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Banche in cerca del ricostituente

19/04/2010

Se i timidi rimedi di Basilea 3 già terrorizzano le banche, come si farà a rafforzare edifici già semi-crollati? Le ipotesi in campo per ridurre i rischi del sistema

(2-fine. La prima parte è qui)

La pratica dall’Ottocento ad oggi

 

Soltanto alla metà del XIX° secolo è stato introdotto in Gran Bretagna l’istituto della responsabilità limitata per i banchieri, precedentemente tenuti a rispondere con tutto il loro patrimonio per le obbligazioni della loro banca (Boone, Johnson, 2009); ma, in ogni caso, ancora agli inizi del XX° secolo, gli istituti britannici, come quelli statunitensi, avevano un rapporto tra mezzi propri e debiti che era di circa cinque volte quello attuale (Alessandri, Haldane, 2009).

 

Facendo un salto temporale, nel 1980 per le banche il rapporto tra mezzi propri e totale attività si aggirava negli Stati Uniti intorno al 24% e in Gran Bretagna intorno al 16%; tale rapporto era invece sceso nel primo paese a circa l’8% intorno alla metà degli anni novanta e a circa il 3-4% nel secondo nel 2005 (Alessandri, Haldane, 2009).

 

Ora, in relazione alla crisi, è cominciato un processo di moderata riduzione nei livelli di indebitamento e, ad esempio, per i primi cinque istituti europei esso è diminuito di circa il 20% sino ad oggi (The Lex column, 2010). Ma non si tratta certo ancora di un livello che si possa considerare come soddisfacente.

 

Ci si può chiedere, a questo punto, di quanto in effetti dovrebbe aumentare il livello dei mezzi propri per essere adeguato alle necessità. Alcune valutazioni lo collocano ad un multiplo di quello odierno. Ad esempio, per tornare ai livelli del 1980 per gli istituti Usa e britannici, bisognerebbe considerare, sulla base delle cifre sopra indicate e anche del recente avvio di un processo di deleveraging, un multiplo di circa 3 volte; c’è chi, invece, facendo dei conti analitici, parla di “almeno 2,5 volte” sia per gli Stati Uniti che per l’Europa (The Lex column, 2010). L’ordine di grandezza dell’operazione appare quindi abbastanza chiara e, nello stesso tempo, estremamente impegnativa.

 

Tra le misure specifiche indicate nel dibattito in corso, oltre all’ipotesi di un aumento generale dei mezzi propri, correlato in qualche modo ai livelli di rischio, se ne possono elencare almeno quattro: 1) l’aumento del capitale in periodi di andamento positivo del sistema, per accumulare delle scorte per i momenti di difficoltà, seguendo in questo il sistema spagnolo, che funziona su queste basi già da tempo; 2) l’emissione di speciali titoli di debito che si trasformano automaticamente in capitale in caso di crisi; qualcuno suggerisce che il loro livello uguagli almeno quello del capitale proprio; 3) la richiesta di un più alto livello di mezzi propri per le banche di maggiori dimensioni; 4) infine, l’istituzione di una tassa sulle banche che serva ad accumulare dei fondi di riserva da utilizzare in caso di nuove crisi.

 

Le ipotesi in campo per Basilea III

 

La Banca dei Regolamenti Internazionali di Basilea ha pubblicato ormai da qualche mese il documento di base per la discussione, che è in corso da allora, sulla nuova regolamentazione del sistema bancario che dovrebbe costituire la cosiddetta Basilea III.

 

Molto in sintesi, il testo prevede una nuova e più restrittiva definizione di mezzi propri, in particolare di quello che viene chiamato tier 1, ovvero il primo livello di capitale, un aumento dei livelli di mezzi propri in relazione alla presenza e alla dimensione di vari tipi di operazioni (cartolarizzazioni, derivati, operazioni a termine, ecc.), comunque un livello massimo di indebitamento a fronte del livello dei mezzi propri, previsioni ulteriori di aumenti del capitale nelle fasi espansive del ciclo, nonché la presa in considerazione per la prima volta anche di standard di liquidità, oltre che di capitalizzazione. Infine, è prevista una limitazione nella distribuzione dei dividendi e dei bonus ai manager quando il capitale di una banca scenda sotto un livello minimo predeterminato.

 

Quello che si può dire al riguardo delle proposte della Bri è che vengono danno delle indicazioni modeste, che si collocano comunque abbastanza al di qua di quanto sarebbe necessario e che sono certamente inferiori rispetto alle indicazioni fornite nel paragrafo precedente. Ciò nonostante le banche, in Italia come altrove, sono già sul piede di guerra per cercare di ammorbidire ulteriormente la bozza di normativa.

 

Conclusioni

 

Un aumento nei livelli di capitale nelle dimensioni indicate dai calcoli degli studiosi appare intanto ben difficilmente raggiungibile, almeno in un orizzonte temporale di medio termine; sarebbe in effetti molto complicato trovare sul mercato e/o attraverso l’autofinanziamento le risorse necessarie, anche se venissero bloccate del tutto, almeno per qualche anno, le distribuzioni di dividendi. E comunque, di fronte a norme anche più blande di quelle indicate dagli studiosi, uno dei risultati della stretta sarebbe quello che per le banche indebitarsi diventerebbe più difficile e costoso (Panara, 2010), ciò che avrebbe anche la conseguenza di ridurre in maniera consistente il livello di erogazione del credito alle imprese e ai privati; alla fine, si potrebbe anche avere una riduzione nei livelli di crescita del pil.

 

Ma, permanendo come imprescindibile l’esigenza di una ricapitalizzazione rilevante del sistema, non resterebbe, accanto comunque a tutti gli aumenti di capitale possibili, che obbligare le banche a ridurre il livello dei rischi presenti nelle loro attività; al limite, se esse per assurdo investissero tutto il denaro in loro possesso in titoli di stato, si potrebbero permettere un leverage anche infinito (The Lex column, 2010). E quindi bisogna portare avanti tutti quei provvedimenti che riducono i rischi del sistema, dal taglio della dimensione degli istituti all’ipotesi del restringimento nella tipologia delle attività da loro praticabili, sino all’abbattimento nel livello degli impieghi in specifiche attività rischiose. E/o arrivare alla nazionalizzazione almeno dei grandi istituti.

 


 

Testi citati nell’articolo

 

-Alessandri P. G., Haldane A. G., Banking on the state, Bank of England, Londra, novembre 2009

 

-Boone P., Johnson S., The next financial crisis, www.tnr.com, 8 settembre 2009

 

-Panara M., Se la ripresa si ferma a Basilea, La Repubblica, Affari & finanza, 29 marzo 2010

 

-The Lex column, Bank capital, www.ft.com, 10 marzo 2010

 


 


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Commenti

Banche in cerca di ricostituente

La crescita del rapporto mezzi propri/tot. attività è certamente un tema centrale del dibattito sulla regolamentazione delle banche. Ma ancora più importante, credo, è tornare alla separazione tra banche commerciali, banche d'affari e compagnie di assicurazione.
La "Banca Universale" è stata un fallimento ed è pericolosa.
Il governo inglese e lo stesso Presidente Obama hanno posto questo problema : ma percorrere questa strada è difficile e incontra forti resistenze, anche se è solo da una quindicina di anni che questa separazione è stata abbandonata in quasi tutti i maggiori paesi industriali.