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Le nuove vie della seta. Di ferro

28/04/2010

La Cina progetta una linea ferroviaria veloce Asia-Europa. Si apre un altro capitolo della globalizzazione, finora passata soprattutto per i porti

Lo sviluppo dei traffici dell’Europa con l’Asia a partire dai primi secoli del secondo millennio della nostra era riprendeva un’attività che era già stata intensa prima e durante l’impero romano e che non era poi mai del tutto cessata neanche nelle fasi peggiori seguite al crollo dello stesso.

Augusto, allargando dei preesistenti flussi commerciali, aveva fatto costruire una flotta speciale per il commercio con l’Asia che aveva sede nei porti del Mar Rosso (Innes Miller, 1974). Per finanziare tale attività, l’imperatore fu obbligato ad immettere nei circuiti commerciali rilevanti quantità di metalli preziosi, dal momento che sin da allora – ricordiamo a questo proposito l’idea della “lunga durata” di F. Braudel e della scuola degli Annales - le correnti commerciali est-ovest presentavano dei saldi fortemente favorevoli all’Oriente. Tali sbilanci persisteranno anche nel periodo medioevale e rinascimentale.

I cinesi si accontentano oggi invece, in contropartita della vendita delle loro merci, di pezzi di carta di colore verde; un’altra differenza fa riferimento al fatto che allora gli asiatici tesaurizzavano l’oro e l’argento dell’Occidente, mentre oggi una parte dei surplus del commercio torna all’Ovest sotto forma di acquisti di titoli e, in misura minore, di prestiti e di investimenti.

Nell’epoca medioevale, l’assorbimento da parte dell’Asia della gran parte dei metalli preziosi dell’Occidente poneva gravi problemi relativi alla correlata mancanza di adeguati mezzi di pagamento in Europa, ciò che frenava lo sviluppo del nostro continente, in mancanza da noi di un’invenzione che i cinesi avevano già fatto, quella della moneta fiduciaria; oggi si ha invece semmai il problema opposto di una valanga di risorse finanziarie a basso costo provenienti dall’Asia e che contribuiscono ad alimentare tutte le bolle speculative possibili.

A partire dai primi secoli del secondo millennio i commerci seguivano la cosiddetta via della seta. In realtà le vie erano tre, con diverse varianti. La prima era quella terrestre del nord, lunga 5000 miglia e che passava attraverso l’impero mongolo; la seconda, la via di mezzo, partiva dalla costa mediterranea di Siria/Palestina, passava da Bagdad, poi si divideva in una strada marittima ed in una terrestre, con quest’ultima che continuava attraverso la Persia e la Transoxiana e poi, attraverso l’India o Samarcanda, arrivava in Cina superando il deserto; quella marittima seguiva il fiume Tigri fino al golfo Persico e poi passava via mare, toccando gli imperi commerciali di Oman, Hormuz, Siraf, Quais; infine la strada meridionale collegava Alessandria-Il Cairo-Mar Rosso con il mare Arabico e poi l’oceano Indiano (Hobson, 2004).

Con l’affermarsi dell’impero turco e il manifestarsi di diversi problemi politici nell’Asia Centrale i traffici per via di terra diventeranno poi sempre meno praticabili ed essi si concentreranno sulle vie marittime.

La storia dei molti miracoli asiatici di questo dopoguerra è ancora soprattutto una storia marittima (Banyan, 2010), basata sull’esportazione forsennata via mare di prodotti verso il resto del mondo. Così, oggi tre dei primi quattro porti al mondo per movimentazione di container sono cinesi e il primo è Singapore, sintomo anche questo di un progressivo trasferimento ad Oriente delle attività manifatturiere del mondo (Forchielli, 2010).

I grandi progetti che riguardano l’Europa

Negli ultimi mesi i media hanno dato notizia di tre grandi progetti intercontinentali che interessano per qualche aspetto l’Europa.

Il primo riguarda l’ipotesi della costruzione nel deserto del Sahara di grandi impianti per la captazione dell’energia solare e contemporaneamente della messa in opera di una grande rete di trasporto di una parte rilevante di tale energia verso l’Europa.

Il secondo, forse ancora più faraonico e su cui concentreremo la nostra attenzione, ha a che fare invece con la costruzione, su iniziativa cinese, di una grande rete ferroviaria ad alta velocità, passeggeri e merci, che dovrebbe collegate l’Asia all’Europa.

Un terzo progetto riguarda infine la costruzione di tre nuovi oleodotti (i cosiddetti North Stream, South Stream e Nabucco), che dovrebbero trasportare il gas e il petrolio dall’Asia russa e degli stati dell’Asia Centrale di nuovo verso l’Europa; pur prevedendo anch’essa degli investimenti molto rilevanti, anche se minori degli altri due, tale idea scatena comunque molto meno l’immaginazione.

Un fattore comune alle tre iniziative è quello che esse prevedono una stretta integrazione di intenti tra paesi ricchi e paesi emergenti, con questi ultimi che giocano ormai ad armi pari, anzi, almeno nel secondo progetto e in parte almeno nel terzo, con una loro larga capacità di proposta e di leadership.

La ferrovia Europa-Asia

La rete ferroviaria progettata dai cinesi dovrebbe collegare almeno 17 paesi secondo tre assi principali. Per le sue dimensioni, per il numero delle tratte, per il tracciato di due di esse, l’idea ricorda da vicino proprio l’antica via della seta.

Il primo percorso, la via del Sud, partendo da Kunming in Cina arriverebbe a Singapore attraverso l’Asia Meridionale, passando per il Vietnam, la Tailandia, la Birmania, la Malaysia; il secondo, la via del Nord, collegherebbe Urumqi, nella Cina nord-occidentale, con la Germania, attraverso l’Asia centrale –Kazakstan, Uzbekistan, Turkmenistan-, e la Russia; il terzo, la via occidentale, legherebbe infine Heilongjiang, nel nord-est della Cina, con l’Europa del Sud-est, sino a Londra, attraverso l’India, il Pakistan, il Medio Oriente. Tra l’altro, per il 2025 sarebbe possibile fare il viaggio da Pechino a Londra in due giorni.

La Cina vede il progetto come rispondente contemporaneamente a molti obiettivi economici e politici. Esso legherebbe più strettamente e più velocemente i mercati asiatici e quelli europei, permetterebbe di attingere in maniera più sicura e più veloce alle risorse energetiche dell’Asia Centrale, nonché di sviluppare le regioni occidentali della stessa Cina, oggi tra le più povere, di migliorare la sicurezza in una regione molto vasta e di aumentare notevolmente, infine, il ruolo globale del paese (Muzalevsky, 2010).

I costi economici del progetto appaiono giganteschi e quantificabili in centinaia di miliardi di dollari ed essi pongono probabilmente dei dubbi sul rapporto costi-benefici economici dell’iniziativa, senza considerare peraltro la sua dimensione politica. Quale sarà comunque la parte della Cina nel finanziamento della ferrovia? Non è del tutto chiaro, ma probabilmente essa sarà preponderante.

La Cina è nel pieno di un boom ferroviario

Il progetto fa parte di un piano più generale in atto nel paese per sviluppare il settore ferroviario. Tale piano complessivo sposterà gradualmente il centro di gravità dell’economia verso l’interno, accelerando lo sviluppo della parte centrale ed occidentale del paese e portando dei mutamenti socio-economici importanti, ancora di più di come avevano fatto, a suo tempo, gli Stati Uniti nel 19° secolo e di come aveva anche mostrato, più di recente, il caso dei treni ad alta velocità giapponesi – shinkansen (Wheatley, 2010).

Attualmente il sistema ferroviario cinese, che comporta alla fine del 2009 86.000 chilometri di linee, appare così sovraccarico che esso sopporta circa un quarto del traffico totale mondiale con soltanto il 6% delle linee complessive. Il progetto in atto porterà ufficialmente la lunghezza delle linee a 120.000 chilometri al massimo per il 2020, ma probabilmente molto prima, forse per il 2015 - mentre in realtà si arriverà anche probabilmente a 150.000 chilometri (Wheatley, 2010). I cinesi prevedono di investire nel progetto 533 miliardi di euro, almeno per i 34.000 chilometri aggiuntivi ufficialmente previsti.

Il paese presenta già alla fine del 2009 il più lungo sistema ad alta velocità del mondo, con più di 6.500 chilometri, ma esso dovrebbe raggiungere i 13.000 chilometri entro il 2012. E pensare che soltanto 3-4 anni fa non era in esercizio neanche un metro di rete. Intanto la tratta Pechino-Shangai verrà terminata con un anno di anticipo, nel 2011 invece che nel 2012 (Xin, 2010).

Nel 2010 la Cina dovrebbe effettuare più del 50% del totale degli investimenti previsti a livello mondiale nel settore ferroviario (Anderlini, 2010). Parallelamente, i produttori cinesi di apparecchiature ed impianti ferroviari stanno venendo alla ribalta, sfidando il ristretto numero di società occidentali che dominavano il settore. Le società cinesi posseggono almeno due grandi atout, i bassi costi e il supporto finanziario da parte delle grandi banche del paese, anche se devono fare ancora qualche passo in avanti per quanto riguarda la qualità e il livello tecnologico (Anderlini, 2010).

Così, delle società cinesi stanno già costruendo delle linee ad alta velocità in Turchia e in Venezuela, mentre molti altri paesi, dagli Stati Uniti, alla Russia, all’India, al Brasile, all’Arabia Saudita, hanno espresso un rilevante interesse per il loro intervento.

L’Asia centrale, l’India, la Russia, gli Stati Uniti, l’Europa

Il progetto potrebbe trovare i maggiori ostacoli alla sua realizzazione nell’atteggiamento politico delle varie potenze interessate.

Per quanto riguarda i paesi dell’Asia Centrale, certamente l’iniziativa offrirebbe loro di ridurre l’almeno relativo isolamento geografico, economico e politico in cui si trovano, tanto più che la Cina sta anche pianificando la costruzione di dodici grandi strade che collegherebbero la regione allo Xinjiang. Il nuovo sistema di trasporti porterebbe con sé la possibilità di sviluppare le loro economie e di aumentare il loro peso geo-strategico, collegandole inoltre velocemente agli sbocchi marittimi asiatici ed a quelli europei. Ma, con l’avvio della ferrovia, l’area deve trovare un riequilibrio delicato tra Russia, Cina, Stati Uniti e salvaguardare anche delle prerogative politiche interne. Tra l’altro ci si può chiedere se i piani di sviluppo di tali paesi non si facciano ormai a Pechino.

E veniamo all’India. Mentre sembra che essa abbia di recente sollecitato molto le autorità cinesi in direzione dell’avvio dei progetti ferroviari, d’altro canto, in generale, sembra che si registri nell’ultimo periodo anche un aumento delle frizioni politiche tra i due paesi, dal problema dei confini alle limitazioni crescenti poste all’operare delle imprese cinesi in India, nel settore delle telecomunicazioni come in quello dell’energia (Lamont, 2010), mentre anche l’importazione di prodotti cinesi nel paese incontra qualche difficoltà.

Va ricordato poi il problema dei rapporti indiani con il vicino Pakistan. Anche nel caso della seconda grande nazione asiatica bisognerà, in ogni caso, trovare un delicato bilanciamento tra opportunità economiche e problemi e gelosie politiche.

Con riferimento alla Russia, essa appare abbastanza nervosa intorno alla questione dei paesi dell’Asia Centrale, che essa tende a considerare come il suo cortile di casa. Ma la sua egemonia nella regione è contestata in molti modi sia dalla Cina che dagli Stati Uniti. Comunque, per coinvolgere positivamente il paese nel gioco, bisognerà offrirgli delle contropartite allettanti. Certamente un aspetto positivo del nuovo sistema sarebbe per la Russia costituito dalla possibilità di stringere ancora di più i legami con la Germania, ormai il suo partner economico privilegiato.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti, appare duro vedere il suo principale concorrente potenziale varare dei progetti che tendono ad accrescere la forza e lo spazio di manovra cinese e ad ignorare del tutto, come almeno sembra, gli interessi Usa, che sino a non molti anni fa erano fondamentali nel continente.

Chi dovrebbe porre i minori problemi sarà probabilmente l’Europa, che almeno direttamente non dovrebbe registrare dei risvolti troppo negativi dall’iniziativa e ne potrebbe trarre invece dei benefici. Certamente, comunque, i tre progetti sopra delineati spingerebbero il continente a stringere dei legami sempre più forti con l’Asia e con l’Africa mediterranea.

Conclusioni

Lo sviluppo vorticoso in atto del sistema ferroviario, insieme a molti altri indicatori, mostra che i margini per un’ulteriore forte crescita dell’economia cinese sono ancora molto ampi. Il progetto indica nel contempo la fortissima spinta del paese e dei suoi dirigenti verso obiettivi economici e politici molto ambiziosi.

Più in generale, il teorizzato passaggio del centro di gravità dell’economia mondiale dall’ovest all’est segna continuamente dei passi in avanti sul campo, dal settore dell’auto a quello del trasporto aereo, dall’acciaio all’elettronica di consumo, dai cantieri navali alle nuove tecnologie energetiche.

Sul piano economico si tratta di un’iniziativa di quelle che gli anglosassoni chiamano win-win, nella quale cioè tutti potrebbero guadagnarci. Ma bisogna anche ricordare che lo sviluppo di una nuova rete di attività economiche, o di una nuova economia-mondo, secondo l’espressione individuata a suo tempo da F. Braudel e I. Wallerstein, comporta il delinearsi al suo interno di un’area centrale, di una periferia e di una semi-periferia. Chiaramente il progetto proposto va nel senso di mettere la Cina al centro del sistema. Esso si scontra quindi con rilevanti difficoltà di ordine politico, centrate sulla possibilità che le altre grandi potenze non accettino un ruolo fortemente accresciuto e sempre più attivo della Cina negli affari del mondo.

Da ultimo, l’iniziativa presenta rilevanti problemi di sicurezza, toccando essa paesi ed aree soggetti a molte tensioni.

 

Testi citati nell’articolo

-Anderlini J., High-speed China changes rail landscape, www.ft.com, 16 marzo 2010

-Forchielli A., Con i mega-porti il Dragone domina la top ten della logistica, www.ilsole24ore.com, 11 marzo 2010

-Hobson J. M., The eastern origins of western civilisation, Cambridge University Press, Cambridge, 2004

-Innes Miller J., Roma e la via delle spezie, Einaudi, Torino, 1974

-Lamont J., China suspends India power projects, www.ft.com, 23 marzo 2010

-Muzalevsky R., China’s rail goals raise regional doubts, www.atimes.com, 14 aprile 2010

-Banyan, New silk roads, The Economist, 8 aprile 2010

-Wheatley A., China looks to rails to carry its next economic boom, www.nyt.com, 12 aprile 2010

-Xin Dingding, Fast train to open a year ahead of schedule, www.chinadaily.com.cn, 15 marzo 2010

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Via della Seta di ferro (a energia rinnovabile)

Credo che la cosa più temuta nel progettare i cambiamento necessari ed inevitabili del settore dei trasporti italiano sia l'occupazione nell'autotrasporto. Come affrontare la transizione al ferro e relativa occupazione. Purtroppo il "laissez faire" nel movimento di persone e cose ha prodotto quella frammentazione del settore, tutta a favore dell'autotrasporto; un'opzione con alti costi variabili (per non voler affrontare quelli alti fissi del ferro, da parte del settore pubblico) che oggi strema il paese, dissesta le strade, rovina il territorio e causa anche molte vittime. Tutto si tiene grazie a una enorme varietà e quantità di costi nascosti non pagati (salute e ambiente peggiorati) o sovvenzioni (carburante, pneumatici, asfalto, ecc.). Ferro, vetro, plastica, petrolio, gomma, asfalto, lubrificanti, meccanici, carrozzieri, assicuratori, caselli, gestori di pompe, tutto per portare il bene gratuito - l'acqua - in giro per la penisola. La prima singola voce merceologica per fatturato: 1 kg al litro! Con camion diesel Euro 0!

Lo spiega la fisica quanto è più efficiente muovere una ruota di ferro su ferro con motore elettrico rispetto a una di gomma a 3 atmosfere, su asfalto rugoso (o con buche) spinta da un motore a scoppio. Un fattore 3.

A monte di questo c'è il carburante: 2 anni fa il barile a 145$ molti ha fatto paura a molti, poi (senza che lo si dica) è arrivata la crisi finanziaria, causata dai mutui non pagati di cittadini americani che pensavano di poter pagare la casa abitando a decine di km dal posto di lavoro con il gallone a 2$. Negli USA le tasse sono minime, sale il greggio, sale il gallone: diretto. Tutti rovinati, si resta a casa (alcuni dormono in macchina) e i pacchetti d'investimento con quei mutiu dentro vanno in malora. I mutui insolventi sono quelli degli acquirenti di nuove case = le più lontane dal posto di lavoro = tanta benzina per andare al lavoro.

La transizione al ferro si farà. Meglio se prevista e pianificata. A livello locale le metropolitane e i tram (meglio delle prime per economia e funzione urbana e sociale) vanno avanti. Nel caso delle merci e persone nelle medie e lunghe distanze, la politica economica dovrebbe iniziare da un piano infrastrutturale ventennale, per spostare su ferro il 30% del 90% delle merci che oggi viaggia su gomma. Iniziando, logicamentre ed economicamente, dalle ferrovie esistenti ma dimenticate o abbandonate (http://www.ferrovieabbandonate.it/). queste rappresentano il terzo set di infrastruttura ferroviaria (dopo l'alta velocità e la rete standard) adatto a collegare i centri minori ma ad alto valore paesaggistico e turistico. Il ripristino di alcune tratte potrebbe essere finanziato da fondi europei e locali consentendo un'accessibilità ecologica a siti di interesse naturalistico e/o culturale a turisti nazionali e stranieri, lasciando l'auto a casa. Con i problemi annessi che inficiano quasi sempre la vacanza. Allo stesso tempo, un collegamento ferroviario significa la possibilità di trasporto "agile" di prodotti locali e/o biologici senza consumo di petrolio.

Credo, infine, che la creazione di un’infrastruttura ferroviaria capillare costituisca una scelta strategica fondamentale, poiché realizza un accesso inedito a paesi, culture e mercati solitamente raggiungibili in auto, superando gli evidenti limiti di scambio (in frequenza e quantità). Questi fattori, hanno sempre limitato gli scambi su ferro ai soli grandi operatori, mentre, da un punto di vista energetico ed ambientale, l’efficienza del trasporto su ferro rispetto sia alla gomma che alle navi, contribuisce alla riduzione sia delle emissioni che della dipendenza dalle fonti fossili poiché, in teoria, l’alimentazione della rete ferroviaria può realizzarsi con un contributo da fonti rinnovabili in forte crescita nei prossimi anni . La produzione da fonti rinnovabili, pur discontinua, può essere utilizzata per alimentare la rete ferroviaria, in quanto la struttura decentralizzata di entrambe facilita le possibilità di connessione in molteplici punti.
www.locchiodiromolo.it

politiche industriali

La direzione di marcia segnata dai grandi progetti infrastrutturali del governo cinese ci indica anche la debolezza, per non dire proprio l'assenza, di un disegno di politica industriale italiana, capace di promuovere gli interessi e le competenze di cui ancora disponiamo per allargare gli spazi di mercato per la nostra organizzazione produttiva. Altri Paesi, ed in particolare la Germania, stanno puntando molto su una presenza qualificata nei programmi di investimento cinesi per dare fiato e prospettiva ai loro sistemi industriali. Noi arranchiamo, e manchiamo di capacità e di presenza per cogliere una opportunità.