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La crisi greca divide Euromemorandum

16/10/2015

La ventunesima edizione di Euromemorandum a Roskilde, in Danimarca. La ricerca di una nuova strada per l'Europa, tra il peso della crisi greca e la crisi dei rifugiati

Il dipartimento di studi sulla società e la globalizzazione dell’Università di Roskilde, in Danimarca, ha ospitato la ventunesima edizione della conferenza ‘Euromemorandum-Alternative Economic Policy in Europe’. Euromemorandum è il luogo dove, una volta l’anno, una consolidata rete di economisti europei si ritrova per riflettere sull’Unione e sulle politiche economiche che potrebbero porla su di un sentiero diverso da quello offertole, oggi, dall’incardinamento neoliberista che l’attanaglia. Le discussioni che si sviluppano nel corso della tre giorni di conferenza sono finalizzate alla redazione di un rapporto – tradotto in diverse lingue europee - che ha, negli anni, costituito la base per elaborazioni di carattere sia politico che accademico attorno al tema dell’Europa ed alle possibili modalità per riformarla.

Il clima che ha avvolto la discussione andata in scena quest’anno ha scontato il peso della crisi greca e quello delle tensioni seguite alla recente crisi dei rifugiati. Lo ‘stato economico dell’Unione’ è stato affrontato, nella prima sessione plenaria, da Jesper Jespersen e Gary Dymski delle Università di Roskilde e Leeds. Entrambe le relazioni hanno enfatizzato l’insostenibilità della traiettoria economica su cui l’Europa è posizionata. Jespersen ha posto l’accento sul processo di deindustrializzazione che ha coinvolto, dall’esplosione della crisi in poi, la periferia europea segnalando il rischio, per la stessa periferia, di raggiungere ‘un punto di non ritorno’. Un punto da cui il recupero delle condizioni pre-crisi – in particolare per quanto riguarda la qualità dell’occupazione e della struttura produttiva – potrebbe divenire un’impresa titanica se non impossibile. Dymsky ha mostrato come le dinamiche distorte del settore finanziario europeo, la cui corresponsabilità nella generazione della crisi sono ormai ampiamente comprovate, sono ancora tutte presenti. Tali distorsioni, ha sottolineato Dymsky, non sono in alcun modo affrontate dalle recenti misure di rafforzamento dell’integrazione del sistema finanziario. Al contrario, le stesse misure potrebbero approfondire quelle distorsioni continuando a garantire un potere spropositato ai grandi gruppi finanziari europei.

Lo ‘stato politico dell’Unione’ è stato analizzato dal Professor Nicos Theocarakis dell’Università di Atene. Membro del precedente governo Tsipras, Theocarakis ha fatto parte del team che sosteneva Yanis Varoufakis nella ‘trattativa’ con l’Eurogruppo naufragata con l’indizione del referendum lo scorso luglio. La descrizione dello ‘stato politico dell’Unione’ è stata illuminante quanto drammatica. Theocarakis ha reso partecipe l’uditorio della propria diretta partecipazione ad un vero e proprio esercizio di violenza politica e di spregio delle regole democratiche messo in atto dalle autorità europee durante il negoziato. Una violenza esplicitata, dapprima, con il continuo tentativo di imporre la defenestrazione di Varoufakis, ponendo questa come condizione insindacabile per poter andare avanti nei ‘negoziati’. E tentando di ottenerla attraverso continue intimidazioni a Tsipras ed al suo governo. In seguito, con la chiusura dell’ex ministro delle finanze greco fuori dalla porta dell’Eurogruppo. Chiusura che ha certificato la totale assenza di democraticità di un’istituzione, l’Eurogruppo, ‘inesistente dal punto di vista giuridico’ per parafrasare la risposta ottenuta dagli uffici legali consultati da Varoufakis per opporsi alla decisione tesa ad escluderlo dalla riunione.

La seconda giornata è stata occupata da cinque gruppi di lavoro paralleli (i lavori presentati e discussi durante i gruppi di lavoro sono disponibili all’indirizzo: http://www.euromemo.eu/annual_workshops/2015_roskilde/roskilde_workshops_papers/index.html ) in cui si sono dibattuti temi macroeconomici e monetari; mercato del lavoro e migrazioni; disoccupazione giovanile, precarietà e povertà; le relazioni internazionali dell’Unione Europea e gli accordi di libero scambio (con un’attenzione particolare ai negoziati in corso con gli USA sul TTIP). La sintesi delle discussioni sviluppatesi all’interno di ciascun gruppo ha costituito la base per la stesura collettiva della prima bozza del rapporto Euromemorandum 2016. Nel corso del dibattito sono emersi due punti critici che hanno visto un confronto serrato ed intenso di posizioni che son sembrate dividere il gruppo di economisti presenti.

Il primo tema a produrre divisioni è stato l’ipotetico abbandono dell’euro da parte dei paesi periferici quale via d’uscita dall’austerità. Questa posizione, avanzata da molti dei partecipanti all’incontro, ha suscitato la forte contrarietà fra coloro che, invece, la ritengono pericolosa nella misura in cui aprirebbe la strada per l’involuzione – se non addirittura la completa dissoluzione – del progetto europeo. Anche tra coloro che hanno manifestato titubanza circa l’abbandono della moneta unica, tuttavia, è emersa la necessità di cominciare, sul piano tecnico, ad considerare quest’ultimo come uno scenario possibile. E, dunque, a valutarne nel dettaglio le potenziali implicazioni sociali ed economiche oltre ad ipotizzare le modalità attraverso cui sia possibile gestire l’uscita tutelando occupazione e salari.

Il secondo tema a dividere la platea, sebbene in modo meno profondo del primo, è stata la crisi dei rifugiati ed il ruolo assunto dall’Europa rispetto a quest’ultima. Alcuni economisti provenienti dall’Ungheria, dall’Italia e dalla Danimarca hanno criticato l’idea di considerare i flussi in ingresso, di migranti e rifugiati, come un fenomeno da valutare in modo necessariamente positivo. In particolare, è stata sottolineata la carenza di un’analisi che tenga conto di quanto i flussi migratori e di rifugiati possano squilibrare i rapporti di forza nel conflitto capitale-lavoro favorendo il primo rischiando, inoltre, di generare una corsa al ribasso su diritti e salari. La gran parte dei partecipanti ha però respinto questa posizione ribaltando i termini della questione. Seppur nella consapevolezza di un opportunismo esercitato dalle leadership europee rispetto alla crisi migratoria in corso, si è enfatizzata la necessità di accrescere il grado di solidarietà dell’Europa usando l’attuale situazione come grimaldello per estendere diritti e tutele per tutti, europei e nuovi arrivati.

Le due plenarie che hanno chiuso la tre giorni hanno fornito degli elementi di grande interesse ponendo però, al contempo, seri interrogativi sulle prospettive di quest’Europa. Agustín Menéndez, giurista dell’Università di Leon e del centro di studi europei ARENA, ha fornito una quadro critico dell’assetto istituzionale europeo. Presentando la sintesi di una lunga serie di studi tesi ad analizzare la struttura istituzionale europea – e la sua ‘evoluzione’ occorsa durante la recente crisi – Menendez ha illustrato uno scenario in cui l’uso arbitrario dei regolamenti, la scarsa solidità dei fondamenti normativi alla base delle decisioni prese dagli organi comunitari (in particolare dall’Eurogruppo e dagli organismi recentemente costituti per far fronte alle crisi finanziarie), l’imposizione di norme (come il pareggio di bilancio in costituzione imposto a molti stati membri) contrarie alla logica giuridica rappresentano la regola e le procedure democratiche l’eccezione. Infine, Magnus Ryner, scienziato politico del Kings College, ha chiuso la conferenza analizzando i caratteri neoliberali dell’Unione Europea ed enfatizzando il ruolo che tali caratteri hanno nell’incidere sul grado di libertà e democrazia esercitabili all’interno dell’Unione. Ryner ha descritto la UE come una realtà tendente allo ‘stato d’eccezione permanente’, mutuando il concetto introdotto negli anni 30’ da Carl Schmitt, in cui gli spazi di democrazia tenderebbero a ridursi in modo rapido e costante.

Il rapporto 2016, dunque, è figlio delle forti tensioni che attraversano l’Europa in questo momento. Nonostante la divergenza di posizioni su temi chiave come l’euro e l’immigrazione, tuttavia, anche nel 2016 l’Euromemo group fornirà un’importante strumento di analisi per gli scienziati sociali europei. Uno strumento reso ricco dai contributi e dal confronto delle opinioni dei più di 50 economisti europei che hanno preso parte all’incontro di quest’anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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