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Il bluff italiano e il voto europeo sul clima
La battaglia di retroguardia Berlusconi-Marcegaglia ottiene solo modifiche di facciata al pacchetto clima-energia. L'Europa lontana da Obama
Tre fatti.
Il primo: il pacchetto clima-energia è in procedura legislativa nelle istituzioni Ue. Significa che la Commissione europea propone e il Parlamento europeo co-decide e la seduta plenaria del Parlamento ha all’ordine del giorno mercoledì della prossima settimana la votazione. Tecnicamente il Consiglio, con i capi di stato e di governo nazionali, non c'entra e tanto meno ha poteri di veto. Il Consiglio è stato coinvolto nella discussione dalla presidenza di turno francese, d’accordo con la Commissione, per arrivare al consenso ed il veto di cui si sono riempiti la bocca diversi ministri e il presidente Berlusconi, e di cui i media italiani si sono fatti portavoci acritici, era, e non avrebbe potuto essere altro che, un veto "politico". Certo essendo l'Italia uno dei quattro grandi Stati membri, sarebbe stata una presa di posizione pesante, perché in caso di scontro, avrebbe significato la potenziale paralisi della Ue. Ma chiunque ponga veti deve mettere in conto l’effetto boomerang ed anche per questo nella realtà la possibilità di un veto italiano sul pacchetto clima non è mai esistita e il risultato della trattativa lo dimostra: l’Italia, al di là di qualche misura cosmetica per non perdere la faccia, non ha ottenuto nessuna delle modifiche strutturali che aveva fatto alle proposte della Commissione.
Il secondo: martedì 9 dicembre in tarda serata il Consiglio europeo dei ministri dell'energia - per l'Italia, il ministro Scajola - ha raggiunto un accordo che prevede sì una clausola di revisione nella proposta di direttiva sulle energie rinnovabili, ma non sugli obiettivi che restano il 20% europeo (17% per l'Italia) al 2020. Quello che sarà possibile ridiscutere dopo il 2014 sono i meccanismi di sostegno al settore delle rinnovabili di ciascuno Stato membro.
Il terzo: il 12 dicembre il Consiglio europeo ha approvato all'unanimità un testo che impegna i 27 della Ue entro il 2020 alla riduzione del 20% delle emissioni di gas serra, all’aumento del 20% dell'efficienza energetica e aumento al 20% del ricorso alle fonti alternative nel mix energetico.
I verdi al Parlamento europeo parlano di Consiglio non all’altezza e sostengono che la proposta della Commissione di ridurre i gas serra del 20% entro il 2020 è un passo nella giusta direzione, ma che sarebbe stato auspicabile che la riduzione raggiungesse il 30%, valore riconosciuto dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) delle Nazioni Unite come il minimo necessario per combattere efficacemente i cambiamenti climatici. D’altro canto le aziende europee delle rinnovabili sono pronte e prevedono che il proprio comparto, che oggi occupa 400mila addetti, ed ha un giro cd’affari annuale di 40 miliardi di euro, potrà arriverà ad occupare al 2020 circa 2 milioni di persone.
Dal punto di vista degli imprenditori europei chi ne esce peggio è la Confindustria di Emma Marcegaglia che, diversamente dai suoi colleghi inglesi, tedeschi, francesi e spagnoli, ha fatto una battaglia di retroguardia incapace di cogliere il grande potenziale economico offerto dal risparmio e dall’efficienza energetici e da tutto il comparto delle rinnovabili con le loro ricadute sul terreno dell’innovazione tecnologica.
Altra musica negli Usa di Barack Obama che ieri ha presentato i nuovi responsabili della politica energetica ed ambientale statunitensi: il Dipartimento per l'Energia al premio Nobel per la fisica Steven Chu, un'autorità accademica in materia di ricerca di fonti energetiche alternative e rinnovabili. A capo dell'EPA, l'Agenzia federale per l'Ambiente è stata scelta Lisa Jackson, ex responsabile per l'ambiente nel New Jersey, che ha volontariamente aderito a un accordo tra stati molto simile al Protocollo di Kyoto. Carol Browner, ex capo dell'EPA della Florida e stretta collaboratrice di Al Gore, coordinerà le politiche energetiche e ambientali dell'amministrazione.
Ultima annotazione: i disastri – anche in termini economici – causati dal maltempo di questi giorni in Italia forse hanno anche a che fare con l’effetto serra, o no?
Scarica il testo del compromesso finale (in english)
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