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Commerci e non solo. Si allarga la rete cinese

11/07/2012

Bric. Misurando il pil con il criterio della parità dei poteri di acquisto, forse già nel 2012, l’economia cinese dovrebbe superare anche quella degli Stati Uniti

Mentre da molti mesi i paesi europei sembrano soprattutto cercare in qualche modo di gestire la crisi dei loro bilanci pubblici e del loro sistema bancario e mentre gli Stati Uniti scalpitano di fronte a dei risultati economici interni non adeguati, l’economia cinese segna qualche rallentamento, a nostro parere probabilmente temporaneo: l’attuale tasso di crescita del pil si colloca tra il 7,5% e l’8,0% su base annua, livello che dalle nostre parti appare comunque stratosferico.

Nell’ultimo periodo tendono a venire avanti delle novità di rilievo nei rapporti tra la stessa Cina ed alcuni paesi sviluppati molto importanti. Tali novità mostrano come essa sia ormai sempre di più al centro delle relazioni economiche internazionali, mentre indicano nello stesso tempo l’emergere di alcune difficoltà di tipo politico che possono rallentare anche non poco il possibile grande sviluppo di tali relazioni.

Comunque, gli sviluppi indicati vanno inseriti nel quadro di una riprogettazione in atto dell’ordine economico e politico mondiale, che, come quasi tutti ormai sembrano pensare, va nel senso della tendenza del centro dell’economia mondiale a spostarsi verso l’area asiatica. Ricordiamo, in ogni caso, che già nel 2011 il livello complessivo del pil dei paesi ricchi dovrebbe essersi collocato a un gradino leggermente inferiore a quello dei paesi emergenti, almeno misurando le cose con il criterio della parità dei poteri di acquisto.

La Russia

Nella prima metà di giugno Putin ha visitato la Cina. In tale occasione i due paesi hanno firmato degli accordi che potrebbero aprire la strada a una più stretta partnership economica e strategica. È stato così fissato l’obiettivo di raddoppiare gli scambi commerciali bilaterali dai circa 83 miliardi di dollari del 2011 ai 200 miliardi del 2020. Si prevede inoltre ufficialmente che gli investimenti cinesi in Russia, ora molto limitati, aumentino di circa 10 volte nell’arco di cinque anni, ma le potenzialità effettive di crescita sono molto maggiori.

I due governi hanno anche annunciato l’avvio di una dozzina di accordi di cooperazione, compresa una joint-venture per lo sviluppo in comune di aerei a lungo raggio. È stato inoltre varato un fondo comune per gli investimenti in Russia, che ha già cominciato a operare. È previsto che in futuro i due paesi, come peraltro più in generale tutti i paesi del Bric, regolino una parte dei loro interscambi nelle rispettive valute. È ancora in discussione, infine, la costruzione di un grande gasdotto, sul quale progetto continua però ad aleggiare un disaccordo sui prezzi di cessione della materia prima.

In astratto ci sarebbe un reciproco grande interesse ad un forte sviluppo dei rapporti economici tra i due paesi; la Russia avrebbe bisogno dei capitali e del know-how cinese per sviluppare le sue grandi risorse, ma anche il suo debole settore industriale, mentre la Cina necessiterebbe delle ricchezze del sottosuolo russo, dal petrolio e gas al legname, mentre vede le grandi potenzialità dei vasti spazi vuoti della Siberia. Si colloca sullo sfondo anche la possibile messa in opera di grandi infrastrutture di trasporto, quale la linea ad alta velocità che, attraversando la Russia, raggiunga l’Europa Occidentale.

Sarebbero coinvolti nei progetti di sviluppo anche gli altri paesi dell’Asia Centrale e in particolare quelli che fanno parte dell’Organizzazione di Shangai, a partire dal Kazakistan.

Ma la crescita potenziale dei rapporti, che comunque stanno andando avanti in maniera molto significativa, è frenata dalle specifiche e storiche diffidenze tra i due paesi. In particolare, la Russia teme la grande forza economica del paese di mezzo ed esita così a impegnarsi a fondo in direzioni che potrebbero alla fine andare fuori dal suo controllo. Peraltro la Cina non conosce bene il difficile ambiente politico economico e sociale nel quale si svolgono i giochi economici in Russia.

Il Giappone e la Corea del Sud

È dal 2008 che Cina, Giappone e Corea, i cui rapporti economici si sviluppano a ritmi consistenti, tengono degli incontri politici periodici ai massimi livelli.

Un accordo firmato di recente, nel marzo 2012, dopo lunghissimi negoziati, dovrebbe aprire la strada a più stretti legami economici; l’accordo si concentra sul tema degli investimenti reciproci, che esso cerca di favorire migliorando i meccanismi di tutela della proprietà intellettuale, le procedure di regolamento delle dispute, una maggiore trasparenza nel comportamento dei governi e così via.

I tre paesi, in un incontro del maggio 2012, hanno poi deciso di lanciare dei colloqui ufficiali entro l’anno per arrivare ad un accordo per la creazione di una zona di libero scambio, un’idea che va maturando da circa 10 anni e che sembra ora arrivare ad una applicazione concreta. Mentre la Cina è già il principale partner commerciale degli altri due stati, secondo calcoli approssimativi tale accordo potrebbe portare ad un aumento rilevante del pil nei tre paesi, in particolare nella Corea del Sud e in Cina.

Una possibile minaccia a tali sviluppi arriva dal fatto che esiste anche un piano di Obama, in qualche modo concorrente, per creare una partnership trans-pacifica, ipotesi al cui studio parteciperà anche il Giappone – che non vede conflitto tra i due potenziali trattati –, mentre saranno assenti la Corea del Sud e la Cina.

Comunque, il potenziale accordo Cina-Giappone-Corea del Sud si inserisce in una più vasta rete di crescenti relazioni interasiatiche, relazioni che tendono inoltre a collegarsi alla Russia e ad ai paesi occidentali.

Per quanto riguarda in particolare il Giappone, da una parte la rivalutazione della propria moneta e l’esistenza di un anemico mercato interno spingono in effetti le imprese del paese ad andare a produrre all’estero, in particolare nel paese vicino, dall’altra le relazioni con la Cina si stanno molto allargando ed approfondendo.

Gli investimenti diretti giapponesi in Cina sono così aumentati del 50% nel 2011, raggiungendo i 6,3 miliardi di dollari e probabilmente aumenteranno ancora in misura rilevante nel 2012, mentre anche quelli cinesi in Giappone tendono ad acquisire rilievo.

In particolare è da segnalare il crescente interesse delle piccole e medie imprese giapponesi, una parte fondamentale dell’apparato industriale del paese, per il paese di mezzo.

Dal giugno di quest’anno, tra l’altro, Cina e Giappone cambieranno in maniera diretta le rispettive monete, abbandonando il passaggio prima obbligato attraverso il dollaro.

I tre paesi ricordati sono però divisi da rilevanti barriere commerciali e da una grande sfiducia reciproca a livello politico, in particolare per quanto riguarda i rapporti cino-giapponesi, avvelenati da ricordi storici molto forti (come del resto quelli tra la Corea e il Giappone) ed ora anche dalle dispute territoriali nel mare della Cina per il controllo di rilevanti risorse energetiche.

La Germania

Last but not least, i rapporti Cina-Germania. C’è stato un incontro al vertice a Pechino nel 2011 e nell’aprile dal 2012 Wen Jaobao ha visitato la Germania. Il paese europeo cerca da parecchio tempo, com’è noto, di ampliare e diversificare i suoi sbocchi, avendo puntato gran parte delle sue carte per quanto riguarda i suoi processi di sviluppo sulla crescita delle esportazioni e degli investimenti all’estero. Dapprima il paese ha tentato di sviluppare le sue relazioni su molti fronti con la Russia, ma pur avendo ottenuto risultati di rilievo - mentre altri potrebbero essere ancora in serbo-, da una parte essi appaiono troppo concentrati sul fronte energetico, dall’altra essi non raggiungono quantitativamente dimensioni tali da potere veramente compensare in maniera adeguata eventuali cedimenti sul fronte dell’export verso gli altri paesi europei. La Russia appare in effetti un partner di taglia non grandissima.

Più di recente l’attenzione si è rivolta alla Cina e, in misura forse minore, ma sempre significativa, agli altri paesi del Bric; con il paese asiatico sembra che si possa intravedere una partnership strategica su molti fronti, al di là di quello strettamente economico. Si è molto speculato sulla vicenda, mentre alcuni hanno pensato che attraverso lo sviluppo di tali rapporti la Germania tendesse a trovare un’alternativa al possibile crollo dell’euro. In ogni caso è difficile non pensare che quella con Pechino stia diventando una relazione molto speciale. I due paesi hanno una struttura economica che per alcuni versi e per il momento almeno appare abbastanza complementare. I cinesi sembrano pensare soprattutto alla Germania, più che all’Europa e del resto la stessa Germania, che ha bisogno di sviluppare ora i rapporti con il paese, non può aspettare che si muova adeguatamente Bruxelles, che è molto lenta e a volte si mostra operativamente ostile nei confronti del paese asiatico.

In ogni caso la stessa Germania copre da sola il 50% di tutte le esportazioni europee in Cina. L’interscambio è sostanzialmente raddoppiato in soli due anni, raggiungendo ormai i 144 miliardi di euro e con l’obiettivo di arrivare a 280 miliardi entro il 2015. Cinquemila imprese tedesche hanno oggi delle filiali in Cina e molte altre si apprestano a farlo, mentre gli investimenti diretti stanno anch’essi fortemente crescendo. Anche i cinesi, nel frattempo, aumentano considerevolmente i loro investimenti nella repubblica federale.

C’è chi intravede una possibile alleanza che vada molto al di là dei temi economici, estendendosi in buona misura anche a quelli politici. Del resto, in questo caso, sembrano assenti le diffidenze e le remore che riguardano invece i casi degli altri paesi sopra citati.

Conclusioni

Misurando il pil con il criterio della parità dei poteri di acquisto, forse già nel 2012, se non l’anno prossimo, l’economia cinese dovrebbe superare anche quella degli Stati Uniti. Per continuare a crescere a ritmi sostenuti e consolidare i suoi processi di internazionalizzazione, di fronte alla crisi dei paesi occidentali, da una parte la Cina sta sviluppando notevolmente i rapporti commerciali con l’Africa, l’Asia, l’America Latina, dall’altra, invece, con paesi come Giappone, Corea, Germania, Russia essa cerca di arricchire, oltre che di accrescere, le relazioni in modo che esse vadano al di là dei temi commerciali e coprano un fronte sempre più ampio di interventi.

Di fronte a questi sviluppi l’Unione Europea appare sostanzialmente assente, mentre l’Italia da sola non sembra in grado di essere un partner significativo per il paese asiatico.

Nonostante i notevoli problemi politici cui abbiamo fatto nel testo riferimento, pensiamo che nell’arco dei prossimi 5-10 anni i rapporti economici, ma anche politici, della Cina con gli altri paesi sopra ricordati faranno un grande balzo in avanti, a meno peraltro dello sviluppo di eventi che al momento non si intravedono all’orizzonte.

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