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La vera sfida: lavorare e produrre

28/11/2014

Contromisure/Il piano del lavoro di Sbilanciamoci ha come obiettivo quello di aumentare il benessere della società e delle persone: più servizi pubblici, cittadini non consumatori

La rassegnazione per cui il lavoro deve seguire solo le esigenze del mercato o meglio delle imprese è tale per cui i governi competono su come smantellare diritti, garanzie e ogni altro pezzo della rendita del lavoro, unica fonte di ricchezza per la maggior parte degli individui.

Sullo sfondo lo Stato deve essere posto in continua ritirata elargendo un po' di beneficenza spicciola per fronteggiare disoccupazione, sottoccupazione, precarietà e similari.

Il piano del governo per il lavoro è una ricetta a base di limitazioni dei diritti dei lavoratori, di riduzione del costo del lavoro, leggasi salari, e infine dello sfruttamento del lavoratore come consumatore asservito al mercato, si veda il Tfr in busta paga. E' evidente come la rendita del lavoro, non abbia dignità politica, né sia considerata come una forma di ricchezza da incentivare, anzi è vista come un ostacolo per la competitività del paese.

Invece si dovrebbe riprogettare la politica economica anche sulla base di un indicatore che voglia rappresentare la rendita del lavoro ovvero che comprenda salari netti, l'età al pensionamento, l'ammontare della pensione futura, le tutele per i periodi di disoccupazione, l'ammontare della liquidazione, l'orario di lavoro e il grado di tutela contro il licenziamento.

Come descrive il rapporto di Sbilanciamoci!, esistono alternative percorribili da subito, senza compromettere l'ordine contabile del nostro bilancio, che permetterebbero una ripresa rapida e duratura.

Lavorare e produrre per il benessere è la vera sfida di oggi e del futuro, sia per la ripresa economica, sia per la tenuta democratica del paese che sta cadendo in una pericolosa spirale a base di tensioni sociali e ricerca di capri espiatori, immigrati in testa. Il piano del lavoro di Sbilanciamoci! guarda al lavoratore in un progetto che ha l'obiettivo di aumentare il benessere della società e degli individui, senza preclusioni ideologiche nei confronti dello stato, delle imprese e del welfare. L'occupazione da creare prioritariamente deve contribuire a migliorare la nostra società, ampliando la quantità di servizi pubblici per una platea più ampia di cittadini, non visti più come consumatori.

Il piano del lavoro diventa una ricetta con pochi ingredienti fondamentali: recupero del dissesto idrogeologico, trasporto locale, sanità, scuola e tutela del patrimonio culturale per aumentare l'occupazione, sia pubblica sia privata, il prodotto interno lordo e per rispondere in maniera costruttiva alla marginalità e disperazione delle troppe periferie del paese.

Invece della flessibilità verso il basso dei salari, con l'eliminazione di ogni diritto, il piano prevede di aumentare la competitività allentando vincoli come quello della mobilità, la causa principale dell'emarginazione delle periferie. Tornare a investire nel trasporto pubblico locale su ferro porterebbe un aumento della mobilità dell'offerta di lavoro creando maggiore competitività per l'intero sistema. Con l'obiettivo di sviluppare una rete ferroviaria locale moderna, sul modello franco tedesco, a fronte di investimenti compatibili con il nostro bilancio, si possono creare centinaia di chilometri di linee locali moderne e smart grazie alle nuove tecnologie, con benefici anche sulla riduzione dell'inquinamento. La recente esperienza della ferrovia della Val Venosta dimostra che cambiare si può, che i costi sono sostenibili e che i ritorni in termini di mobilità, turismo e benessere sono concreti.

Migliorare la sanità, stabilizzando e internalizzando il personale, consentirebbe un miglioramento istantaneo della qualità del servizio. Introdurre figure stabili nella scuola per combattere gli abbandoni scolastici, migliorerebbe rapidamente la qualità del capitale umano e diminuirebbe la conflittualità delle periferie.

Oggi il tempo meteorologico è diventato una minaccia reale per la sicurezza degli individui, mentre il patrimonio culturale del paese, unico al mondo, agonizza e viene ricordato solo dalla scure dei tagli di ogni legge di stabilità, compromettendone ogni potenzialità per sostenere il rilancio del turismo, voce decisiva per la nostra bilancia commerciale.

Invece di fare la guerra all'immigrazione, il governo dovrebbe intraprendere una guerra contro il dissesto idrogeologico e migliorare la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico con investimenti che porterebbero allo sviluppo dell'indotto sul territorio.

Con circa quattro miliardi di euro, il benessere del paese e gli indicatori economici troverebbero nuova linfa in un modello di sviluppo welfare oriented , dopo i decenni di fallimento di politiche liberiste. Il lavoratore, la sua rendita, il benessere collettivo andrebbero ad affiancare gli indicatori tradizionali per invertire la rotta del paese e far tornare il circolo virtuoso fra economia e benessere, fondamentale per lo sviluppo.

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