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Matteo l’africano

20/02/2015

RenzItaly/L'idea di Renzi di intervenire militarmente in Libia soddisfa la sua ambizione di essere proiettato tra i grandi d’Europa, e non più relegato con i “meridionali” spagnoli e greci

“Le repubbliche irresolute non pigliano mai partiti buoni se non per forza, perché la debolezza loro non le lascia mai deliberare dove è alcun dubbio; e se quel dubbio non è cancellato da una violenza che le sospinga, stanno sempre mal sospese.” Il Principe di Niccolò Machiavelli ritrae un disordine che ritroviamo nell’attuale governo italiano. Al primo annuncio della presenza in Libia di uomini del Califfato (ma quanti gruppi banditeschi si coprono sotto il Califfato?), il nostro governo ha parlato di intervento militare, più o meno sotto l’ombrello dell’Onu. Il ministro della difesa ha dichiarato che erano pronti 5.000 soldati. Pensate: 5.000 soldati in un paese grande più di quattro volte l’Italia e dove, ancora negli anni ’20 contro “i ribelli” (cioè i patrioti libici) il generale Graziani dovette combattere a lungo con impiccagioni a catena a più di dieci anni dalla conquista della Libia nel 1911.

Ora Matteo Renzi e i suoi ministri si sono un po’ calmati e hanno fatto marcia indietro: per la guerra bisogna aspettare, anche se Alfano continua a chiedere l’intervento urgente dei nostri soldati. E vale ricordare che il guaio libico – come oggi gli storici confermano – cominciò con la sciagurata guerra per abbattere Gheddafi, fino al giorno prima accolto e ricoperto di onori nella Francia di Sarkozy e nell’Italia di Berlusconi.

La tentazione di Renzi era di mettersi alla testa di un’offensiva militare che lo avrebbe proiettato tra i grandi d’Europa, e non più relegato con i “meridionali” spagnoli e greci. Perché per Matteo Renzi – e il suo ego – il duo Hollande-Merkel è intollerabile. Quale migliore occasione che mettersi l’elmetto e intervenire in Libia per poi sedersi al tavolo magari anche con Obama? Per nostra fortuna ha poi dovuto cambiare idea in tutta fretta, pressato dai troppi fronti aperti sul piano interno – riforme da approvare, economia che non riparte, Europa in pezzi. Ma intanto ha fatto approvare nella riforma della Costituzione la possibilità di dichiarare guerra con appena la maggioranza assoluta della Camera – che gli verrebbe dal premio di maggioranza di chi ha il 40% dei voti. La tentazione dell’intervento africano rimane.

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