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Gran Bretagna, il lato oscuro della ripresa
In Gran Bretagna a un andamento positivo dell'economia si accompagna un aumento della disoccupazione giovanile e di quella delle donne, ai livelli più alti da 26 anni
Negli ultimi mesi l’economia britannica sta sperimentando una certa ripresa. Per alcuni commentatori il paese si starebbe avviando a diventare quello con la più alta crescita tendenziale del pil all’interno del mondo sviluppato, per altri invece tale ripresa avrebbe un respiro corto. Comunque, già a partire dal 2012, prima che l’economia si rimettesse in marcia, si va registrando una diminuzione nei livelli della disoccupazione. Così, alla fine del settembre 2013, essa era scesa sino al 7,6% della forza lavoro del paese (Groom, 2013, a), la percentuale più bassa registrata dal maggio 2009. Quello che non aumenta, ma invece diminuisce, è il livello dei salari. Il mercato del lavoro, che presenta, tra l’altro, caratteristiche di grande flessibilità, è peraltro soggetto a una serie di altre tendenze negative.
La polarizzazione del mercato del lavoro
Come abbiamo già documentato in un precedente articolo per quanto riguarda il caso statunitense, anche in quello britannico si registra una progressiva polarizzazione del mercato del lavoro (Groom, 2013, b), con la crescita del numero dei lavori più qualificati e contemporaneamente di quelli meno appetibili, con la riduzione netta invece di quelli che si collocano nella fascia intermedia, per effetto in particolare dello sviluppo tecnologico e dei processi di off-shoring.
Crescono contemporaneamente e fortemente i lavori part-time, quelli temporanei, nonché il lavoro autonomo, in gran parte certamente non per scelta. Il numero dei dipendenti che lavorano part-time perché non trovano un lavoro a tempo pieno è salito al settembre 2013 a quasi 1,5 milioni di persone, la cifra più alta da quanto si sono cominciate a raccogliere statistiche sul fenomeno, nel 1992 (Groom, 2013, a). I lavoratori autonomi sono oggi più di quattro milioni, pari al 14% della forza lavoro; essi sono cresciuti di recente di 370.000 unità, costituendo, tra l’altro, la gran parte dell’aumento nel numero degli occupati verificatosi nell’ultimo anno, mentre i quattro quinti del totale di tale gruppo sono costituiti oggi da persone di più di cinquanta anni, per la gran parte espulse dal mercato del lavoro dipendente (Panorama, 2013).
Dal punto di vista geografico, oggi l’occupazione aumenta, in particolare, a Londra e nell’Inghilterra dell’Est, molto meno nell’Inghilterra del Nord-Ovest o in Scozia. Londra appare in effetti in pieno boom grazie in particolare alla finanza e all’immobiliare, mentre, ad esempio, il Nord dell’Inghilterra registra un continuo processo di deindustrializzazione (The Economist, 2013, a).
Intanto, negli ultimi cinque anni le retribuzioni medie sono diminuite nel paese in termini reali, mentre quelle delle persone in posizioni direttive nelle grandi imprese hanno continuato a crescere. Così la paga mediana è ritornata al livello che essa aveva nel 2003 (The Economist, 2013, b). Invece, nel 2013 la remunerazione degli alti dirigenti è aumentata in media del 14% rispetto all’anno precedente. La remunerazione dei dirigenti bancari di alto livello, come documentato dalla European Banking Authority, è cresciuta in media nell’ultimo anno di ben un terzo, passando da 1,4 milioni di sterline nel 2011 a 2,0 milioni nel 2012.
Intanto il livello del salario minimo, istituito a suo tempo dal governo laburista nel 1999 ed oggi fissato a 6,31 sterline all’ora per i lavoratori adulti (esso è più basso per i lavoratori di età inferiore ai 21 anni), è diminuito in termini reali dal 2008 ad oggi e nel 2012, secondo i calcoli della Resolution Foundation, esso si era ridotto di più di 1000 sterline all’anno rispetto a quattro anni prima (Datablog, 2013).
L’occupazione giovanile
Si può, per altro verso, affermare che si è rotto nel paese il legame tra la crescita dell’economia e quella dell’occupazione giovanile. The Institute for Public Policy Research mostra che mentre l’economia mostra segni di ripresa e mentre la disoccupazione per le classi di età da 25 a 64 anni si è ridotta dello 0,2% dall’inizio del 2013 sino al mese di luglio dello stesso anno, collocandosi ormai al 5,6% della forza lavoro, quella giovanile è aumentata di 0,5 punti. Quest’ultima è oggi più alta di quasi quattro volte rispetto a quella degli adulti.
Come ci informa Sarah O’ Connor (O’ Connor, 2013), gli introiti per i neolaureati britannici sono diminuiti dopo la crisi in modo tale che l’ultima ondata di essi, appena uscita dagli atenei ed entrata nel mercato del lavoro, sta guadagnando il 12% in media in meno dei colleghi che avevano cominciato a lavorare prima della crisi ed inoltre essi si trovano ad avere il 60% in più di debiti contratti per finanziare i loro studi. La situazione tende a peggiorare di anno in anno.
Tra l’altro, le tasse di iscrizione ai vari atenei sono di recente sostanzialmente triplicate, raggiungendo un massimo di 9000 sterline all’anno. Il 28% dei nuovi laureati dell’anno accademico 2011-2012 non guadagna abbastanza per ripagare i prestiti fatti a suo tempo e inoltre un altro 17% non lavora affatto.
Il 47% dei laureati recenti hanno trovato un lavoro che avrebbe in realtà richiesto un più basso livello di qualificazione, contro il 39% di prima della crisi (Allen, 2013) . Peraltro, i giovani senza laurea hanno ancora maggiori difficoltà degli altri. In effetti, tra l’altro, i laureati che accettano lavori a bassa qualificazione spingono ancora più in basso i salari e le prospettive di carriera di quelli privi di una laurea. Anche così la disoccupazione giovanile è salita del 12% del 2007 al 21% attuale.
Le donne
Un’analisi di Lysiane J. Baudu (Baudu, 2013) ci permette di registrare il fatto che negli ultimi anni le politiche di austerità hanno penalizzato, oltre ai giovani, soprattutto le donne. I tagli nel settore dei servizi pubblici, area nella quale le donne rappresentano i due terzi del totale degli occupati, fanno sì che nel paese la disoccupazione femminile si trovi oggi ai livelli più alti degli ultimi ventisei anni. Le politiche pubbliche a favore invece dell’impiego nel settore privato tendono contemporaneamente a privilegiare l’occupazione maschile. Bisogna poi sottolineare anche che i percettori del salario minimo sono nel paese per i due terzi donne, così come i tre quarti dei lavoratori a tempo parziale.
Gli immigrati
Di recente si va sviluppando nel paese una furiosa campagna contro gli immigrati, che, a detta di molti e secondo gli articoli pubblicati in proposito dal fanaticamente reazionario Daily Mail, ruberebbero il lavoro ai cittadini britannici, occupando la maggior parte dei nuovi posti di lavoro che si vanno creando nel paese. Cameron soffia contemporaneamente sul fuoco minacciando di bloccare, o di rendere più difficile, l’ulteriore arrivo e il soggiorno in Gran Bretagna in particolare di bulgari e romeni, arrivo previsto per legge come libero a partire dal 1 gennaio del 2014.
Ma i dati statistici disponibili ( Travis, 2013) mostrano che, in realtà, nel 2012 l’occupazione nel paese è aumentata di 378.000 unità e che il 90% di tale nuova occupazione è andata a cittadini britannici. Inoltre molti dei rumeni e bulgari occupati nel paese risultano impegnati in lavori agricoli stagionali, alla fine dei quali essi sono obbligati a rientrare in patria. Più in generale, le ultime cifre mostrano che in totale sono 2,64 milioni i lavoratori stranieri presenti in Gran Bretagna, di cui solo 666 mila provenienti dai paesi dell’Est Europa, su di un totale della forza lavoro del paese stimata in 30 milioni di persone (fonte: Office of National Statistics, ONS).
Conclusioni
Lo sviluppo recente del mercato del lavoro britannico presenta delle caratteristiche per alcuni versi simili a quelle degli Stati Uniti, per altri a quelli tedeschi, come abbiamo visto in due articoli pubblicati su questo sito e relativi all’andamento del mercato del lavoro in tali due paesi.
In tutti e tre gli stati si registra un andamento relativamente positivo dell’economia, con un pil che tende alla crescita, ma si assiste contemporaneamente ad un rilevante deterioramento di alcune caratteristiche importanti del mercato del lavoro.
Come negli Stati Uniti, si registra in Gran Bretagna una crescita dei livelli di occupazione nelle fasce più alte e in quelle più basse del mercato, mentre si contraggono i lavori della fascia media e peggiora la situazione dei giovani qualificati. Come in Germania ed in parte anche negli Stati Uniti si assiste ad una frammentazione crescente del mercato del lavoro, con la riduzione nella disponibilità di posti a tempo indeterminato e lo sviluppo invece del fenomeno del precariato; si accentuano anche, come in Germania, le differenziazioni territoriali.
In tutti e tre i paesi si registra poi una dinamica largamente insoddisfacente del livello delle retribuzioni, tranne che per le fasce alte del mercato.
In Gran Bretagna, mentre crescono le code alle mense dei poveri e a quelle agli stand per le prime colazioni dei bambini e mentre la crescita del paese sembra affidata per una parte rilevante alla speculazione finanziaria ed a quella immobiliare, le prospettive dell’economia e del mercato del lavoro, in un paese toccato anch’esso dai dogmi dell’austerità, appaiono incerte. Una certa ripresa dei consumi può essere collegata ad un aumento dell’indebitamento dei privati, non alla crescita dei salari. Sembra così che si stia tornando per molti versi al modello di crescita pre-crisi (The Economist, 2013, b); sappiamo come è poi andata a finire.
Testi citati nell’articolo
-Allen K., Half of recent UK graduates stuck in non-graduate jobs, says ONS, www.theguardian.com, 19 novembre 2013
-Baudu L. J., Un marché du travail “anti-femmes” au Royaume Uni, www.tv5monde.fr, 12 maggio 2013
-Datablog, UK minimum wage; a history in numbers, www.theguardian.com, 1 ottobre 2013
-Groom B., UK jobless rate falls to 7.6% in third quarter, www.ft.com, 13 novembre 2013, a
-Groom B., Jobs boom reshapes UK labour market, www.ft.com, 25 novembre 2012, b
-O’ Connor S., Graduate data reveal England’s lost and indebted generation, www.ft.com, 18 novembre 2013
-Panorama, La disoccupazione cambia il mercato del lavoro, www.panorama.it, 26 marzo 2013
-The Economist, The urban ghosts, 12 ottobre 2013, a
-The Economist, Firing on one cylinder, 30 novembre 2013, b
-Travis A., Over 90% of new UK jobs taken by British nationals, www.theguardian.com, 13 novembre 2013
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