifesto e Lavoro e libertà, il 9 dicembre a Firenze al Teatro Puccini – a cui hanno partecipato 800 persone. All'interno, il testo e i link a tutti i materiali dell'incontro

Gli interventi – molto attesi – di Rossana Rossanda hanno aperto e concluso l’incontro, in mezzo una fitta serie di proposte su che si può fare per l’Europa, per trovare alternative alle misure del governo Monti, per riaprire spazi di democrazia. L'incontro si è concluso con la proposta di un appello europeo, lanciato e firmato dai relatori e da oggi aperto alla raccolta di firme. Ne pubblichiamo qui integralmente il testo.

Proposta di Appello Europeo per “Un’altra strada per l’Europa”

La crisi dell’Europa è l’esaurirsi di un percorso fondato sul neoliberismo e sulla finanza. Negli ultimi vent’anni il volto dell’Europa è stato il mercato e la moneta unica, liberalizzazioni e bolle speculative, perdita di diritti ed esplodere delle disuguaglianze. Alla crisi finanziaria, le autorità europee e i governi nazionali hanno dato risposte irresponsabili: hanno rifiutato di intervenire con gli strumenti dell’Unione monetaria per arginare la crisi, hanno imposto a tutti i paesi politiche di austerità e tagli di bilancio, che saranno ora inseriti nei trattati europei. I risultati sono che la crisi finanziaria si estende a quasi tutti i paesi, l’euro potrebbe saltare, si profila una nuova grande depressione, c’è il rischio della disintegrazione dell’Europa.

L’Europa può sopravvivere soltanto se cambia strada. Un’altra Europa può essere possibile, se prende il volto del lavoro, dell’ambiente, della democrazia, della pace, di più integrazione. È la strada indicata da una parte importante della cultura e della società europea, dai movimenti per la giustizia, dalle proteste in tutti i paesi contro le politiche di austerità dei governi. È una strada che non ha ancora trovato un’eco tra le forze politiche europee.

La strada per un’altra Europa deve far convergere le visioni di cambiamento, le proteste sociali, le politiche nazionali ed europee verso un quadro comune. Proponiamo cinque obiettivi da cui partire:

Ridimensionare la finanza. La finanza – all’origine della crisi – dev’essere messa nelle condizioni di non devastare più l’economia. L’Unione monetaria dev’essere riorganizzata e deve garantire collettivamente il debito pubblico dei paesi che adottano l’euro; non può essere accettato che il peso del debito distrugga l’economia dei paesi in difficoltà. Tutte le transazioni finanziarie devono essere tassate, devono essere ridotti gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, una regolamentazione più stretta deve impedire le attività più speculative e rischiose, si deve creare un’agenzia di rating pubblica europea.

Integrare le politiche economiche. Oltre a mercato e moneta servono politiche comuni in altri ambiti, che sostituiscano il Patto di Stabilità e Crescita, riducano gli squilibri, cambino la direzione dello sviluppo.
In campo fiscale occorre armonizzare la tassazione in Europa, spostando il carico fiscale dal lavoro alla ricchezza e alle risorse non rinnovabili, con nuove entrate che finanzino la spesa a livello europeo. La spesa pubblica – a livello nazionale e europeo – dev’essere utilizzata per rilanciare la domanda, difendere il welfare, estendere le attività e i servizi pubblici.
Le politiche industriali e dell’innovazione devono orientare produzioni e consumi verso maggiori competenze dei lavoratori, qualità e sostenibilità. Gli eurobond devono essere introdotti non per rifinanziare il debito, ma per finanziare la riconversione ecologica dell’economia europea, con investimenti capaci di creare occupazione e tutelare l’ambiente.

Aumentare l’occupazione, tutelare il lavoro, ridurre le disuguaglianze.I diritti del lavoro e il welfare sono elementi costitutivi dell’Europa. Dopo decenni di politiche che hanno creato disoccupazione, precarietà e impoverimento, e hanno riportato le disuguaglianze in Europa ai livelli degli anni trenta, ora serve mettere al primo posto sia la creazione di un’occupazione stabile, di qualità, con salari più alti e la tutela dei redditi più bassi che la democrazia e la contrattazione collettiva.

Proteggere l’ambiente.La sostenibilità, l’economia verde, l’efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia devono essere il nuovo orizzonte dello sviluppo europeo. Tutte le politiche devono tener conto degli effetti ambientali, ridurre il cambiamento climatico e l’uso di risorse non rinnovabili, favorire le energie pulite, le produzioni locali, la sobrietà dei consumi.

Praticare la democrazia. La forme della democrazia rappresentativa e della democrazia solciale attraverso partiti, rappresentanza sociale e governi nazionali, sono sempre meno capaci di dare risposte ai problemi. A livello europeo, la crisi toglie legittimità alle burocrazie – Commissione e Banca centrale – che esercitano poteri senza risponderne ai cittadini, mentre il Parlamento europeo non ha ancora un ruolo adeguato. In questi decenni la società civile europea ha sviluppato movimenti sociali e pratiche di democrazia partecipativa e deliberativa – dalle mobilitazioni dei Forum sociali alle proteste degli indignados in molti paesi – che hanno dato ai cittadini la possibilità di essere protagonisti. Queste esperienze hanno bisogno di una risposta istituzionale. Occorre superare il divario tra i cambiamenti economici e sociali di oggi e gli assetti istituzionali e politici che sono fermi a un’epoca passata. L’inclusione sociale e politica dei migranti è una condizione imprescindibile di promozione della convivenza civile e rappresenta un’opportunità per l’inclusione dell’area europea dei movimenti dell’Africa mediterranea che hanno rovesciato regimi autoritari.

Fare la pace. L’integrazione europea ha consentito di superare molti conflitti, ma l’Europa resta responsabile della presenza di armi nucleari e di un quinto della spesa militare mondiale: 316 miliardi di dollari nel 2010. Con gli attuali problemi di bilancio, drastici tagli e razionalizzazioni della spesa militare sono indispensabili. L’Europa deve costruire la pace intorno a sé con una politica di sicurezza umana anziché di proiezione di forza militare. L’Europa si deve aprire alle nuove democrazie del Medio oriente, così come si era aperta ai paesi dell’Europa dell’est. Si deve aprire ai migranti riconoscendo i diritti di tutti i cittadini del mondo.
Le mobilitazioni dei cittadini, le esperienze della società civile, del sindacato e dei movimenti che hanno costruito quest’orizzonte diverso per l’Europa devono ora trovare ascolto nelle forze politiche e nelle istituzioni nazionali ed europee.
Trent’anni fa, all’inizio della “nuova guerra fredda” tra est e ovest, l’Appello per il disarmo nucleare europeo lanciava l’idea di un’Europa libera dai blocchi militari e chiedeva di “cominciare ad agire come se un’Europa unita, neutrale e pacifica già esistesse”. Oggi, nella crisi dell’Europa della finanza, dei mercati, della burocrazia, dobbiamo lanciare l’idea e le pratiche di un’Europa egualitaria, di pace, verde e democratica.

Primi firmatari (relatori e organizzatori dell’incontro di Firenze):

Rossana Rossanda, Maurizio Landini, Paul Ginsborg, Luigi Ferrajoli, Mario Pianta, Massimo Torelli, Gabriele Polo, Giulio Marcon, Guido Viale, Annamaria Simonazzi, Norma Rangeri, Donatella Della Porta, Alberto Lucarelli, Mario Dogliani, Tania Rispoli, Claudio Riccio, Gianni Rinaldini, Chiara Giunti, Domenico Rizzuti e Vilma Mazza.

Per adesioni:info@reteasinistra.it

 

• Gli interventi della giornata si possono vedere e ascoltare sul sito di globalproject.info:

Prima sessione. La via d'uscita. L'Europa e l'Italia, crisi economica e democrazia
Seconda sessione. Italia, le alternative all'austerità, al debito, per il lavoro
Terza sessione. La democrazia, la politica
Conclusioni

• La sintesi degli interventi della giornata si può leggere sul sito di peacereporter.it

La riproduzione di questo articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: old.sbilanciamoci.info.
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Commenti

sulla democrazia europea

complimenti per il lavoro e la grande partecipazione all'evento di Firenze. Vi segnalo una mia perplessità sull'appello nella parte relativa alla democrazia. Trovo insufficiente citare la scarsa adeguatezza del Parlamento europeo senza offrire alternative istituzionali all'Europa intergovernativa proposta dal duo Merkel-Sarkozy. Avrei indicato la necessità di un governo democratico europeo responsabile di fronte a un Parlamento europeo con poteri di codecisione legislativa e la via di uscita di una assemblea/convenzione costituente per scrivere la Costituzione europea con la partecipazione di tutti gli attori del processo (parlamento europeo, parlamenti nazionali, governi, società civile) e con il suggello finale di un referendum paneuropeo invece di una conferenza intergovernativa. Ed anche la frase finale fa appello a un'"Europa egualitaria, di pace, verde e democratica" senza riferimenti all'Europa federale vera alternativa istituzionale all'Europa intergovernativa di Merkel e Sarkozy. Nell'appello "Genova 2011 per un'altra Europa" scritto durante le giornate del forum di luglio "Genova 2001-2011" si parlava di "un'altra Europa – pacifista, ecologista, democratica, federalista, aperta al resto del mondo, fondata sulla dignità di ogni persona nativa e non nativa; un'Europa che rifiuta ogni discriminazione e che prende a suo fondamento la differenza come valore; un'Europa che orienti sui valori pacifisti e di cooperazione con il Sud del mondo il suo impegno internazionale".

appello europeo

Condivido i contenuti dell'appello, anche se mi pare manchi una visione unitaria, un immaginario decolonizzato, che serva da alveo per un effettivo processo di transizione verso un modello di società alternativa a quella attuale.

appello

Nella sostanza d'accordo su tutto. Apprezzo in particolare che abbiate messo al primo posto la finanza, indicandola come causa prima della crisi. Mi sarei aspettato, di conseguenza, parole più forti sulla necessità di riorganizzare su nuove regole i mercati finanziari. Mi sembra un po' ambiguo anche il passaggio sul ruolo auspicato per la BCE. Vogliamo o no che diventi prestatore di ultima istanza non solo per le banche ma anche per gli Stati, un ruolo che hanno tutte le banche centrali? Capisco che volerlo significa mettere sotto attacco un dogma fondante dell'Unione monetaria, perchè la lotta all'inflazione non potrebbe essere più la priorità...
Mi pare pure alquanto debole il punto in cui si parla della democratizzazione della U.E: solo per adeguarla ai più basilari principi delle democrazie liberali ci vorrebbero riforme profonde.
Segnalo infine che mi sembra che nel testo ci siano un paio di refusi che rendono di difficile comprensione le relative frasi (altrimenti sono io che non capisco).
Augusto Cacopardo

Augusto Cacopardo

appello europeo

è inutile stare a menarcela, occorre l'unione di tutte le forze che desiderano "anche" un altra civiltà diversa dal capitalismo, sembrerà vecchia e ritrita , ma è l'unica salvezza per l'umanità.
non possiamo tenerci una finanza meno aggressiva, non possiamo piu' permetterci le multinazionali che sfruttano il pianeta , non possiamo piu' permetterci questa politica.
non è piu' tempo di lanciare appelli anche verdi e socialcemocratici, quando gli "altri" stanno portando in miseria e povertà il presente e il futuro.
qualcuno ha scritto giustamente fare controinformazione , si ,ma soprattutto contro-formazione.

Grecia, Italia, Euro: lungimiranza e determinazione per la soluzione dei problemi.


Si parla apertamente di fallimento (default) di alcuni stati europei in ragione dell’incontrollabile debito pubblico accumulato. Si ipotizza l’abbandono dell’euro come moneta unica europea. Il Financial Times di Londra ed altre testate si sbizzarriscono su questi temi.
Di fatto negli ultimi tre anni sono mancate adeguate risposte di condivisione e solidarietà (verso i paesi europei meno solidi) e di lungimiranza da parte dei governi di Francia e Germania oltre che degli altri partner europei. Operando in maniera appropriata, le difficoltà finanziarie della Grecia potevano essere affrontate e risolte nel giro di 48 ore.
La mancanza di visione politica di lungo respiro ha ingigantito un problema - quello della Grecia - che, ampliato a dismisura, si è ribaltato sull’intera Comunità europea, ponendone in evidenza i limiti e l’incapacità di intervento nella gestione degli affari comunitari.
Altra risposta, dal lato italiano, dovrebbero darla i nostri politici con un soprassalto di responsabilità, correttezza ed amor di patria, lasciando lavorare il Prof. Monti alla guida del nuovo governo. Gli è stato affidato un compito irto di difficoltà ma, allo stesso tempo, possibile da realizzare tenuto conto dell'inconsueto contesto politico ed economico anche a livello internazionale.
Ci sarà mai un momento più opportuno per dare una spallata violenta e benefica alla montagna del debito pubblico italiano? Ci sarà in futuro un’occasione più favorevole per eliminare le incrostazioni decennali dagli ingranaggi della burocrazia statale? Se non ora, con i politici di mestiere in ritirata strategica, quando?
Semmai l’euro dovesse essere abbandonato, la storia assegnerà all’insensata gestione della vicenda greca la causa primaria del relativo fallimento.
Vi sono ancora buoni margini di manovra per porre rimedio agli errori commessi ed assicurare buona salute alla moneta unica europea.
E’ necessario innanzitutto rivalutare i titoli di debito pubblico emessi dalla Grecia, accentrandone la gestione a livello di vertice europeo. Questi titoli sono stati di fatto abbandonati al loro destino e condannati ad un pericoloso azzeramento rispetto ai valori di emissione. E' stato ed è un errore imperdonabile che occorre sanare immediatamente: tutti ne trarrebbero benefici.
Nell'ultimo incontro dei paesi dell'Eurozona a Bruxelles è stato deciso, tra l'altro, il taglio del 50% sul valore nominale dei titoli pubblici greci detenuti dalle istituzioni finanziarie. I mercati hanno interpretato la mossa nel senso di pensare che sia ormai caduto un tabù e che si sia costituito un pericoloso precedente; così, dopo il taglio dei titoli greci, potrà arrivare anche quello dei titoli irlandesi, portoghesi, spagnoli, italiani e così via.
Solo recuperando la fiducia dei risparmiatori e degli investitori si potrà tornare ad un ordinato funzionamento del mercato dei capitali e ad una riabilitazione delle banche nel loro ruolo di intermediarie qualificate per la soddisfazione delle esigenze finanziarie di privati, aziende e Stati sovrani.
Vista la situazione complessiva dell’area Euro, sarebbe opportuno risolvere il problema del debito pubblico italiano (1.900 miliardi di euro) con mezzi propri, ampiamente disponibili nel nostro Paese. Confidare nell’aiuto di terzi, in questa particolare fase storica, è problematico e poco raccomandabile.
Gli interventi della Banca Centrale Europea (BCE) e Fondo Monetario Internazionale (FMI) – come dimostrato in casi analoghi – non fanno altro che certificare ed amplificare l’emergenza dello Stato italiano ed annullare la possibilità di autonomo finanziamento sui mercati.
La soluzione possibile: con un’imposta patrimoniale del 4% sul complessivo di circa 8.000 miliardi di beni mobili ed immobili privati italiani si ricaverebbero circa 320 miliardi di euro.
Con tale introito straordinario si coprirebbero buona parte dei titoli pubblici italiani in scadenza tra la fine del 2011 e tutto il 2012.
E questo, a dispetto degli investitori esteri riottosi ed indisponibili a sottoscrivere BTP italiani, se non a certi livelli elevati di tassi d’interesse.
L’Italia con tali disponibilità potrebbe sospendere le aste per la vendita dei suoi titoli pubblici nei prossimi 6/12 mesi, bloccando definitivamente la speculazione internazionale che sta approfittando dell’inconsueta concentrazione di scadenze di titoli in questi mesi e nel prossimo anno.
Il nostro Paese in tal modo potrebbe “sbalordire” e spiazzare il mondo degli operatori, palesi ed occulti, che puntano decisamente sul suo collasso finanziario ed, a seguire, su quello dell’Euro.
L’Italia registrerebbe anche il risparmio di interessi per circa 15 miliardi di euro nel prossimo anno ed in quelli successivi che potrebbero essere impiegati per accompagnare e stimolare il sistema produttivo nazionale, allentando ulteriormente il rapporto Deficit/Pil.

Sàntolo Cannavale
www.santolocannavale.it

Concordo

Concordo pienamente con l'appello

europa appello

l'appello mi sembra ben costruito. ci sono tutte le principali misure che possono dare almeno delle parziali risposte al sistema economico. infatti, oggi sembra di vivere le cronache del 1936, ben descritte da minscky.
sono delle sane proposte. il problema europeo e modiale è quello di una domanda effettiva adeguata, assieme ad una riflessione (anche da sinistra) sulle carattteristiche del debito via pasinetti e sylos.
l'Italia oltre i problemi europei, vive la desolazione di un sistema produttivo che produce povertà. pochi lo sanno, ma ogni euro di investimenti italiani produce un output pià contenuto del 50%. non è un fenomeno strano. i paesi che non generano beni e servizi ad alto contenuto tecnologico sono costretti a sostenere dei costi addizionali: il primo è legato al vincolo estero (maggiori importazioni), il secondo è legato ai costi aggiuntivi legato all'adattamento di tecnologie poco note.
ma di questo ho già parlato tante volte.
rimane il dubbio sulla democrazia di movimento. penso che la democrazia liberale sia il punto più alt della democrazia mai raggiunto. a me sembra che debba essere ripristinata questa buona prassi.
alnetto diquesto, se occorre aderire, o meglio ancora, se posso aderire all'appello con convinzione. non sono i particolari a dividerci.
roberto romano

Un appello europeo senza gambe per camminare

Il messaggio parla di tutto ma non approfondisce niente.
Occorre, a mio avviso, affrontare il problema della crisi cercando di mettere in evidenza la causa prima, che è una Unione Europea dove gli stati sono succubi del sistema finanziario, oggi in gran parte speculativo.
La Germania, per interesse, obbliga invece a stare dentro a questo sistema speculativo e ci impone come strategia quella del pareggio di bilancio da inserire in costituzione. In base a questa scelta gli stati continuano a fare manovre su manovre che incrementano la recessione e ci spingono nella direzione della Grecia.
E' una situazione drammatica, tanto più che i partiti di sinistra (PD) assecondano questa politica e non consentono alla società civile di prendere consapevolezza dei problemi e delle soluzioni che dovrebbero essere portate avanti. E allora non restano che i movimenti, le associazioni, qulle fette di sindacato e di sinistra radicale che hanno compreso che cosa realmente serve. Ma questi debbono unirsi e passare urgentemente all'azione con momenti di lotta e organizzazione capillare sul territorio, per poi arrivare all'obiettivo di presentarsi alle prossime elezioni con dei rappresentanti in parlamento della società civile. Occorre far presto. Io sarei ben contento di fare la mia parte, invece di soffrire e sentirmi costretto a subire queste ingiustizie inutili.Grazie, e spero di avere buone notizie.

Appelli

D'accordo su tutto; laddove si parla di "Forum sociali", aggiungerei un particolare riferimento al "forum dei movimenti per l'acqua", mi sembra un doveroso riconoscimento

Appelli

Gli appelli e le sottoscrizioni, sopratutto se troppo generici, servono a poco.
Serve organizzare politicamente la costituente dei beni comuni e fare controinformazione nelle strade.

appello

Mi sembra condivisibile, pero' troppo generico. Invece di volerci mettere tutto a tutti i costi (ad esempio la lunghissima parte sui migranti) avrei concentrato la riflessione sulle questioni lavoro-welfare-finanza-Europa, che toccano tutti, migranti compresi, e avanzato proposte molto piu' dettagliate e tecniche. Cosi', purtroppo, resta vago e confuso e invece avremmo bisogno di parole d'ordine chiare e precise, di strade concrete da individuare e percorrere, non di visioni generiche ma poco pratiche che abbiamo gia' detto e stradetto a ogni occasione, senza individuare una strategia che fosse una, neanche a livello comunicativo.

ORGANIZZAZIONE

Sono pienamente d'accordo con voi! Ho capito da tempo che non siamo rappresentati da nessuno e non vedo spiragli. I partiti non hanno ancora capito nè l'urgenza nè la drammaticità del periodo che stiamo vivendo, o forse sono tutti imbrigliati da enne interessi e non possono fare nulla.Il WEB può essere la salvezza, che consente la DEMOCRAZIA DIRETTA. Occorre organizzarsi, come AVAAZ, e fare degli appelli da firmare. Una gran mole di persone - perchè no a livello europeo? - può dunque cambiare la politica. SI PUO' FARE!
Siamo noi cittadini che dobbiamo assolutamente muoverci e in fretta. Io farei un sito esattamente come AVAAZ, con appelli da firmare, e ogni volta ci si rivolge a chi è direttamente responsabile: Presidente della Repubblica? Consiglio? Commissione Europea...
Le campagne di AVAAZ hanno ottenuto risultati straordinari!
Saluti,
bianca de carli