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I buoni e i cattivi della finanza nel 2009
La palma dell'avvoltoio ai due fondi inglesi che hanno chiamato in giudizio la Liberia, l'oscar a Erika B., bancaria dei poveri. Le pagelle del secondo anno terribile
E’ tempo di bilanci anche per il settore finanziario, che, durante il 2009, come già durante l’anno precedente, non è stato certo avaro di novità molto importanti, anche se nell’insieme piuttosto sgradevoli. In questo breve scritto vogliamo prendere in considerazione e idealmente premiare e punire quelle persone e quelle istituzioni che hanno maggiormente contribuito, nel bene e nel male, a farne un anno per così dire “emozionante”.
Distingueremo i grandi eventi da quelli più modesti, compilando quindi due distinte classifiche di merito.
Partiamo dagli accadimenti di portata ridotta, anche se comunque significativi. Ci sembra che la palma per l’istituzione più cattiva del mondo abbia trovato nell’anno per lo meno un serio contendente nella figura di due fondi avvoltoio anglosassoni, Hamsah Investments e Wall Capital. Bisogna ricordare, a questo proposito, che tale tipo di operatori finanziari acquista a basso prezzo sui mercati finanziari internazionali qualche tranche di debito dei paesi poveri in difficoltà finanziaria e poi cerca in tutti i modi di incassare le somme dovute, guadagnandoci sopra. I due fondi sono registrati, come quasi tutte le istituzioni di questa categoria, in qualche paradiso fiscale e quindi non è possibile sapere alcunché di significativo sul loro conto.
In questo caso il soggetto preso di mira è la Liberia, paese tra i più disastrati del mondo, che è emerso di recente da 14 anni di guerra civile, durante la quale sono morte circa 250.000 persone, un dodicesimo di tutta la popolazione dello stato. La speranza di vita media vi è attualmente di 45 anni soltanto.
Il paese aveva ottenuto la concessione di un prestito da una banca statunitense nel 1978 e non era poi riuscito a restituirlo. I due fondi citati hanno comprato sul mercato tale debito ad un prezzo estremamente basso ed ora hanno citato il paese africano presso l’alta corte londinese per ottenere il pagamento della intera somma originaria, pari a 20 milioni di euro; in tempi come questi, in cui grazie alla crisi si sente ragionare tutti i giorni di trilioni di dollari, l’importo può sembrare trascurabile, ma per uno stato nella condizione della Liberia esso rappresenta una cifra molto rilevante. Da notare che, nel frattempo, il paese aveva ottenuto l’appoggio del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale proprio per trovare un accordo ragionevole con tutti i suoi creditori.
Ignoriamo cosa nel frattempo abbia deciso la corte inglese.
Di fronte a tanto esempio di disprezzo di ogni regola di convivenza civile spicca invece in positivo il caso, di cui hanno recentemente scritto tutti i giornali e del quale quindi non riportiamo i dettagli, della funzionaria di banca tedesca, Erika B., direttrice di una filiale di un piccolo istituto rurale, che ha trasferito per molto tempo del denaro dai saldi dei clienti più ricchi e che non movimentavano i loro conti da anni, a quelli delle persone più povere e bisognose della zona per un importo di circa 7,6 milioni di euro in totale, riscattando così da sola l’onore di una categoria, quella degli addetti al settore finanziario, che non ha certo brillato negli ultimi tempi agli occhi dell’opinione pubblica; ma, come sottolineato di recente da un commentatore britannico, molti dirigenti bancari hanno in effetti distrutto la pace di milioni di persone con la loro rapacità, ma non sentono ora nessuna vergogna (Chancellor, 2009).
Vorremmo incidentalmente ricordare che certamente i banchieri hanno molte colpe gravi da farsi perdonare, persistendo, tra l’altro, protervamente nei loro dannosi comportamenti anche dopo che è scoppiato il disastro; ma bisogna anche sottolineare che essi hanno anche costituito nel 2008 e nel 2009 un comodo paravento, dietro il quale i politici sono in gran parte riusciti a nascondere le loro e gravi colpe specifiche.
Peraltro, in questo mare della vergogna, meritano di essere citati in positivo i casi di tre alti personaggi della finanza mondiale. Il primo, Lord Turner, presidente della FSA, l’organismo britannico di supervisione dei mercati finanziari, ha di recente, con le sue dichiarazioni, messo in discussione l’utilità sociale delle attività speculative, ha sottolineato come almeno una parte delle attività della City siano per molti aspetti pericolose e contrarie all’interesse del paese ed ha concordato sul fatto che bisognerebbe tassare le transazioni finanziarie, riprendendo in qualche modo la vecchia idea della Tobin tax.
Gli hanno fatto poco più tardi eco Mervyn King, governatore della banca d’Inghilterra e Paul Volcker, consigliere economico della Casa Bianca e già stimatissimo presidente della FED, che hanno chiesto, più o meno con argomenti tra loro analoghi, lo smembramento della banche più grandi –quelle too big to fail- e la separazione dell’attività tradizionale e socialmente utile delle banche da quella di tipo speculativo.
Lo stesso P. Volcker è tornato in dicembre sull’argomento proprio di fronte a una platea di banchieri, sgomenti di fronte alle sue dichiarazioni. L’ottantaduenne ex-banchiere centrale ha dichiarato infatti che l’innovazione finanziaria non deve minacciare la società, sfidando i presenti a portargli una qualche prova che essa aiuta invece, come sostengono appunto molti operatori del settore finanziario, la crescita economica.
Sul fronte invece dei comportamenti negativi non si può ovviamente non ricordare la vicenda di H. Madoff, che, con il suo “schema Ponzi”, ha truffato i risparmiatori, peraltro in genere persone ed istituzioni molto ricche - ciò che costituisce un’attenuante-, per una somma che si potrebbe aggirare alla fine anche intorno ai 60 miliardi di dollari.
Ma la lista dei cattivi potrebbe essere molto lunga e si ha soltanto l’imbarazzo della scelta. Vogliamo a questo punto ricordare soltanto altri tre casi scelti nel mucchio.
Intanto almeno un po’ ci dispiace, ma ci sembra obbligato mettere nella lista ristretta B. Obama, che comunque, oltre ad aver ottenuto il premio Nobel della pace mentre aumenta tutti i giorni il numero delle basi militari nel mondo e mentre manda altri 40.000 soldati in guerra, sul terreno finanziario da sin dall’inizio del suo mandato la sensazione, insieme al suo sottosegretario al tesoro, T. Geithner, di eseguire semplicemente gli ordini di Wall Street. Il suo governo è infiltrato di banchieri ed amici dei banchieri ed egli sembra aver fatto di uno di essi il suo più ascoltato consigliere economico e finanziario. I provvedimenti per regolare la finanza tardano così ad arrivare.
Un secondo caso riguarda il governo conservatore che ha guidato la Grecia sino a qualche mese fa e che ha lasciato al nuovo potere socialista un’eredità finanziaria pesante; la sua colpa più grave, apparentemente, è stata quella di dichiarare prima delle elezioni che il deficit di bilancio per il 2009 sarebbe stato pari a pochi punti percentuali sul pil, mentre il nuovo governo di centro-sinistra ha accertato che esso sarà invece presumibilmente uguale a circa il 13%. Ma i governanti conservatori hanno un’attenuante di peso da avanzare a loro discolpa; nel 2004, quando vinsero a loro volta le elezioni, i conservatori ereditarono un bilancio che, a detta dei socialisti, avrebbe dovuto presentare un deficit del 3% per quell’anno, mentre invece esso salì misteriosamente a circa il 6% dopo l’insediamento del nuovo governo. Quindi attribuiamo in questo caso ai conservatori greci una menzione di disonore, ma con riserva.
Infine, una citazione merita sicuramente anche il nostro paese. Tra le molte colpe che si potrebbero ricordare a carico dell’attuale governo, vogliamo sottolineare il fatto che esso ha portato l’Italia ad essere tra i paesi che si occupano di meno di aiuti allo sviluppo ai paesi poveri. Come ci ricorda anche il recente rapporto di “Sbilanciamoci” per il 2010, durante il G8 tenutosi in Scozia nel 2005 Berlusconi si era impegnato a raggiungere per l’Italia almeno lo 0,5% del pil dedicato agli aiuti pubblici allo sviluppo. Un rapporto recente mostra come l’Italia stia stanziando in realtà soltanto il 3% di quanto promesso. La legge finanziaria per il 2009 decreta di fatto, più in generale, lo smantellamento da noi della cooperazione allo sviluppo.
Ma chissà quanti altri casi importanti abbiamo dimenticato. Speriamo meglio per l’anno nuovo.
Testo citato nell’articolo
-Chancellor A., No one trusts bankers any more. That’s hardly a surprise, www.guardian.co.uk, 27 novembre 2009
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